Scusatemi
se sono restata lontano
da EFP per un po’…
Non
è dipeso dalla mia volontà…
Non potrò postare con molta
regolarità per un po’ di tempo dato che ho da
recuperare dei compiti in classe.
Sono stata assente una settimana e pare che tutti abbiano deciso di
fare
verifiche mentre non c’ero…
Ho avuto dei problemi a casa e sono
dovuta pure partire… ero a
Però la famiglia viene prima di
tutto… anche della scuola. (Vaglielo a dire ai prof!!! Ho
saltato la
simulazione di terza prova. Temo che mi uccideranno. Nel caso, la
storia
finisce così: ………..…
XXXXXXXXXXXXXXXXXXX )
Spero
che i prof non mi uccidano:
- perché
sono troppo giovane per morire
- la mia
vita non è abbastanza soddisfacente per chiuderla qui. Non
mi sono divertita per niente.
- non
posso aver scritto delle seratine piccanti dei nostri due sposini
preferiti e poi non aver sperimentato niente di ciò di cui
ho scritto.
- voi
non sapreste come va a finire la storia. (e non sorridete. Non
è detto che sia il lieto fine che sperate. Le due ragazze a
cui l’ho raccontato, sono rimaste con le
lacrimucce…)
- non
potrei vedere i miei prof andare in galera. È ciò
che aspetto da una vita… me lo perderei…
(a
parte gli scherzi, ho davvero
una paura tremenda)
Il prossimo aggiornamento è
previsto in linea di massima per lunedì pomeriggio. Spero
che non mi cada in
testa una tegola mentre vado a scuola domani… (oltre al
danno, anche la beffa)
anche se ciò non mi stupirebbe più di
tanto…
Ora vi lascio a questo capitolo.
Il titolo, mentre scrivo queste
righe, non l’ho ancora deciso.
Non sono molto in
vena creativa. Questo mese mi ha
proprio sfiancata. Mi sento esausta…
Adesso mi inventerò qualcosa, spero
sia carino.
Un bacio a tutte. Grazie per i
vostri commenti e il vostro incoraggiamento.
Erika
A mia Nonna che, dopo tanto tempo, è tronata a casa dalla sua famiglia...
Bella’s POV
Mentre parlava, Edward le carezzava
gentilmente la
schiena, per farle coraggio.
Nostra figlia però non si tranquillizzò. Si
rannicchiò
tra le mie braccia e cominciò a lagnarsi.
Mi stringeva convulsamente la maglietta e non osava
alzare lo sguardo.
Alla fine mi strinsi nelle spalle e, con un’occhiata
di scuse rivolta ad Alec, andai a sedermi sul divano.
Allontanai Liz dal mio petto e la misi sulle mie
ginocchia. Fissandola negli occhi, le carezzai la guancia. <
Amore, non fare
così. Non devi vere paura. >
Le sistemai una ciocca di capelli rossi dietro
l’orecchio e poi le diedi un bacio sulla fronte.
Lei in quel momento mi gettò le braccia al collo e,
stringendomi forte, mi sussurrò: <Mammi, ti prego,
non andare via. >
Edward, avendola sentita, si sedette al mio fianco e
le carezzò i capelli.
Si piegò in avanti e le sussurrò
all’orecchio: < La
mamma non andrà da nessuna parte. Te lo prometto. >
Con delicatezza Edward la costrinse ad aprire i pugni
e a sciogliere la presa intorno al mio collo.
Con un movimento leggero e veloce la prese in braccio
e se la strinse al petto.
Alec si era avvicinato e Liz, quando se ne fu accorta,
si nascose tra le braccia di Edward, rantolando per la paura.
Bisbigliò al padre: < Papà, mi fa
paura… gli occhi…
>
Alec, che aveva teso la mano come per confortarla, la
ritrasse lentamente, addolorato.
< Alec, devi scusarla. Liz non è abituata agli
estranei. E poi, lei è un po’ speciale…
non è come gli altri bambini… è
estremamente perspicace. Sa perfettamente che io, lei e i suoi
fratellini siamo
diversi da… voi. Ovviamente, non sa il perché.
Capisce le cose a prima vista.
>
Gli occhi rossi di Alec scintillarono per un attimo e
nella sua espressione c’era più di quanto potesse
esprimere a parole.
