Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: gattina04    01/09/2015    3 recensioni
Nuova iniziativa : 12 Months Captainswan
Raccolta mensile di fanfiction dedicate ai Captainswan.
Per ogni mese 3 elementi come prompt, ognuno potrà scegliere quale gli sembra più congeniale alla propria storia,( anche più di uno) che naturalmente dovrà contenere anche il nome del mese corrente.
Gennaio: neve,camino, pattini
Febbraio: maschera, san Valentino, Super Bowl
Marzo: donne , risveglio, altalena
Aprile: scherzo, Cioccolato, pigiama
Maggio: fiori, pick nick, barca
Giugno:Estate, ciliegie, doccia
Luglio : spiaggia,temporale, gelato
Agosto: stelle, calore, mare
Settembre:vino, viaggio, passeggiata.
Ottobre: Compleanno ( Emma), coperta, zucca
Novembre: Ringraziamento, famiglia, nebbia
Dicembre: candele, vischio, anello
Abbiamo tanta voglia di leggervi!
Ideata da CSGroup
(Alexies, Alexandra_Potter, Clohy, CSLover, Lely_1324, Manu'sPirate e Pandina.)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Settembre: Ciò che desidero veramente
 
Cercai invano di ricordare cosa mi aveva detto Emma sul quel particolare congegno. Lei l’aveva chiamato aspira qualcosa: era ovvio che la sua funzione fosse quella di pulire. Il problema principale era riuscire a farlo funzionare. Dovevo assolutamente riuscirci prima che lei rientrasse.
Emma era uscita a bere qualcosa con Regina per una “serata tra amiche”. Quando le avevo fatto notare che detta così non sembrava una cosa né da lei né da Regina, mi aveva fulminato con lo sguardo. Ma il peggio era successo dopo. Emma mi aveva proposto di aspettarla a casa, quella che stava piano piano diventando casa nostra, e visto che Henry sarebbe rimasto dai nonni, dopo mi avrebbe alleviato la solitudine subita. Fin qui non ci sarebbe stato niente di male se non fosse stato per la mia sbadataggine. Nel tentare di afferrare quella specie di bacchetta per comandare la scatola magica, avevo accidentalmente buttato per terra la pianta che era sopra al tavolino. Così il vaso si era rotto e il pavimento era ricoperto di terriccio. In quel momento l’unica cosa che potevo fare era riuscire a pulire tutto prima che Emma rientrasse, sperando che non tenesse particolarmente a quella dannata pianta.
Se solo fossi riuscito a far funzionare l’aspira… polvere! Ecco aspirapolvere era quello il nome giusto!
“Beh Killian non ti serve il nome, pensa piuttosto a come accenderlo”. Se avessi usato una scopa normale ci avrei messo troppo e non sarei riuscito a togliere tutto quel terriccio. Quella era l’unica possibilità.
Fissai la parte che mi sembrava si chiamasse spina. Probabilmente avrei dovuto attaccarlo a qualcosa per riuscire ad usare la corrente che faceva andare tutte quelle moderne tecnologie.
«Accidenti!», inveii. «Per mille velieri perché diavolo non sono stato attento mentre Emma mi mostrava come usarlo».
Proprio mentre stavo perdendo la pazienza e accantonando l’idea di poterla passare liscia, sentii il telefono squillare. Almeno di quello ero riuscito ad imparare il nome.
Guardai lo schermo credendo che comparisse la scritta Emma, ma invece non fu così.
«Pronto? Regina?», risposi titubante.
«Hook, per fortuna mi hai risposto sub…».
«Emma sta bene? È successo qualcosa?». Non le lasciai neanche il tempo di finire la frase: la preoccupazione aveva preso il sopravvento. In un solo secondo mi erano balenate in testa mille possibili terribili teorie. Emma era con Regina, se quest’ultima mi aveva chiamato voleva dire che le era successo qualcosa.
«Tranquillo, non è niente di grave. Emma sta bene, ho solo qualche problemino a farla stare buona».
«In che senso?».
«Hook la tua cara fidanzata, ha alzato un po’ troppo il gomito stasera. Conoscendo la tua predilezione per il rhum non c’è da meravigliarsi: chi va con lo zoppo impara a zoppicare».
«Emma è ubriaca?», balbettai sorpreso.
«Decisamente. Io devo andare da Robin, ma non credo che lei sia capace di tornare a casa da sola in questo stato. Puoi venire a prenderla?».
