Serie TV > Da Vinci's Demons
Segui la storia  |       
Autore: _armida    04/09/2015    0 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VIII: Il Libro dell'Ebreo
 
Il giorno seguente...

Elettra fu svegliata da una serie di voci che le sembravano famigliari. C'era Lorenzo, suo zio Gentile, Giuliano, Dragonetti e, ovviamente, Da Vinci. 
Aprì gli occhi di scatto. Era ancora nel letto di Leonardo e al piano di sotto c'erano tutte le persone che certamente non avrebbero dovuto trovarsi lì! 
Aveva supplicato Leonardo di aspettare a chiamarli, almeno finchè non se ne fosse andata. L'artista, invece, aveva fatto di testa sua, come sempre.
Provò ad alzarsi ma dovette presto rinunciare: il corpo le doleva come se uno dei carri del carnevale le fosse passato sopra. Probabilemente era un effetto collaterale dell'esplosione. Fece un secondo tentativo. Riuscì a mettersi seduta. Prese un profondo respiro e sporse i piedi oltre il bordo del letto; dopodichè li mise a terra, riuscendo finalmente a stare in posizione eretta. Fece qualche passa verso lo specchio. La ferita sullo zigomo era molto arrossata e non passava di certo inosservata; per qualche giorno avrebbe dovuto di sicuro coprirla con un po' di polvere di Cipro. Il resto del corpo era messo decisamente peggio: ovunque guardasse vi erano lividi che andavano dal giallo al blu passando per il viola dei polsi, dove vi erano impresse le dita di Riario. Togliendosi la camicia che Leonardo le aveva gentilemente prestato la sera precedente, si accorse che anche il suo petto, era coperto di lividi. 
Si cambiò velocemente, indossando degli abiti che le erano stati messi lì appositamente; dovevano essere di Nico, visto che le calzavano quasi a pennello. 
Cercando di fare meno rumore possibile, scese alcuni gradini, posizionandosi poi sul pianerottolo. Si sedette appiattendosi come meglio poteva alla parete. Il punto in cui si era appostata era molto strategico: poteva osservare cosa accadeva nella bottega di Leonardo senza correre il richio di essere vista.
Becchi si stava facendo dire da Da Vinci come si erano svolti i fatti. Almeno per quello, l'artista era stato di parola, menzionando solo Nico e tralasciando la parte di storia che la riguardava. Gli avrebbe offerto da bere, una di quelle sere, per sdebitarsi di quel grandissimo favore.
Mentì anche sul perchè Riario fosse andato alla sua bottega, dicendo che voleva i progetti delle sue armi.
Lorenzo era nervoso, come poche volte lo era stato. Elettra poteva percepirlo anche da lassù. Buttò a terra alcune boccette di terracotta, urlando. Inutili furono i tentativi di Giuliano di calmarlo. Si prese anche lui una bella sfuriata.
"Voglio che i vostri uomini circondino questo palazzo, nessuno deve entrare o uscire eccetto Da Vinci e il ragazzo", disse rivolto al Capitano Dragonetti.
Merda! E lei come avrebbe fatto ad uscire di lì?
Dopo ulteriori minacce a Leonardo, per intimarlo a finire in tempo le sue spingarde, il piccolo gruppo si apprestò a lasciare la bottega.
Elettra si sporse un po', per assicurarsi che se ne stessero andando veramente. Non aveva pensato che così si sarebbe resa visibile.
Giuliano lasciò uscire tutti gli altri, prima di farlo anche lui. Ormai era sullo stipite della porta quando si girò, voleva dire ancora due parole a quell'artista ma esse gli si bloccarono in gola. A qualche metro da lui, sui gradini di una scala che portava al piano di sopra, seminascosta, se ne stava Elettra. 
I loro occhi si incrociarono e gli bastò quello sguardo veloce, per comprendere l'accaduto. Si sorrisero velocemente, prima che Elettra scomparisse nuovamente. 

