Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: CassandraLeben    05/02/2009    11 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap 52

Scusatemi se sono restata lontano da EFP per un po’…

Non è dipeso dalla mia volontà…
Non potrò postare con molta regolarità per un po’ di tempo dato che ho da recuperare dei compiti in classe. Sono stata assente una settimana e pare che tutti abbiano deciso di fare verifiche mentre non c’ero…
Ho avuto dei problemi a casa e sono dovuta pure partire… ero a 360 km dal mio pc…
Però la famiglia viene prima di tutto… anche della scuola. (Vaglielo a dire ai prof!!! Ho saltato la simulazione di terza prova. Temo che mi uccideranno. Nel caso, la storia finisce così:                    ………..… XXXXXXXXXXXXXXXXXXX )

Spero che i prof non mi uccidano:

  1. perché sono troppo giovane per morire
  2. la mia vita non è abbastanza soddisfacente per chiuderla qui. Non mi sono divertita per niente.
  3. non posso aver scritto delle seratine piccanti dei nostri due sposini preferiti e poi non aver sperimentato niente di ciò di cui ho scritto.
  4. voi non sapreste come va a finire la storia. (e non sorridete. Non è detto che sia il lieto fine che sperate. Le due ragazze a cui l’ho raccontato, sono rimaste con le lacrimucce…)
  5. non potrei vedere i miei prof andare in galera. È ciò che aspetto da una vita… me lo perderei…

(a parte gli scherzi, ho davvero una paura tremenda)

Comunque, questo capitolo è stato cominciato circa un mese fa ma finito solo ieri. Mi scuso per eventuali cambiamenti di stile o passaggi troppo bruschi.
Il prossimo aggiornamento è previsto in linea di massima per lunedì pomeriggio. Spero che non mi cada in testa una tegola mentre vado a scuola domani… (oltre al danno, anche la beffa) anche se ciò non mi stupirebbe più di tanto…
Ora vi lascio a questo capitolo.
Il titolo, mentre scrivo queste righe, non l’ho ancora deciso.
Non sono  molto in vena creativa. Questo mese mi ha proprio sfiancata. Mi sento esausta…
Adesso mi inventerò qualcosa, spero sia carino.
Un bacio a tutte. Grazie per i vostri commenti e il vostro incoraggiamento.
                                                     Erika

                                                                                                                 A mia Nonna che, dopo tanto tempo, è tronata a casa dalla sua famiglia...



Bella’s POV

< Liz, dai, non fare così, non nasconderti. >

Mentre parlava, Edward le carezzava gentilmente la schiena, per farle coraggio.
Nostra figlia però non si tranquillizzò. Si rannicchiò tra le mie braccia e cominciò a lagnarsi.
Mi stringeva convulsamente la maglietta e non osava alzare lo sguardo.
Alla fine mi strinsi nelle spalle e, con un’occhiata di scuse rivolta ad Alec, andai a sedermi sul divano.
Allontanai Liz dal mio petto e la misi sulle mie ginocchia. Fissandola negli occhi, le carezzai la guancia. < Amore, non fare così. Non devi vere paura. >
Le sistemai una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio e poi le diedi un bacio sulla fronte.
Lei in quel momento mi gettò le braccia al collo e, stringendomi forte, mi sussurrò: <Mammi, ti prego, non andare via. >
Edward, avendola sentita, si sedette al mio fianco e le carezzò i capelli.
Si piegò in avanti e le sussurrò all’orecchio: < La mamma non andrà da nessuna parte. Te lo prometto. >
Con delicatezza Edward la costrinse ad aprire i pugni e a sciogliere la presa intorno al mio collo.
Con un movimento leggero e veloce la prese in braccio e se la strinse al petto.
Alec si era avvicinato e Liz, quando se ne fu accorta, si nascose tra le braccia di Edward, rantolando per la paura.
Bisbigliò al padre: < Papà, mi fa paura… gli occhi… >
Alec, che aveva teso la mano come per confortarla, la ritrasse lentamente, addolorato.
< Alec, devi scusarla. Liz non è abituata agli estranei. E poi, lei è un po’ speciale… non è come gli altri bambini… è estremamente perspicace. Sa perfettamente che io, lei e i suoi fratellini siamo diversi da… voi. Ovviamente, non sa il perché. Capisce le cose a prima vista. >
Gli occhi rossi di Alec scintillarono per un attimo e nella sua espressione c’era più di quanto potesse esprimere a parole.
Mi resi conto in quell’istante di come Edward mi tenesse un braccio poggiato intorno alle spalle.
Io gli tenevo la mano. L’avevo afferrata inconsapevolmente,abituata  al contatto con la pelle gelida di mio marito. Per entrambi erano dei gesti naturali, spontanei…
Eppure, notai come Edward avesse assunto un atteggiamento possessivo. La stretta intorno alle spalle era decisa, ferma… quasi non volesse permettermi di muovermi.