«Certo». Mi feci dare l’indirizzo: erano in un locale di Storybrooke poco conosciuto a una ventina di minuti a piedi.
Lasciai perdere il congegno e mi precipitai fuori casa. Se Emma era davvero sbronza non avrebbe notato il mio piccolo incidente e sicuramente avrei potuto farlo passare in secondo piano una volta tornata sobria.
Il fatto che si fosse ubriacata però era alquanto strano. Sicuramente non era quello che accadeva in una normale “serata tra amiche” e certamente non era da Emma. Lei non amava perdere il controllo, lo sapevo bene, e non era neanche il tipo da non reggere l’alcool. Era evidente che fosse successo qualcosa di particolare, ma probabilmente non sarei riuscito a scoprirlo quella sera. Se neanche Regina riusciva a tenerla a bada, la mia piccola Swan doveva averci dato dentro della grossa.
Quando arrivai al locale non sapevo bene cosa aspettarmi. Come sarebbe stata Emma sbronza? Sarebbe stata più chiassosa o invece tutto il contrario? Sarebbe stata felice o triste? Da quel poco che mi aveva detto Regina sembravano più vere le prime opzioni. Sicuramente, se era riuscita a mettere alle strette la regina Cattiva, doveva essere abbastanza complicato trattenerla.
Appena entrai trovai Regina all’ingresso del locale.
«Bene pirata sei arrivato», sospirò di sollievo.
«Che cosa è successo?».
«Beh abbiamo iniziato con un paio di bicchieri di vino, ma sono diventati evidentemente di più quando io mi sono assentata un attimo. Però credo che se vuoi capirci qualcosa dovrai chiederlo direttamente a lei domani».
«Già penso anche io».
«Grazie di essere venuto. Robin mi ha chiamato, è successo un imprevisto con l’Allegra Brigata. Non è niente di greve ma ha bisogno che vada a casa sua per non lasciare Roland da solo».
«Capisco vai pure, ci penso io. Lei dov’è?».
«Sta ballando». Mi indicò una piccola pista accanto ad alcuni tavoli. Emma stava sicuramente dando spettacolo là al centro della pista, con troppi uomini attorno a lei, pronti ad approfittare di quella sua momentanea instabilità. Il mio sguardo si fece più truce, se solo qualcuno avesse osato metterle le mani addosso…
«Ah Hook». Regina mi fermò prima che mi potessi avvicinare. «Di’ pure alla tua cara fidanzatina che, se dovesse ricapitare una cosa del genere, non uscirò più con lei».
«Riferirò il messaggio». Mi sorrise ed uscì dal locale. Feci un sospiro e andai incontro ad Emma che nel frattempo continuava a ballare, in maniera un po’ troppo disinibita per i miei gusti.
«Killian!», gridò vedendomi. Mi corse incontro buttandomi le braccia al collo. «Tesoruccio». Non era decisamente da lei essere così smielata, era già un record se qualche volta riusciva a chiamarmi amore di fronte ad altre persone.
«Ciao splendore». Riuscii giusto a terminare la frase prima che mi ritrovassi la sua lingua nella bocca. Era decisamente molto disinibita e sapeva di vino in maniera esagerata.
«Che ci fai qui?», mi chiese quando staccò le sue labbra dalle mie. Mi rivolse un sorriso radioso, puntando i suoi stupendi occhi verdi dritti nei miei.
«Regina mi ha chiamato, è dovuta andare via».
«Oh!». Mi fissò perplessa per un secondo prima di riuscire ad afferrare quello che le avevo appena detto. «Che peccato volevo salutarla… però adesso ci sei tu. Mi sei mancato tanto». Mi baciò di nuovo, non lasciandomi altra scelta se non quella di ricambiarla.
Bene Emma da ubriaca era dolce e melensa, e particolarmente affettuosa. Forse dovevo cominciare a pensare all’idea di farla bere un po’ più spesso, ora non da farla sbronzare ma solo quel tanto da renderla un po’ più esplicita. Ma sicuramente il mio cigno da ubriaco aveva in serbo ancora molte altre sorprese, visto che aveva dato del filo da torcere a Regina.
«Vieni a ballare con me». Mi tirò per l’uncino, cercando di trascinarmi dietro di lei. Nel frattempo due o tre tizi mi lanciarono delle occhiatacce che ricambiai prontamente. Per fortuna il comportamento di Emma aveva messo subito in chiaro che lei non era disponibile, e il mio sguardo serviva solo a confermare che quello era il mio territorio e che nessuno poteva invaderlo.
