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Autore: Lovelymoon22    31/08/2015    3 recensioni
[ FANFICTION INTERATTIVA! ]
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Peggy sgusciò fuori dal suo nascondiglio con un po’ di difficoltà. Premette il tasto del dittafono per bloccare la registrazione, si spazzolò via la polvere dal suo completo verde e dai capelli e sogghignò soddisfatta.
Aveva una notizia più che succulenta tra le mani e non vedeva l’ora di vederla pubblicata sul giornale del liceo.
«Scusi, signora Preside, ma questo scoop non posso proprio lasciarmelo sfuggire.» ridacchiò tra sé e sé sfrecciando fuori dalla sala il più rapidamente possibile e senza farsi vedere.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Preparations


 
POV Karen

La palestra non era mai stata affollata come quel giorno. Ragazzi e ragazze di ogni età cercavano di fare del loro meglio per abbellire quel luogo spoglio e pieno di dolorosi ricordi –le ore di educazione fisica non erano tra le più piacevoli…
Io, Sky, Kim, Violet ed Emily ci eravamo subito proposte per dare una mano e tutte insieme ci davamo da fare con i festoni, specie fiocchi decorativi per il tavolo con il cibo.
Avevo anche colto la palla al balzo visto che Lysandre, sempre molto pacatamente, e la professoressa Delanay avevano convinto Castiel a partecipare all’allestimento della palestra –‘obbligato’, nel caso della Delanay.
Castiel e Lysandre si occupavano della preparazione del palco per il DJ poiché erano quelli che se ne intendevano di più di musica insieme ad Alexy e Meylyn.
Non potevo fare a meno di sbirciare continuamente in direzione del ragazzo, mentre sistemavo i nastri rossi che ci aveva consegnato il professor Faraize in modo che prendessero le sembianze di dei fiocchetti. Nonostante fosse ormai parecchio tempo che coltivavo quell’amore per Castiel, mi stupivo ogni volta di più quando il mio cuore aumentava i battiti alla sua vista. Non che non fosse attraente, era un bellissimo ragazzo, tant’è vero che molte ragazze stravedevano per lui –lui e Nathaniel si contendevano il primo posto per il podio del ‘più bello del Dolce Amoris’- ma non avrei mai creduto che mi sarei innamorata di un ragazzo talmente burbero e cretino.
 
Siamo stati come cane e gatto sin dall’inizio della scuola. Non lo sopportavo davvero, specie quel sorrisetto malizioso che mi rifilava ogni volta che mi faceva incavolare. Ogni giorno, in classe, si potevano ammirare i nostri show comici –così chiamati da Kim. Non avrei mai, e dico mai, creduto che avrei potuto provare per lui qualcosa di simile all’amore –mai, ci tengo a sottolinearlo. Ma era accaduto tutto tre mesi dopo l’inizio del mio primo anno di liceo. A parte i litigi con Castiel, andavo d’accordo più o meno con tutti in classe tranne Ambra e le sue scagnozze, Charlotte e Lì, e Peggy la pettegola. Insomma, andava tutto a gonfie vele.
Ero uscita di casa, le cuffie nelle orecchie con una canzone pop a tutto volume. Camminavo senza meta per i negozi del centro, osservando le vetrine con aria poco interessata. Era la fine di novembre e i primi fiocchi di neve avevano ricoperto di un sottile strato bianco i marciapiedi e le strade della città. Mi piaceva tantissimo la neve; amavo ascoltare lo scricchiolio degli scarponi, vedere i bambini costruire pupazzi e soprattutto giocare a battaglie di palle di neve.
Mi diressi verso il parco, schioccando le labbra a ritmo di musica. Stranamente era quasi vuoto. Un immenso spazio verde rivestito di un sottile velo bianco vivacizzato semplicemente da qualche corridore temerario che sfidava il freddo per allenarsi e da qualche genitore con i figli. Tra quella quiete individuai una chioma rosso splendente impossibile da non notare.
Castiel.
Che diavolo ci faceva lì al parco?
Mi levai gli auricolari, infilandoli in una tasca e lo fissai da lontano, incuriosita. Non era solo. Il ragazzo era piegato sulle ginocchia e stava accarezzando un enorme cagnone nero con qualche macchia marroncina in alcune parti del corpo –come muso, petto e zampe. Aveva un’espressione che non gli avevo mai visto: rideva di cuore e i suoi occhi erano colmi di dolcezza.
Sentii i battiti del cuore aumentare improvvisamente e le guance arrossarsi. Che accidenti mi prendeva così all’improvviso? Perché il mio cuore aveva iniziato quella danza frenetica?
Deglutii, sentendo la gola secca. Ero malata, ero sicuramente malata. Avevo la febbre, sì…la febbre…
Mi portai una mano sulla fronte ma sembrava tutto apposto. Eppure mi era parso che la temperatura fosse improvvisamente salita…
«Ehi, tavola da surf, cosa ci fai qui?» la voce di Castiel mi trapassò le orecchie. Si era alzato in piedi e nonostante fossi abbastanza distante mi aveva vista e mi aveva rivolto un ghigno.
«Non chimarmi così.» dissi frettolosamente ma senza la solita rabbia.
L’espressione di Castiel si fece più seria e mi si avvicinò, seguito da Demon. Abbassò il capo alla mia altezza e si fece spaventosamente vicino.
«Stai bene? Non hai una bella cera…»
Strabuzzai gli occhi e farfugliai: «Sto…sto bene!»
Ma lui alzò una mano e cercò di poggiarla sulla mia fronte ma io, terrorizzata, mi tirai indietro e caddi di sedere a terra, sulla neve.
Castiel rimase con la mano a mezz’aria, sorpreso, poi scoppiò a ridere: «Che razza di scema, cosa credi, che mordo?»
«Conoscendoti…» sbottai io.
Il cane di Castiel mi si avvicinò e mi leccò la guancia, facendomi spalancare gli occhi dallo stupore. Poi ridacchiai divertita e gli diedi una pacca sul dorso.
«Gli piaci…» osservò Castiel, chinandosi di nuovo e osservandomi mentre accarezzavo il cane sulla testa.
«Come si chiama?»
«Demon.»
«Chissà perché non mi stupisco…» commentai. Un nome degno di Castiel!
«Mi stupisco io che tu non sia scappata alla vista di un tale bestione.» ribatté lui. «A molte ragazze fa paura.»
«E’ carino, invece.» dissi io. Okay, era un cane molto grande ma aveva due occhioni così dolci…All’apparenza poteva sembrare aggressivo ma era davvero un tenerone. Ciò che dissi dopo mi salì spontaneo: «Ti somiglia molto.»
«Tu credi?» fece Castiel fingendo indifferenza. «Tutti i cani somigliano ai padroni, no?»
«Quindi significa che se io piaccio a lui infondo piaccio anche a te?» domandai io maliziosa, aspettandomi una delle sue rispostacce.
Invece vidi con mia sorpresa la bocca di Castiel stendersi in un sorrisetto: «Forse…»
 