Con le dita giocherellava con i miei capelli mentre Liz gli stava attaccata e non dava segno di volersi allontanare.

Riconobbi lo sguardo di Alec. Era lo stesso che aveva avuto Jacob quando gli avevo detto che mi sarei sposata… o meglio, che aveva quando era tornato da me alla tenda, il giorno della battaglia contro Victoria…
Lo sguardo di chi ha davanti agli occhi la verità.
La sofferenza di chi si rende conto che non potrà stare con la persona che ama.
Lo stesso sguardo che avevo visto nel mio riflesso nello specchio, il primo giorno nella mia prigione sotterranea a Volterra.
Mi sentii a disagio ed abbassai lo sguardo, fissandomi le ginocchia. La mia mano sinistra era intrecciata a quella di Edward il cui braccio sinistro era ancora intorno alle mie spalle, e quella destra poggiata sul ginocchio. Avevo stretto tra le dita la stoffa del mio pigiama. Mi stavo tormentando il labbro con i denti.
Edward smise di giocare immediatamente con i miei capelli e poggiò la sua mano destra sulla mia.
< Cosa c’è tesoro, tutto a posto? Non ti senti bene? Se vuoi andare a riposarti per un po’… >
Voltai lo sguardo verso di lui e sentii gli occhi umidi.
Sapevo quanto fosse doloroso essere rifiutati.
Quando Edward mi lasciò, quando ero convinta che non mi amasse più, mi ero sentita svuotata, inutile, terribilmente sola…
Era così che si sentiva Alec? E Jacob?
Ma forse vedere la persona che ami con un altro, forse, è ancora peggio.

Se possibile Alec e Jacob soffrivano persino più di quanto non avessi sofferto io, nei sei mesi più bui della mia esistenza.

Vedere la donna che ami tra le braccia di un altro deve essere atroce. Si è combattuti, lacerati dai propri sentimenti...
La vedi felice ed in fondo è questo tutto ciò che vuoi per chi ami, che sia contenta…
Ma non sei tu a renderla felice, non è con te che condivide la propria gioia…
Guardando chi ami tra le braccia di un’altra persona, soffri. Irrimediabilmente soffri.
Vedi tutto quello che tu non potrai mai avere. Vedi tutto ciò che vorresti dalla vita.
Vedi tutto ciò che vorresti offrirle ma non è con te che lei vuole condividere la vita, e non sarai tu a stringerla tra le braccia.
E questo, irrimediabilmente, ti fa soffrire…
Perché il sorriso di chi ami non è per te. Non è il tuo collo che le sue labbra lambiranno, non sono le tue le mani che stringerà, non sono i tuoi i capelli che accarezzerà.
Non sei tu che sognerà, non è a te che penserà, non sarai tu che desidererà…
Non sarà il tuo il nome che invocherà nella notte, nella intimità delle lenzuola.
Non sei tu la persona a cui dirà “Ti amo mentre farà l’amore…
Non ansimerà chiamando te quando, esausta, si adagerà tra i cuscini…
Non sarà grazie a te che il suo grembo racchiuderà una nuova vita.
Non sono tuoi i figli che stringe tra le braccia, che allatta al suo seno. Non sei tu che chiameranno Papà…
Non sei tu, e non potrai mai esserlo.
Ecco cosa vedevano Jacob e Alec.
Vedevano me, amavano me, ma il loro amore non era stato accettato.
Gli era stato lanciato indietro, respinto, rifiutato.
Ed ora erano costretti a vedere tutto ciò che a loro veniva negato.
Che io avevo negato loro.

