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Autore: giropizza    02/09/2015    6 recensioni
Ispirato dal film "Il giardino delle parole" di Makoto Shinkai.
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Tratto dal testo:
Sasuke Uchiha occupava ogni suo più piccolo pensiero sin dal giorno in cui, in terza elementare, aveva preso posto al banco davanti a lei ed era incredibile come, nonostante quanto poco lo avesse conosciuto in quegli anni, nessun altro avesse mai nemmeno lontanamente deviato la sua attenzione da quel ragazzino serio e taciturno.
Dopo la fine del liceo però avrebbe perso totalmente le sue tracce se qualche voce non le avesse raccontato che alla fine sua madre non ce l'aveva fatta e che, terminati i funerali, suo fratello si era trasferito negli Stati Uniti per affari.
Non era stata presente in quei giorni, nemmeno come sagoma lontana e indistinta, aveva scoperto l'accaduto solo qualche settimana più tardi e avrebbe voluto chiamarlo ma sarebbe stato così inappropriato, dopotutto pur conoscendosi da anni non si erano mai parlati.
Eppure lei non ci aveva rinunciato del tutto, aveva l'abitudine di passare davanti la villa nella quale ormai abitava solo con suo padre quasi ogni giorno, nella speranza di poterlo vedere e qualche volta le era parso di scorgerlo, cupo e bellissimo come lo ricordava.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buonasera popolo di EFP,
sono le tre di notte e io ho appena vinto la mia battaglia. Certo, ne sono uscita sfregiata, con un po' di costole rotte e ovviamente non del tutto soddisfatta ma ecco qui una nuova one-shot.
Permettetemi però di procedere per punti così da essere più breve.
1. Lo so di avere una ItaSaku in sospeso da circa tre mesi, non l'ho scordato ma tra esami, vacanze estive e una buona dose di pigrizia l'ho accantonata per un po'. Comunque sia la terminerò presto, è tutto qui nella mia testa devo solo scriverlo.
2. La mia OTP è il SasuSaku perciò quando ispirazione chiama per scrivere su di loro devo per forza rispondere.
3. Ciò che segue è spaventosamente breve e mi scuso ma immaginavo una cosa diversa all'inizio, una cosa molto più difficile da realizzare di quanto credessi. Quindi alla fine si tratta di un esperimento bello e buono e tratte le somme di quanto è uscito non mi è nemmeno chiaro di cosa sia questa cosa.
4. Tempo fa scrissi una one-shot "Di occhi, capelli e bellissimi gesti..." e questa di oggi è da considerarsi un suo collegamento. Non è per nulla necessario che leggiate la prima per comprendere la seconda ma ne ho approffittato, dato che alcune delle persone che la recensirono avevano auspicato un seguito.
5. Credo che per questa one non sia affatto necessario il rating rosso ma in ogni caso non sono efferrattissima sui limiti e restrinzioni imposti dal sito, perciò nel caso in cui andasse modificato sarei felicissima se me lo faceste sapere.
6. Sto morendo dal sonno e devo ancora inserire l'HTML e fare un sacco di cose perciò vi saluto e come sempre mando un grosso bacio.

giropizza













Anche se non dovesse piovere






Nei giorni di pioggia aveva l'abitudine di sedere sulla poltrona di vimini del terrazzo che dalla cucina si affacciava sulla strada principale.

Non era ben chiaro nemmeno a lei perchè lo facesse, dopotutto la pioggia neanche le piaceva, la rendeva di cattivo umore. Doveva essere una prerogativa della sua personalità soffermarsi su tutto ciò che la faceva star male.
Quel venerdì poi le era particolarmente difficile non pensarlo.
Tutto glielo ricordava.
Le gocce d'acqua che scivolavano lungo la ringhiera di ferro, la nuvola grigio piombo che non permetteva alla luce di toccare l'asfalto bagnato, il ticchettare assordante della pioggia in grado di sormontare il chiasso del traffico cittadino e persino il gatto nero che scrutava i tetti da in cima la grondaia dell'edificio di fronte.