«Karen?» la voce di Emily mi riportò alla realtà.
Battei le palpebre e alzai lo sguardo sulle mie amiche.
«Eh?»
«Che ti prende?» chiese Kim con aria preoccupata.
«Nulla, nulla.» mi affrettai a dire.
Emily, però, non mi staccò gli occhi di dosso. Mi afferrò per il gomito quando le altre non stavano guardando e mi attirò a sé, sibilandomi: «Allora? Avanti, va da Castiel!»
«O-ora?!» gracchiai terrorizzata, rossa come un peperone.
«Sì, ora
Io ed Emily ci eravamo incontrate a casa sua e avevamo cercato su Internet e su tutte le riviste a nostra disposizione qualche consiglio che potesse aiutarci a farci notare da Jade e Castiel. Uno dei consigli che avevamo trovato era: ‘Usa molto profumo ’. Così quel mattino mi ero messa il profumo di mia madre sperando di poter vedere una qualche reazione di Castiel a quel cambiamento.
«O-okay…» mi alzai e mi diressi verso il palco del DJ, voltandomi più volte a guardare Emily che mi strizzò l’occhio e sollevò i pollici con aria di incoraggiamento.
«Ehi.» esordii, fermandomi lì.
Castiel era occupato con alcuni fili delle casse e non mi degnò di un’occhiata.
«Come va?» proseguii.
«Oh, Karen!» Meylyn mi sorrise. «Abbastanza bene, dobbiamo solo sistemare le casse e procurarci le ultime attrezzature.»
Lysandre aggiunse: «Alexy è andato a chiedere alla Preside se dispone delle attrezzature mancanti.»
«Oh, bene, bene.» dissi io sorridendo forzatamente e lanciando un’occhiatina a Castiel, poco distante da me, che continuava a non alzare lo sguardo, impegnato nel suo lavoro.
Rimasi lì a chiacchierare per un po’ con Lysandre e Meylyn che poi si allontanarono un attimo per andare alla ricerca di Alexy.
«Che cosa hai combinato?» sbottò improvvisamente Castiel, alzando finalmente lo sguardo su di me.
«Come scusa?» ribattei io, confusa.
«Hai un odore…strano.» disse lui, storcendo il naso.
Se n’era accorto!
«Ah…ehm…s-stamattina ho pensato di mettermi un po’ di profumo…» riuscii a balbettare, arrossendo, fingendo indifferenza.
Perché dovevo diventare balbuziente proprio davanti a lui?! Perché?!
Castiel mi guardò un secondo poi disse: «Non mi piace. Copre il tuo profumo naturale.»
«Oh?» in quel momento stavo completamente friggendo. «C-cosa vuoi dire?»
«Credo sia l’odore del tuo shampoo, è buono.» disse lui, riabbassando lo sguardo sui cavi. Non potevo più vedergli il viso, nascosto dai capelli. «Meglio della roba che ti sei messa oggi. Ora vai, ho bisogno di concentrazione.»
Mi morsi il labbro e mi allontanai, stranamente felice.