Mi resi conto in quell’istante di come Edward mi
tenesse un braccio poggiato intorno alle spalle.
Io gli tenevo la mano. L’avevo afferrata
inconsapevolmente,abituata al
contatto
con la pelle gelida di mio marito. Per entrambi erano dei gesti
naturali,
spontanei…
Eppure, notai come Edward avesse assunto un
atteggiamento possessivo. La stretta intorno alle spalle era decisa,
ferma…
quasi non volesse permettermi di muovermi.
Con le dita giocherellava con i
miei capelli mentre
Liz gli stava attaccata e non dava segno di volersi allontanare.
Riconobbi lo sguardo di Alec. Era
lo stesso che aveva
avuto Jacob quando gli avevo detto che mi sarei sposata… o
meglio, che aveva
quando era tornato da me alla tenda, il giorno della battaglia contro
Victoria…
Lo sguardo di chi ha davanti agli occhi la verità.
La sofferenza di chi si rende conto che non potrà
stare con la persona che ama.
Lo stesso sguardo che avevo visto nel mio riflesso
nello specchio, il primo giorno nella mia prigione sotterranea a
Volterra.
Mi sentii a disagio ed abbassai lo sguardo, fissandomi
le ginocchia. La mia mano sinistra era intrecciata a quella di Edward
il cui
braccio sinistro era ancora intorno alle mie spalle, e quella destra
poggiata
sul ginocchio. Avevo stretto tra le dita la stoffa del mio pigiama. Mi
stavo
tormentando il labbro con i denti.
Edward smise di giocare immediatamente con i miei
capelli e poggiò la sua mano destra sulla mia.
< Cosa c’è tesoro, tutto a posto? Non ti
senti
bene? Se vuoi andare a riposarti per un po’…
>
Voltai lo sguardo verso di lui e sentii gli occhi
umidi.
Sapevo quanto fosse doloroso essere rifiutati.
Quando Edward mi lasciò, quando ero convinta che non mi
amasse più, mi ero
sentita svuotata, inutile, terribilmente sola…
Era così che si sentiva Alec? E Jacob?
Ma forse vedere la persona che ami con un altro, forse,
è ancora peggio.
Se possibile Alec e Jacob
soffrivano persino più di
quanto non avessi sofferto io, nei sei mesi più bui della
mia esistenza.
Vedere la donna che ami tra le
braccia di un altro deve
essere atroce. Si è combattuti, lacerati dai propri
sentimenti...
La vedi felice ed in fondo è questo tutto ciò che
vuoi
per chi ami, che sia contenta…
Ma non sei tu a renderla felice, non è con te che
condivide la propria gioia…
Guardando chi ami tra le braccia di un’altra persona,
soffri. Irrimediabilmente soffri.
Vedi tutto quello che tu non potrai mai avere. Vedi
tutto ciò che vorresti dalla vita.
Vedi tutto ciò che vorresti offrirle ma non è con
te
che lei vuole condividere la vita, e non sarai tu a stringerla tra le
braccia.
E questo, irrimediabilmente, ti fa soffrire…
Perché il sorriso di chi ami non è per te. Non
è il
tuo collo che le sue labbra lambiranno, non sono le tue le mani che
stringerà,
non sono i tuoi i capelli che accarezzerà.
Non sei tu che sognerà, non è a te che
penserà, non
sarai tu che desidererà…
Non sarà il tuo il nome che invocherà nella
notte,
nella intimità delle lenzuola.
Non sei tu la persona a cui dirà “Ti amo mentre
farà
l’amore…
Non ansimerà chiamando te quando, esausta, si
adagerà
tra i cuscini…
Non sarà grazie a te che il suo grembo
racchiuderà una
nuova vita.
Non sono tuoi i figli che stringe tra le braccia, che
allatta al suo seno. Non sei tu che chiameranno
Papà…
Non sei tu, e non potrai mai esserlo.
Ecco cosa vedevano Jacob e Alec.
Vedevano me, amavano me, ma il loro amore non era
stato accettato.
Gli era stato lanciato indietro, respinto, rifiutato.
Ed ora erano costretti a vedere tutto ciò che a loro
veniva negato.
Che io avevo negato loro.
Mostrare loro Elizabeth che, tra le
braccia di Edward,
mi chiamava mamma mentre i suoi capelli e quelli di suo padre, di egual
colore,
si confondevano in un abbraccio carico di sentimenti, era come un
ribadire che
io ormai ero troppo lontana da loro per poter ripensare alle mie
scelte.
