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Autore: ehitsfrannie    01/09/2015    1 recensioni
Esistono Tre Pietre: la pietra dell'equilibrio, quella della saggezza e dell'amore. Tre Pietre essenziali per far tornare la magia a Storybrooke. Il compito di trovarle viene affidato ad Alice, una ragazza tormentata dal suo passato turbolento che sarà costretta a lottare contro i Cattivi più malvagi delle fiabe. Per fortuna (o sfortuna) ci sarà il Cappellaio Matto ad affiancarla in questo viaggio insieme ad un'altra ragazza temeraria tanto quanto il fratello.
Tre Pietre. Tre personaggi. Una sfida per ognuno di loro.
Riuscirà Alice a portare a termine la sua missione? Qual è il vero obbiettivo di Jefferson? Cosa centra Tremotino in tutto ciò? E se Capitano Uncino avesse una sorella?
[le parti di Rumbelle mi sono state gentilmente concesse dall'autrice padme83 alla quale vanno i crediti per le one shot della sua raccolta "In the morning you always come back" di sua totale creazione e stesura.]
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Jefferson/Cappellaio, Matto, Killian, Jones/Capitan, Uncino, Signor, Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo V


«Si sta' svegliando, non è vero?»
«Guardate, muove le palpebre!»
«Mia cara, come ti senti?»
Alice si mise seduta, guardando smarrita attorno a sé.
Fa' che sia stato tutto un sogno.
Vide la Regina, accompagnata da due Fanti, che le accarezzava con delicatezza il viso. «Va tutto bene, mia cara, hai solo sbattuto la testa. Hai dormito per un paio di giorni, ma ora ti va' di raccontarmi da dove vieni?» le chiese, con un sorriso rassicurante e premuroso.
Alice deglutì, ma la sua gola era troppo secca perfino per parlare. «Io...io credo di essere matta.»”
«Fa' che funzioni, fa' che funzioni. FA' CHE FUNZIONI! Fa' che funzioni, fa' che funzioni...» Jefferson continuava con quella frase da un tempo che non sapeva più definire. Settimane, oppure giorni, mesi, forse solo qualche ora.
Era impazzito. Faceva un cappello, poi provava a farlo funzionare. Era ogni volta tutto era inutile e allora iniziava da capo. Intorno a lui vi erano sempre più cappelli a cilindro, che sembravano non finire mai: aumentavano di minuto in minuto, o forse erano tempi più lunghi, ma lui non sapeva.
Era solo il Cappellaio Matto. Alla corte della Regina di Cuori ormai era conosciuto con quel nome, probabilmente per via di quegli occhi spiritati che aveva costantemente.
Non curava più il suo aspetto, niente aveva più senso o importanza a parte cercare di far funzionare un cappello e tornare da Grace. La sua piccola era la sola cosa che lo tenesse ancora lucido, seppur poco. Ma ogni giorno che passava portava via con sé un pezzo delle sue speranze, finché sarebbe arrivato a non averne più e perdere se stesso completamente.
Aveva finito un altro cappello e ora lo fissava, con sguardo vuoto. Aveva già visto la stessa scena troppe volte per crederci davvero.
All’improvviso l’immensa porta della stanza si aprì con gran rumore, ma Jefferson, girato di spalle, non ebbe alcuna intenzione di dedicare la sua attenzione al nuovo ospite.
«Oh, salve...scusatemi, credevo che questa fosse la porta della mia stanza. Cielo, qui le porte sono tutte uguali...»
Jefferson si girò di scatto e vide a chi apparteneva la voce squillante ma delicata che l'aveva svegliato dal suo torpore: una ragazza, dai lunghi capelli biondi, ricci e parecchio scompigliati, che le cadevano in alcune ciocche sul viso e che indossava un abito azzurrino semplice nel quale però era evidente si sentisse a disagio, indice che non era solita a indossare vestiti del genere. Lo fissava con i suoi occhioni azzurri, vispi e curiosi, scioccata alla vista di tutta quella orda di cappelli sparsi che li dividevano.
«Tu chi sei?»
«E tu come sei arrivata qui?»
«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, è maleducazione. Comunque, io farò la persona educata. Mi chiamo Alice.» affermò lei, avvicinandosi.
Jefferson la fissava, quella ragazza, la fissava senza capire. Gli occhi di un pazzo, che si specchiavano in quelli curiosi di lei. C'era qualcosa in essi, così profondi, così infantili, così immensi, che lo inchiodava lì dov'era.
Lo osservava come se fosse uno strano fenomeno da baraccone.
«So che può sembrare strano, ma...be', un cappello ha aperto una voragine sotto ai miei piedi proprio davanti a casa quando l'ho lanciato via e ci sono caduta dentro. Ecco come sono arrivata.»
Cappello.
Un brivido folle percorse la schiena di Jefferson e una risata da matto qual'era esplose fuori dalle sue labbra. «Un cappello! Dunque io, mia cara Alice, io sono il Cappellaio Matto.»
Prese il suo cilindro, lo sollevò e lo abbassò facendo un profondo inchino, senza nemmeno saperne il perché. Era il Cappellaio Matto, lui non doveva avere un perché. Tutto gli era concesso. Non era Jefferson, chi era Jefferson? Un uomo disperato che faceva inutili cappelli che non avrebbero più funzionato, un fallito, un'anima solitaria che si era fatta prigioniera di sé stessa.
