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Autore: Hyperviolet Pixie    04/02/2009    1 recensioni
« Sai, suppongo di doverti ringraziare. »
« E per cosa? »
« Per aver praticamente squartato Draco. »
« Ah, dovere. Ma, ecco... Tu e il furetto... Non stavate mica insieme? »
« Sono single da un'ora e qualcosa. O forse da un paio di minuti. Non lo so. Che importanza ha il tempo? »
Genere: Triste, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Smoke



Why bleeding is breathing
You're hiding, underneath the smoke in the room
Try, bleeding is believing
I used to

My mouth is dry
Forgot how to cry
What's up with that
You're hurting me
I'm running fast
Can't hide the past
What's up with that
You're pushing me

Smoke – Natalie Imbruglia


Depressione o noia, era indecisa su quale termine utilizzare per descrivere l'atteggiamento che il suo storico fidanzato teneva con lei in quegli ultimi mesi. Forse era triste, anche se tale termine non lo trovava decisamente adatto; o forse si era solamente annoiato di lei. Si comportava in modo scostante e tendeva a ignorarla molto spesso. Non le riservava più quelle piccole attenzioni che era solito dedicarle. No, semplicemente la salutava al mattino con un casto bacio sulla fronte -cosa che la mandava terribilmente in bestia-, prendevano un po' in giro qualche Grifondoro e poi le dava un bacio -sempre sulla fronte- al momento di augurarle la buonanotte.
Sì, non poteva che essere così: non stava più bene insieme a lei e voleva lasciarla, ma -evidentemente- non trovava il coraggio per affrontarla. Come dargli torto, d'altronde? L'avrebbe mangiato vivo se solo avesse provato a lasciarla.
Si morse distrattamente un'unghia togliendosi un po' dello smalto color argento di cui erano pitturate. Draco era di fronte a lei e sembrava nervoso. Quel suo battere ritmicamente il piede a terra la stava logorando ed innervosendo a sua volta. Avrebbe tanto voluto tirargli uno schiaffo per farlo rinsavire, ma si trovavano in sala comune e non poteva dare spettacolo in un simile modo. Odiava i gesti teatrali e tirare uno schiaffo al ragazzo davanti a tutti non era decisamente un gesto che sarebbe passato inosservato. Se l'avesse fatto, tutta la scuola non avrebbe parlato d'altro per almeno tre giorni.
« Draco?» Cercò di distoglierlo dai suoi pensieri. Sembrò essere riuscita nel suo intento dato che il ragazzo alzò lo sguardo dal pavimento e la fissò con i suoi occhi grigi -magnetici- e terribilmente stanchi. Chissà da quanto non dormiva, pensò. Non era per niente abituata a vedere i suoi occhi -magnetici- cerchiati da occhiaie nere.
« Pansy, penso che io e te dobbiamo parlare.»
La terra le mancò da sotto ai piedi; il mondo le crollò addosso talmente pesante da non riuscire a sostenerlo. Era sempre un brutto segno quando un ragazzo diceva le fatidiche parole: “Dobbiamo parlare.”
Cercò di mantenere un'espressione impassibile, ma per quanto ci provò, non era sicura di esserci riuscita. Fu soprattutto lo sguardo preoccupato di Draco che le fece capire il fallimento del suo tentativo.
« Non qua.» Pansy cercò di alzare il tono di voce, ma le uscì poco più di un sussurro che però fu intercettato da Draco e, appoggiandole una mano sulla spalla, la scortò fuori dal dormitorio di Serpeverde. Sapeva che Draco voleva almeno quanto lei che non ci fossero scandali e pettegolezzi attorno alla loro storia, forse era per questo che la portò decisamente lontano dai sotterranei. L'orario del coprifuoco era passato da un pezzo, ma non se ne preoccuparono. La scortò fino alla Torre di Astronomia e Pansy si sentì mancare nuovamente la terra da sotto ai piedi. Avevano percorso l'intero tragitto nel più completo silenzio. Pansy stava cercando di immaginare cosa passasse nella testa del suo ragazzo -se ancora doveva chiamarlo così- e lo fissava insistentemente nonostante sentisse che mancasse poco alle lacrime. Non aveva mai voluto piangere davanti a lui, quindi pregò che finisse presto quella tortura.
Dopo essere arrivati, Draco si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso il telescopio più vicino.
« Mi hai portata qua per guardare le stelle? » Gli chiese Pansy speranzosa. Nel momento stesso in cui le parole le uscirono dalla bocca si sentì la persona più patetica di quel misero mondo.
« No, Pansy.» Rispose lui, stranamente comprensivo. Se si fossero trovati in una situazione normale non avrebbe esitato a prenderla in giro per quel suo lato romantico. « Vorrei solo scambiare un paio di parole con te in privato. »
« Adesso siamo soli. A meno che tu non voglia che i telescopi ascoltino qualcosa di scabroso. » Aveva ripreso la sua tipica espressione menefreghista contornata da un sopracciglio alzato, ma dentro di lei il mondo che conosceva si era rovesciato e il cuore le batteva all'impazzata nel petto.
« Vorrei solo non rendere le cose più difficili. »
« Taglia corto. »
« Tu sai quanto ci tengo a te? »
Lei riuscì a far passare uno sbuffo sarcastico per un mugugno di acconsentimento.
« Voglio solo che tu sia al sicuro e con me affianco non lo saresti. In quest'ultimo periodo ho cercato di essere freddo con te per indurti a lasciarmi, eppure non lo hai fatto. Allora lo faccio io. Ci tengo a te, ma la missione che mi è stata affidata non sta andando per niente bene e l'Oscuro Signore in caso di fallimento me la farebbe pagare. Se ti facesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo. »
Pansy cominciò a ridere in maniera quasi isterica. Si sentiva come se qualcuno l'avesse spaccata in mille pezzi. Una bambolina rotta e abbandonata in malo modo da un bambino capriccioso. Non credeva a nessuna delle parole di Draco. Per la vendetta c'era tempo, adesso voleva solo piangere come una bambina, mangiarsi le unghie e ancora piangere fino a che il dolore non le sarebbe passato da solo anche se sapeva che era praticamente impossibile farlo con Draco lì presente. Lui la fissava da lontano. Chissà come doveva sembrare a sguardo esterno. Una figurina tremante, con gli occhi lucidi intenta a morsicarsi con forza il labbro inferiore.
« Pansy, devo farlo, mi dispiace. Sai che io ti am... »
« Prova a dire quella parola e ti faccio precipitare di sotto. » Chiuse gli occhi e dopo poco sentì dei passi raggiungerla e poi oltrepassarla. Eppure non pensava che anche lui stesse provando gli stessi sentimenti che le stavano distruggendo il cuore. Si lasciò cadere con la schiena appoggiata ad un muro. Il pavimento della torre che spesso li aveva visti durante le loro fughe d'amore era freddo. Alzò lo sguardo verso il cielo stellato e si accese una sigaretta. Osservò il fumo grigio che saliva in spirali e notò come sembrava offuscare la luna esattamente come il dolore le stava offuscando la ragione.