Portò le ginocchia al petto e con le mani tentò di riscaldare le nude dita dei piedi ormai intirinzite dall'aria gelida.
Nelle giornate soleggiate era molto più semplice fingere che non esistesse e non chiedersi se quel suo tormento si potesse chiamare amore.
Rientrò in casa facendo scorrere la portafinestra alle sue spalle quando era ormai ora di cena ma quella sera non avrebbe mangiato. Ino sarebbe rientrata solo la settimana seguente e fino ad allora sarebbe stata libera di dedicarsi a tutte le pessime abitudini alimentari che voleva, una cosa impensabile con la bionda a dividere il suo stesso tetto.
Non lo guardò nemmeno il cellulare prima di chiudersi in bagno, non c'era alcun pericolo che l'avesse cercata. 
Era abbastanza certa che pure a lui facesse piacere vederla, a modo suo, ma sapevano entrambi molto bene che la prima a chiamare sarebbe sempre stata lei.
Lei ne aveva bisogno.
Passò l'ora successiva ad eliminare ogni pelo superfluo, a ricoprire quella fastidiosa ricrescita alla radice dei capelli e a limare le unghie, in modo che fossero esattamente della stessa lunghezza. Uscita dalla doccia ci mise altri venti minuti per impomatarsi e asciugarsi i capelli, nonostante sapesse che quella messa in piega sarebbe durata un tempo ridicolo in confronto a quanto aveva impiegato per sistemarla.
Si guardò a lungo allo specchio. I grandi occhi verdi, forse un po' tristi, il labbro superiore leggermente più gonfio dell'altro e la pelle nivea, rosa sulle gote.
Perlomeno il riflesso di se stessa ancora c'era, anche se molto meno consistente rispetto a quando era certa di meritare un sacco di cose. Come ricevere una sua telefonata, ad esempio.
"Sakura..."
 Amava la sua voce sopra ogni altra cosa, quel tono così basso, un po' roco. Quante volte lo aveva implorato di sussurrarle all'orecchio qualsiasi cosa gli passasse per la testa, di parlarle mentre il suo corpo caldo le premeva contro e quante volte lo aveva chiamato nel cuore della notte solo per sentirsi dare una buonanotte impastata dal sonno.
A volte ne era convinta che il suo fosse amore e forse Sasuke lo sapeva ma loro infondo non erano una vera coppia, probabilmente si vedeva con altre e lei era solo una delle tante ragazze sciocche e ingenue che non sapevano allontanarlo.
Spesso si era trovata sul punto di dirgli che in quel modo non le andava più bene, che forse il suo era un desiderio mediocre ma che voleva comunque essere l'unica. Per una cazzo di volta, una soltanto.
Ma prima che potesse parlare la prendeva con quei suoi modi un po' rudi e violenti che la facevano impazzire e che erano così diversi da lui, tanto elegante, composto e imperturbabile.
Le stringeva le dita al collo a volte e mentre la spingeva contro il muro i suoi occhi color pece la inchiodavano, lasciandola inerme e indifesa. Non le faceva male, anzi quelle prese brusche la eccitavano alla follia e abbandonava il capo all'indietro, lasciandolo così morderle e succhiarle la pelle mentre con prepotenza le infilava la mano nei jeans.
Eppure nessuna sensazione al mondo poteva essere paragonata a quella che provava quando era geloso.
La prima volta che lo aveva davvero visto arrabbiato era stata di ritorno da una normale serata che avevano passato con degli amici in un locale. Mentre pagava il conto Sakura lo aspettava all'esterno fumando una sigaretta quando un ragazzo le si era avvicinato offrendosi di farle compagnia, da subito le era sembrato troppo invadente ma aveva lasciato perdere in quanto da li a poco se ne sarebbe potuta andare.
Non aveva di certo preso in considerazione l'eventualità che questo le cingesse la vita con il braccio e che Sasuke uscisse proprio in quel momento, assistendo a tutta la scena. Lei si era divincolata immediatamente e titubante gli era andata incontro, quello sguardo non aveva nulla di rassicurante.