POV Greta
 
«Ehi, Greta!»
«Uh?» feci, sorpresa da quella voce che mi aveva improvvisamente chiamato.
Ero in palestra, circondata da lunghi tessuti di svariati colori che dovevamo usare per abbellire la palestra. Erano un po’ come delle tende che avremmo dovuto appendere dopo averle decorate con varie scritte e brillantini –mi sembrava quasi di essere tornata alle elementari quando facevamo lavoretti di ogni tipo usando colla, matite e forbici dalla punta assolutamente arrotondata.
Mi voltai ed ebbi un sussulto. Nathaniel era davanti a me, mi sorrideva e aveva tra le mani una scatola di cartone piena di palloni da basket.
«Nathaniel!» dissi con voce più acuta. Rosalya, che era a poca distanza da me, china su una stoffa mi lanciò un’occhiata rassegnata. «Co-cosa ti serve?»
«Potresti portare questo nel sottoscala, per favore?» domandò, accennando alla scatola. «Dobbiamo spostare queste cose per fare spazio all’interno della palestra e mi serve un aiuto.»
Annuii subito, forse con un po’ troppa foga: «S-sì, okay, ti aiuto allora.» tesi le braccia meccanicamente per farmi dare la scatola. Quando lui trasferì il pacco dalle sue mani alle mie, le nostre braccia si sfiorarono ed io, per poco, non feci cadere tutto a terra per l’emozione.
«Sicura che ce la fai? Ti do una mano a portarlo, se non riesci…» disse lui gentilmente, forse pensando che lo scatolone fosse troppo pesante per me e che fosse quello il motivo per cui stava per sfuggirmi la scatola dalle mani.
«No, no, non preoccuparti.» dissi io, rapidamente.
«Okay, allora comincia ad andare, io ti raggiungo subito.» disse il biondo, girandosi e dirigendosi verso un angolo di palestra in cui erano ammucchiate scatole di varia grandezza.
Mi diressi verso l’uscita, dopo aver ricevuto un incoraggiamento da parte di Rosalya.
Scivolai di nuovo all’interno della struttura scolastica, camminando cautamente per il corridoio principale per evitare che qualche palla rimbalzasse fuori.
Il viso di Nathaniel, sorridente, mi fluttuava nella mente. Solitamente non mi piaceva svolgere cose che altri mi avevano ordinato o chiesto di fare ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa –non che sia chissà quale fatica trasferire nel sottoscala una scatola di cartone…
Nathaniel era un ragazzo così gentile che era difficile dirgli di no…
 
La prima volta che lo avevo conosciuto era stato in biblioteca. Mi piaceva particolarmente quel posto per il silenzio e per la quiete che vi regnava. Inoltre era un vero paradiso per me, amante di computer e libri. La biblioteca del Dolce Amoris, infatti, disponeva anche di diversi pc un po’ malmessi che a volte gli studenti usavano per approfondire le ricerche.
Quel giorno mi ero recata lì per navigare un po’ su iIternet e fare svariate ricerche. Non so per quale motivo, ma sembra che io abbia una predisposizione genetica nell’attirare virus informatici. Forse questo dipendeva dal fatto che spesso schiacciavo su cose a caso, presa dalla curiosità e dalla voglia di sperimentare. Anche quel giorno, il computer andò nel pallone e lo schermo si bloccò. Cercai di cliccare diversi tasti, di sussurrargli incoraggiamenti finché non arrivai al limite e cominciai a tuonargli contro insulti. 
«Ehi!» mi interruppe una voce.
Mi girai, il viso rosso di rabbia. Un ragazzo, alto, bellissimo, biondo. Indossava una camicia e una cravatta blu. Lo avevo visto di sfuggita in sala delegati e mi avevano detto che era il delegato degli studenti –non mi ci ero mai soffermata più di tanto con lo sguardo, però.
Improvvisamente desiderai sotterrarmi per la vergogna.
«Ti pregherei di abbassare la voce, qui siamo in biblioteca.» disse il ragazzo con voce seria e un po’ dura.
Arrossii per l’imbarazzo e nonostante volessi pigolare un ‘certo, chiedo scusa’ non mi uscì neanche mezza parola.
Tuttavia, il giovane portò lo sguardo dorato sullo schermo del computer e aggrottò le sopracciglia: «Ci sono problemi?»
Racimolai tutta la forza che avevo e dissi: «Credo si sia bloccato…»
I lineamenti del ragazzo si addolcirono facendo fare al mio cuore un’altra capriola: «Avresti dovuto dirmelo prima, ti avrei aiutata subito.» si chinò al livello dei fili del computer e disse: «In due è meglio ché in uno, no?»
«Mh…sì, credo.» borbottai io, fingendomi distaccata mentre in realtà stavo friggendo per l’agitazione.
«Comunque sono Nathaniel, il delegato degli studenti.» disse lui, porgendomi una mano dalla posizione accucciata in cui si trovava. Torreggiavo su di lui ma la cosa non mi dava affatto sicurezza.
«Greta.» dissi solo, stringendo la sua mano.
 
