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Autore: ocveaneye    02/09/2015    2 recensioni
NEWTMAS AU / ALTERNARSI DEI NARRATORI NEWT - THOMAS
Newt è un tipo tranquillo, un tipo intelligente, un ragazzo che delle volte sa essere indipendente, che ama l'arte di vivere e la cultura.
Thomas è un ragazzo che sa essere testardo, sa essere provocatorio, sa essere ambizioso, determinato e delle volte esce fuori dalle righe.
Però non sapete una cosa.
Newt è il paziente rinchiuso nella clinica WCKD Cure per un disturbo post traumatico da stress.
Thomas è uno studente che studia facoltà di medicina e che per un semestre intero sarà tirocinante nella clinica WCKD Cure.
Buffo di come la logica dell'universo inganni le persone, vero?
Newt non si rende conto che Thomas è diventato ormai la sua voglia di rimanere nella clinica sa solo che più vede Thomas e più lui peggiora.
Perché? Cosa è successo? Cosa succederà?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Thomas
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Molti ritengono che l'arte della pittura sia plasmare ogni cosa vediamo, sentiamo, viviamo, secondo il nostro modo di essere. Abbiamo vissuto il mondo, la storia umana tra le creazioni di Vincent Van Gogh a Gustav Klimt. Colori, linee, figure astratte venivano incise su un colore indefinito, il bianco. Un colore così triste, così spoglio, senza senso ma troppo sottovalutato se a pensare che infondo è la base di tutto. Proprio come l'edificio in cui sono costretto a passare i miei attimi adolescenziali. Un edificio bianco - scherzo della natura - vecchio e vuoto. 
Ho sempre pensato che essere rinchiuso in una clinica fosse solo una perdita di tempo, anzi, lo confermo ufficialmente ma ormai si riesce a sopravvivere nell'abitudine, usando termini più moderni, nella routine. 
La bellezza della mia routine però non consisteva nel svegliarsi al mattino con la colazione pronta, la costante ansia di andare a scuola per un'interrogazione o un compito e ritornare con la voglia sotto il collo di leggere paragrafi e ripeterli come un deficiente contro il muro. Io mi ritengo diverso. Diverso da quella massa di adolescenti che detto con onestà invidio per la loro libertà di scelta. 
Le mie uniche scelte? Leggere romanzi contemporanei come se tutto mi facesse di un ragazzo intelligente. Contemplare la natura e la logica dell'universo standomene seduto su chissà quale superficie e infine dipingere. 
L'edificio in cui sono stato portato con la forza, la famosissima WCKD Cure, disponeva di camere per ogni due pazienti e manco detto con ironia vantava di stanze per ogni tipo di attività. 
Ecco, poche settimane fa il mio terapista, il dottor Jancarlo, mi ha consigliato un ottimo metodo per deviare i miei forti sentimenti: rinchiudermi nell'aula di arte e iniziare a disegnare, scrivere, pitturare ogni mio stato d'animo. 
Al primo impatto ho pensato fosse pazzo. Da quando i colori potevano interagire con il mio stato d'animo? 
Ma lui non si diede per vinta e dopo un paio di giorni passati nell'aula d'arte mi sono ricreduto. 
Il rosso per ogni volta che mi sentivo ottimista. L'arancione la usavo per esprimere momenti di allegria. Il verde per ogni volta che trovo la forza di volontà di combattere il nervosismo. Rigavo un blu ogni volta che mi sentivo solo, nostalgico. Il rosa per quei pochi momenti di capacità mentale di provare sentimenti e infine vi era il nero che indicava la depressione, la rabbia che reprimevo dentro di me. 
E sotto ad ogni colore vi era il bianco che rappresentava me, quello senza senso.
Voltai pagina, una bella metafora, ma ahimè se intendo pagina, intendo pagina di carta. Ero seduto sul mio solito posto, una poltroncina nel sala comune vicino al finestrino. Leggevo "Tolleranza zero" di Irvine Welsh, un romanzo inglese che il giorno seguente un mio amico, per la precisione asiatico- coreano, mi aveva portato. Il suo nome è Minho, avevamo stretto amicizia sin dalla prima elementare e per tutto questo tempo mi è rimasto accanto come infondo anche Teresa, un'altra mia cara amica. 
Le persone vanno già a conclusioni affrettate. Per loro se una persona veniva spedita in una clinica era direttamente etichettata come psicopatico maniaco ma non loro, non i miei amici. 
Qualcuno urlò attirando l'attenzione di chiunque era presente in sala comune. Beh Ben poteva essere ritenuto veramente psicopatico. Nel bel mezzo del silenzio urlava a squarciagola e tutti iniziavano ad agitarsi. Che cosa patetica. 
Non mi sforzai nemmeno di girarmi per guardarlo dimenarsi tra le braccia del personale. Ormai era diventato una routine. Ecco, lui faceva parte della mia routine. 