***

Era riuscita ad andarsene dalla bottega passando per un'uscita secondaria. Probabilmente le guardie della notte non avevano neanche notato che ci fosse una porta, in quel punto.
Era andata a casa, aveva lasciato gli abiti impolverati del giorno prima e si era cambiata. Aveva optato per un paio di stivali beige, dei pantaloni dello stesso colore, una camicia e una giacca blu notte.
Poi si era diretta a palazzo, dove si trovava tutt'ora. Dopo una breve ricognizione nelle camere che avrebbero ospitato la delegazione romana, per controllare che tutto fosse in ordine, si era chiusa nel suo studio.
Inizialmente non sapeva bene cosa fare ma, alla vista di diversi scatoloni impilati in un angolo, contenenti i materiali ordinati il giorno prima, si era messa all'opera.
Aveva sostituito il cartello 'Lavori in corso - Non disturbare' con un 'Sostanze pericolose - Non entrare'. Si era messa in testa che il modellino della biblioteca sarebbe stato fatto in gesso e, la polvere di gesso, se respirata in grandi quantità, era parecchio dannosa per la salute. 
Lo aveva scelto pricipalmente perchè era tenero e quindi facile da lavorare. Già la scultura non era una delle arti in cui eccelleva maggiormente, se poi doveva fare una fatica del diavolo per scolpirlo, non se la sarebbe più cavata.
In poco tempo la stanza fu ricoperta da un sottile strato di polverina bianca. Anche la camicia di Elettra aveva cambiato colore; fortunatamente si era ricordata di riporre la giacca all'interno di uno degli armadi, se no anche quella si sarebbe sporcata. La finestra, nonostante fosse aperta, faceva ben poco. Molto più utile fu invece il fazzoletto bianco che si era messa su bocca e naso, a mo' di mascherina protettiva.
Imprecò, quando la colonnina in stile corinzio che stava scolpendo si ruppe a metà; era la terza consecutiva che faceva quella fine. La buttò a terra sconfortata, ma non ebbe il tempo di ridurla in polvere calpestandola. Qualcuno stava bussando alla porta.
Si sistemò meglio il fazzoletto, in modo da coprirle anche la ferita sullo zigomo, e allungò le maniche della camicia, che aveva precedentemente arrotolato per lavorare meglio.
Aprì la porta giusto il tempo necessario per uscire e poi la richiuse. 
C'era Gentile Becchi, davanti a lei.
"Tutto bene?", le chiese con quel suo solito tono apprensivo. Non la vedeva dalla mattina precedente e, passando, aveva visto quel cartello che non prometteva mai niente di buono. L'ultima volta che era stato esposto, sua nipote aveva quasi fatto saltare in aria l'intera ala del palazzo, per testare delle specie di fuochi d'artificio. La volta precedente, invece, lo studio aveva preso fuoco ed Elettra si era ustionata un braccio. Una parte di lui non voleva sapere, cosa stesse combinando. Il fatto che indossasse quel fazzoletto sulla faccia e che fosse completamente ricoperta da della polvere bianca lo faceva preoccupare, e non poco.
"Gesso", rispose lei, "Lo sto usando per creare il modellino tridimensionale della biblioteca".
'Almeno non sta maneggiando niente di esplosivo', pensò. "Fai attenzione", si limitò a dirle prima di cambiare discorso. "Puntuale stasera, mi raccomando"
"Certamente", gli disse prima di rientrare in quella nuvola bianca. 'Come dimenticarsi che stasera arriva il Conte?', pensò.

Si era rimessa da poco al lavoro, quando bussarono nuovamente. Questa volta era Fabrizio, che si limitò a corrugare la fronte, alla vista delle condizioni in cui riversava, e darle un messaggio.
Tra dieci minuti in Via dei Librai. 
Leonardo
Elettra ebbe giusto il tempo di scostarsi di dosso un po' di polvere e di indossare la giacca; poi cominciò a correre a perdifiato fra i corridoi.
Era sulla grande scalinta che conduceva all'uscita, quando andò a sbattere contro Giuliano che, a differenza di lei, stava salendo. Gli diede un bacio sulla guancia e gli sussurrò all'orecchio "Grazie", prima di riprendere a correre. Quando riuscì a capire quello che era succeso, ormai Elettra era quasi al portone.
 
***

"Sei in ritardo", le disse Leonardo quando la vide.
Elettra avrebbe solo voluto mandarlo al diavolo, ma aveva finito il fiato. Si piegò sulle ginocchia, per prendere aria, mentre Da Vinci si congedava dal vecchio cieco che aveva preso dimora sulle scale di uno degli edifici che si affacciavano sulla via. Aveva un sorriso raggiante che la fece irritare ancora di più.
"Immagino che tu non mi abbia chiamata qui per aiutarti con le spingarde", gli disse sarcastica.
"L'Ebreo..."
"Ancora con questo ebreo? Leonardo, verrai impiccato tra tre giorni se non ti sbrighi a far funzionare quelle spingarde... E tu pensi ai Figli di Mitra?!"
"...aveva due oggetti da proteggere: uno dei due abbastanza piccolo da essere ingerito, la chiave, e l'altro più grande, invece. Il che l'ha spinto a cercare un posto in cui nasconderlo.", non aveva neanche udito le parole di Elettra.
"Con pagine svolazzanti... Era un libro!", ora ci si metteva pure Nico, a dare corda alle folli idee di Da Vinci.
Non le restava altra scelta che seguirlo nella libreria dove l'ipotetico furto era avvenuto. 
Mentre Zoroastro distraeva il proprietario, Elettra, Leonardo e Nico si misero alla ricerca del libro misterioso.
"L'unghia era un indizio per la posizone del secondo oggeto. Dieci scaffali, dieci dita", disse DaVinci. Facendo un breve conto, ottennero la fila numero cinque. In corrispondenza di essa vi erano alcune goccie di sangue ormai rappresso. Leonardo aveva avuto ragione, a dire che l'ebreo si era strappato l'unghia da solo.
 C'era uno spesso strato di polvere, che ricopriva ogni cosa. Erano anni che nessuno spostava quei manoscritti. Ma, il libro appoggiato precariamente sull'ultima mensola, non ne aveva.
Da Vinci lo prese in mano e lo fogliò: era scritto in ebraico. "Credo di aver trovato l'oggetto numero due", disse vittorioso chiudendolo.