«Guardate un po’ chi c’è!» una voce mi riportò alla realtà. Da sopra la montagna di palloni da basket riuscii ad intravedere Ambra, Lì e Charlotte, appoggiate agli armadietti.
Io ed Ambra non avevamo un ottimo rapporto e sapere che ero innamorata di un ragazzo con una sorella così pestifera mi deprimeva parecchio. Ogni volta, nelle mie fantasticherie su un improbabile matrimonio con Nathaniel, compariva Ambra che cercava di rendermi la vita difficile, odiandomi ancora di più per averle portato via il suo caro fratellone.
Cercai di ignorarle, superandole, ma Ambra mi afferrò per la spalla, trattenendomi.
«Che razza di maleducata, Gretina.» disse quell’arpia ricciuta, affondandomi le unghie smaltate nella spalla. Strinsi i denti, lanciandole uno sguardo di ghiaccio. «Non ci saluti nemmeno?»
Lì, con un gesto della mano, capovolse lo scatolone che reggevo tra le braccia e fece cadere tutti i palloni da basket a terra.
«Sei matta?!» sbottai arrabbiata da quel gesto insensato.
«Ascoltami bene.» sibilò Ambra, ignorando la mia protesta, piazzandosi davanti a me, le mani sui fianchi. «Gira al largo da mio fratello, okay?»
Battei le palpebre. Un po’ mi immaginavo che fosse quello il motivo. Ambra mi rivolgeva la parola solo per discutere di suo fratello.
«Non capisco di che parli!» sbottai io. Dopotutto io e Nathaniel andavamo d’accordo, sì, ma non eravamo certo intimi.
Intimi?, ripeté la mia pudica mente facendomi arrostire le guance per quel termine.
«Ahah non mi stupisco, Tonto-Greta!» disse Ambra con cattiveria. «Non voglio vederti più sbavare dietro Nathaniel, chiaro? Non hai la minima speranza con lui, ficcatelo bene in testa.»
Strinsi le labbra, amareggiata e irritata insieme.
«Spero che tu abbia capito, finalmente.» disse Ambra con un ghigno. «E’ stato un piacere.»
Si dileguò, ridacchiando, seguita da Lì che sghignazzava con lei, e Charlotte che si limitò a lanciarmi uno sguardo freddo. Tra me e quest’ultima scorreva una totale indifferenza reciproca.
Sospirai, rassegnata. Era inutile arrabbiarsi e lamentarsi, Ambra non sarebbe cambiata mai –e questa era una certezza assoluta, era un po’ come dire che la terra è tonda e che gira intorno al Sole.
Cominciai a raccattare i palloni, gettandoli nella scatola. Sentii dei passi e poi vidi Nathaniel che mi fissava sorpreso, uno scatolone pieno di corde per saltare tra le braccia.
«Greta?» appoggiò lo scatolone a terra e mi si avvicinò, osservando i palloni che ancora non avevo rimesso a posto. «Cos’è successo?»
«Tua sorella.» risposi io con voce atona.
«Oh.» Nathaniel si passò una mano sulla fronte. Mi dispiaceva per lui, si ritrovava sempre a dover rimediare agli sbagli di Ambra e a sentire ogni volta lamentele su quanto fosse pestifera –dopotutto lui era soltanto il fratello, i veri responsabili di quel comportamento erano i genitori. «Mi dispiace, non so più cosa fare con lei, eppure speravo che dopo tutta quella storia sui nostri genitori sarebbe cresciuta un po’…» borbottò.
«Lascia stare.» tagliai corto io, sorridendogli. «Non fa niente. Non ho neanche ben capito cosa volesse…forse doveva solo scaricare un po’ il nervoso su qualcuno…»
Ovviamente non gli avrei mai detto che sua sorella aveva insinuato che avevo una cotta per lui dato che era pura verità.
«Credo che sia solo gelosa.» disse Nathaniel, pensieroso, chinandosi per aiutarmi a raccogliere i palloni da basket.
«Gelosa? Ambra? Di me?» articolai sbigottita.
«Be sì. Dopotutto sei una ragazza molto carina e simpatica.» disse lui con leggerezza, gettando i palloni nella scatola.
«Uh?» mi sfuggì dalle labbra mentre sgranavo gli occhi per la sorpresa. Davvero mi aveva fatto un complimento?!
Nathaniel parve rendersi conto, forse dalla mia espressione facciale piuttosto stupida, di aver detto qualcosa di imbarazzante. «Ah…ehm…cioè…volevo dire che…s-sei una bella ragazza e quindi Ambra ti vede come una rivale…insomma, sì…» si strinse nelle spalle, si voltò, recuperò la sua scatola e disse, nervosamente: «A-allora, andiamo.» e mi precedette, dirigendosi verso il sottoscala.
Mentre lo seguivo, mi pareva di volare a un metro da terra, l’espressione felice e deliziata.
 

