Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Fubuki    04/09/2015    4 recensioni
"Ho capito che il nostro incontro è stato tutto ciò per cui finora sono vissuto, e voi siete tutto ciò per cui avrei dovuto vivere, e la certezza della vostra felicità è quello che serve per rendermi felice di morire.
Mia adorata, mio piccolo fiore..."

Il romanzo inedito di Thomas Wallis.
Tratto dall'OVA "Will lo Shinigami".
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grell Sutcliff, Sorpresa, William T. Spears
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve!
Mi sono presa la libertà di scrivere una One Shot che, spero, non vada contro il regolamento. Spero che tutti voi abbiate visto l'OVA della seconda stagione di Kuroshitsuji intitolata appunto "La storia di Will lo Shinigami". Ebbene, spero anche che abbiate presente Thomas Wallis, il giovane scrittore che William e Grell devono "analizzare": ricordate il romanzo che scrisse prima di morire?
Quando ho visto questo episodio, mi sono innamorata della trama del suo romanzo. È per questo motivo che, sebbene sia un po' ambizioso da parte mia, ho voluto provare a scrivere quella storia seguendo quella trama.
Vi prego di essere clementi.
Buona lettura!

 


~The Story of Will the Reaper

Il freddo sferzante del vento era accompagnato solo da quel silenzio quasi irreale che accompagnava a gennaio le notturne strade di Londra. L'oscurità divorava ogni centimetro di quella gelida aria invernale, si insinuava nelle vie e dipingeva i muri delle case, spezzata soltanto dal tenue bagliore dei pochi lampioni. Qualche volta si udiva uno scalpiccio di zoccoli, poi il rumore delle ruote di una carrozza, che in fretta si allontanava e si perdeva nel buio della notte. Nient'altro.
Un uomo, non troppo alto e vagamente ubriaco, si trascinava nella neve con passi pesanti e strascicati. Di tanto in tanto lo si poteva sentire mentre borbottava qualche parola senza senso, oppure lo si poteva vedere mentre si portava alle labbra la bottiglia ormai vuota che teneva in mano. A un tratto inciampò e cadde, ma quasi non se ne accorse: la neve era morbida, e il freddo non lo sentiva quasi più. Una carrozza passò proprio in quel momento.
Per le strade deserte e innevate di Londra echeggiò un grido roco, gutturale, che non durò più di un attimo; poi tutto tornò come pochi istanti prima.
Be', quasi tutto. Per un breve tratto, la neve che ricopriva Albemarle Street era tinta di rosso, un rosso cupo che pareva confondersi con l'oscurità tutt'intorno, così in contrasto con il bianco brillante della neve.
«Dannazione», sussurrò William, fermandosi accanto al cadavere. Non perse tempo, non guardò neanche in faccia l'uomo disteso ai suoi piedi, si limitò solo a fare il suo lavoro. Afferrò la falce che portava legata alla cintura e la conficcò nel petto dell'uomo, osservando con gelido distacco la pellicola che si srotolava davanti ai suoi occhi.
Dopo alcuni istanti, William distolse lo sguardo e ripulì la falce. Poi, con movimenti calcolati e rigidi, estrasse un dossier e lo timbrò come 'completed'.
Quando William sparì nell'ombra, il silenzio quasi irreale che dilagava per le strade di Londra era accompagnato solo dal freddo sferzante del vento.

«Wiiill!», chiamò una voce, «Wiii-iiill».
William si guardò un'ultima volta allo specchio, aggiustandosi il completo nero e sistemandosi la cravatta. Sospirò impercettibilmente.
La porta si spalancò e una figura rossa scarlatta fece la sua entrata, accompagnata da gridolini che William giudicò a dir poco irritanti.
«Grell Sutcliff», lo salutò. Dovette scansarsi per evitare l'impetuoso abbraccio dell'altro, che cadde inevitabilmente a terra.
«Gli Shinigami non hanno tempo per essere idioti», lo redarguì sorpassandolo. «Oggi c'è molto lavoro. Dovresti già essere fuori, o sbaglio?».
Grell si rialzò e si sistemò il cappotto rosso, con un'espressione contrariata dipinta sul volto. William aveva già lasciato la stanza, quindi si limitò a seguirlo senza rispondere.