«No Swan, basta ballare andiamo a casa». La tirai di nuovo verso di me, in modo da dirigerla verso l’uscita ma ovviamente non fu così facile.
«No. Io non voglio andare a casa. Mi sto divertendo». Mi lasciò l’uncino e mi fissò imbronciata. Avevo due opzioni: la prima era quella di prenderla di peso e portarla via, senza curarmi delle sue proteste; però c’erano troppe persone e qualcuno avrebbe potuto tentare di fermarmi. E non avevo decisamente voglia di fare a pugni con qualcuno. La seconda prevedeva di assecondarla e cercare di invogliarla ad uscire.
«Beh d’accordo Swan», iniziai. «Ma precisamente come si fa a ballare con questo rumore? Questa certo non si può definire musica». Erano dei suoni ritmati che decisamente non erano tipici di un ballo. In quel mondo moderno sicuramente non avevano orecchio per la buona musica.
Mi sorrise e mi abbracciò di nuovo, strusciando il suo corpo sul mio. «Non c’è solo il… come si chiama?».
«Valzer».
«Quello. E poi la prima regola è scegliere un compagno che sappia danzare». Nonostante la sbronza riusciva a ricordarsi piccoli dettagli come quello; era piuttosto ammirevole.
«E tu sapresti ballare Swan, in queste condizioni? Quanto hai bevuto stasera?».
«Solo un pochino». Accompagnò la frase con il gesto delle dita.
«Un pochino?». Alzai un sopracciglio e la fissai scettico.
«Beh forse un po’ di più. Qualche bicchiere di vino non ha mai fatto male a nessuno. E poi tu non dovresti criticare: vai sempre in giro con una fiaschetta piena di rhum».
«Va bene». La strinsi di più a me e la baciai dolcemente. Se avevo visto giusto potevo sfruttare l’attrazione che provava per me a mio vantaggio. «Senti perché invece di restare qua in questa confusione, in mezzo a tutta questa gente, non ce ne andiamo? Ti assicuro che troverò il modo di farti divertire».
Mi guardò incerta, mordicchiandomi il labbro. «Va bene», acconsentì infine.
Intrecciai la mano alla sua e la trascinai fuori dal locale. Ma non appena fummo usciti Emma mi saltò di nuovo addosso. Mi ritrovai di nuovo le sue braccia intorno al collo, le mani tra i capelli, le labbra sulle mie e la sua lingua sempre più invadente.
Riuscire a frenarla non era poi così semplice, anche perché prima di trattenere lei dovevo comunque trattenere me stesso; e non era per nulla semplice quando lei si comportava così.
«Emma, tesoro aspetta», riuscii a dire tra un bacio e l’altro.
«Perché? Mi avevi promesso il divertimento e questo è divertirsi». Si strusciò di più addosso a me, facendomi sentire il suo seno sul petto e il suo bacino contro il mio; un gesto che normalmente mi avrebbe fatto perdere il controllo. Però dovevo rimanere lucido e riuscire a gestire la situazione, almeno il tempo necessario per portarla a casa.
«Swan non c’è un po’ troppo pubblico? Forse è meglio aspettare per questo».
«Io non voglio aspettare», piagnucolò. «Voglio solo te dentro di me». Feci un profondo respiro riuscendo a reprimere ogni minimo mio desiderio. Dovevo portarla via di lì e certo potevo sempre mettere in atto l’opzione uno ma sarebbe stato meglio se mi avesse seguito di sua spontanea volontà.
«Che ne dici se facciamo una passeggiata al chiaro di luna?», le proposi, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Magari troviamo un posto più appartato».
Mi guardò imbronciata ma alla fine accettò. «Uffa. Non ti facevo così moralista. Però dovrai farti perdonare». Lasciò che io le circondassi la vita con il braccio e iniziò a camminare appoggiandosi a me. O meglio a barcollare se non fosse stato per me che la sorreggevo.
L’aria di settembre era ancora calda, ma la sentii stringersi di più contro la mia spalla. Solo allora notai che indossava solo una maglietta scollata. Probabilmente aveva dimenticato la giacca da qualche parte dentro il locale, ma visto che ero riuscito a trascinarla via non sarei certo tornato indietro a prenderla.
«Metti questa», le dissi togliendomi la mia giacca e poggiandogliela sulle spalle. Lei mi sorrise, la infilò, e tornò ad appoggiarsi a me.
«Sa di mare e di rhum», mi disse annusando la pelle. «Sa di te. Lo sai che il tuo odore mi fa impazzire? È così buono».