POV Xavier
 
E così, grazie al mio caro amico Dominique e ai suoi giochetti manipolatori mi ero ritrovato in palestra, con una boccetta di colla vinilica nella mano sinistra e un pacchetto di brillantini nella destra a decorare la tovaglia che avremmo usato per coprire il tavolo con le vivande.
Dominique era seduto a terra accanto a me e non faceva altro che lanciare occhiatine in direzione di Kim. Come avevo immaginato, lo scemo si era proposto solamente per poter stare più vicino alla sua Pantera preferita.
Ed io ero stato doppiamente scemo a farmi incastrare in quella cosa semplicemente per poter godere della visione di Iris per qualche ora di più al giorno.
La ragazza faceva parte del mio gruppo e chiacchierava con l’amica Alina mentre decorava una parte della tavola. Ero riuscito a scambiarci qualche parola ma nulla di più. Tuttavia, potevo ritenermi soddisfatto del nostro rapporto: andavamo d’accordo e scherzavamo tra di noi nonostante i momenti per farlo fossero pochi, forse perché avevamo un carattere simile. Magari un giorno sarei riuscito persino a farmi invitare a casa sua!
Mentre mi perdevo nei miei pensieri, Nathaniel si avvicinò a noi e disse, abbassando gli occhi su una lista: «Ragazzi, abbiamo bisogno di qualcuno che vada a comprare altro materiale. Servono: colla, brillantini, palloncini e della stoffa colorata. Chi si offre per andare?»
Iris sollevò la mano, sorridente: «Vado io. Il bazar non è molto distante, ci vorrà poco.»
Istintivamente, anch’io sollevai la mano: «Vado anch’io.»
Mi alzai, battendo via la polvere dai jeans con i palmi delle mani.
Nathaniel annuì: «Bene. Eccovi la lista.» me la porse, e poi si allontanò verso un altro gruppo. Poveraccio, chissà quanto lavoro aveva da fare…e io che mi lamentavo!
«Allora, andiamo?» esordii verso Iris che annuì, sorridente.
Dominique mi sussurrò un ‘in bocca al lupo’ mentre mi allontanavo ed io annuii in risposta.
Uscimmo dal cortile e ci avventurammo in città. Cercavo di decifrare la scrittura di Nathaniel, visto che mi ero già scordato che cosa dovevamo comprare. Era troppo piccola ed elegante per i miei gusti, la mia scrittura era larga e spigolosa, tant'é vero che molti professori si lamentavano di ciò. Forse era per questo che preferivo materiue più scientifiche, lì c'erano solo numeri...
«Cavolo!» sbottai dopo cinque minuti.
Iris ridacchiò, portandosi graziosamente una mano alle labbra e disse: «Hai bisogno di una mano?»
Esitai. Per questione di orgoglio non mi andava di dirle che non ero neanche capace di leggere una lista ma d’altra parte se non glielo avessi detto saremmo rimasti lì fino a domani ed avrei fatto ancora di più la figura dell’imbranato.
«Non riesco a capire la scrittura di Nathaniel.» mi arresi, quindi. «E’ peggio dei geroglifici.»
Lei rise –bè, almeno questo- e prese la lista tra le mani: «Fammi un po’ vedere. Io ci sono più abituata, mi presta un sacco di appunti.»
«E riesci a leggerli?» commentai io, stupito e ammirato.
Eh sì, me le sapevo scegliere le ragazze!
Iris fece spallucce: «Dopo un po’ ti ci abitui, specie se il giorno dopo hai una verifica importantissima di chimica che non puoi assolutamente sbagliare…»
«Chimica?»io ridacchiai con leggerezza. «Ma come? E’ semplicissima! E’ la materia in cui vado meglio!»  
«Davvero?!» stavolta fu il turno di Iris di guardarmi ammirata. Io sollevai il mento, soddisfatto, e annuii. «Fantastico! Mi potresti dare qualche ripetizione, allora? Io non ci capisco davvero niente…ti prego!» mi implorò, congiungendo le mani e guardandomi con sguardo implorante.
Come si faceva a dire di no a quei dolci occhioni azzurri?
«Vedrò cosa posso fare.» dissi.
«Oh, grazie Xavier!» esclamò lei, allegra, prendendomi il braccio e rischiando di farmi morire di infarto.
Quel gesto così amichevole e aperto non me lo aspettavo proprio, in genere erano le coppiette che facevano cose del genere…quindi Iris faceva spontaneamente con me cose da coppietta? Mi venne improvvisamente voglia di cantare a squarciagola per la felicità ma cercai di trattenermi.
Entrammo al bazar e comprammo tutto il necessario. Era incredibile come quel negozio avesse di tutto –tra gli scaffali trovai persino un cerchietto con delle orecchie di gatto e alcune pellicce sintetiche gettate in un angolo.
«Grazie mille.» sentii dire Iris, segno che aveva appena pagato il commesso. Uscimmo dal negozio e io presi le buste in mano al posto suo da bravo gentiluomo.
«Xavier, fa portare qualcosa anche a me.» protestò Iris. «Non vorrei che ti stancassi… »
«Ma no, non ti preoccupare, ho dei muscoli di ferro, io.» mi vantai giocosamente, porgendole un braccio. «Vuoi avere la conferma?»
Lei mi tirò un piccolo schiaffetto, ridendo: «Scemo!»
Era da un bel po’ che non scherzavamo così, ed io mi sentivo immensamente felice.
Avrei dovuto sdebitarmi con Nathaniel per il favore indiretto che mi aveva fatto!
 