Mostrare loro Elizabeth che, tra le braccia di Edward, mi chiamava mamma mentre i suoi capelli e quelli di suo padre, di egual colore, si confondevano in un abbraccio carico di sentimenti, era come un ribadire che io ormai ero troppo lontana da loro per poter ripensare alle mie scelte.

Li avevo respinti…
Eppure, nonostante questo, loro erano tornati.
Erano tornati da me a costo di dover subire la sofferenza che io imponevo loro.
Erano tornati per starmi vicino.
Perché, in un’accezione diversa dalla loro, li amavo.
Volevo loro bene come a dei fratelli.
Ma loro potevano rassegnarsi a questo?
Potevo loro chiedere di accontentarsi?

Sentii gli occhi bagnarsi mentre i pensieri fluivano veloci e confusi nella mia mente.
< Isabella? > Mi chiese Alec preoccupato mentre osservava un po’ confuso.
Edward, intuendo che volevo alzarmi, levò il braccio dalla mia spalla. Si sistemò Liz tra le braccia e poi mi guardò in volto: < Bella, credo che forse dovresti andare a riposare. I bambini ti stanno davvero tenendo sempre sveglia… sei un po’ tesa, stressata. >
Cercai di concentrarmi sul tono rassicurante. Volevo evitare di scoppiare a piangere davanti ad Edward, Jake ed Alec.
Mi alzai sistemandomi un po’ il pigiama con sguardo fisso al pavimento. Cercavo di sviare gli occhi rossi che mi squadravano.
Annuii ad Edward e cominciai ad allontanarmi.

Poi tutto accade nel giro di pochi istanti.  < Non andartene >  disse quello che per me era un fratello, nonostante gli inquietanti occhi rossi...

Alec però mi afferrò il gomito per non farmi andare via. Edward ringhiò con forza.
Sentii il suono cupo e profondo nascergli dal petto.
Al che Jake, in una falcata, attraversò la stanza in un secondo e afferrò le spalle di Alec. Gli tremavano le mani.
Liz, terrorizzata, non sapeva cosa fare. Non era abituata a vedere il padre adirato.
Era la prima volta che lo sentiva ringhiare per davvero.
Quello non era un gioco.
Edward non stava facendo il cretino rotolandosi sul tappeto della sala con lei tra le braccia come faceva di solito, quando giocava con lei.
I ringhi a cui era abituata erano scherzosi, dolci.
Questa volta quel ringhio era violento, irato, aggressivo…
Liz rimase come paralizzata per alcuni istanti poi scoppiò a piangere e cercò di allontanarsi da Edward che la teneva stretta al petto, come se tentasse di proteggerla.

La paura le mozzava il respiro e si era fatta rossa in volta.

Carlisle, che discretamente era restato nella stanza attigua a controllarci, lentamente camminò verso di noi. Con tono pacato disse: < Calma… calma. Non è successo niente. >
La stretta di Alec stava cominciando a farmi male dato che era troppo forte sul mio debole braccio umano. Sentivo il sangue che non riusciva a fluire come avrebbe dovuto e le dita della mano si stavano intorpidendo.
< Alec, lascia andare Bella… Jake, non infastidire Alec… e tu Edward, credo che Liz voglia scendere. >
Edward parve rinsavire. Abbassò lo sguardo su nostra figlia che continuava a singhiozzare stretta nella morsa marmorea delle sue braccia.

Vidi il dolore dipingersi sul suo volto perfetto.

Questa era una delle cose che più lo angosciava… che potesse far del male a me o ai nostri figli, far paura ai bambini, perdere la loro fiducia…
La lasciò andare e la bambina scese velocemente dalle sue ginocchia. Rimase immobile un secondo.
Mi osservò. Voleva venire da me ma vide Alec che ancora mi teneva il braccio.
Si ritrasse con un sussulto e poi si voltò, per correre via. La vidi salire le scale e sparire nel corridoio luminoso.
Anche le mie sorde orecchie umane percepirono la porta sbattere dietro di lei. Stava piangendo.
< Alec, lasciala andare. > Ordinò Edward perentorio dopo essersi alzato in piedi.
Alec immediatamente lasciò la presa e fece scivolare la mano lungo il suo fianco. Con un sussulto, mi afferrai il gomito e me lo massaggiai assente. Quasi subito le mani di Edward sostituirono le mie nel massaggiarmi il braccio.
Carlisle sfiorò la spalla di Edward e poi disse: < Edward, Jake… non è il caso che reagiate così. Non è successo niente. >

Jake sbuffò ed Edward digrignò i denti. Alec, sentendosi in minoranza, arretrò di un passo.