Chiusi il libro strofinando l'indice sulla copertina ormai rovinata e lo posai sulle mie gambe che se prima di entrare in questo stupido posto erano esili ora erano ancora di più magre. 
Girai lo sguardo facendo una smorfia. Il sole risplendeva limpido sul cielo della California. Nah, sciocchezze. Era di un colore grigio e piccole gocce d'acqua iniziavano già a strusciare per le vetrate della finestra. 
<< Pensieroso? >> qualcuno richiamò la mia attenzione. 
Come confondere la voce squillante del mio amico Minho? 
Accanto a lui vi era Ava, mia sorella più piccola. Dieci anni di differenza contando il fatto che fra meno di un mese avrei compiuto diciotto anni. 
<< Fratellone >> squittì lei senza neanche darmi il tempo di alzarmi. 
Saltò tra le mie braccia, scena molto commovente dal momento che la potevo vedere solo pochissime volte. 
<< Hey piccola peste >> sussurrai invece io accarezzandole i capelli. 
<< Giusto una domanda. Perché siete qui? Insomma non è permesso avere visite in due giorni consecutivi a meno che non sia in condizioni pessimi e se non ricordo male sono ancora mentalmente stabile >> alzai lo sguardo verso Minho con la fronte aggrottata. Aveva i capelli mori, tipico da asiatici, e gli occhi a forma di mandorla. Si era appena seduto davanti a me e in mano aveva un quaderno rosso. 
<< Corrompere il personale qui è facilissimo >> ridacchiò e non potei far altro se non alzare gli occhi al cielo. 
<< Quanto hai dato? >> chiesi con indifferenza mentre sistemavo per bene Ava sulla mia gamba destra. 
<< Se mai quanti milligrammi >> mi corresse facendo pure un ghigno.
<< Minho! >> sussurrai accentuando forte la voce e lasciandogli addosso un cuscinetto.
<< Che c'è? L'ecstasy non fa male a nessuno >> ridacchiò facendo spallucce. 
Ci avrei rinunciato, non sarebbe mai cambiato di una virgola. 
<< Lo sai vero cosa succede se ti scoprono >> alzai lo sguardo. 
Era arrivato l'ora di prendere una di quelle stupide pasticche che a parer mio davano soltanto per far sembrare quel posto una vera e propria clinica. 
Meredith, un'infermiera di trent'anni, mi si avvicinò con un bicchiere in mano e due piccole pillole rosa. 
<< Meredith perché due? >> chiesi con un sopracciglio alzato. 
<< Prescrizione del Dott. Jordan tesoro >> e con questo se ne andò verso gli altri pazienti. 
Feci spallucce, che mi drogassero pure, tanto non avevo nulla da perdere. 
<< Secondo me fanno più male quelle rispetto all'ecstasy che porto >> sogghignò divertito.
<< Vedi di non farti beccare. Se mi tolgono anche le tue visite è segno che Dio mi sta chiamando in cielo >> borbottai io scoppiando a ridere. 
Da lui ricevetti solo un'occhiataccia. Non gli piaceva il fatto che scherzassi su queste cose. 
<< Vai a giocare con Mandy >> sussurrai all'orecchio di Ava facendo un piccolo sorriso. 
Lei annuì, scese e prima di andarsene da un'altra bambina che era andata a trovare un paziente come me mi schioccò un bacio sulla guancia. 
<< Be' in che cosa posso aiutarti? >> sospirai battendo le mani sulle ginocchia. 
Minho veniva spesso anche per farsi aiutare per i compiti. Che cosa buffa. Un paziente della WCKD Cure non ha perso del tutto la sua intelligenza. Ormai era di mia natura. Esistono quei tipi con il sale al posto del cervello e poi c'erano quei tipi come me che seppur rinchiusi in un edificio scadente vantava ancora della propria intelligenza. 
<< Letteratura >> sbuffò lui porgendomi il suo quadernino. Intanto dalla porta principale un gruppo di ragazzi guidati da uno del personale si guardavano intorno quasi a sembrare persi. Avranno avuto forse la mia età o poco di più e in mano tenevano anche loro dei fogli e dei quadernini.
<< Chi sono loro? >> domandai io girandomi verso il mio amico. Anche lui li osservava con attenzione, probabilmente nemmeno lui sapeva la risposta. 
<< Di sicuro non sono nuovi pazienti >>  mi rispose lui con fare indifferente.
<< Ma chissene di loro piuttosto aiutami >> borbottò leggendo qualcosa che nemmeno le mie orecchie avevano udito. Tra il gruppo di ragazzi vi era un ragazzo: alto, i capelli mori come i suoi occhi, aveva un naso strano. Non strano da far schifo ma strano per via della punta all'insù. Rispetto agli altri non scriveva assolutamente nulla. Anzi se ne stava in piedi con le braccia conserte. Solito tipo da snob. 