I cappelli erano inutili ma quella ragazza, quella ragazza era la chiave di tutto. Avrebbe solo dovuto tornare alle specchio e poi...la libertà. La libertà, tornare da Grace.
Grace, Grace, Grace.
Quel nome si rigirava tra la lingua come una caramella. Poteva importare altro a quel mondo? Niente. Niente doveva importare. Nemmeno il destino di quella giovane donna che aveva di fronte. Alice. Avrebbero potuto farle quello che ne volevano, lui non poteva pensare anche alla sua piccola Grace.
Si avvicinò alla sconosciuta, scavalcando i cappelli e prendendola a braccetto. I suoi modi erano così spontanei e privi di senso che la bionda, seppur confusa, non poté far altro che assecondare.
I pazzi si assecondano. E' questo il loro vantaggio, nessuno cerca mai di contraddirli, perché in fondo tutti ne hanno paura.
«Allora. Alice! Raccontami da dove vieni, ti va?»
La ragazza lo guardò spalancando la bocca, e stizzita ritirò il braccio da quello di Jefferson.
«Sinceramente mi sembri più il figlio di Dracula e Biancaneve che Il Cappellaio Matto.» ammise con ironia. «Il Cappellaio non esiste. E' parte di una favola, così come la Regina di Cuori.»
«E dimmi, mia cara, di quale favola fanno parte?»
«Di...Alice.» questa rabbrividì al solo pensiero che tutto ciò fosse reale. «Alice in Wonderland. Ma questo non è possibile!»
«Solo se credi che lo sia! Comunque, io sono il Cappellaio Matto, e puoi chiamarmi così se ti va. Se non ti va, non chiamarmi.»
«Questo è solo un sogno!» insisté Alice. «Non posso essere la vera Alice, lei cade dentro la tana di un coniglio e...»
«E incontra tante creature strane come un Cappellaio Matto, una Regina malvagia, il Brucaliffo e...»
«Ma tu come fai a saperlo?» domandò lei, assumendo la medesima espressione sconcertata del compagno.
Jefferson scrollò le spalle, sorridendo nostalgico. «So tante cose, Alice, ma infondo non so nulla. E ancora non so bene come sei arrivata fin qui...»
«Te l'ho detto, sono stata travolta dentro un cilindro dopo averlo lanciato per terra!»
Dopo quelle ultime parole, gli occhi spiritati di Jefferson diventarono grandi come laghetti. Lanciò un grido stridulo e la prese per le spalle, scollandola con forza. «Un cilindro. Un cilindro?!»
Questa annuì con foga, spaventata a morte ma al contempo affascinata dai comportamenti pazzoidi di quell'eccentrico individuo.
Jefferson rise. Una risata cristallina, euforica, maniacale; e di nuovo il suo sguardo fu attraversato da un improvviso bagliore di lucidità.
«Significa che posso tornare dalla mia Grace!»
«Chi è Grace?»
«Una...persona. Una persona importante, importantissima.»
Alice rimase piacevolmente colpita dal modo in cui tutto il dolore e il tormento patito abbandonava il volto di Jefferson quando parlava di questa Grace. Che fosse una moglie, un'amica o un parente, l'amore che il Cappellaio provava per lei era palpabile ed incondizionato. «Ma come farai a tornare da lei? Sembra che tu abbia passato tanto tempo qui dentro e non credo che la Regina sia intenzionata a liberarti...»
Egli afferrò il gomito della giovane e la trascinò fino al corridoio. «Con il tuo aiuto. Ho bisogno che tu mi porti uno dei funghi che crescono nel giardino di Cora. No, non uno qualsiasi. Bada bene: il fungo più scuro ti fa crescere, quello più chiaro ti fa rimpicciolire.»
Alice lo guardò perplessa, incerta se credere alle parole di quel povero malcapitato oppure no. Il volto del Cappellaio però non ammetteva repliche e ciò turbò ancora di più la ragazza.
Cappellai, funghi che fanno crescere e che fanno tornare piccoli, Regine e Fanti. Credi ancora di essere in una favola? Crederai a tutto ciò quando sarà troppo tardi?
«Va bene, ma prima voglio sapere il tuo nome, quello vero.»
«Sono un semplice cappellaio, te l'ho già detto.»
Alice sbuffò, prima allontanandosi lentamente, poi correndo e attraversando un corridoio dopo l'altro attenta a non incrociare i Fanti o, peggio ancora, la Regina stessa.
Perché ella aveva rinchiuso il Cappellaio in una torre? Chi era Grace? E perché egli stesso aveva creato tutti quei cappelli?
Ma tanto, se è un sogno, perché dovrebbe interessarti?
Una volta giunta fuori dal castello si arrestò di colpo, notando dei grandi funghi porcini in mezzo ai cespugli. Si allungò il più possibile per prendere quelli più chiari, color arancio sporco, e raccoltone uno se lo mise in una tasca con soddisfazione. In cambio di quel fungo voleva ottenere la libertà.
Ripercorse il giardino e i corridoi silenziosi, ritrovandosi davanti alla porta socchiusa nella quale il Cappellaio la stava aspettando. Il portone cigolò e in quel preciso momento Jefferson le fu addosso, pretendendo il suo fungo a tutti i costi. «Ce l'hai fatta? Qualcuno ti ha vista?»
«Calmati, Cappellaio, non c'è motivo di allarmarsi.» Alice estrasse il fungo, esibendolo sul palmo della mano. «Eccolo qui.»
Jefferson strabuzzò gli occhi spiritici, allungando le dita callose a causa del continuo cucire verso l'unica speranza che l'avrebbe portato da Grace. Lo strappò dalle mani di Alice, che lo fissò confusa mentre egli si avviava verso la finestra.
«Aspetta! Ovunque tu stia andando, portami con te.»
«E perché dovrei farlo?»
«Voglio tornare a casa.»
Ma dov'è casa?