I see the stars, they're miles and miles away
Like our love,
On one of these lonely winter nights
Dreaming through a winter night,
Memories of you are passing by
It seems to me like yesterday
I think you knew I couldn't stay

Lady Starlight – Scorpions




La temperatura di quella sera era stranamente bassa per essere agli inizi della primavera. Dovevano esserci almeno una decina di gradi o poco meno e Pansy sedeva tremando con la schiena appoggiata al freddo mattone del muro. Sapeva che sarebbe dovuta rientrare, ma non ne aveva voglia. Avrebbe tanto voluto rimanere lì e rialzarsi solo nel momento in cui Draco sarebbe tornato indietro chiedendole scusa per quello scherzo di cattivo gusto, ma tanto sapeva che non sarebbe mai successo. Il suo ragazzo -ex, si corresse mentalmente- non era così immaturo, ma soprattutto non scherzava mai. Sentì nuovamente le lacrime che le pungevano gli occhi, ma cercò di attribuirle all'aria frizzante della notte che, birichina, la faceva lacrimare.
Si accese l'ennesima sigaretta, una delle ultime rimaste nel pacchetto, e con un colpo di bacchetta l'accese. Il cuore le cominciò a battere all'impazzata nel momento in cui sentì un rumore che identificò come la porta della torre che si apriva. Trattenne il respiro e cominciò a pregare di diventare invisibile. In condizioni normali, si sarebbe alzata di scatto pronta a scagliare un incantesimo contro il malcapitato che si aggirava di notte a scuola, ma ora non riusciva nemmeno ad afferrare la bacchetta che le sporgeva dalla tasca. Chiunque fosse entrato nella torre l'aveva vista, ma lei non riusciva a distinguere quella sagoma nera che le si stagliava davanti.