«Meraviglioso!», gridò Grell, gli occhi accesi dall'entusiasmo. William lo guardò mentre brandiva la propria falce, trafiggendo con soddisfazione più corpi che poteva. Il sangue sgorgava copioso in tutte le direzioni, tingendo di rosso le pietre grigiastre della via.
William si aggiustò gli occhiali, sospirò e ricordò per l'ennesima volta al collega che non si trattava di un gioco, senza però venir degnato d'un minimo d'attenzione.
«Rosso, bellissimo e ineguagliabile rosso! Voglio tutto dipinto d'uno stupendo rosso!», esultava Grell in continuazione. La sua falce pareva vivere di vita propria mentre si volgeva febbrilmente a destra e a sinistra. Folle, assassina, incontrollabile; anche Grell lo era.
«Qui abbiamo finito», lo informò William una volta mietuta anche l'ultima anima.
Senza aspettare che dicesse altro, Grell si allontanò per i tetti, lasciandolo solo in quel vicolo immerso nella penombra. William si sentì improvvisamente più leggero.
In attesa della prossima mietitura decise di passeggiare per le assolate strade di Londra, sperando di non imbattersi in qualche disgustoso demone; ultimamente, per i suoi gusti, ne aveva incontrati fin troppi.
Constatò con piacere che quelle vie erano popolate solo da banalissimi umani. L'estate aveva portato con sé la gioia e il divertimento dei bambini che, alla luce del caldo sole pomeridiano, tornavano finalmente a giocare per le strade polverose, e riempivano l'aria di risa e schiamazzi. Altri suoni, più o meno forti, accompagnavano questi ultimi: le grida del commerciante, le chiacchiere delle donne, il rumore di zoccoli e ruote sul terreno. Troppo chiasso, pensò William. Non gli piaceva il mondo degli umani, non gli era mai piaciuto.
Qualcosa lo urtò. 
William si voltò, sorpreso, e vide dietro di lui una ragazza che trasportava dei pacchi troppo grandi e apparentemente troppo pesanti. La ragazza gli era andata addosso; i pacchi stavano cadendo.
William, istintivamente, con la sua velocità e abilità da Shinigami riuscì ad afferrare tutti i pacchi prima che toccassero terra.
Alzò lo sguardo verso la ragazza, e parve analizzarla freddamente come suo solito. Aveva la pelle chiara, i capelli biondo cenere raccolti graziosamente e gli occhi, grandi e profondi, del colore del cielo notturno. La sua figura, così apparentemente fragile, era fasciata da un vestito azzurro dalla stoffa delicata ma non molto pregiata; infine, William vide il suo sguardo, che ostentava forza e determinazione, ma celava una più profonda tristezza.
La giovane non era particolarmente bella, ma fu quella pura, fragile dolcezza, quell'innocenza quasi infantile dei suoi occhi che lo colpì.
William esitò, poi le porse i pacchi, dicendo, con quel suo tono distaccato, un freddo «Prego».
La ragazza, dapprima sorpresa e colma d'ammirazione per quell'uomo dai riflessi così pronti, sorrise e arrossì. «Vi ringrazio infinitamente, signore», mormorò con voce flebile. Un leggero sorriso comparve sulle sue labbra.
È la prima volta che parlo con uno di loro, pensò William, osservandola mentre si allontanava.
Dannazione.

Nancy Rosenberg, lesse. Ventenne, di modesta famiglia. Pittrice.
William si aggiustò gli occhiali, poi ripose il dossier. Dal tetto su cui si trovava, riusciva a vedere attraverso la finestra della casa, dove la giovane ragazza che aveva incontrato e seguito quel pomeriggio era intenta nelle faccende domestiche.
La osservò in tutti i suoi movimenti, senza riuscire a distogliere lo sguardo neanche un momento.
La mietitura, il lavoro, gli orari, le regole: tutto sembrava aver abbandonato la sua mente. Rimase su quel tetto per chissà quanto tempo; troppo, probabilmente.
La sera scese velocemente, e la giovane andò a dormire.
William si avvicinò alla finestra buia e, con i suoi occhi verdi da Shinigami, vagliò l'interno della stanza. Lei era su un letto, avvolta in un lenzuolo, e dormiva. Il suo viso emanava una dolcezza e un'innocenza meravigliosa. Era forse più bella, al chiaro di luna?
William entrò nella stanza, si avvicinò al corpo immobile e si chinò a osservarla: sì, era senz'altro molto bella, ma non era una di quelle banali bellezze che tutti conoscono e venerano, come può esserlo una rosa, né una bellezza rara e preziosa come un fiore esotico sconosciuto dai brillanti colori. No, Nancy Rosenberg era forse paragonabile a un fragile, odoroso e delicato fiore di ciliegio, la cui bellezza è tanto comune quanto sublime, e mai abbastanza ammirata.
William non resistette all'impulso e tese la mano per sfiorare lo zigomo di lei, cercando di essere più leggero possibile.
La ragazza aprì gli occhi di scatto.
Non vide nessuno.