«Anche tu hai un buono odore Swan, di solito. Adesso invece puzzi di vino». Non so se fece finta di non aver sentito o se proprio non mi stesse ascoltando.
«E poi amo i tuoi occhi», continuò con un tono trasognato. «Sono così belli. Come fanno ad avere quel colore? Come quello dell’oceano».
«Avresti dovuto chiederlo a mia madre, li ho ereditati da lei. E poi cos’altro ami di me?». Ero curioso di sentire tutti quei complimenti che l’Emma sobria si sarebbe tenuta per sé.
«Tutto. Sei così bello e affascinante, con il tuo aspetto da cattivo ragazzo, da vero pirata. Sei così maschio, soprattutto con il tuo uncino. Ecco mi piace tanto anche l’uncino è così sexy». Avrei dovuto usare uno di quei congegni per registrare. Chissà che faccia avrebbe fatto risentendo le sue parole una volta in sé. Sarebbe arrossita e avrebbe negato.
Continuammo a camminare in silenzio, tanto che pensai che il peggio fosse passato e che magari le stesse venendo sonno. Non sarebbe certo stato un problema prenderla in braccio e, una volta addormentata, metterla a letto.
Le mie speranze, però, furono presto deluse. All’improvviso alzò la testa dalla mia spalla e impuntò i piedi, costringendomi a fermarmi.
«Basta non ho più voglia di camminare». Mi fissò con uno sguardo contrariato incrociando le braccai al petto.
«Dai tesoro, continuiamo solo un altro poco». Allungai la mano verso di lei sperando che la stringesse. Eravamo su una strada che costeggiava l’oceano. Non mancava molto a casa.
«No, sono stanca». Barcollò fino al bordo del molo, e ondeggiò pericolosamente vicina al pelo dell’acqua.
«Emma!». Mi affrettai ad afferrarla prima che cadesse in mare tra un passo e l’altro.
«Ce la faccio», protestò. Scacciò la mia mano e per fortuna riuscì a mettersi a sedere per terra, con le gambe penzoloni. Sospirai e mi sedetti accanto a lei. Probabilmente se avessi tentato di prenderla in braccio si sarebbe ribellata, rischiando di farci cadere entrambi nell’acqua.
«Allora Swan che facciamo adesso?». Non mi rispose e continuò a fissare la barca che era ormeggiata di fronte a lei.
«La Jolly non c’è?», mi chiese all’improvviso.
«È attraccata più in là, perché?».
«Potremmo prendere e partire, fare un viaggio solo io e te».
«Davvero? E dove vorresti andare di preciso?».
«Dappertutto». Fece un enorme sorriso e si sporse per prendermi la mano. «Non sarebbe meraviglioso?».
«Credo che viaggiare con te sarebbe fantastico, tesoro».
«Potremmo visitare l’Europa. Ho sempre voluto vedere il mondo, poter viaggiare in lungo e in largo».
«E non ti mancherebbero Storybrooke, i tuoi genitori e Henry?».
«Certo ma così avremo un posto e delle persone da cui tornare, una volta concluse le nostre avventure. Potremo tornare a casa». I suoi occhi si illuminarono di felicità e di emozione. Le accarezzai una guancia, riconoscendo in pieno la mia Swan. Era quello il suo spirito, la voglia di libertà ma anche il bisogno incessante di un qualcosa di stabile a cui aggrapparsi e dove poter tornare.
All’improvviso, la sua espressione cambiò. Tirò su le gambe e si sporse dal molo iniziando a vomitare. Mi affrettai subito a sorreggerla e a scostarle i capelli con l’uncino per evitare che si sporcasse. Lasciai che si liberasse del tutto e che cominciasse così a smaltire la sbornia.
«Bene tesoro credo sia giunto il momento di andare a casa», affermai quando ebbe finito di rimettere. Mugolò ma non si oppose quando la sollevai, anzi mi mise le braccia intorno al collo e appoggiò la testa sulla mia spalla.
Il resto del tragitto fu piuttosto tranquillo. Emma sembrava non dover più vomitare e si stava lentamente addormentando. Più difficile fu aprire la porta di casa con un uncino, una mano sola e una donna in braccio. Avrebbero dovuto darmi una medaglia per quell’impresa.
Appena entrai notai il mio piccolo disastro, di cui mi ero completamente dimenticato. Tirai dritto, andando verso la camera: ormai quello era sicuramente passato in secondo piano.