POV Sky
 
Me ne stavo sdraiata a pancia in giù sul mio letto e leggevo un  bel romanzo rosa che mi aveva consigliato Violet. Era davvero molto bello e mi immedesimavo molto nella protagonista, anche lei innamorata del migliore amico di suo fratello. Ero sola a casa visto che i miei genitori erano –come sempre- fuori per lavoro, Mark era uscito con qualche suo compagno di classe e tutte le mie amiche erano occupate. Però, mi sollevava l’idea che il giorno dopo sarei andata a fare shopping insieme ad Alexy, Meylyn e altri nostri compagni. Karen, Kim ed Emily avevano cortesemente declinato l’invito mentre la piccola Violet era stata convinta ad accettare –non che fosse difficile convincere Violet a fare qualcosa visto che pareva andarle bene qualsiasi iniziativa.
Sentii improvvisamente suonare il campanello.
Mark era già di ritorno?
Saltellai fino alla porta, incespicando sui vari tappeti e cianfrusaglie lasciate a terra –per quanto ci provassimo, la casa non era mai completamente in ordine.
Aprii, dicendo: «Mark, hai già finito con…» ma mi bloccai.
Non era Mark. Ma Dajan, che si stagliava allampanato e sicuro di sé sulla soglia della porta.
«Dajan?» mi stupii, rimanendo con una mano attaccata alla maniglia della porta e la bocca semiaperta –come una scema, insomma…
«Ehi, Sky, tutto okay?»
«Sì…» dissi io, ancora sorpresa dalla visita. Dopodiché pensai alla maniera assurda in cui era conciata. Avevo i capelli ricci sciolti e in disordine ed indossavo un’orribile tuta super gigante di mio fratello. «Co-cosa ti serve?» dissi, cercando di non pensare troppo al mio ‘look’. «Mark non è qui, è andato con un vostro compagno di classe a…»
Ma Dajan mi interruppe rapidamente: «Sì, sì, lo so. Sono venuto per te.»
«Me?» dissi io confusa mentre sentivo le guance arrossarsi di vergogna mentre pensavo che ai piedi avevo anche delle orribili ciabatte mezze rotte di Winnie The Pooh…
«Sì. Mark mi ha detto che eri sola a casa, quindi…»
…quindi vuoi proprio farmi svenire qui, sulla soglia della porta, eh?
«…ho pensato di invitarti a prendere qualcosa da sgranocchiare, qui vicino c’è un bar davvero buonissimo. Ti va?» mi fece, indicando dietro di sé con il pollice.
Come potevo rifiutare? Non uscivo mai sola con Dajan, c’era sempre Mark in mezzo. Sembrava quasi che tutti i miei sogni si stessero realizzando.
Annuii con foga ed entusiasmo: «Sì, certo! Mi preparo subito, cinque minuti.»
Mi catapultai dentro casa e cercai rapidamente le cose più graziose che avevo nell’armadio. Mi infilai rapidamente nei vestiti. Un pantalone attillato e un maglione, e mi legai i capelli nelle mie solite codine –almeno erano più sistemati.
Alla fine, chiusi a chiave la porta di casa e seguii Dajan. Passeggiammo per un po’, chiacchierando piacevolmente. Dajan era un ragazzo dolce e spontaneo, chiacchierare con lui era davvero rinfrescante. Arrivammo ad un piccolo bar piuttosto grazioso con diversi tavolini di plastica ordinati davanti al bancone.
«Prendo io da mangiare, tu siediti pure.» mi disse il ragazzo. «Cosa vuoi?»
«Una coppa di gelato, grazie.» dissi io allegramente, sfilandomi la sciarpa dal collo.
Dajan sollevò le sopracciglia, sorpreso: «In pieno inverno?»
«Il gelato non ha stagione.» ribattei io in tono solenne.
Dajan ridacchiò rassegnato, facendo spallucce  e dirigendosi verso il barista. Mi sedetti ad un piccolo tavolino vicino ad una finestra e poi riportai lo sguardo sulle larghe spalle di Dajan.
Ricordavo benissimo la prima volta che l’avevo conosciuto…
 
Era stato al mio primo anno di liceo al Dolce Amoris. Mark aveva cominciato a frequentare il club di basket e mi aveva raccontato di trovarsi bene e di aver stretto amicizia con tutti i suoi compagni di squadra, soprattutto con un tipo di nome Dajan che io non ero ancora riuscita a conoscere.
Un giorno a casa nostra si tenne una sorta di ritiro per tutta la squadra di basket –Mark si era offerto di ospitare tutti da noi visto che i nostri genitori non c’erano quasi mai.
All’inizio non ero stata molto entusiasta della cosa visto che mi vergognavo a stare in casa con così tanti ragazzi –che mi avrebbero fatta sicuramente sentire la pecora nera del gruppo.
«Non devi preoccuparti, Sky, sono bravi ragazzi e inoltre ci penserò io a difenderti se dovessero allungare troppo la corda.» mi rassicurò Mark, con una carezza sul capo.
Quel giorno, quando suonarono il campanello, sentii Mark andare ad aprire e un mucchio di grida, risate e suoni di pacche sulle spalle. I maschi sono una cosa proprio…
Mi sfilai gli occhiali dalla montatura nera che usavo soltanto per leggere e andai alla porta, esitante.
Distinsi Mark che rideva con due ragazzi. Uno di quei due mi colpì subito. Era l’unico ad avere la pelle scura, eaveva i capelli legati in una coda dietro il capo. Inoltre era alto, altissimo –mi superava di un po’ meno di una trentina di centimetri.
Il ragazzo voltò il capo verso di me –fu il primo ad accorgersi della mia silenziosa presenza- e mi ritrovai i suoi occhi ambra nei miei, più o meno della stessa sfumatura.
Arrossii imbarazzata, stringendomi nelle spalle mentre il mio cuore galoppava sempre più velocemente nel petto e ronzarmi nelle orecchie.
Sentii improvvisamente l’ardente desiderio di conoscerlo, di sapere più cose possibili su di lui. Chi era? Come si chiamava? E perché un suo sguardo era riuscito a farmi contorcere le viscere?
«Ah, Sky!» esclamò Mark, verso di me. Tutti gli occhi dei presenti mi si puntarono addosso ma l’unico che mi imbarazzava veramente era quello del ragazzo dalla pelle scura.
«Ti ricordi Dajan, il ragazzo di cui ti ho parlato? Eccolo qua!» esclamò mio fratello allegramente, indicando il giovane che mi aveva guardata per primo.
Eh?! Lui è Dajan?!
 
