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Autore: Stria93    01/09/2015    1 recensioni
Al 221b di Baker Street il nuovo giorno inizia con una sfida per il dottor Watson e una piccola lezione sui proverbi per Sherlock.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina, John Watson venne impietosamente svegliato da un raggio di sole che, dalle persiane della finestra, faceva irruzione nella camera da letto per poi andare a colpire, con la precisione di un esperto cecchino, le sue palpebre.
Con un mugolio, il dottore alzò una mano per schermare la luce, dopodiché lanciò uno sguardo assonnato alla sveglia digitale sul comodino, i cui numeri vermigli e scintillanti segnavano le 6.30.
John fece ricadere la testa sul cuscino con un sospiro, cercando di richiamare alla mente il dolce ricordo della notte appena trascorsa e terminata decisamente troppo in fretta.
Si sentiva ancora addosso l'aroma fresco e speziato del docciaschiuma di Sherlock. L'odore della sua pelle d'avorio aveva impregnato le lenzuola, unendosi ad un vago sentore di sudore, lascito di ciò che era avvenuto quella sera tra le intime e discrete mura del 221b di Baker Street.
Le labbra di John si distesero in un lieve sorriso mentre ripercorreva ogni singolo bacio, ogni carezza, ogni stretta che lui e Sherlock si erano scambiati.
Allungò una mano di lato, tastando delicatamente le coltri morbide e disfatte, in cerca del corpo del detective, ma scoprì, con una certa delusione, che l'altra metà del letto era vuota.
Alzò gli occhi al cielo: era mai possibile che quell'uomo non si trovasse mai dove avrebbe dovuto essere?!
Reprimendo la tentazione di godersi un'ultima mezz'ora di sonno, John si tirò su a sedere sul materasso, e prese a guardarsi intorno in cerca di qualche indizio che gli suggerisse dove potesse trovarsi il suo sfuggente coinquilino, collega e amante.
La sedia sulla quale la sera prima erano stati gettati i pantaloni del pigiama e la vestaglia era al suo posto, ma dei vestiti non c'era più traccia, evidentemente reclamati dal loro mattiniero proprietario.
Dal bagno non proveniva alcun rumore, quindi Sherlock non era sotto la doccia e lui non avrebbe potuto approfittarne per raggiungerlo sotto il getto d'acqua.
No, doveva essere sgattaiolato nel soggiorno, o magari in cucina a trafficare con i suoi bizzarri, complessi e, a tratti, disgustosi, esperimenti chimici, anche se l'assenza di odori acri e penetranti costituiva già di per sé un buon segno.
Rassegnato, John si alzò, s'infilò un paio di pantaloni e una maglietta, dopodiché aprì la porta della camera e, in punta di piedi, uscì nel corridoio, sbirciando da dietro un angolo.
Sherlock se ne stava comodamente seduto in cucina, accanto ad una finestra spalancata.
Le gambe accavallate con l'innata eleganza che lo caratterizzava, i piedi nudi, i capelli corvini particolarmente ribelli a quell'ora del mattino, la posa disinvolta e lo sguardo assorto fecero sorridere il dottore, che accarezzò l'idea di restarsene nascosto per un po' a godersi quella vista, all'insaputa del detective, ma, ad un tratto, dalle labbra del moro sfuggì una nuvoletta di fumo bianco e compatto e, nel momento in cui sollevò la mano destra, John vide chiaramente che le dita lunghe e sottili stringevano una sigaretta, ormai consumata fin quasi alla metà.
Il medico spalancò gli occhi, incredulo. Come diavolo aveva fatto a procurarsela?!
Con la complicità della signora Hudson, lui stesso aveva provveduto a requisire tutti i pacchetti dell'appartamento e li aveva messi sottochiave in un luogo dove perfino il grande Sherlock Holmes, con tutte le sue risorse e il suo genio, non sarebbe mai riuscito a trovarli.
Che avesse corrotto qualcuno perché lo aiutasse a mantenere quel vizio alle sue spalle? Era probabile, in fondo John sapeva fin troppo bene quanto il suo convivente potesse essere persuasivo all'occorrenza.
Ma non l'avrebbe passata liscia stavolta. Oh, nossignore!