Camminavano tranquillamente per le vie di Firenze. Mentre Nico e Leonardo ridevano di gusto alle battute di Zoroastro, Elettra se ne stava con il naso immerso nel libro dell'Ebreo. 
Leonardo non conosceva bene l'ebraico e così, una volta usciti dalla libreria, lo aveva passato a lei che si era messa subito a leggerlo. Non aveva ancora staccato lo sguardo da quelle pagine polverose.
Non sentì il repentino cambio di voce di Leonardo, nè notò che si era arrestato di colpo. Si accorse di tutto quanto solo nel momento in cui finì a sbattere contro il suo braccio teso di lato, apposta per fermarla. Il libro le cadde di mano, finendo a terra. Le sue sottili pagine si misero a svolazzare.
"Ma che...", Elettra non riuscì a finire la frase. Davanti a lei vi erano una decina di guardie svizzere. Raccolse in fretta il libro, tenendoselo stretto al petto.
"Artista, voi verrete con noi. Se vi rifiutate potete chiedere al vostro piccolo amico quale sia l'ospitalità di Riario.", disse il loro capo.
"Non ne avete prese già abbastanza ieri?", si intromise con quel suo solito tono impertinente, la ragazza.
"Sfortunatamente dobbiamo declinare l'invito del Conte", aggiunse Leonardo, spostando indietro Elettra. Tirò poi fuori dalla tasca la sua tabacchiera; la stava maneggiando come se fosse una granata.
"Cos'è quello?", chiese Grunwald scettico.
"Credo che abbiate avuto modo di conoscere i miei congegni infernali, giusto? Come lo scrigno esplosivo della mia bottega. Ebbene, questa funziona più o meno con lo stesso principio, è una bomba riempita di polvere da sparo. E' attivabile con un pulsante alla base. Se dovessi togliere il pollice, il congegno esploderebbe", disse cercando di rimanere il più possibile serio.
Zoroastro si lasciò quasi sfuggire una risatina. 
"Sta mentendo, è solo una tabacchiera", si intromise uno dei soldati.
"Non mettete alla prova le mie intenzioni, non mi interessa che voi moriate oggi o un altro giorno"
"Pensate che la più grande mente di tutta l'Europa potrebbe fingere? Metteteci alla prova", Zoroastro stava reggendo il gioco di Leonardo.
"C'è un banco al mercato dove si vendono tante di quelle", ribattè la guardia.
"E' Da Vinci che state fissando, quella è una bomba!", gli urlò Zo.
"E' una tabacchiera", ripetè l'altro.
"Vi assicuro che è una bomba", rispose di nuovo il moro alzando un braccio. Sfortunatamente urtò la spalla di Leonardo, facendo finire a terra la finta bomba che si aprì rivelando al suo interno del normalissimo tabacco. "Che idota che sono", si scusò Zoroastro. Ormai non avevano più carte da giocare.
"Separiamoci è me che vogliono", urlò Leonardo al gruppo. Con un gesto fulmineo prese il libro dalle mani di Elettra e lo lanciò a Zo.
La ragazza si mise a correre, seguendo Leonardo. Le guardie svizzire erano tutte dietro di loro. 
Per un po' riuscì a reggere il passo dell'amico, poi però cominciò a perdere terreno. Mentre Da Vinci tirò dritto, in direzione del Duomo, lei fece una brusca svolta a sinistra, verso il corso dell'Arno. Un piccolo gruppo di guardie la seguì.
Continuò a correre, cambiando di volta in volta strada nel tentativo di seminarli ma, al contrario di quanto si aspettasse, essi le erano sempre più alle calcagna. Stava quasi per cedere. Poi finalmente vide la sua meta. Una piccola porta in legno. Entrò, chiudendosela in fretta alle spalle.
 