« Lumos » Sussurrò una voce maschile. Pansy con una certa dose di stupore riconobbe la figura davanti a lei.

« Potter, spegni la luce se non vuoi che mi incazzi. » Gli intimò con la voce stanca di chi non dormiva da settimane.
« Ah, Parkinson. Sei tu? »

« Che considerazione stupida, Potter. Se te ne vai, oltre che dalla torre anche dalla terra, mi fai solo un favore. » Riuscì a ricacciarsi indietro le poche lacrime che tentavano in tutti i modi di scivolare via dai suoi occhi. Potter spense la bacchetta e si sedette affianco a lei. Pansy tirò una lunga boccata di fumo e si sentì subito meglio.

« Depressa, Parkinson? Non si sta fuori dal dormitorio oltre il coprifuoco. » L'avvertì con un'intonazione che assomigliava a quella della sua amica Hermione Granger.

« Altra affermazione stupida, Potter. Stupefacente. » Nonostante il dolore che sentiva dentro riuscì lo stesso a permeare ogni frase di sarcasmo, ma il ragazzo non ne sembrava per niente spaventato. D'altronde, pensò, come essere spaventati da uno scricciolo piangente?

« Smettila, Parkinson. Non sono dell'umore adatto. »
Pansy si mise a ridere amaramente. Se lui non era dell'umore adatto, lei come si doveva sentire? Era appena stata lasciata dal ragazzo a cui aveva dedicato ogni attenzione dal momento stesso in cui l'aveva conosciuto.

« Perché ridi? » Al buio non riusciva a vedere la sua faccia, ma del tono Pansy se lo immaginò impegnato a tenere il muso come un bambino. « Anzi, perché prima stavi piangendo? »

Il cuore le mancò un paio di battiti. Sentì il bisogno di appoggiarsi una mano sul petto e ascoltò i battiti. Ora, quel muscolo traditore batteva all'impazzata.
« Non stavo piangendo. » Gli rispose non molto convinta. Il bisogno di sfogarsi con qualcuno era più impellente che mai e trattenersi era decisamente difficoltoso. «Sai, suppongo di doverti ringraziare. »

« E per cosa? » Le chiese il Bambino Sopravvissuto sinceramente stupito.

« Per aver praticamente squartato Draco. » Pronunciare quel nome ad alta voce faceva male.
« Ah, dovere. » Harry Potter non era mai stato tanto sveglio e, senza rendersi conto della tempesta che lo avrebbe potuto investire, le chiese: « Ma, ecco... Tu e il furetto... Non stavate mica insieme? »

Pansy assunse un'espressione contrita, ma il buio non permetteva che nessuno la vedesse.

« Sono single da un'ora e qualcosa. » Rispose sorridendo amaramente al vuoto di fronte a lei. Finse di controllare l'orologio: « O forse da un paio di minuti. Non lo so. Che importanza ha il tempo? »

In tutto il suo perbenismo tipicamente Grifondoro, si sentì in dovere di dimostrarsi sinceramente dispiaciuto per l'accaduto, ma il suo “Mi dispiace” farfugliato a mezza voce non diede segno di essere gradito dalla ragazza.