«Will, che ne è della tua gelida professionalità?», protestò Grell con un'espressione delusa.
Si trovavano all'angolo di una strada stretta, non molto affollata, e William stava scrutando l'altro lato della piazza. «Mi chiedo perché tu decida sempre di starmi tra i piedi, piuttosto che aiutare quello sfaticato di Ronald con il lavoro», borbottò in tutta risposta.
«Tu sei decisamente più affascinante di Ronald», sospirò Grell, con quella teatralità che gli era solita. «Non potrei mai collaborare con lui, quando ho l'occasione di farlo con te».
William fece una smorfia di disappunto, ma non rispose. Si sporse un'altra volta oltre il muro, ed eccola: Nancy Rosenberg stava passando proprio in quel momento.
Come fare per sbarazzarsi di Grell?
«Grell Sutcliff», esordì, «dico davvero. Ronald ha chiesto immediato aiuto in Leicester Square. Ti prego di essere più professionale, e di andare».
Grell sbuffò, ma non volle replicare. Disse qualcosa a proposito della sua "freddezza decisamente sexy" e scomparve dall'altro lato della strada, agitando la falce come un forsennato.
William sospirò, poi cominciò a camminare in direzione della ragazza.
In realtà, non sapeva cosa avrebbe fatto. Aveva forse intenzione di fermarla, ma non aveva idea di cosa le avrebbe detto.
Indirizzò un'ultima volta lo sguardo alla stradina che aveva appena lasciato, come per accertarsi che Grell se ne fosse andato davvero.
E poi, ancora una volta, quella voce.
«Oh, il signore gentile di ieri!».
William si voltò, colmo di stupore e di gioia allo stesso tempo: lei era lì, davanti a lui, immobile; e sorrideva debolmente, con gli zigomi imporporati, forse, dal freddo.
Signore gentile, aveva detto; nessuno lo aveva mai chiamato così.
«Buongiorno, signorina», rispose, chinando leggermente il capo in gesto di saluto.
Lei lo ringraziò ancora per la sua gentilezza del giorno precedente, esprimendo la propria ammirazione per la sua prontezza. William non seppe cosa rispondere.
«Come vi chiamate?», gli domandò la ragazza.
Lo Shinigami improvvisò un inchino, aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Il mio nome è William T. Spears», rispose.
«Felice di conoscervi», sorrise la giovane. «Io sono Nancy Rosenberg, figlia del signor Rosenberg; sono sicura che avete già sentito questo nome. Abitate qui? Trovo curioso che non ci siamo mai incontrati prima d'ora: in questo quartiere, tutti mi conoscono da quando sono bambina. Voi siete londinese, non è vero?».
William rispose di no. «Vengo spesso a Londra, però», aggiunse.
«Oh, trovo che sia una bellissima città».
«Lo è».
Poco dopo, i due cominciarono a passeggiare per il viale. La giovane Nancy gli domandò se avrebbe gradito prendere il tè a casa Rosenberg il giorno seguente, e lui rispose di sì.
Non vi era nessuna regola che impedisse un qualsiasi genere di rapporto con gli umani, eppure William sentì che non avrebbe dovuto accettare l'invito. La curiosità, però, vinse la propria subordinazione: egli aveva sempre guardato il mondo degli umani con gli occhi di uno spettatore. Lo Shinigami era solo colui che decideva se salvare o lasciar morire un essere umano che è giunto alla sua ora; per questo motivo, William non aveva mai neppure pensato di conversare con una di queste creature. Ma dal momento in cui Nancy lo aveva urtato facendo cadere i pacchi che stava trasportando, dal momento in cui quella ragazza lo aveva ringraziato quando lui glieli aveva porsi, dal momento in cui lei gli aveva sorriso, da quel momento lui non poteva dire di essere ancora solo uno spettatore. Da quel momento, William T. Spears faceva parte di quel mondo: un mondo che aveva sempre odiato ma in cui, in quel momento, egli aveva visto qualcosa che non è possibile odiare. E fu per questo motivo che, il giorno seguente, lo Shinigami non rispettò gli orari della mietitura e si presentò a casa Rosenberg all'ora prestabilita.