Era un ricordo intenso e piacevole, forse fra i più belli che avevo. Nonostante non fosse accaduto nulla di significativo, le emozioni che aveva fatto scoppiare in me quell’incontro, quegli sguardi, erano forti e indelebili.
Vidi Dajan avvicinarsi al tavolo con in mano una cioccolata calda per lui e una bella coppa di gelato per me. Vi affondai il cucchiaino, deliziata, e me lo portai alla bocca.
«Allora, che programmi hai in questi giorni? Spero che non resterai chiusa a casa da sola tutto il tempo o sarò costretto a venire a farti compagnia ogni giorno.» disse Dajan, sorridendomi.
Io arrossii.
Non è che mi dispiacerebbe…  
«Domani andrò a fare shopping insieme ad alcune compagne e ad un mio compagno.» dissi quindi. Ero molto entusiasta per quell’uscita! «Andiamo a cercare degli abiti per la festa.»
«Ah sì?» Dajan pareva sorpreso. Poi disse: «Sarai sicuramente molto carina quel giorno!»
Il suo commento mi lasciò stupita e imbarazzata insieme. Non me lo aspettavo ma mi fece enormemente piacere.
«Oh…uhm, ti ringrazio.» riuscii a biascicare.
Lui ridacchiò, bevve un sorso di cioccolata e poi disse: «E comunque mi piacerebbe molto poter ballare con te. Che ne dici?»
A quelle parole, rischiai quasi di svenire di faccia sul mio gelato.
Ballo scolastico, quando ti decidi ad arrivare?

