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Autore: Darktweet    03/09/2015    1 recensioni
Un gruppo di ragazzi ottiene poteri da un magico libro senza sapere il perché: ma giorno dopo giorno, i poteri li metteranno sempre più in pericolo.
Solo quando vengono convocati nel regno celeste comprendono ciò che devono fare: ritrovare il major flux (l'ordine superiore).
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10: In extremis



Se il buongiorno si vede dal mattino, quel giorno sarebbe stato nero.
“Guarda che tempaccio.” Mormorò Trisha, mentre chiuse la finestra, visto che stava entrando tanta acqua dentro.
Prese una pezza e iniziò ad asciugare il davanzale bagnato.
“Chiamiamo Randall, ci pensa lui a procurare un po’ di sole” fece Adam, seduto al tavolo, sbadigliando.
“Mmh. Caffè?” fece Trisha, conoscendo il ragazzo. Nemmeno il tempo di annuire, e Adam poggiò la testa sul tavolo.
Trisha sorrise. Eppure erano le dieci, ma la ragazza aveva sentito il ragazzo giocare alla playstation almeno fino alle cinque del mattino.
Preparò il caffè e prese qualche  biscotto al cocco che aveva fatto il giorno prima (eh si, le piaceva moltissimo cucinare.).
Sorseggiò il suo caffè. Gli punzecchiò le guancie, ma lui non fece altro che russare ancor di più.
La ragazza sorrise, accarezzandogli i capelli. Quella mattina era stranamente irrequieta. Sesto senso femminile?
Verso mezzogiorno, bussarono alla porta.
 “Arrivo!” esclamò Trisha. Erano Sabrina, Eric e Randall.
“Hey!” esclamò Eric.
“Hai fatto il ragù, vero?” fece Sabrina, curiosa.
“Ma avete una casa vostra?” mormorò Adam, infastidito da quel risveglio.
“Entrate dai!” esclamò Trisha. “E si, ovviamente, tutto per te.”
Sabrina batté le mani, e si sedette sul divano, accanto ad Adam.
“Mia madre ha fatto una deliziosa torta al cioccolato.” Fece Randall, poggiando un pacchetto sul tavolo.
“Sei il benvenuto, allora.” Disse Adam, ghignando.
Poco dopo , bussarono alla porta. Trisha aprì: si trovò un ragazzo sulla ventina, dai capelli mori lunghi fino alle spalle.
“Salve, mi chiamo James, ho appena traslocato con mia sorella e, beh siamo vicini di casa!” fece.
“Sono Trisha, piacere di conoscerti” Trisha sorrise. “Se non avessi avuto da fare, sarei passata subito io!”
“Tranquilla, volevo chiedere… hai un po’ di sale? Non so dove sia il supermercato. Una volta era sulla destra della piazza grande, ma ora  c’è un cinema lì.” Disse il ragazzo. Sabrina lo fissò, conosceva già quel ragazzo.
“Oh certo” Trisha corse subito alla dispensa per dargli un pacco intero di sale grosso da cucina. “E’ facile, ora è sulla via alle spalle dell’ospedale. Quindi prima vivevi qui”
“Grazie mille. Già, qualche anno fa vivevamo qui, ma dopo un incidente abbiamo preferito andare via… beh ora siamo tornati, almeno io e mia sorella Diana. Beh ora vado, grazie mille.” Il ragazzo si congedò con un occhiolino.
“Sabrina, mi aiuti con il pesce?” chiese Trisha, mentre prese una busta, che emanava l’insolita puzza.
“Ehm, si è spezzata l’unghia!” esclamò la ragazza, per evitare la tortura delle lische. Quel ragazzo, James… era il fratello  di quella Diana. Era ritornata.
Trisha la guardò torvo.
“E va bene…” mormorò Sabrina, alzandosi dal divano, col cuore che batteva forte.
Subito Eric prese posto.
“Amico, io e Randall siamo passati al gamestop. Eccezionale: un mega sconto sui nuovi assassin’s creed!”  esclamò Eric, entusiasta.
“Sono grande quasi dieci anni in più di te, credi possa… interessarmi?” fece Adam, distaccato.
“Ma il nostro… amico è rimasto davanti alla console fino alle cinque del mattino, se non sbaglio.” Fece pungente Trisha, ridacchiando alla faccia imbarazzata del ragazzo.
Improvvisamente, si aprì la finestra. Un vento gelido entrò nel salotto.
“Mmm.. Randall, chiudi!” esclamò Adam, visto che il ragazzo era proprio vicino alla finestra, guardando la televisione, che era nell’angolino.
“Subito” fece Randall, scattando.
Ma improvvisamente, in un fascio di luce, si materializzò una ragazza. Aveva la pelle chiarissima, degli occhi grigi e dei capelli lunghi, argentei. Era dotata di enormi ali viola, dai colori delle ali di farfalla.
I ragazzi scattarono all’in piedi.