***

I due cuochi del Can che Abbaia la guardaro stupiti, mentre lei cercava qualcosa per bloccare la porta. 
"Elettra, che ci fai qui?", le chiese Vanessa entrando con un vassoio pieno di bicchieri vuoti. Lavorava lì da cameriera, da qualche giorno.
"Dei tizi mi stavano inseguendo e non sapevo dove altro andare", le rispose riprendendo fiato.
"Devono solo provare ad entrare...", le disse uno dei due cuochi agitando in aria la mannaia in un gesto più che eloquente. La fecero sedere e Vanessa le portò un bicchiere d'acqua. 
Poi sentirono delle voci. "Clienti", disse Vanessa uscendo per andare a prendere le ordinazioni.
Quando ritornò in cucina aveva il viso scuro e sembrava parecchio preoccupata. "Dieci guardie svizzere, hanno ordinato da bere", proferì. Era ovvio che non erano lì per una tranquilla bevuta tra amici.
"Gliele porto io, le birre", sorrise Elettra prendendo il vassoio pieno dalle mani di Vanessa.
"Ma sei impazzita del tutto?", le fece l'amica.
"Bertino e altre guardie della notte sono sedute al tavolo a fianco, non mi succederà niente. E poi devo solo mettere in chiaro alcune cose.", le disse tranquilla mentre usciva.

Si avvicinò al loro tavolo cercando di essere il più disinvolta possibile. Posò il vassoio pieno di birre sul tavolo. Le guardie svizzere si scambiarono tra di loro qualche veloce occhiata al metà tra il confuso e lo stupito.
"E' uno scherzo, vero?", disse il loro capo.
"Capitano Grunwald, giusto?", chiese mentra gli porgeva il boccale.
L'altro annuì. Non riusciva ancora a capire dove volesse arrivare quella ragazza. "Oltre ad essere una sgualdrina, fate la cameriera in una bettola?", ironizzò.
Elettra dovette contenersi, all'impulso di rovesciarli addosso tutta quella birra. Sorrise e continuò a servirli, come se niente fosse.
"Vorrei mettere in chiaro alcune cose", disse quando ebbe passato bicchieri a tutti. Nel vassoio rimaneva solo un calice, contente del vino bianco. "Gradirei che lasciaste i miei amici in pace. Da Vinci in primis."
Le guardie svizzere si misero a riderle in faccia.
"E mi farebbe piacere che porgeste i miei auguri di pronta guarigione al Conte, per quella brutta ferita sul collo", aggiunse sorridendo. Prese il calice e, prima di avvicinarlo alle labbra, fece un breve brindisi. "Alla salute", disse sorridendo.

Bertino andava raramente nelle osterie. E quella era una di queste. I suoi compagni lo avevano praticamente obbligato, a seguirli. "Un'ultima bevuta per ricordare i bei tempi dove la pace e la tranquillità regnavano a Firenze" gli avevano detto. Li aspettavano diverse settimane di fuoco.
Da un posto come quello poteva aspettarsi di tutto, persino un gruppo di guardie svizzere sedute nel tavolo affianco. Ma non poteva di certo aspettarsi di vedere Elettra Becchi uscire dalle cucine con su un grembiule da cameriera e un vassoio in mano. Oppure di vederla servire birra alla guarnigione romana. O ancora vederla brindare alla loro salute. No. Quello proprio non se l'aspettava.
Aveva però notato che qualcosa non andava. Mentre Elettra ostentava una calma e una tranquillità invidiabile, le guardie svizzere sembravano parecchio nervose. Alcuni di loro continuavano a togliere e mettere la mano sull'elsa della spada. C'era di sicuro qualcosa che non andava. Non voleva sapere di cosa si trattasse, in fondo, quando si parlava di quella ragazza, era cosa saggia non fare domande, ma sapeva che doveva comunque intervenire. Lo diceva il suo istinto. 
Si alzò, imitato da altri dei suoi, e si diresse al tavolo di fianco.
"Tutto bene, signori?", chiese cercando di restare calmo.
"Stavamo solo chiaccherando del più e del meno", gli sorrise Elettra.
"A quest'ora non dovreste trovarvi già a palazzo, Madonna?", le disse.
Grunwald inarcò un sopracciglio, perplesso.Cosa ci andava a fare, una così, alla corte dei Medici?
La ragazza si limitò a sorridere a Bertino con un espressione in volto che voleva dire 'Cazzo! Me ne sono completamente dimenticata e ora mi ritrovo a nuotare nel letame!'.
"Bertino, vi andrebbe di accompagnarmi a casa?", gli chiese in tono gentile porgendogli un braccio. Sapeva, che se avesse anche solo tentato di tornarsene a casa da sola, le guardie svizzere l'avrebbero catturata. Così, invece, sarebbe stata al sicuro. L'altro accettò di buon grado il braccio offerto, ed uscirono a braccetto dall'osteria.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Da Vinci's Demons / Vai alla pagina dell'autore: _armida