 
POV Sheila

 
Era il giorno tanto atteso, il giorno aspettato con tanta emozione ed entusiasmo, il giorno più bello di sempre…probabilmente sarebbero stati questi i miei pensieri se fossi stata Alexy o Rosalya.
Ma non lo ero. Io ero Sheila, la biondina bassa e dall’arrabbiatura facile tanto temuta del Dolce Amoris. Ed era abbastanza noto che io e lo shopping non andavamo esattamente di pari passo, soprattutto visto che Alexy e Rosalya mi volevano sempre far indossare abiti dai colori sgargianti quando io preferivo le tonalità scure. Tuttavia non avevo potuto dire di no davanti alla faccina da cucciolo che Alexy mi aveva propinato e mi ero fatta incastrare in quella folle idea.
Mi ritrovavo quindi al semaforo più vicino a casa mia, le mani infilate nel mio cappotto grigio, i capelli biondi schiacciati sotto il cappello e il naso arrossato per il freddo. Alexy mi aveva dato appuntamento lì ma era di ben dieci minuti di ritardo.
Grande!
Sbuffai, dando un calcio alla neve fresca che era caduta un’oretta prima e che aveva imbiancato le strade. Mi piacevano le basse temperature, mi ricordavano molto me stessa. Io ero la freddezza fatta persona anche se spesso tiravo fuori un carattere rabbioso e sicuro, oltre ché pungente e sarcastico –forse era per questo che io e Castiel andavamo d’accordo.
Mi accarezzai la spalla sinistra su cui sapevo essere tatuata una viverna, la mia creatura mitologica preferita. Era un po’ il mio simbolo di forza.
Tuttavia c’era un ragazzo che era riuscito a far sciogliere la mia maschera di freddezza, a far palpitare il mio cuore sempre troppo regolare e a sconvolgere i miei equilibri.
Armin…
«Armin…» sospirai io, sollevando lo sguardo sul cielo grigio che presagiva una nuova nevicata.
Chissà cosa stava facendo in quel momento…
Mi sentii improvvisamente colpire alla schiena da una palla di neve. Sgranai gli occhi. Mi voltai molto lentamente, l’espressione contratta in una smorfia furiosa, pronta a vedere il solito gruppetto di bimbetti che mentre giocavano facevano strage di passanti come me. Invece mi ritrovai a qualche metro di distanza Alexy affiancato da Sky e Violet. Queste ultime, vedendo la mia espressione, si nascosero dietro il ragazzo che invece mi rivolse uno smagliante sorriso e mi salutò agitando la mano ricoperta di granelli di neve e un po’ arrossata –la prova che era stato lui a lanciarmi la palla di neve!
«Alexy.» sbottai, camminando verso di lui a passo di marcia. «Mi hai bagnato tutto il giubbotto!»
«Non è una gran perdita. Questo coso è davvero orribile, lo sai?» mi disse, prendendo una manica tra le dita e sollevandomi il braccio per analizzare più da vicino il tessuto grigio.
Mi liberai bruscamente dalla presa, imbronciata: «Disse il tizio vestito da Arlecchino.»
«Almeno Arlecchino non è triste come questa roba.» disse lui.
Sempre con la battuta pronta, ovvio.
«Ehm…» fece Sky esitante, lasciando sbucare la testa ramata da dietro la schiena di Alexy. «Iniziamo ad andare, ragazzi?»
«Buona idea.» approvò Alexy lanciandomi un’occhiata divertita.
Voleva sfuggirmi, era chiaro.
Li seguii, annoiata.
«Quindi in quanti saremo, Alexy?» domandò Sky al ragazzo che cominciò a contare sulle dita: «Credo un po’ più di una decina.» sentenziò alla fine.
«E tu sarai l’unico ragazzo?» chiese Violet, timidamente.
«A quanto pare sì.» disse Alexy con una smorfia contrariata. «Quegli idioti non capiscono proprio niente…»
Un momento…se Alexy era l’unico ragazzo, allora…
«Vuoi dire che Armin non verrà?» domandai io di slancio, senza riuscire a trattenermi.
Alexy roteò lo sguardo su di me, sollevando le sopracciglia per il mio tono di voce acceso: «Be no. Lo sai che lui e lo shopping non vanno d’accordo e non ho potuto sequestrargli nulla visto che aveva già nascosto tutti i suoi giochi in chissà quale angolo della casa…» Alexy mi lanciò uno sguardo malizioso. «Perché, volevi che venisse anche lui?»
«N-no!» esclamai io, imbarazzata. «Era giusto per chiedere…» borbottai.
Violet mi lanciò uno sguardo vacuo mentre Sky sorrise comprensiva.
«Però hai chiesto proprio di lui!» continuò a punzecchiarmi Alexy, saltellandomi intorno. «Non è che per caso ti…»
«Oh, Alexy, guarda! Siamo arrivati!» lo avvisò Sky, riuscendo a distrarlo da me. Il ragazzo, infatti, esultò e accelerò il passo, trascinandosi dietro Violet che senza protestare si lasciò condurre all’entrata del centro commerciale.
Io e Sky li seguimmo.
«Grazie.» borbottai incerta a quest’ultima mentre entravamo dalle porte di vetro.
«Di nulla.» ribatté lei ridacchiando. «Tra ragazze innamorate ci si aiuta, no?» aggiunse, strizzandomi l’occhio e superandomi, accelerando il passo per raggiungere gli altri due.
Boccheggiai un po’, rossa in volto, poi cercai di riacquisire contegno, raddrizzando la schiena.
Possibile che persino Sky, una ragazza che conoscevo a malapena, si era accorta di ciò che provavo per Armin semplicemente vedendo la mia reazione al suo nome? Erano così evidenti i miei sentimenti?
Mi tormentai il labbro, confusa.
«Sheilaaa!» mi richiamò Alexy e affrettai anch’io il passo per raggiungerli.
Raggiungemmo il piccolo bar del centro commerciale e lì, sedute a due tavolini, c’erano almeno una decina di ragazze che parlottavano tra loro. Le uniche che riconobbi furono Iris, una ragazza abbastanza simpatica e solare della mia età e Karla, una specie di confetto rosa sempre del mio stesso anno. Poi c’era Alina, la migliore amica di Iris, più piccola di un anno. Ed infine, ovviamente, Rosalya che si alzò in piedi e agitò le braccia verso di noi.
«Niente male, eh?» disse Alexy, orgoglioso di tutta la gente che era riuscito a radunare.
«Gran bel lavoro, Alexy.» commentai io sarcastica, facendolo tuttavia gonfiare come un tacchino lo stesso.
Cercai di contare mentalmente quanti eravamo. Dodici.
Sarebbe stata una luuunga giornata…
 
 
 
_________________________
Salve a tutte! <3
Finalmente, dopo un periodo abbastanza lungo di assenza, sono tornata! Scusate davvero se ci ho messo così tanto ma non ho avuto molto tempo per scrivere con l'arrivo dei miei zii e il periodo in cui non sono stata a casa e l’ispirazione mi ha giocato brutti scherzi -.-‘’ Adesso sto pubblicando dal PC di mia cugina che me lo ha prestato e non la ringrazierò mai abbastanza! <3 <3
Spero che il capitolo vi piaccia, all’incirca credo che alla fine ne manchino altri quattro/cinque circa ed il ballo è prossimo! (Non vedo l’ora!) **
Nel prossimo capitolo ci sarà shopping sfrenato! Yay!!
Grazie ancora a tutte e ai vostri fantastici personaggi <3
A presto,
 
 
Lovely
 
   
 
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