~

Iniziò così una serie di inviti e visite, durante i quali William si assentava dal lavoro fingendo di avere alcune missioni da parte del Consiglio Superiore, oppure compensava il tempo perduto con degli straordinari. Ma anche durante il lavoro, lo Shinigami non faceva che pensare a Nancy e al suo prossimo incontro con lei, oppure a quello appena concluso. Divenne ancora più freddo e distaccato con tutti i suoi colleghi, cominciò a evitare i contatti con gli altri Shinigami all'infuori degli orari lavorativi. Perfino la Biblioteca, da sempre una delle sue mete preferite, ultimamente era da lui trascurata.
Il centro dei suoi pensieri, il fulcro dei suoi giorni era inevitabilmente la giovane Nancy.

~

'Completed'. William ripose il dossier.
Il vicolo in cui si trovava era buio, e quei corpi senza vita che ingombravano la strada apparivano solo come delle informi masse ancora più nere della notte tutt'intorno. Tutto era silenzioso, tutto era morto.
Lo sguardo dello Shinigami si posò sul cadavere più vicino, e dietro a quegli occhi verdi balenò un'idea senza precedenti. Si guardò intorno per assicurarsi di non essere visto, poi, con un movimento fulmineo, si chinò accanto al corpo inerte. Aprì la giacca dell'uomo ed estrasse dalla tasca interna un sacchetto contenente poche ma sonanti monete.
I soldi umani gli erano sempre apparsi così inutili, così illusori, ma in quel momento William capì perché fossero tanto preziosi per quelle creature.
Gli esseri umani sono molto particolari: più oggetti possiedono, più sembrano essere contenti. I soldi sono il mezzo per giungere a quegli oggetti tanto anelati, quindi alla felicità. Questo pensava William, osservando gli occhi vacui dell'uomo ai suoi piedi. Solo, perché gli oggetti sembrano non bastare mai?
Si voltò e si allontanò, correndo per i tetti con la sua velocità sovrannaturale.

Il giorno seguente, William si presentò a casa Rosenberg con un omaggio per la signorina. L'omaggio in questione era un lucente medaglione con uno zaffiro incastonato, acquistato con i soldi sottratti alle vittime delle ultime mietiture.
Nancy, alla vista di un oggetto di tale bellezza, arrossì violentemente. «Dico davvero», disse per l'ennesima volta, «non avreste dovuto. Non riesco ad accettare un regalo simile». Rimase qualche istante in contemplazione della pietra, poi, con espressione estasiata, mormorò: «È immensamente bello».
Le labbra di William si piegarono in un leggero sorriso. «Accettatelo, ve ne prego», disse, con lo sguardo che cercava quello di lei.
La giovane Nancy alzò gli occhi verso di lui e sorrise timidamente. «Non so come ringraziarvi. Siete stato fin troppo cortese». Indossò subito il medaglione, che s'intonava perfettamente con il colore dei suoi occhi.
William non si trattenne molto. Fu estremamente felice nel constatare quanto le avesse fatto piacere il suo regalo, e pensò che, in fin dei conti, derubare quegli uomini dei soldi che non avrebbero più potuto soddisfare i loro bisogni per allietare l'anima di Nancy non era stato un gesto così deplorevole.
Con questo pensiero a rallegrargli l'animo, William si allontanò da casa Rosenberg con un inconscio sorriso sulle labbra.