<< Signor Thomas farebbe piacere a tutti se prendesse appunti come il resto degli altri >> a parlare era Mickey, un'infermiere che conoscevo benissimo. Era  stato lui ad avermi fatto fare il giro della clinica nel mio primo giorno.
<< Nah, lo trovo solo una perdita di tempo. Onestamente tutto quello che sta dicendo sono cose che già so >> rispose lui nascondendo le mani in tasca.
Abbassai lo sguardo. Non di nuovo.
<< Vado a prendere una penna >> mugugnai solamente alzandomi dal divanetto. Ormai il gruppo di ragazzi era salito nel secondo piano e l'unica cosa che volevo fare era camminare per deviare i ricordi, così mi aveva suggerito il Dott. Jancarlo.
Sul bancone era rimasta solo una penna. Mi guardai attorno, tanto non c'era nessuno con cui fare a gara e mentre mi guardavo in giro allungai la mano per prendere quella dannata penna solo che l'unica cosa che tastai era qualcosa di morbido. Mi girai verso il bancone e vicino a me c'era quel ragazzo che doveva chiamarsi Thomas. La natura, le forze della divinità, Dio, Buddha, quel che è sembravano essermi ritorti contro.
Anche lui stringeva la penna come se non volesse mollare la presa.
<< Scusami c'ero prima io >> mi sorrise, ma non uno di quei sorrisi cortesi. Sfacciato.
<< Non eri mica di sopra con gli altri? >> domandai senza lasciare la presa ovviamente.
<< Quindi mi stavi osservando >> sogghignò dondolandosi sui suoi stessi piedi.
<< Sai, è raro vedere persone idiote come te. Bisogna immortalarle questi momenti >> sorrisi di sbieco. Gli piaceva fare il coglione? E che coglione sia.
<< Senti. La penna serve più a me che a te >> finalmente si tolse quello stupido sorriso sul volto.
<< No, serve più a me >> controbattei io assottigliando gli occhi.
Lui alzò gli occhi al cielo, sbuffò, fece una smorfia. Sapete quando i bambini non riescono ad ottenere il gelato durante i pomeriggi estivi? Ecco. Lasciò la presa alzando le mani in segno di arresa rivolgendomi poi un piccolo sorriso.
<< Tutto tuo campione >> disse solamente.
Le persone si sono sempre chiesti il perché del perché; specialmente i dottori, psicologi, psichiatri, terapisti, neurologi. Perché avviene ciò che avviene senza nemmeno che tu lo sappia? Se un bagliore ti colpisce in piena faccia e ti ritrovi a combattere con te stesso? Perché la ruota dello stato emotivo cambia continuamente? Non lo so nemmeno io eppure dopo aver battuto le ciglia per una frazione di secondo mi ritrovai il ragazzo di prima, Thomas, urlare.
<< Oh porca troia >> sentii solo la voce di Minho avvicinarsi per poi prendermi le spalle  facendomi allontanare dal moro.
Per un arco di moemento rimasi paralizzato. Non era la prima volta e non sapevo se ridere o rimanerne allibito soprattuto perché c'era anche mia sorella minore. 
Una parte della mia lucidità rimase stabile e mi lasciai cadere seduto sul pavimento, sul parquet ormai quasi gocciolante di sangue mentre lo guardavo senza battere un ciglio.
 Thomas smise di urlare, si teneva la mano sicuramente per il dolore. Mi guardava come se fossi uno psicopatico. Soccorsero il personale con un kit di prontosoccorso.
<< No, no è tutto okay >> borbottava lui mentre stringeva una fascia sulla mano.
<< Newt ora vieni con noi >> Meredith mi alzò dal pavimento e io non opposi nemmen resistenza.
Continuavo a guardare la sua mano che sanguinava e solo all'ora mi resi conto di avergli appena conficcato la penna nella mano destra.
Il colore del suo sangue era rosso, rosso scuro quasi bordeaux. Il colore che di solito uso per definire "caso irrisolto". Infondo dentro di noi, detto letteralmente, siamo tutti dei casi irrisolti.
E lui mi seguiva con lo sguardo, non arrabbiato. Sembrava essere curioso. 
 


SALVE GENTE! 
NON SO PERCHé MI SIA VENUTA IN MENTE DI FARE QUESTA AU. LO TROVO UN PO' STRANO LOL BUT WHATEVER A ME PIACCIONO QUESTI TIPI DI  AU. ALLORA COSA ABBIAMO? UN NEWT RINCHIUSO IN UNA CLINICA E UN THOMAS STILE FUTURO DOTT THOMAS AHAHAHHAHAHAH. NON SO COME TROVERETE QUESTO CAPITOLO, SPERO VI PIACCIA E SPERO ANCHE NEI FUTURI CAPITOLI PERCHé è LA PRIMA VOLTA CHE SCRIVO QUESTO TIPO DI AU.
VI PREGO DI FARMI SAPERE LA VOSTRA. ALLA PROSSIMA SCIAU!
   
 
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