Stando ben attento a mantenersi fuori dal campo visivo di Sherlock e a non far scricchiolare le assi del vecchio pavimento, l'uomo raggiunse la soglia della cucina e incrociò le braccia al petto.
- Che stai facendo? -
Colto in flagrante, il coinquilino sobbalzò e fu colto da un accesso di tosse, mentre intorno alla sua testa si formava una spessa cortina di fumo.
Quando questa si diradò, gli occhi cerulei e penetranti dell'uomo si posarono sul medico, grandi di sorpresa.
- John! Che ci fai qui? Credevo stessi dormendo! Non ti svegli mai prima delle 7.00. -
- Ah, quindi adesso è colpa mia perché mi sono alzato troppo presto? -
- Be', date le circostanze, è abbastanza ovvio che sia colpa tua. Se non ti fossi svegliato prima del solito non mi avresti mai scoperto, così io avrei fumato la mia sigaretta in pace e ciascuno di noi due avrebbe continuato la sua giornata felicemente e senza intoppi. Ora invece, a giudicare dalla tua mascella contratta e dalla ruga marcata tra le sopracciglia, direi che sei arrabbiato e stai per farmi la predica. Elementare. -
- Non rigirare la frittata, Sherlock. Come ti sei procurato quella sigaretta? -
Il detective assunse un'espressione distratta e fece un gesto di noncuranza con una mano. - Oh, una persona... -
John sospirò. - Chi? -
- Una persona che aveva delle sigarette. -
L'altro sbuffò. La cosa sarebbe andata per le lunghe. - Sai cosa intendo. -
A quel punto, un bagliore attraversò le iridi color ghiaccio dell'uomo. Un bagliore che, John lo sapeva, non prometteva nulla di buono.
A conferma di quel pensiero, le labbra scolpite dell'altro si inarcarono in un sorrisetto. - Conosci i miei metodi, John. Applicali e vedi se riesci a dedurre l'identità del mio fornitore. -
Watson conosceva Sherlock Holmes abbastanza da sapere che ogni tentativo di opporsi sarebbe stato vano. Pensandoci bene, quella poteva essere l'occasione per dimostrare a quel presuntuoso del suo compagno che anche lui possedeva delle potenzialità come investigatore.
- Molto bene, Sherlock. Accetto la sfida. -
L'altro sorrise entusiasta e batté allegramente le mani. - Il gioco è cominciato! -
- Prima di tutto, diamo un'occhiata all'arma del delitto. - disse il dottore, prendendo dalle dita del detective quel che restava della sigaretta e portandoselo vicino agli occhi per esaminarlo attentamente.
- Be', non è la tua solita marca, quindi ti sei dovuto accontentare. Probabilmente avevi poco tempo e temevi di essere scoperto da un secondo all'altro. Da ciò deduco che, in quel momento, dovevi essere insieme a me. Come me la sto cavando? -
Sherlock fece una smorfia. - Non c'è male. Continua pure. -
- Ho proibito a tutti i tabaccai di Baker Street e dintorni di venderti anche solo una singola sigaretta, quindi, a meno che tu non abbia corrotto qualcuno, non puoi esserti procurato questa nelle vicinanze. -
Il moro emise un fischio acuto. - Sono davvero impressionato, John. -
Il medico sogghignò. - Oh, ma il bello viene adesso. Sai, l'altro giorno ho notato che ti eri fermato a parlare con quella ragazza che si è trasferita qui da poco e che ho sorpreso più di una volta a farti gli occhi dolci. -
Sherlock inarcò un sopracciglio. - E allora? -
- So per certo che fuma proprio questa marca di sigarette. Le ho visto estrarre il pacchetto dalla borsetta e accendersene una la settimana scorsa, mentre aspettava il taxi. E ora dimmi: cosa ne deduci, tu, flagello del crimine? -
L'espressione innocente che si dipinse sul viso di Sherlock era quanto di più falso e buffo John avesse mai visto.