Mi sentii in dovere di difendere quello che per me era un amico molto caro: < Alec, sei mio ospite. Non preoccuparti. Loro non capiscono. Soprattutto Jake… Per te non è immediato come per loro stare con me. Ma io ti conosco… so che non volevi farmi niente. >
Gli sorrisi ed Edward borbottò qualcosa che mi suonò come un “non vedi cosa pensa…”
Mi voltai e lo ripresi con lo sguardo.
< Mi dispiace di aver spaventato la tua bambina. È cresciuta molto dall’ultima volta che l’ho vista. Ti assomiglia. È splendida. >
Mi sentii arrossire. < Dai Alec, è troppo giovane per te. > Lo presi in giro.
Mi accorsi di aver detto la cosa sbagliata. Edward non parve gradire la mia battuta.
< Bella, non mettergli strane idee in testa. > mi disse con tono stranamente duro.
Mi voltai verso di lui e lessi anche sul suo volto lo stesso dolore che avevo visto negli occhi di Jake ed Alec pochi minuti prima.
Stavo facendo soffrire anche lui.
Gli accarezzai la guancia. < Stavo scherzando. >

Mi afferrò il polso impedendomi di muovermi e, lasciandomi letteralmente paralizzata, si chinò sul mio viso. Le sue labbra assalirono le mie con impeto stranamente
violento. Erano decise, possessive.
Con un gesto repentino mi ritrassi e provai l’impulso di schiaffeggiarlo.
< Edward. Piantala. Non hai  bisogno di ribadire ancora una volta che sono tua moglie! penso che ormai l’abbiano capito! > gli urlai buttandogli addosso tutti i miei pensieri di prima.
Sentii Emmett ridacchiare nella camera affianco. Irata, me ne andai dalla stanza, lasciando i due vampiri e il licantropo a guardarsi in cagnesco.

In sala, Alice stava seduta nella poltrona. Sfogliava svogliata una rivista di moda con sguardo distratto. Un sorrisetto stampato sulle sue labbra sottili.

< siete meglio di una soap opera. E oltretutto, visto che c’è anche Jacob nel cast, niente spoiler. Per la prima volta non mi rovinerò il finale. >
La fulminai con lo sguardo. < Dai, scherzo. Il finale lo so. Tu ed Edward fra due settimane ricomincerete a mandarci a caccia una notte sì e l’altra pure. Giusto il tempo perché Carlisle ti dica che è tutto a posto. E poi, Edward lo conosci… non ti toccherà finché Carlisle non lo rassicurerà che i punti che ti ha dato siano ormai guariti. >
Le passai vicino e lei alzò lo sguardo. < Dai Bella, non prendertela. Edward è solo pazzamente innamorato. Teme così tanto di perderti… >
< Fobie inutili. > sussurrai a mezza voce. Mi guardai intorno. Sospirai e poi dissi: < Vado da Liz. Non voglio che abbia paura. >
Alice, con fare piuttosto naturale, abbassò la rivista e mi informò: < Si riprenderà presto. Anche se questa notte temo che Edward dovrà dormire sul divano. Vuole stare con te nel lettone. >
< Grazie Alice > bisbigliai salendo le scale. Bussai ma Liz non mi rispose. Abbassai la maniglia e, lentamente, entrai. Liz era sdraiata a pancia in giù sul lettino. La testa nascosta sotto il cuscino.