“Sono Arney, guardiana degli astri terrestri.” Mormorò la ragazza. “Sono qui per rappresentare la regina di cuori, imperatrice dei regni celesti. Dovreste rendere il libro degli elementi al legittimo proprietario, il posto dove vengono custodite le preziose chiavi elementali, il regno sotterraneo.”
“Voi. Prima ci fate del male, e poi…” scattò Adam, puntandole il dito.
“Sono dispiaciuta per ciò che è accaduto…” mormorò la guardiana, indietreggiando. “Ma il tutto è presto risolto. Quando volete, siete invitati nel castello celeste. Basta utilizzare la giusta chiave.”
Poi, evocò una chiave lucente, fatta d’argento, con in cima una sorta di rubino.
“Prendi.” Fece al ragazzo. Adam la prese, titubante.
“E’ la chiave al regno celeste. Siete convocati lì. A presto.” E in una folata di vento e un battito d’ali, la guardiana sparì nel nulla.
I ragazzi stettero a discuterne per ore.
“Allora?” fece alla fine Eric.
“Allora, noi andremo lì. Risolveremo questa storia.” Disse Adam, sbattendo i pugni sul tavolo.
“Siamo sicuri?” fece Randall, un po’ titubante. Tra la regina di cuori e la regina Vyseres, non ne stava capendo molto.
“Credo sia la soluzione migliore.” Fece Adam.
“E poi mi sembra più ragionevole la proposta della farfalla.” Precisò Eric.
“E che farfalla…” aggiunse poi, ridacchiando.
Sabrina finì di lavare i piatti, mentre Trisha spazzava per terra.
“Bene, allora… direi che sia ora di andare.” Disse Adam, prendendo la chiave argentata.
La chiave si illuminò, i ragazzi decisero di trasformarsi, ma un secondo prima di andare, il telefono squillò per la casa.
“Aspettate” fece Trisha. Improvvisamente il cuore le batté forte. Era tutta la mattinata che era su di giri. E una ragione c’era.
“Pronto?” disse Trisha, rigirandosi le dita sul filo della cornetta.
“E’ Trisha Speelman?” fece un uomo.
“Certo, cosa posso fare?” fece la ragazza.
“Ecco… mi dispiace.” Disse l’uomo, con una voce bassa.
Trisha tremò per un istante, lasciando la cornetta e poggiandosi alla parete.
“Trisha!” esclamò Sabrina, avvicinandosi alla ragazza, che scoppiò in lacrime. “Cosa succede?”
Era strano, davvero molto strano. Una pioggia di petali cadde sulle bianche lastre marmoree che ricoprirono appena le due fosse, dove avrebbero ospitato per sempre le bare funebri di Alicia e Trevor Speelman, morti per un incidente d’auto.
Due giorni dopo quella telefonata, Adam prese la sua mercedes e accompagnò Trisha, vestita di nero, a Victoria, il paesino dove viveva con i genitori.
Lì si erano radunati i conoscenti ed amici della città per salutare ancora una volta i due.
Trisha non ebbe nemmeno la forza di dire una parola sui suoi e non aveva nemmeno la forza di versare altre lacrime. Per tutto il tempo, il ragazzo provò a dirle qualcosa, ad abbracciarla, lo stesso fecero i conoscenti, gli amici che videro crescere la ragazza, ma nulla la scosse. Alle spese funebri ci avrebbe pensato lui, e la ragazza non aveva nemmeno la forza per ringraziarlo. Era completamente sola, e ora definitivamente. Non aveva parenti. Non aveva più i genitori, e l’ultima volta, l’ultima per davvero, che li aveva sentiti, avevano soltanto litigato. Senza poter fare pace, mai più.
Ritornando a casa, fu accolta da alcuni amici dell’università e dai ragazzi, ma abbozzò soltanto un  sorriso.
Solo una volta chiusasi in camera, riversò lacrime infinite.
I ragazzi stettero nel salotto, in silenzio.
Passarono giorni e giorni, e la ragazza non voleva saperne niente. Non era uscita dalla sua stanza. Non mangiava e non riusciva a dormire. Il suo unico pensiero era quel suo desiderio “per me siete morti” e le cose non dette.
I ragazzi furono costantemente preoccupati per la loro amica. Spesso Adam andava a bussarla, non ricevendo una risposta o avendo solo una specie di grugnito.
Ma dopo quasi una settimana la situazione cambiò.
Adam fu svegliato nel bel mezzo della notte da un urlo, proveniente dalla stanza accanto.
“Trisha!” esclamò il ragazzo, scattando giù dal letto.
Bussò contro la porta.
“Trisha, cosa succede?” chiese, tendendo l’orecchio contro la porta. Non sentì nulla.
“Trisha!” esclamò, poi indietreggiò, e con forza, sfondò la porta.
La scena fu agghiacciante.
Il ragazzo trovò Trisha stesa sul pavimento: in una mano aveva delle forbici. Dalle braccia le colava del sangue: si era tagliata le vene con le forbici. L’altra mano era poggiata contro un libro: il libro degli elementi.
 
   
 
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