« Non essere patetico. So che non te ne dispiace. » Però a lei dispiaceva. Avrebbe voluto abbandonarsi di nuovo alle lacrime durante quella notte fredda e il mattino dopo svegliarsi e progettare qualcosa per vendicarsi. Anche una misera sfuriata poteva andarle bene. Aveva solo una gran voglia di sfogarsi.
Aspirò una boccata di fumo e lo soffiò in faccia al ragazzo che tossì.
« Potresti evitare, Parkinson? » Le chiese prendendo fiato.
« No. Sono disperata e nervosa. Ho bisogno di fumare. »

« Sì, ma anche se non mi fumi in faccia non si offende nessuno. » Replicò piccato.

Pansy sbuffò spegnendo il mozzicone di sigaretta molto vicino alla gamba del ragazzo.

« Inquini l'ambiente, Potter. Dovresti andartene quindi. »

« No, non me ne vado. Ho tutto il diritto di stare qua. » Replicò sembrando un bambino capriccioso.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo e subito ricominciò a piangere dandosi mentalmente della stupida. Non poteva piangere in quel modo davanti ad altre persone.
« Parkinson, piangi davvero perché ti sei mollata con Malfoy? » Le chiese con un'espressione che doveva essere mortificata, ma che a lei sembrava decisamente curiosa.
« Lo amo. Anche se mi ha mollato. Ti rendi conto?! Ha mollato me! Con una serie impressionante di scuse quali “Non ti voglio perdere.” bla bla bla “Voglio che tu sia al sicuro” bla bla bla “Voglio solo che tu stia bene perché stando con me potrebbe succederti chissà che cosa” bla bla bla. Neanche fossi una di quelle bimbe Tassorosso che gli muoiono dietro! » Rispose imitando la voce dell'ex ragazzo.

« Ho mollato Ginny. »

« E a me? » Gli chiese Pansy prendendo dalla tasca un fazzoletto e cominciando ad asciugarsi le lacrime.

« Beh, le ho detto le stesse cose che Malfoy ha detto a te. »

« Voi maschi siete tutti degli stronzi. Non importa di che casa facciate parte. »

« Grazie, Parkinson. Lo sapevo già. »
Pansy afferrò la bacchetta da sotto il mantello leggero che la copriva e si accese la penultima sigaretta del pacchetto e porse l'ultima al ragazzo seduto affianco a lei.
« Non fumo. »

« E' ora di cominciare, Potter. »

Harry prese la sigaretta e se la fece accendere. Tossicchiò per quasi tutta la durata della sigaretta, ma Pansy non gli rivolse la sua attenzione più di tanto. Osservava il fumo salire in spirali. Il grigio che risaltava notevolmente nel blu limpido del cielo notturno.
Nel giro di due minuti aveva dimenticato come si faceva a piangere. Svuotata dalle energie e dalla forza vitale, giaceva in quell'angolo dimenticato del castello affianco al suo peggior nemico a osservare le volute di fumo. Avrebbe tanto voluto che il suo dolore si volatilizzasse così, per magia, allo stesso modo del fumo, ma sapeva che non era possibile. Anche se il mondo le aveva girato le spalle, anche se lei sanguinava, anche se faticava a respirare, anche se le lacrime l'avevano abbandonata come aveva fatto Draco, lei doveva reagire.

« Hai da fare domani, Potter? Mi servi per una piccola vendetta. »

« Se vuoi vendicarti di Malfoy, conta pure su di me. »

« Voglio fargli rimpiangere di avermi lasciata. »

Spense la sigaretta anche se era ancora a metà e si alzò. Non avrebbe mai permesso al dolore di oscurarle la ragione allo stesso modo in cui le rendeva difficoltosa la visione della luna.
Lei era Pansy Parkinson.



Storia stupida, me ne rendo conto. Forse nemmeno scritta bene. Eppure ultimamente devo prendere l'ispirazione per come arriva.
Ambientata al sesto anno, mentre Harry cerca in tutti i modi di pedinare Malfoy per scoprire i suoi loschi traffici nella stanza delle necessità. Non mi ricordavo il momento esatto in cui Harry ha mollato Ginny, quindi mi sono presa una piccola licenza e ho inserito il tutto durante la primavera del sesto anno. Spero solo di non essermi sbagliata più di tanto.

Spero solo che questa storia vi piaccia e vi ispiri una piccola recensione xD

Eddai, commentare non costa nulla u.u

Bacioni,
Faith.

   
 
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