 

«Perdonatemi, io...si è scheggiata.» pronunciò Belle con voce flebile e dall'aria desolata, piegandosi per raccogliere la tazzina caduta rovinosamente sul tappeto. «Non si nota nemmeno, ma ecco...» mostrò il danno fatto a Rumplestiltskin, che alzò le spalle stupido dal dispiacere e della premura nei confronti di quel semplice e banale oggetto in ceramica del quale a nessuno era mai importato un granché.
Sembrava che, lasciandoselo scivolare dalle mani, gli avesse fatto un torto irreversibile.
«Non m'importa, è solo una tazza.»”

 

«Be', ma tu sei entrata da sola nel cappello, giusto?» chiese Jefferson, togliendo il piede penzolante nel vuoto per girarsi verso Alice. «Dunque uno solo può uscire e ne sono desolato, lo sono davvero mia cara, ma io ne ho molta più urgenza di te.»
E dopo queste parole spiazzanti, Jefferson addentò un pezzo del fungo e balzò fuori dalla finestra mentre si trasformava in un omino non più grande di un pollice.
«No!» urlò Alice in preda alla disperazione più totale, affacciandosi alla finestra.
Del Cappellaio però non c'era più traccia, e così era scomparsa la sua unica possibilità di tornare a casa.
Si appoggiò al muro, lasciandosi scivolare per terra e portando le mani al viso.

L'avrebbe fatta pagare molto cara e quello screanzato di un Cappellaio!






Here I Am!
Ciao a tutti c: spero le vacanze stiano andando bene per tutti voi (anche se, disgraziatamente, stanno per finire).
Dunque, in questo capitolo Alice si trova più nei guai di quanto le pensi. Arrivata nella corte della Regina di Cuori, Alice si sveglia e incontra il Cappellaio Matto (finalmente lol) trasandato e lunatico, il quale solo pensiero è di tornare dalla sua Grace. Infatti, una volta scoperto che Alice è arrivata a Wonderland trammite il suo cappello, subito la inganna per correre dallo specchio per tornare da sua figlia. Oltretutto, Cora non sembra disposta ad aiutarla, e per questo Alice dovrà cavarsela da sola. 
Be', spero che questo capitolo via sia piaciuto! Da  qui in poi ci saranno molte parti Rumbelle tutte gentilmente offerte dalla raccolta di padme83 "In the morning you always come back" :)
A presto,
Frannie.

   
 
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