Guarda il profilo dei tetti di Parigi sotto il cielo notturno.
La città è in mano alla Luna, sua amante.
Si muove tra i Gargoyle, suoi amici, fratelli di sventura e d’orrore.
Nella sua mente è tutto confuso, esattamente come la sua fisionomia.
Una voce maschile, grave, rimbomba tra le pareti del suo cranio deforme: “Stanotte la rapiremo. La chiuderemo in una torre e poi le insegneremo la religione. Nel rispetto del sacro ventre della Vergine Maria.”
Esmeralda, la bellissima Esmeralda che balla a piedi nudi sul sagrato di Notre Dame. La rapiranno, la imprigioneranno. La faranno diventare come tutte le altre.
Il Mostro è combattuto: da una parte l’adorazione, dall’altra la gratitudine.
Chi salvare? La libertà della gonna o l’ego della talare? Lo smeraldo o il nero profondo?
Ma il suo conflitto interiore dura molto poco.
Deve la sua intera vita a Frollo. L’unico che non lo ha mai odiato, mai chiamato mostro, mai fatto sentire diverso.
Cosa ne sarebbe stato di lui, senza quell’uomo? Se ha un po’ di umanità, se riesce a capire, a rendersi quantomeno utile e a sentirsi un po’ meno un peso sulle spalle dell’intero mondo è grazie a lui.
Lo farà.
Significherà mortificare e umiliare una povera innocente, è vero, ma Frollo è il suo sangue.
Si appartengono, sono una famiglia.
E Quasimodo riesce a sentire il suo dolore.
“Con
te, per te io
parlai,
e scrissi e lessi e poi
nei tuoi pensieri entrai
profondamente”
Capisce che l’arrivo della zingara lo ha turbato, e ha voglia di piangere, di urlare al posto di lui.
Quella notte, sul tetto di Notre Dame, decide che gli sarà fedele, per sempre. E che non avrà mai più dubbi su nessun ordine dell’uomo.
Per quanto lo riguarda, Frollo potrà farsene qualsiasi cosa, di lui.
E’ ai suoi comandi.
Che lo martori o lo santifichi, non fa differenza. E’ a sua completa disposizione.
Sarà un umile servo che ama senza condizioni, come un cane il suo padrone.
“Io
ti appartengo più
di un cane,
e mai un cane ha tanto amato
MAI!”