Mi inginocchiai vicino a lei e le carezzai gentilmente la schiena. Le presi la mano combattendo contro le sue dita contratte e strette sulla federa.  Ne baciai il dorso liscio e pallido prima di chinarmi e sussurrarle: < Liz, tesoro… non fare così. >
< Papà è arrabbiato con me! > Pianse girandosi e rannicchiandosi tra le mie braccia. Poggiò il capo sul mio seno e si portò le ginocchia al petto. La cullai. < No… Il papà ti vuole bene e non potrebbe mai essere arrabbiato con te. Stava “discutendo” con i miei amici. > Cercai di spiegarle mentre le carezzavo la fronte. Mi ero seduta per terra e le baciavo i capelli.
Quando si fu calmata, le bisbigliali: < Liz, non devi aver paura dei miei amici. >
< Geke... Quello gande non mi fa paura. > mi confessò stringendo le sue manine sottili intorno alle mia dita. Beh, Jake ne sarebbe stato contento…
< Ma quello che sci chiama come Alec… lui ha degli occhi che fanno tanta paura. >
< Non preoccuparti. Lui ci vuole bene. > Mi alzai la manica sinistra e le mostrai le cicatrici. < Ti ricordi quando ti ho spiegato che papà ci sarà sempre per proteggerci? Quando mi sono fatta male e il papà non era potuto venire subito ad aiutarmi e tu eri ancora nella mia pancia? In quel momento mi ha aiutato Alec. È una brava persona… E adesso smetti di piangere, se no poi il papà si sente in triste. >
Le asciugai la faccia e lasciai che mi abbracciasse prima di alzarmi e prenderla per mano.

Quando tornammo dagli altri Liz era tranquilla. Edward ci stava aspettando sorridente seduto al pianoforte.
Suonava dolcemente una melodia che a nostra figlia piaceva molto. Le strinsi la mano prima di lasciarla andare. Lei mi guardò per un attimo prima di correre da Edward che la prese e se la mise sulle ginocchia, suonando con una mano sola.

Jake era intento a parlare con Emmett di macchine sportive sfogliando un catalogo. Alice e Rose stavano decidendo cosa comprare ad Esme e Carlisle per il loro anniversario. Loro due intanto si stavano occupando dei gemelli che non parevano aver voglia di dormire. Non vidi né Alec né Jasper. Un po’ spaesata, mi guardai intorno. Dato che Alice era tranquilla, non poteva esser successo nulla di brutto. < Edward, dove sono Jasper e Alec? > Domandai innocentemente.
Lui si voltò e con un mezzo sorriso mi sussurrò: < Non sei brava a recitare. Comunque, sono in giardino. Stanno discutendo di strategie… pare che sia un argomento che interessa ad entrambi. >
Mentre parlava, Edward continuava a suonare. In quel momento, Esme mi venne vicino con Mel tra le braccia. La piccola era sveglia ma se ne stava silenziosa a fissare la nonna. < Bella, mi daresti una mano in cucina? > Porsi le braccia e presi Mel in braccio. < Certo. Arrivo. > dissi prima di baciare la bambina sulla fronte. La posai nella culla e poi raggiunsi mia suocera.
Era strano cucinare per tre. Anzi, per cinque… Jacob ogni volta che veniva a trovarci mangiava l’equivlente di quanto io mangiassi in tre giorni…
Preparai a Liz una pastina e poi della carne. Per me e Jake, Esme preparò come al solito le sue prelibatezze. Cucinare le piaceva. Aprii il frigo per prendere la bistecchina di pollo e vidi che un intero ripiano, tra la verdura e i formaggi, era occupato da una torta gigante. Esme, senza smettere di triturare il prezzemolo e senza voltare per fissarmi, mi informò: < Alice questa notte si annoiava. >

Alzai gli occhi al cielo ed ebbi la tentazione di assaggiarne un po’ con la punta del dito. Pensai al fatto che avessi ancora addosso i chili della gravidanza e ci ripensai.