Li avevo respinti…
Eppure, nonostante questo, loro erano tornati.
Erano tornati da me a costo di dover subire la
sofferenza che io imponevo loro.
Erano tornati per starmi vicino.
Perché, in un’accezione diversa dalla loro, li
amavo.
Volevo loro bene come a dei fratelli.
Ma loro potevano rassegnarsi a questo?
Potevo loro chiedere di accontentarsi?
Sentii gli occhi bagnarsi mentre i
pensieri fluivano
veloci e confusi nella mia mente.
< Isabella? > Mi chiese Alec preoccupato mentre
osservava un po’ confuso.
Edward, intuendo che volevo alzarmi, levò il braccio
dalla mia spalla. Si sistemò Liz tra le braccia e poi mi
guardò in volto: <
Bella, credo che forse dovresti andare a riposare. I bambini ti stanno
davvero
tenendo sempre sveglia… sei un po’ tesa,
stressata. >
Cercai di concentrarmi sul tono rassicurante. Volevo
evitare di scoppiare a piangere davanti ad Edward, Jake ed Alec.
Mi alzai sistemandomi un po’ il pigiama con sguardo
fisso al pavimento. Cercavo di sviare gli occhi rossi che mi
squadravano.
Annuii ad Edward e cominciai ad allontanarmi.
Poi
tutto accade nel giro di pochi istanti. < Non
andartene >
disse quello che per me era un fratello, nonostante gli
inquietanti occhi rossi...
Alec però mi
afferrò il gomito per non farmi andare via.
Edward ringhiò con forza.
Sentii il suono cupo e profondo nascergli dal petto.
Al che Jake, in una falcata, attraversò la stanza in
un secondo e afferrò le spalle di Alec. Gli tremavano le
mani.
Liz, terrorizzata, non sapeva cosa fare. Non era
abituata a vedere il padre adirato.
Era la prima volta che lo sentiva ringhiare per
davvero.
Quello non era un gioco.
Edward non stava facendo il cretino rotolandosi sul
tappeto della sala con lei tra le braccia come faceva di solito, quando
giocava
con lei.
I ringhi a cui era abituata erano scherzosi, dolci.
Questa volta quel ringhio era violento, irato,
aggressivo…
Liz rimase come paralizzata per alcuni istanti poi
scoppiò a piangere e cercò di allontanarsi da
Edward che la teneva stretta al
petto, come se tentasse di proteggerla.
La paura le mozzava il respiro e si
era fatta rossa in
volta.
Carlisle, che discretamente era
restato nella stanza
attigua a controllarci, lentamente camminò verso di noi. Con
tono pacato disse:
< Calma… calma. Non è successo niente.
>
La stretta di Alec stava cominciando a farmi male dato
che era troppo forte sul mio debole braccio umano. Sentivo il sangue
che non
riusciva a fluire come avrebbe dovuto e le dita della mano si stavano
intorpidendo.
< Alec, lascia andare Bella… Jake, non infastidire
Alec… e tu Edward, credo che Liz voglia scendere. >
Edward parve rinsavire. Abbassò lo sguardo su nostra
figlia che continuava a singhiozzare stretta nella morsa marmorea delle
sue
braccia.
Vidi il dolore dipingersi sul suo
volto perfetto.
Questa era una delle cose che
più lo angosciava… che
potesse far del male a me o ai nostri figli, far paura ai bambini,
perdere la
loro fiducia…
La lasciò andare e la bambina scese velocemente dalle
sue ginocchia. Rimase immobile un secondo.
Mi osservò. Voleva venire da me ma vide Alec che
ancora mi teneva il braccio.
Si ritrasse con un sussulto e poi si voltò, per correre
via. La vidi salire le scale e sparire nel corridoio luminoso.
Anche le mie sorde orecchie umane percepirono la porta
sbattere dietro di lei. Stava piangendo.
< Alec, lasciala andare. > Ordinò Edward
perentorio dopo essersi alzato in piedi.
Alec immediatamente lasciò la presa e fece scivolare
la mano lungo il suo fianco. Con un sussulto, mi afferrai il gomito e
me lo
massaggiai assente. Quasi subito le mani di Edward sostituirono le mie
nel
massaggiarmi il braccio.