Appoggiai delicatamente Emma sul letto, che nel frattempo si era appisolata. Probabilmente non avrebbe ricordato più nulla della sera prima, e l’unica cosa che le sarebbe rimasta sarebbe stata un tremendo mal di testa.
Le tolsi le scarpe e riuscii a metterla sottocoperte. Non tentai nemmeno di metterle il pigiama, temendo di svegliarla.
Feci per andarmene quando inaspettatamente la sentii mugolare. «Killian…».
Tornai indietro, sedendomi accanto a lei sul letto. «Tesoro va tutto bene, torna a dormire». Le diedi un bacio sulla fronte e mi alzai di nuovo.
«Resta con me», mi supplicò. Non potei far altro che andare dall’altra parte e stendermi accanto a lei. Appena fui al suo fianco si avvicinò poggiando la testa sul mio petto, lasciandosi avvolgere dal mio abbraccio.
Restai a vegliare su di lei, osservandola dormire. Il suo petto si alzava e si abbassava ad un ritmo regolare e lentamente, assecondando quella quiete, anche i miei occhi si chiusero. Mi risvegliai in piena notte non sapendo quanto tempo fosse passato, con Emma accoccolata sul mio braccio, che in quel momento era del tutto intorpidito.
Quando tentai di spostarla o anche solo di liberarmi dalla sua presa, Emma aprì lentamente gli occhi, fissandomi spaesata con le sue iridi verdi. Mi lasciò andare continuando a sbattere le palpebre confusa, ma visibilmente più lucida di prima.
«Sei a casa», le spiegai carezzandola con l’uncino. «Ti spiego domani va bene?».
«Non importa, penso di ricordare vagamente. Grazie».
«Non c’è problema amore».
«No davvero Killian, grazie di prenderti cura di me. E scusa per qualunque cosa sia successa».
«Sono qui per te. Mi hai fatto preoccupare lo sai? Non credevo che fossi il tipo capace di sbronzarsi». Continuai ad accarezzarle la guancia con l’uncino, fino ad arrivare alla sua fronte. Le appoggiai il metallo freddo procurandole un po’ di sollievo dall’emicrania che probabilmente doveva già avere.
«Non sono il tipo», sospirò dopo un po’, «una che beve solo per divertirsi».
«E allora perché ti sei ubriacata?».
«È stato stupido», aggirò la mia domanda.
«Molto, visto che qui quello alcolizzato sono io». Riuscii a strapparle un piccolo sorriso. «Ma non mi hai ancora detto perché».
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi mentre io le premevo l’uncino sulla fronte. «Certe volte il tuo uncino è davvero utile». Che non volesse rispondermi era palese, ma in quel momento non volevo insistere più di tanto. Doveva ancora smaltire la sbornia e non era pronta per le mie incessanti domande.
«Non devi dirmelo per forza se non vuoi. Potrai parlarmene quando sarai pronta».
«Voglio dirtelo, solo che mi sento una stupida ad aver abbassato così la guardia e non so bene come potrai prenderla».
La fissai perplesso, mettendomi più comodo su un fianco. Lei si tirò su fissandomi negli occhi, per poi stendersi supina, puntando lo sguardo al soffitto.
«Ieri», iniziò. «Ho comprato un test di gravidanza».
«Un test di cosa? Sei incinta?». Gravidanza era stata la parola che mi aveva fatto scattare.
«Lasciami parlare», mi rimproverò. «Comunque no, non sono incinta. Stavo dicendo che ieri ho fatto il test perché credevo di esserlo». Percepì il mio sguardo perplesso alla parola test e si affrettò a spiegarmi, prima che la interrompessi di nuovo. «È uno strumento che si compra in farmacia e che può dirti se una donna aspetta un bambino, anche solo dopo poche settimane dal concepimento. Quindi, avendo un forte ritardo, io ne ho comprato uno e l’ho fatto, è risultato negativo; e poi a confermare l’esito, oggi mi è arrivato il ciclo».
«Non capisco», intervenni notando che non proseguiva. «Dove è il problema?».
«Infatti. È quello che ho continuato a ripetermi in questi due giorni. Ero così preoccupata perché non eravamo stati attenti Killian, per il tuo compleanno sulla Jolly… e il ritardo sembrava voler confermare il tutto. Sarei dovuta essere sollevata quando ho visto il risultato, e invece no».
«No?». Studiai la sua espressione, sembrava avercela con sé stessa per quei sentimenti contrastanti.
