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Autore: Temperina    02/09/2015    2 recensioni
Esiste il contrario di déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse
persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima.
Tutti sono sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Avete mai desiderato rivivere un giorno dall’inizio alla fine?
Se dovessi sceglierne uno, sarebbe quello in cui ho ricevuto la lettera di ammissione al
Massachusetts Institute of Technology.
Ho subito telefonato a mia madre e abbiamo iniziato prima a urlare, poi a ridere e,
infine, a piangere. Quella sera siamo andate a festeggiare da Marcello, il mio ristorante italiano preferito, insieme ai miei migliori amici, Paige e Peter.
Mamma ha ordinato il loro miglior vino e abbiamo brindato al nostro brillante futuro, a
una vita piena di promesse.
Non sono mai stata così felice.
Se potessi rivivere quel giorno, non cambierei una virgola.
 
Mi chiamo Riley, ma sono una ragazza. Non so perché i miei genitori abbiano scelto questo nome, ma devo dire che si è rivelato azzeccato. Di solito non sono molto femminile, ma questa sera ho voluto fare un’eccezione.
Non sembro nemmeno io, ma una delle ragazze della mia scuola, quelle che ho sempre
criticato a voce alta e invidiato in silenzio, con i capelli in ordine, un bel vestito fresco
di negozio e i tacchi alti.
Mentre Paige chiude a chiave la porta del bagno, mi siedo sul bordo della vasca e mi
massaggio il piede destro. « È ufficiale. Odio i tacchi! »
Paige mi guarda attraverso lo specchio e alza un sopracciglio: « Hai davvero male ai
piedi o stai solo evitando Alex? »
Ho una cotta per Alex Cole dal primo anno di liceo, quando eravamo compagni di
laboratorio. A quei tempi, portavo l’apparecchio ai denti e mia madre non ne voleva
sapere di farmi mettere le lenti a contatto, così cercavo di mantenere un basso profilo.
Nei tre anni successivi, anche se non ero più la sosia bionda di Ugly Betty, ci siamo a
malapena rivolti la parola. Non riesco a ricordare una sola frase significativa. Eppure,
negli ultimi giorni di scuola, l’ho sorpreso diverse volte mentre mi guardava, in mensa o
nei corridoi della scuola. Anche Paige se n’è accorta.
A settembre andrà a studiare a Princeton. Stasera è la mia occasione per parlare con lui,
dirgli che mi piace.
Lunedì saranno consegnati i diplomi, inizierà la vita adulta e non voglio avere alcun
rimpianto.
Sia io che Paige siamo state accettate al MIT*. Peter, invece, andrà ad Harvard.
Condivideremo un appartamento a Boston e non vediamo l’ora di trasferirci.
Siamo sempre stati inseparabili, noi tre.
Anche se gli altri, spesso, ci prendevano in giro, non ci importava.
Eravamo noi contro il mondo. O, almeno, contro il liceo che, alla nostra età, è più o
meno la stessa cosa.
Di solito non venivamo invitati alle feste, non siamo molto popolari. Abbiamo sempre detto che non ci interessava, che preferivamo concentrarci sullo studio, ma ci rimanevamo un po’ male, tutte le volte. Restavamo a casa a guardare un film dell’orrore, Peter portava da fumare e il film non faceva più tanta paura, tutto diventava improvvisamente divertente.
Non so perché Amber ci abbia invitato, ma sono contenta che l’abbia fatto. Alle medie
era la mia migliore amica, con l’inizio del liceo abbiamo preso strade diverse e ci siamo
perse di vista.
« Cos’è stato? » un rumore improvviso mi riporta alla realtà.
« Sembrava… Oddio, sembrano degli spari! »
Sentiamo delle urla, gente che corre lungo il corridoio.
Poi di nuovo uno sparo.
E un altro.
Guardo la porta del bagno: è chiusa a chiave.
Siamo al sicuro, almeno per ora.
La maniglia si abbassa.
Io e Paige tratteniamo il respiro e ci prendiamo per mano.
Poi di nuovo dei colpi.
Qualcuno sta cercando di sfondare la porta a calci.
Entro nella vasca da bagno, invitando silenziosamente la mia amica a fare lo stesso.
Tiriamo la tenda, mentre sentiamo la porta che si apre.
Un passo. Poi un altro.
Qualcuno si ferma davanti alla vasca.
Appoggio la testa alle ginocchia, non posso guardare.
La tenda si apre.
Lentamente.
Un urlo mi sveglia di soprassalto. Mi accorgo di essere stata io a urlare.
Ho la gola secca, scendo al piano di sotto per bere un bicchiere d’acqua.
« Riley, tutto bene? » mia madre mi raggiunge in cucina. « Come mai sei sveglia a
quest’ora? »
« Ho avuto un incubo» spiego sorseggiando l’acqua. « È stato… orribile. »
« Tutta colpa dei film che guardi con i tuoi amici! »
Indossa ancora il camice. È un medico e spesso resta tutta la notte in ospedale.
 
Mio padre se n’è andato di casa quando avevo otto anni, abita a tre isolati da noi, ma
non ci parliamo più da tempo. Non sono nemmeno sicura che sappia del mio diploma.
Non gliene importerebbe più di tanto.
« C’era una sparatoria… alla festa di Amber » racconto. « Sembrava tutto così reale... »
« Tesoro, sei solo nervosa perché la tua vita sta per cambiare. »
« E… se fosse stato… un sogno premonitore? Tu credi sia possibile? Forse... Forse non
dovrei andare alla festa. »
Dallo sguardo di mia mamma capisco che no, non ci crede.
Probabilmente ha ragione, sono nervosa perché la serata è carica di aspettative e temo
che saranno puntualmente disattese.
E poi avverto di nuovo una morsa allo stomaco, l’improvvisa e terrificante
consapevolezza che stasera morirò.
   
 
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