Carlisle sfiorò la spalla di Edward e poi disse: <
Edward, Jake… non è il caso che reagiate
così. Non è successo niente. >
Jake sbuffò ed Edward
digrignò i denti. Alec,
sentendosi in minoranza, arretrò di un passo.
Mi sentii in dovere di difendere
quello che per me era
un amico molto caro: < Alec, sei mio ospite. Non preoccuparti.
Loro non
capiscono. Soprattutto Jake… Per te non è
immediato come per loro stare con me.
Ma io ti conosco… so che non volevi farmi niente. >
Gli sorrisi ed Edward borbottò qualcosa che mi
suonò
come un “non vedi cosa pensa…”
Mi voltai e lo ripresi con lo sguardo.
< Mi dispiace di aver spaventato la tua bambina. È
cresciuta molto dall’ultima volta che l’ho vista.
Ti assomiglia. È splendida.
>
Mi sentii arrossire. < Dai Alec, è troppo giovane
per te. > Lo presi in giro.
Mi accorsi di aver detto la cosa sbagliata. Edward non
parve gradire la mia battuta.
< Bella, non mettergli strane idee in testa. >
mi disse con tono stranamente duro.
Mi voltai verso di lui e lessi anche sul suo volto lo
stesso dolore che avevo visto negli occhi di Jake ed Alec pochi minuti
prima.
Stavo facendo soffrire anche lui.
Gli accarezzai la guancia. < Stavo scherzando. >
Mi afferrò il polso
impedendomi di muovermi e,
lasciandomi letteralmente paralizzata, si chinò sul mio
viso. Le sue labbra
assalirono le mie con impeto stranamente
violento. Erano decise, possessive.
Con un gesto repentino mi ritrassi e provai l’impulso
di schiaffeggiarlo.
< Edward. Piantala. Non hai
bisogno di ribadire ancora una volta che sono
tua moglie! penso che ormai l’abbiano capito! > gli
urlai buttandogli
addosso tutti i miei pensieri di prima.
Sentii Emmett ridacchiare nella camera affianco.
Irata, me ne andai dalla stanza, lasciando i due vampiri e il
licantropo a
guardarsi in cagnesco.
In sala, Alice stava seduta nella
poltrona. Sfogliava
svogliata una rivista di moda con sguardo distratto. Un sorrisetto
stampato
sulle sue labbra sottili.
< siete meglio di una soap
opera. E oltretutto,
visto che c’è anche Jacob nel cast, niente
spoiler. Per la prima volta non mi rovinerò
il finale. >
La fulminai con lo sguardo. < Dai, scherzo. Il
finale lo so. Tu ed Edward fra due settimane ricomincerete a mandarci a
caccia
una notte sì e l’altra pure. Giusto il tempo
perché Carlisle ti dica che è
tutto a posto. E poi, Edward lo conosci… non ti
toccherà finché Carlisle non lo
rassicurerà che i punti che ti ha dato siano ormai guariti.
>
Le passai vicino e lei alzò lo sguardo. < Dai
Bella, non prendertela. Edward è solo pazzamente innamorato.
Teme così tanto di
perderti… >
< Fobie inutili. > sussurrai a mezza voce. Mi
guardai intorno. Sospirai e poi dissi: < Vado da Liz. Non voglio
che abbia
paura. >
Alice, con fare piuttosto naturale, abbassò la rivista
e mi informò: < Si riprenderà presto.
Anche se questa notte temo che Edward
dovrà dormire sul divano. Vuole stare con te nel lettone.
>
< Grazie Alice > bisbigliai salendo le scale.
Bussai ma Liz non mi rispose. Abbassai la maniglia e, lentamente,
entrai. Liz
era sdraiata a pancia in giù sul lettino. La testa nascosta
sotto il cuscino.
Mi inginocchiai vicino a lei e le
carezzai gentilmente
la schiena. Le presi la mano combattendo contro le sue dita contratte e
strette
sulla federa. Ne
baciai il dorso liscio
e pallido prima di chinarmi e sussurrarle: < Liz,
tesoro… non fare così.
