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Autore: MimaCH    03/09/2015    1 recensioni
"Mima, invece, rimaneva immobile; le sue mani stavano gelando, come il caffè che aveva ordinato."
Un viaggio nella Solitudine.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mima sedeva, ormai da ore, con lo sguardo perso in chissà quale universo remoto, al tavolino del bar, con la testa appoggiata alla mano,I capelli corvini che ricadevano su d'un occhio, un piccolo sorriso storto  disegnato sulle labbra e le guance leggermente arrossate dal freddo.
Era una gelida serata d'inverno e lei era l'unica cliente seduta ai tavolini esterni, in una piazza ormai deserta, mentre le altre persone cercavano un po' di calore all'interno del locale riscaldato.
Il grande orologio che sovrastava la piazza suonò sei rintocchi; i lampioni si stavano accendendo uno dopo l'altro e gruppi di persone si dirigevano verso le proprie case, pronte a gustarsi una buona cena e una bevanda calda.
Mima, invece, rimaneva immobile; le sue mani stavano gelando, come il caffè che aveva ordinato.
Nonostante il viso sorridente, i suoi occhi esprimevano la solitudine più eterna, la malinconia più profonda, la tristezza più assoluta; tutti questi sentimenti stonavano col suo viso una volta allegro.
Sembrava quasi, che la sua anima stesse conducendo un'estenuante lotta con se stessa, sembrava quasi che stesse cercando di rimanere immobile per non esplodere in mille fragili frammenti.
Un lieve venticello si alzò, scompigliandole i capelli, tenuti fermi solo dal piccolo basco azzurro che indossava sempre, l'unico ricordo felice che possedeva ancora, l'unico appiglio alla sua vita passata di cui non riusciva a disfarsi.
Amava quell'aria serale, quelle luci soffuse e calorose che provenivano delle case, così diverse da quelle pallide e anonime del suo appartamento.
Dalle case situate intorno alla piazza, giungevano suoni e rumori, profumi appartenenti ad un mondo così lontano e irraggiungibile per Mima, che in silenzio, ogni sera, cercava di ascoltarlo e assaporarlo il più possibile. 
Amava il suono delle chiavi nella serratura, il saluto caloroso dei figli che correvano verso i genitori,stanchi dal lavoro svolto in mattinata, il profumo che proveniva dalle cucine, il rumore dei piatti e delle posate e le voci gioiose che le accompagnavano.
Ogni giorno, giunta la sera, Mima lasciava il suo piccolo appartamento e usciva a godere, per qualche istante, delle vite altrui.
Amava camminare per le strade quando erano deserte; con un'andatura lenta percorreva ogni viale come se non lo avesse già passato centinaia di volte, come se non sapesse la strada per arrivare al suo solito bar, dove sedeva anche oggi.
Faceva in modo che le sue passeggiate assomigliassero a delle lunghe camminate interiori: ogni vialetto era un'emozione, un sentimento, un ricordo; le percorreva ripensando a ciò che era stata, ciò che era nel momento della passeggiata e ciò che sarebbe stata nella camminata di domani.
Con lo sguardo perso e abbassato, le braccia dietro la schiena che dondolavano leggermente,  camminava nel nostro mondo, nel suo mondo, si inebriava dei rumori della sera, della sua brezza e della sua solitudine, si fondeva con l'oscurità quasi a diventare un fantasma, fino ad arrivare alla sua meta: il bar in piazza.
"Ma chi aspetta ogni giorno?" si chiedevano i proprietari che la vedevano arrivare ogni giorno, sedersi per ore e andarsene tristemente.
Quelle lunghe passeggiate interiori portavano ad un solo luogo, e da quel luogo Mima aspettava con ansia e rassegnazione, ogni giorno, da parecchi anni, che arrivasse una sola persona.
Le mancava da troppo tempo ormai, l'aveva persa e mai più ritrovata.
Mima aspettava una sola persona; quella persona perduta, forse per sempre, era se stessa.
  
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