- Direi nulla di rilevante. Le stavo solo dando il benvenuto a Baker Street come farebbe un buon vicino. Si fa così, dico bene? -
- Oh, per l'amor del cielo, Sherlock! Tu stavi facendo il carino con lei per convincerla a darti una sigaretta mentre io parlavo con la signora Hudson. -
Un sorrisetto impertinente illuminò il volto del detective. - Geloso? -
- Non ci provare, consulente investigativo dei miei stivali. Ti ho messo con le spalle al muro. Ammettilo. -
- Sì, in effetti devo dire che le tue deduzioni si sono rivelate quasi tutte esatte, John. -
- Quasi? -
Il detective si alzò con nonchalance, lasciò la cucina e si acciambellò nella sua poltrona preferita, nel soggiorno lambito dalla luce dorata dell'alba che filtrava dalle alte finestre.
John rimase in piedi di fronte a lui, con le mani sui fianchi, irritato da quell'atteggiamento di indifferenza che, sapeva bene, nascondeva in realtà puro e sadico divertimento a sue spese.
- Dunque, avrei sbagliato qualcosa? -
Sherlock congiunse le dita delle mani, assumendo quella posa professionale ed enigmatica che utilizzava con i clienti. - Temo proprio di sì, perché, vedi, la signorina Violet Smith* non si è limitata a darmi una sigaretta. Mi ha regalato tutto il pacchetto... che ora si trova in un posto sicuro, lontano dalle tue grinfie e da quelle della signora Hudson. - aggiunse in fretta.
A quel punto, John scosse la testa e allargò le braccia in segno di resa. - Ci rinuncio. -
Poi il suo sguardo cadde su una mezza dozzina di bottiglie vuote che giacevano in un angolo, alle quali entrambi avevano fatto degnamente onore la sera prima per celebrare la risoluzione di un caso particolarmente ostico e importante. - Ma niente più alcolici, almeno per un po'. -
Sherlock scrollò le spalle. - Tu e le tue manie da medico. -
- Be', sai come si dice, no? Bacco, tabacco e Venere... -
John lasciò intenzionalmente la frase in sospeso, convinto che Sherlock ne avesse afferrato il senso, ma una rapida occhiata alla sua espressione perplessa, alla sua fronte aggrottata e alla testa inclinata leggermente di lato, palese segno di incomprensione, gli disse che così non era stato.
Watson batté le palpebre, sconcertato. - Dai, il proverbio! Bacco, tabacco e Venere riducono l'uomo in cenere. Non è possibile che tu non lo conosca! -
Sherlock fece un gesto secco, come per scacciare una mosca. - Oh, allora è di questo che si tratta. Un proverbio. -
- Ma certo! - esclamò il dottore, sempre più allibito.
- Be', John, ricordi quando ti parlai delle conoscenze che vale la pena o meno immagazzinare nel mio palazzo mentale? -
- Certo che lo ricordo. Non consideravi importante il fatto che la Terra giri intorno al sole! -
Sherlock annuì tranquillamente. - E penso esattamente la stessa cosa dei proverbi e dei detti popolari. Si tratta solo di giudizi parziali e superficiali che si basano sull'esperienza comune e non hanno alcuna base scientifica. -
- Ma, Sherlock, sono cose che conoscono anche i bambini! -
Il detective fece spallucce. Era evidente che non gli importasse nulla di apprendere nozioni che riteneva del tutto superflue e inapplicabili al suo lavoro di consulente investigativo.
John sospirò. - Ad ogni modo, dovresti cercare di stare alla larga da Bacco e tabacco. -
A quelle parole, Sherlock inclinò gli angoli della bocca in un ghigno e i suoi occhi scintillarono di malizia. - E che mi dici... di Venere? -
Prima che l'altro potesse rispondere, il moro lo attirò a sé per la maglia e lo baciò appassionatamente.



* Violet Smith è il nome di una cliente di Sherlock Holmes e Watson che compare nel racconto L'avventura della ciclista solitaria, a sua volta compreso nel libro Il ritorno di Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle.





Da Stria93: Bentrovati Sherlockians! :)
Sono di nuovo qui nel fandom a presentarvi la mia seconda fanfic a tema JohnLock.
Stavolta mi sono abbandonata al fluff e mi è piaciuto molto immaginare questa breve scenetta, ma spero di non aver snaturato le personalità dei protagonisti. Questo dubbio mi perseguita ogni volta che scrivo, ma ancora di più quando si tratta di Sherlock.
Lascio ogni giudizio (positivo o negativo che sia) a voi e spero che questo mio nuovo lavoretto possa piacervi. ^^
Grazie a tutti quanti!
Baci! <3



  
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