Per tutto il tragitto in auto non aveva proferito parola e a Sakura era sembrata una reazione alquanto esagerata da parte di uno che di lei aveva voluto sempre e solo il corpo.
Non l'aveva riaccompagnata a casa come credeva, aveva invece fermato la vettura nel parcheggio difronte ad una piccola palazzina bianca dove immaginò dovesse essersi trasferito dopo il diploma.
"Cosa ci facciamo qui?" chiese guardandosi attorno.
Sasuke strinse con forza la presa sul volante e si voltò a guardarla quasi ferocemente.
"Conoscevi quel ragazzo?" domandò serio.
"Non l'ho mai visto prima di oggi" rispose e avrebbe volentieri aggiunto che era inutile che facesse tutta quella sceneggiata, dato il pulpito sul quale si trovava, se lui non le si fosse avvicinato bruscamente e le avesse afferrato con forza i capelli sulla nuca, portando il viso ad un millimetro dal suo.
"Finchè ci frequenteremo e andremo a letto insieme tu sarai soltanto mia, sono stato chiaro?"
Sakura annuì istintivamente e si chiese se non fosse pazzia riuscire a sentirsi al sicuro in una situazione simile e perchè no, anche amata.
"Vuoi salire o preferisci che ti riporti a casa?" domandò dopo lunghi minuti allentando la presa e sfiorandole la guancia con le dita.
Quella notte fecero l'amore più volte, finchè non si fece mattino, e mentre la baciava in punti che non credeva nemmeno di possedere le risultava meno difficile credere che di lei qualcosa gli importasse.

Sasuke Uchiha occupava ogni suo più piccolo pensiero sin dal giorno in cui, in terza elementare, aveva preso posto al banco davanti a lei ed era incredibile come, nonostante quanto poco lo avesse conosciuto in quegli anni, nessun altro avesse mai nemmeno lontanamente deviato la sua attenzione da quel ragazzino serio e taciturno.
Dopo la fine del liceo però avrebbe perso totalmente le sue tracce se qualche voce non le avesse raccontato che alla fine sua madre non ce l'aveva fatta e che, terminati i funerali, suo fratello si era trasferito negli Stati Uniti per affari.
Non era stata presente in quei giorni, nemmeno come sagoma lontana e indistinta, aveva scoperto l'accaduto solo qualche settimana più tardi e avrebbe voluto chiamarlo ma sarebbe stato così inappropriato, dopotutto pur conoscendosi da anni non si erano mai parlati.
Eppure lei non ci aveva rinunciato del tutto, aveva l'abitudine di passare davanti la villa nella quale ormai abitava solo con suo padre quasi ogni giorno, nella speranza di poterlo vedere e qualche volta le era parso di scorgerlo, cupo e bellissimo come lo ricordava.
Aveva sempre pensato a lui come a qualcosa di irraggiungibile e proprio per questo udire la sua voce che la chiamava, in quel piccolo discount ad un paio di chilometri da casa sua, l'aveva lasciata senza parole.
Il cuore le si era fermato al vederlo li, dinanzi a lei, in quei suoi abiti scuri, mani in tasca e tutto il resto.
Era così dannatamente bello. Al mondo non c'era nessuno che fosse bello quanto lui, non per lei, non ai suoi occhi e aver avuto migliaia di occasioni di parlargli e non averne sfruttata nemmeno una la faceva sentire stupida.
Dopo quel giorno si videro spesso e pian piano iniziarono a scambiarsi le solite frasi di circostanza che ci si dice tra conoscenti e queste con il tempo erano diventate prima piccole e poi sempre più importanti chiacchierate. Davanti un caffè, sulla panchina del parco, tra gli scaffali del negozio d'alimentari,... Ovunque.
La prima volta che lo fece entrare nell'appartamento che divideva con Ino aveva iniziato a piovere a dirotto proprio mentre, di fianco a lei sul marciapiede grigio, la riaccompagnava. Avevano salito le scale fradici, tanto che vi erano grosse gocce d'acqua la dove erano passati.