>
< Papà è arrabbiato con me! >
Pianse girandosi e
rannicchiandosi tra le mie braccia. Poggiò il capo sul mio
seno e si portò le
ginocchia al petto. La cullai. < No… Il
papà ti vuole bene e non potrebbe
mai essere arrabbiato con te. Stava “discutendo”
con i miei amici. > Cercai
di spiegarle mentre le carezzavo la fronte. Mi ero seduta per terra e
le
baciavo i capelli.
Quando si fu calmata, le bisbigliali: < Liz, non
devi aver paura dei miei amici. >
< Geke... Quello gande non mi fa paura. > mi
confessò
stringendo le sue manine sottili intorno alle mia dita. Beh, Jake ne
sarebbe
stato contento…
< Ma quello che sci chiama come Alec… lui ha degli
occhi che fanno tanta paura. >
< Non preoccuparti. Lui ci vuole bene. > Mi
alzai la manica sinistra e le mostrai le cicatrici. < Ti ricordi
quando ti
ho spiegato che papà ci sarà sempre per
proteggerci? Quando mi sono fatta male
e il papà non era potuto venire subito ad aiutarmi e tu eri
ancora nella mia
pancia? In quel momento mi ha aiutato Alec. È una brava
persona… E adesso smetti
di piangere, se no poi il papà si sente in triste. >
Le asciugai la faccia e lasciai che mi abbracciasse
prima di alzarmi e prenderla per mano.
Quando tornammo dagli altri Liz era
tranquilla. Edward
ci stava aspettando sorridente seduto al pianoforte.
Suonava dolcemente una melodia che a nostra figlia
piaceva molto. Le strinsi la mano prima di lasciarla andare. Lei mi
guardò per
un attimo prima di correre da Edward che la prese e se la mise sulle
ginocchia,
suonando con una mano sola.
Jake era intento a parlare con
Emmett di macchine
sportive sfogliando un catalogo. Alice e Rose stavano decidendo cosa
comprare
ad Esme e Carlisle per il loro anniversario. Loro due intanto si
stavano
occupando dei gemelli che non parevano aver voglia di dormire. Non vidi
né Alec
né Jasper. Un po’ spaesata, mi guardai intorno.
Dato che Alice era tranquilla,
non poteva esser successo nulla di brutto. < Edward, dove sono
Jasper e
Alec? > Domandai innocentemente.
Lui si voltò e con un mezzo sorriso mi sussurrò:
<
Non sei brava a recitare. Comunque, sono in giardino. Stanno discutendo
di
strategie… pare che sia un argomento che interessa ad
entrambi. >
Mentre parlava, Edward continuava a suonare. In quel
momento, Esme mi venne vicino con Mel tra le braccia. La piccola era
sveglia ma
se ne stava silenziosa a fissare la nonna. < Bella, mi daresti
una mano in
cucina? > Porsi le braccia e presi Mel in braccio. <
Certo. Arrivo. >
dissi prima di baciare la bambina sulla fronte. La posai nella culla e
poi
raggiunsi mia suocera.
Era strano cucinare per tre. Anzi, per cinque… Jacob
ogni volta che veniva a trovarci mangiava l’equivlente di
quanto io mangiassi
in tre giorni…
Preparai a Liz una pastina e poi della carne. Per me e
Jake, Esme preparò come al solito le sue prelibatezze.
Cucinare le piaceva.
Aprii il frigo per prendere la bistecchina di pollo e vidi che un
intero
ripiano, tra la verdura e i formaggi, era occupato da una torta
gigante. Esme,
senza smettere di triturare il prezzemolo e senza voltare per fissarmi,
mi
informò: < Alice questa notte si annoiava. >
Alzai gli occhi al cielo ed ebbi la
tentazione di
assaggiarne un po’ con la punta del dito. Pensai al fatto che
avessi ancora
addosso i chili della gravidanza e ci ripensai.
In pochi minuti il pranzo di Liz fu
pronto ed Edward la
portò in cucina. Sul suo seggiolone, dovemmo implorarla per
farle mangiare il
primo. Il secondo invece lo gradì di più.
Quando appoggiai la forchetta nel piatto lei mi fissò
a bocca spalancata. Esme trattenne un risolino mentre andava a prendere
alcuni ingredienti
nella dispensa.
< Ne vuoi ancora? > chiesi a mia figlia con voce
dolce.
Scosse la testa. La guardai confusa e le chiesi: <
Vuoi qualcos’altro? >
Annuì. < Senti, se fai così, io me ne
vado. Dimmi
cosa vuoi… >
Liz chiuse immediatamente la bocca e mi fissò
contrariata.