~

Passarono diversi mesi.
William aveva guatato Nancy quasi tutte le sere ed era rimasto a osservarla per molte ore dopo il tramonto, aveva contemplato il suo viso addormentato e posato fiori candidi sul suo guanciale, sempre non visto.
Ormai, egli conosceva ogni particolare della giornata della ragazza. Sapeva con certezza che, dopo aver svolto tutte le faccende di casa, ella si chiudeva in camera e dipingeva finché la luce del giorno glielo consentiva.
Nell'ultimo periodo, Nancy aveva concentrato tutte le sue energie su un quadro in particolare, a cui dedicava moltissimo tempo e moltissimo impegno.
Una sera, quando il sole era ormai tramontato e la famiglia Rosenberg era addormentata, William s'introdusse nella stanza di lei passando dalla finestra aperta. Si fermò a osservare l'ultimo quadro, ancora sul cavalletto, con un'espressione sorpresa e intenerita sul volto: era un ritratto. Sulla tela spiccavano, su un viso dalla pelle molto chiara, due iridi di un verde brillante. L'uomo del ritratto era seduto su una poltrona, e teneva in mano gli occhiali dalla montatura sottile che William conosceva fin troppo bene.
Era perfetto.
Ed era... lui.
William rimase a lungo a contemplare quell'immagine, in estasi, con gli occhi lucidi e il cuore che batteva freneticamente. Qualcosa, dentro di lui, si accese; un fuoco, un calore, un sentimento nuovo, qualcosa che ardeva e pulsava in tutto il suo corpo, qualcosa di sconosciuto eppure incredibilmente bello.
Nancy riposava a pochi metri di distanza. L'espressione angelica e innocente dipinta sul suo viso era illuminata dai raggi della luna che filtravano dalla finestra, al suo collo era ancora appeso il medaglione regalatole da William.
Come può, pensò lui guardandola, aver ritratto me? Perché?
Volse ancora lo sguardo al dipinto.
Lui era... uno Shinigami. Non era come lei, non lo sarebbe mai stato, non doveva esserlo. Eppure, nonostante ogni regola, nonostante ogni diversità, sentiva che stavano diventando sempre più vicini, sempre più simili.
Con quel suo gesto, la ragazza aveva aggiunto ulteriori perplessità nella mente di William e, inevitabilmente, accresciuto l'interesse e l'affetto che egli nutriva per lei.
«Non avreste dovuto, cara Nancy», sussurrò William, chinato sul corpo esile di lei. Le accarezzò il viso, delicatamente, con un'espressione dolce dipinta sul volto.
Lasciò la stanza.

Passeggiavano in un parco, quella sera. Lei indossava un abito semplice, azzurro, lo stesso che portava al loro primo incontro, e sul suo petto spiccava il medaglione che tanto amava.
Camminavano lenti, su una stradina sterrata del parco, e tutto era illuminato solo dagli ultimi, rossastri raggi del sole.
Nancy guardò il cielo. «È bellissimo e spaventoso allo stesso tempo», mormorò, «pensare a quanto è piccolo e impotente un individuo, se messo a confronto con l'universo. Siamo poco più che formiche, non trovate? Così insignificanti, così fragili». Lasciò la frase in sospeso, e guardò William con un sorriso imbarazzato. «Perdonatemi, sono discorsi sconvenienti. Non dovete prendermi sul serio», disse.
«Avete ragione, invece», replicò lui, guardando davanti a sé. «Gli esseri umani sono, come avete detto voi, incredibilmente fragili e impotenti. Sono quasi ridicoli, nel loro tentativo di vivere una vita piacevole, quando il loro concetto di piacere non si spinge più in là dell'aspetto materiale delle cose. Se si considera il singolo, un essere umano risulta addirittura inutile. La vita degli umani è, nella maggior parte dei casi, completamente vuota e priva di significato; almeno il 99,99% degli umani che muoiono ogni giorno non meriterebbero di vivere un solo secondo di più, perché la loro esistenza è da considerarsi del tutto superflua», disse William. Lo disse con disinvoltura, come se stesse parlando di lavoro con un collega.
Nancy lo guardò, piuttosto sorpresa. «Siete così duro. Parlate come se vi riteneste l'unico uomo al mondo degno di vivere», rise. «Non siete forse un po' presuntuoso, a ritenere una cosa simile?».
«Non lo ritengo affatto. Sto parlando in linea generale, ed è possibile che anche io rientri nella categoria di coloro la cui esistenza è totalmente superflua», replicò William, ma non lo pensava davvero.
«E io», mormorò a quel punto Nancy, «secondo voi, la mia esistenza è da considerarsi superflua?».
William si fermò. Intorno a loro, i roseti emanavano un dolce profumo, e non si udiva nessun suono.
Anche la ragazza si fermò, e guardò lo Shinigami con occhi lucenti.
«Voi...», esordì lui, poi esitò. «Non fatemi una domanda simile, ve ne prego. Conoscete perfettamente la risposta».
Nancy sorrise impercettibilmente. «Pretendo troppo, chiedendovi di riaccompagnarmi a casa?», sussurrò senza guardarlo.
Il viaggio di ritorno fu breve.