Sakura era stata felice, varcando la soglia, di scoprire che l'amica non c'era e aveva fatto accomodare Sasuke in cucina mentre recuperava dei vestiti asciutti e degli asciugamani.
Quel giorno la toccò per la prima volta.
Non aveva mai concesso a nessuno di starle così vicino eppure in quel momento accettare lui, tra le sue gambe e le sue braccia, era stato così semplice.
Si era avvinghiata alle sue spalle con forza, fino a conficcargli le unghie nella carne, per trattenerlo a sé, perchè non se ne andasse. E lui aveva posato dita e labbra in ogni parte del suo corpo nudo, marchiandone la pelle con morsi e succhiotti.
Non aveva fatto commenti sulla sua verginità che quel giorno era andata persa ma restò con lei per qualche ora dopo. Si appisolò, il capo poggiato sulla sua spalla e Sakura non riuscì a trattenere le lacrime mentre con le dita tracciava i contorni del suo volto, il palmo della mano inumidito dal respiro leggero.
Era così dannatamente bello. Al mondo non c'era nessuno che fosse bello quanto lui, non per lei, non ai suoi occhi.
La facevano sentire speciale il modo in cui la baciava, l'afferrava, il modo in cui con dita e lingua si muoveva dentro di lei e soprattutto la faceva sentire speciale che si fermasse sempre, dopo il sesso, per fumare una sigaretta mentre continuava ad abbracciarla o perchè finiva con l'addormentarsi.
Non la faceva soffrire, non le spezzava il cuore eppure non aveva mai detto o fatto nulla che lasciasse pensare che potesse esserci qualcosa di più, quel qualcosa che lei voleva.
Perchè lei lo amava.
"L'amore non è amore se non è un po' malato", non è forse così?

Suonò il campanello appena un quarto d'ora dopo aver chiuso la telefonata nella quale gli chiedeva di raggiungerla.
Vederlo nella sua cucina le faceva sempre uno strano effetto eppure non lo immaginava in nessun altro posto che non fosse in qualche modo legato anche a lei.
Per quanto le cose tra loro non fossero mai state chiarite in più di sei mesi, sentiva di appartenergli e che Sasuke sarebbe dovuto appartenerle a sua volta. E forse si illudeva soltanto ma mentre lo guardava seduto al tavolo intento a bere il suo caffè amaro si domandava come potesse credere, alle volte, che non ne valesse la pena.
Restarono in silenzio fissandosi, finchè lei, sfilatasi il vestito di cotone e abbandonatolo sulla sedia, si diresse ondeggiando verso la camera. Non ebbe nemmeno il tempo di fare più di un paio di metri che le sue mani l'afferrarono da dietro toccandole i seni, per poi scivolare leggere verso gli slip neri che a lui piacevano tanto.
"Per il tuo corpo andrei anche all'inferno" le mormorò all'orecchio mentre le stringeva l'intimità con così tanta forza che i piedi le si sollevarono un poco da terra.
La prese li, da dietro, esattamente in quel punto e Sakura non riuscì a trattenere i gemiti e quasi le cedettero le gambe, tanto che dovette aggrapparsi alle braccia che la circondavano per non cadere.
Quando venne lo sentì allentare la presa e poggiare la fronte sulla sua spalla mentre il respiro di entrambi, prima frenetico, iniziava pian piano a rallentare.
Si voltò verso di lui e c'era tutto il mondo li, a ricambiare il suo sguardo.
Gli afferrò il viso tra le mani e lo strinse come se gli stesse dicendo addio sui binari di un treno in partenza ma sapeva, con assoluta certezza, che anche se fossero passati mille anni non sarebbe mai stata in grado di lasciarlo. Lo guardò a lungo senza dire nulla e osservò la notte più nera brillare in quei occhi.
Non avrebbe mai potuto immaginare la sua vita senza di lui e con quel pensiero lo abbracciò, schiacciando i seni sul suo petto e respirando il profumo del suo collo.
Qualche ora più tardi erano stesi uno sopra l'altra su un letto troppo piccolo e Sakura giocherellava con i suoi capelli mentre lui le baciava l'intimità ancora umida, prima di stringerle la coscia tra le dita e iniziare a sfiorarla con le labbra.