In pochi minuti il pranzo di Liz fu pronto ed Edward la portò in cucina. Sul suo seggiolone, dovemmo implorarla per farle mangiare il primo. Il secondo invece lo gradì di più.
Quando appoggiai la forchetta nel piatto lei mi fissò a bocca spalancata. Esme trattenne un risolino mentre andava a prendere alcuni ingredienti nella dispensa.
< Ne vuoi ancora? > chiesi a mia figlia con voce dolce.
Scosse la testa. La guardai confusa e le chiesi: < Vuoi qualcos’altro? >
Annuì. < Senti, se fai così, io me ne vado. Dimmi cosa vuoi… >
Liz chiuse immediatamente la bocca e mi fissò contrariata.
Incrociò le braccia e sussurrò: < Mamma. Io voglio la tota! >
< Edward, vieni qui. Tua figlia fa i capricci. > Dissi alzandomi. Lei mi afferrò la maglietta.
Le carezzai la testa. < Liz, aspetta più tardi. Ti chiamo quando io e Jake avremo finito di mangiare. Ora magari vai a giocare. Perché non fai un bel disegno? >
Edward la prese dal seggiolone e la mise in piedi. < Dai, fai un bel disegno per la mamma e per il papà. > Le disse infilandole in mano un pezzetto di cioccolato. Quando si voltò verso di me, mi trovò con le braccia incrociate e lo sguardo contrariato. Si avvicinò e usando la sua voce seducente mi sussurrò all’orecchio: < Eddai, non fare così. Devo pur viziarla un pochino… è una delle donne più importanti della mia vita. >

Lasciandomi avvolgere dalle sue braccia, gli feci notare che in quel modo mi faceva ingelosire lui mi chiese: < Come ti senti? > Poi corse con le dita dalla mia spalla al mio orecchio. Poi da lì scese di nuovo spingendosi più in basso. Raggiunse le costole e poi il bacino. A quel punto le fece scorrere lungo la mia spina dorsale. Insinuandosi sotto la mia maglietta e facendomi fremere al contatto con la sua pelle gelida, mi baciò con ardore. Sentii una sua mano sostenermi la testa infilando le dita tra i miei capelli. Mi sentivo tutta scombussolata e provai l’istinto di avvicinarmi di più a lui. I nostri corpi erano l’uno appoggiato all’altro.

Le sue labbra abbandonarono le mie per un istante e sentii il suo respiro gelato passare sulla pellle sottile del mio collo. Se te la senti… magari questa notte potremmo… >
La proposta era allettante… il mio corpo si era completamente scollegato dal cervello e non ero più padrona di me stessa. In quel momento però entrò Esme e con voce severa ammonnì Edward. <
Edward, potete evitare di peccare di lussuria sul tavolo della cucina? È un pezzo antico che ho fatto fatica a trovare… non vorrei che vi faceste prendere da troppa passione. E poi, è una puerpera. Lasciale il tempo per riprendersi. Stai diventando come Emmett. >

Arrossii immediatamente. Possibile che Edward non l’avesse sentita arrivare? Insomma, non era una posizione molto casta…
E ancora con questa storia della puerpera… stava cominciando a darmi sui nervi l’idea che i miei suoceri fossero così attenti alla mia salute. Controvoglia mi allontanai da Edward.
Lui si chinò e mi sussurrò all’orecchio: < Appena te la senti, fammi sapere. Non importa cosa dicono… devi essere tu ad essere pronta. E poi, non dobbiamo necessariamente… >
E poi mi baciò la scapola. Le sue labbra sfiorarono nuovamente il mio orecchio e disse: < E se loro non ci lasciano la casa libera, ho trovato un posticino che ti piacerebbe molto… un prato molto romantico. >
Appoggiai le mani sul suo petto e, arrossendo, cercai di darmi un contegno.
< Edward, sei una tentazione atroce. Comunque, adesso andiamo di là, altrimenti Emmett non la smetterà mai di prendermi in giro… e poi, non voglio che Jake o Alec siano costretti a sentire… certe cose… >
Rise dolcemente abbracciandomi.
Lo sentii borbottare qualcosa riguardo al fatto che non riuscivo a sentire i pensieri degli altri.

In un giorno era già la seconda volta che lo sentivo commentare le mie parole in quel modo…

Arrossii di vergogna al pensiero di cosa Edward vedesse nelle menti dei miei ospiti.
Lo presi per mano e in silenzio lo portai in sala.
Come mi aspettavamo, Emmett sorrideva con l’aria di chi la sapeva lunga.
Rosalie, china sui gemellini, cercava di nascondere un sorrisetto.
Ecco, come pensavo, ci avevano sentito…
Pazienza…

In fondo, mi incuriosiva parecchio il prato di cui mi aveva parlato Edward.

  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: CassandraLeben