«No. Ero così convinta di aspettare un bambino che non avevo considerato che potesse trattarsi solo di un semplice ritardo. Sono sempre stata puntuale come un orologio, non avevamo usato precauzioni e mi sembrava anche di sentirmi diversa».
«Avresti voluto essere incinta?», le domandai infine.
«Sì», ammise. «L’ho capito solo dopo, ero terrorizzata dall’idea di aspettare un bambino di nuovo, ma ho capito che sarebbe stato giusto. Killian io non ho mai desiderato avere dei figli, Henry non l’ho voluto, è solo capitato. Non ho mai avuto l’istinto materno, e poi sei arrivato tu ed è cambiato tutto. Ho iniziato a pensare che sarebbe stato bello aver un bambino con te nel futuro. Ed ieri quando ho visto questo futuro ipotetico avvicinarsi di colpo, mi ha spaventato ma l’avrei affrontato volentieri con te al mio fianco. E poi, quando tutto si è rivelato solo un falso allarme, mi sono sentita spaesata e mi sono rattristata. Io non volevo assolutamente sentirmi così, ma non potevo fare altro; volevo solo smettere di sentire qualsiasi cosa, per questo ho iniziato a bere».
Rimasi a bocca aperta. Non sapevo cosa dire: voleva avere un bimbo con me. Per quanto quella confessione potesse spaventare la maggior parte degli uomini, io invece ne ero felice. Avevo imparato che niente lega due persone come un figlio, e averne uno con lei sarebbe stato sicuramente il futuro più idilliaco che potessi avere. Non ero mai stato padre ma non potevo negare di averlo desiderato qualche volta nel corso della mia lunga vita.
«Perché non parli?», mi domandò voltandosi a guardarmi. «Ti ho spaventato, lo sapevo».
«No». Afferrai la sua mano intrecciando le sue dita alle mie. «Vuoi un figlio con me Emma?».
«Sì, e tu? Killian ti prego sinceramente, a prescindere da ciò che desidero io, cosa ne pensi?».
«Lo voglio anche io». I suoi occhi si allargarono, prima sorpresi e poi felici, e sul suo volto comparve un sorriso meraviglioso.
«Davvero? Anche adesso?».
«Sì Swan».
«Lo sai che non sarà più lo stesso dopo e che tra di noi…».
«Ssh», la fermai. «Lo so e per me va bene». La baciai dolcemente stringendola forte tra le mie braccia.
«Allora cosa stiamo aspettando?». Mi fece sdraiare, mettendosi a cavalcioni su di me e iniziò a sbottonarmi la camicia.
«Aspetta Swan», la fermai facendola stendere nuovamente. La coprii di nuovo con il lenzuolo e le diedi un bacio sulla fronte, ignorando il suo sguardo perplesso.
«Stai ancora smaltendo la sbornia», le spiegai. «Non sei ancora del tutto lucida; non voglio approfittare di te in un momento di debolezza. Desidero che tu lo voglia davvero. Quindi se domani, quando sarai tornata sobria al cento per cento, vorrai ancora avere un bambino con me io sarò il primo a darmi da fare per riuscire a concepirlo. Ma questo solo se tu lo vorrai davvero. D’accordo?».
Annuì. «D’accordo».
«Adesso dormi tesoro, se non vuoi che il mal di testa peggiori».
«Grazie di essere qui e di amarmi così tanto», sussurrò mettendosi più comoda e chiudendo gli occhi.
«Non c’è di che, tesoro». Le baciai dolcemente la fronte pensando che il giorno in cui avevo conosciuto Emma Swan era stato sicuramente il più fortunato di tutta la mia vita.


 
Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Buon settembre.
Spero che le vacanze siano andate bene, io purtroppo sono tornata da un paio di giorni :(
Devo dire che questi capitoli stanno venendo sempre più lunghi, ma nonostante questo spero che siano di vostro gradimento.
Già qualche mese fa Killian ed Emma avevano parlato della possibilità di avere dei figli ed ora ecco qua! Emma lo desidera e anche Hook. Quindi staremo a vedere come si evolverà la cosa negli ultimi tre mesi. Vi anticipo già che questi ultimi quattro capitoli saranno un po’ più collegati tra di loro, visto che ho già in mente una linea guida generale fino al mese di dicembre.
Ringrazio sempre chi legge la mia storia, chi l’ha inserita nelle varie categorie e chi recensisce.
Ad ottobre (quando finalmente sarà tornato OUAT con la Dark Swan), un abbraccio
Sara
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: gattina04