"Perchè mi cerchi solo nei giorni di pioggia?"
Quella domanda improvvisa la stupì e innervosì allo stesso tempo. Era ridicolo credere che Sasuke non se ne sarebbe mai accorto e che avrebbe continuato a considerarla una coincidenza per sempre, eppure non avrebbe pensato possibile che la cosa potesse interessargli tanto da portarlo a farle una domanda diretta.
Avrebbe potuto mentire ma inventarsi una scusa plausibile non era esattamente semplice. Oppure avrebbe potuto dirgli la verità.
"Quando piove non devo sforzarmi di trovare un motivo per essere triste".
"Cosa intendi dire?" chiese guardandola perplesso.
"Intendo dire che posso sempre incolpare la pioggia".
Non le piaceva l'idea di dover affrontare quell'argomento proprio quella sera. Detestava parlare di come si sentiva, di ciò che provava e farlo con lui non rientrava assolutamente nella sua lista di desideri.
"Sei triste?" domandò dopo poco, puntellandosi sui gomiti e avvicinandosi al suo volto.
"Non esattamente, è difficile da spiegare" rispose deviando lo sguardo e voltando la testa sul cuscino.
"Provaci!"
E le suonò come un ordine anche se lo aveva sussurrato mentre affondava il volto nell'incavo della sua spalla.
"Per qualche ragione che non conosco ti ho sempre pensato in relazione a ciò che è freddo" disse rivolgendo gli occhi al soffitto bianco e rassegnandosi all'idea che quel giorno sarebbe stata smascherata.
"Ed era facile crederlo finchè non ti ho conosciuto davvero".
Serrò le palpebre per non vedere più nulla e sperò di sprofondare tra quelle lenzuola.
Lei lo amava ma non voleva che lo sapesse. Non voleva che scoprisse che lo aveva amato per tutto quel tempo senza smettere un solo attimo.
L'avrebbe lasciata perchè non ricambiava e non poteva permettersi di accollarsi un peso simile.
"Mi sbagliavo, tu non sei una persona fredda e se ci incontrassimo nei giorni di Sole non potrei nemmeno continuare a fingere che tu non sia il mio".
La bambina che era stata, quella che si era fatta crescere i capelli solo per potergli piacere e che poi se li era tagliati per essergli vicina col cuore, dette quelle parole avrebbe sperato con forza in un miracolo. Ci avrebbe creduto.
Ma non lei. Lei sapeva anche troppo bene che Sasuke non era tipo da dispensare amore a caso e che la sua unica fortuna era quella di avere un corpo che lo eccitava.
Non una mente, non un'anima, solo un corpo.
"Sembra così stupido ora che l' ho detto ad alta voce" disse ridendo e coprendosi il volto con le mani per alleggerire la tensione.
Per un tempo interminabile la stanza rimase immersa nel più profondo silenzio e avrebbe addirittura pensato che se ne fosse andato se non ci fosse stato il suo corpo a premerle contro.
Non voleva riaprire gli occhi, vedere il suo sguardo carico di pietà che l'avrebbe fatta sentire ancora di più una povera illusa. Ma prima che potesse anche solo pensare a come comportarsi lui le sollevò le mani dal volto e l'afferrò per il mento, assicurandosi che lo guardasse.
Non vide la commiserazione che tanto temeva e rimase immobile, attonita mentre si abbassava per baciarla sulle labbra.
"Sakura..." mormorò mentre si risollevava un poco "Detesto le grandi promesse, credo che tu lo sappia ma ci sono due cose che posso dirti".
Piegò le labbra in un piccolo sorriso, uno di quei sorrisi sghembi che le faceva quando era nervosa e stava per sbatterla contro il muro.
"Dal giorno in cui ci siamo rivisti ci sei stata sempre e solo tu" continuò mentre faceva passare la mano sotto il suo collo.
"E domani io ci sarò..." terminò prima di baciarla ancora "Anche se non dovesse piovere".
   
 
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