Incrociò le braccia e sussurrò: < Mamma.
Io voglio
la tota! >
< Edward, vieni qui. Tua figlia fa i capricci. >
Dissi alzandomi. Lei mi afferrò la maglietta.
Le carezzai la testa. < Liz, aspetta più tardi. Ti
chiamo quando io e Jake avremo finito di mangiare. Ora magari vai a
giocare.
Perché non fai un bel disegno? >
Edward la prese dal seggiolone e la mise in piedi.
< Dai, fai un bel disegno per la mamma e per il papà.
> Le disse
infilandole in mano un pezzetto di cioccolato. Quando si
voltò verso di me, mi
trovò con le braccia incrociate e lo sguardo contrariato. Si
avvicinò e usando
la sua voce seducente mi sussurrò all’orecchio:
< Eddai, non fare così. Devo
pur viziarla un pochino… è una delle donne
più importanti della mia vita. >
Lasciandomi avvolgere dalle sue
braccia, gli feci
notare che in quel modo mi faceva ingelosire lui mi chiese: <
Come ti senti?
> Poi corse con le dita dalla mia spalla al mio orecchio. Poi da
lì scese di
nuovo spingendosi più in basso. Raggiunse le costole e poi
il bacino. A quel
punto le fece scorrere lungo la mia spina dorsale. Insinuandosi sotto
la mia
maglietta e facendomi fremere al contatto con la sua pelle gelida, mi
baciò con
ardore. Sentii una sua mano sostenermi la testa infilando le dita tra i
miei
capelli. Mi sentivo tutta scombussolata e provai l’istinto di
avvicinarmi di
più a lui. I nostri corpi erano l’uno appoggiato
all’altro.
Le sue labbra abbandonarono le mie
per un istante e
sentii il suo respiro gelato passare sulla pellle sottile del mio
collo. Se te
la senti… magari questa notte potremmo… >
La proposta era allettante… il mio corpo si era
completamente scollegato dal cervello e non ero più padrona
di me stessa. In
quel momento però entrò Esme e con voce severa
ammonnì Edward. <
Edward, potete evitare di peccare di lussuria sul
tavolo della cucina? È un pezzo antico che ho fatto fatica a
trovare… non
vorrei che vi faceste prendere da troppa passione. E poi, è
una puerpera.
Lasciale il tempo per riprendersi. Stai diventando come Emmett. >
Arrossii immediatamente. Possibile
che Edward non
l’avesse sentita arrivare? Insomma, non era una posizione
molto casta…
E ancora con questa storia della puerpera… stava
cominciando a darmi sui nervi l’idea che i miei suoceri
fossero così attenti
alla mia salute. Controvoglia mi allontanai da Edward.
Lui si chinò e mi sussurrò
all’orecchio: < Appena
te la senti, fammi sapere. Non importa cosa dicono… devi
essere tu ad essere
pronta. E poi, non dobbiamo necessariamente… >
E poi mi baciò la scapola. Le sue labbra sfiorarono
nuovamente il mio orecchio e disse: < E se loro non ci lasciano
la casa
libera, ho trovato un posticino che ti piacerebbe molto… un
prato molto
romantico. >
Appoggiai le mani sul suo petto e, arrossendo, cercai
di darmi un contegno.
< Edward, sei una tentazione atroce. Comunque,
adesso andiamo di là, altrimenti Emmett non la
smetterà mai di prendermi in
giro… e poi, non voglio che Jake o Alec siano costretti a
sentire… certe cose…
>
Rise dolcemente abbracciandomi.
Lo sentii borbottare qualcosa riguardo al fatto che
non riuscivo a sentire i pensieri degli altri.
In un giorno era già la
seconda volta che lo sentivo
commentare le mie parole in quel modo…
Arrossii di vergogna al pensiero di
cosa Edward
vedesse nelle menti dei miei ospiti.
Lo presi per mano e in silenzio lo portai in sala.
Come mi aspettavamo, Emmett sorrideva con l’aria di
chi la sapeva lunga.
Rosalie, china sui gemellini, cercava di nascondere un
sorrisetto.
Ecco, come pensavo, ci avevano sentito…
Pazienza…
In fondo, mi incuriosiva parecchio
il prato di cui mi
aveva parlato Edward.