Quella notte, William si trattenne più a lungo del solito a casa Rosenberg.
Comodamente seduto sulla poltrona accanto alla finestra aperta, più pensieroso del solito, contemplava la giovane Nancy addormentata. Nel buio della notte, sotto la luce della luna, il suo viso pareva ancora più candido e liscio.
La vostra esistenza? Superflua?, si ritrovò a pensare lo Shinigami, ricordando le parole che lei aveva pronunciato quella sera stessa.
Si alzò e mosse qualche passo in direzione della ragazza, e i suoi occhi verdi erano indecifrabili. Una volta raggiunto il suo esile corpo, s'inginocchiò accanto a lei, le accarezzò delicatamente il viso. Sorrise debolmente. «La vostra esistenza è per me indicibilmente importante. Non potrei giudicarla superflua o inutile, ma l'esatto contrario: ha reso viva la mia, e per questo motivo le sono infinitamente grato», mormorò, guardandola teneramente. Si avvicinò ulteriormente, al punto di poter sentire il suo lieve profumo. «Siete l'unica creatura di questo mondo per la quale nutro un sincero interesse, e di cui reputo estremamente piacevole la compagnia. Vi prego, Nancy, permettetemi di amarvi e di ammirarvi come si potrebbe amare e ammirare l'unico fiore meraviglioso e delicato cresciuto in un arido campo bruciato dal sole. Vi accudirò, impedirò alle intemperie di appassire i vostri petali così sottili e morbidi, non lascerò che un altro essere si possa avvicinare a voi, per strapparvi dal vostro desertico suolo e appropriarsi della vostra effimera bellezza. Anche se il sole si facesse più scottante, anche se la terra vi privasse dei suoi liquidi, anche se i parassiti si attaccassero al vostro fragile stelo, io sarei lì a proteggere la vostra bellezza e i vostri vivaci colori. Perché io oso pretendere di amarvi, amarvi al punto di sacrificare la mia stessa esistenza se ciò potesse assicurarvi felicità eterna».
Con queste parole, William guardò le sue palpebre abbassate e strinse le mani di lei nelle proprie. Il suo sguardo, dalle iridi di un verde brillante, era illuminato da un sentimento nuovo e meraviglioso.
La giovane sospirò nel sonno, ma non si destò. William rimase a lungo a fissarla, forse sperando che si svegliasse, o forse, per il bene di entrambi, che non lo facesse.
Dopo molto tempo, non avrebbe saputo dire quanto, le baciò delicatamente la mano e si alzò, per poi lasciare la stanza.

«Oh, Will! È talmente frustrante vederti sempre dietro quella piccola umana», si lamentò Grell una mattina, poco prima che William uscisse. Quest'ultimo s'irrigidì, cercando una scusa qualsiasi, ma il collega anticipò la sua risposta dicendo: «Certo, è comprensibile che tu voglia accertarti della totale inutilità della sua vita prima di porvi fine, ma non ti bastano i Cinematic Records? Comincio a essere geloso», e rise, evidentemente senza credere davvero in ciò che aveva appena detto.
William esitò, non sapendo come comportarsi. Non era certo per il lavoro che aveva dato inizio a quella che osava chiamare amicizia nei confronti di Miss Rosenberg; ma come avrebbe potuto far capire una cosa simile a Grell?
«La sua morte non è prossima, Grell Sutcliff. Non è infatti per questo motivo che io...»
«Non è prossima?», lo interruppe Grell. «Cosa intendi con questo? Non è forse Nancy Rosenberg, di venti anni, destinata a morire il 16 novembre di quest'anno?», continuò, dando un'occhiata alla lista delle vittime.
William impallidì. Un impulso irrefrenabile lo colse, quindi si avventò contro il registro che Grell teneva tra le mani e cercò freneticamente il nome di lei, per poi lasciar cadere a terra l'intero volume.
«Will!», protestò l'altro, «Stai forse cercando di dire che non ne avevi idea? Ah, come sei cambiato; fino a qualche mese fa una cosa simile non sarebbe mai successa!».
William non rispose, forse non sentì neppure ciò che l'amico gli stava dicendo. La sua adorata Nancy stava per perdere la vita, e ciò sarebbe accaduto in meno di una settimana! Come avrebbe potuto la sua intera esistenza, dopo un simile avvenimento, dopo la perdita della sua graziosa "piccola umana", potersi considerare una prospettiva piacevole?
Sarebbe davvero successo? Certo, questo non poteva essere messo in dubbio. Che William ci volesse credere o meno non faceva la minima differenza, perché il registro non aveva mai sbagliato, e certo non avrebbe sbagliato quella volta.
Avrebbe potuto impedirlo?
William rimase immobile, con il fiato sospeso, cercando nella sua mente una risposta a questa domanda. Non avrebbe potuto salvarla semplicemente decidendo che il suo futuro sarebbe stato di una qualche rilevanza per l'intera umanità, poiché sapeva bene che ciò non era vero. In che modo, quindi, avrebbe potuto allungare la sua vita, forse non per sempre, ma almeno per qualche anno ancora? Non era pronto a separarsi da lei, ed era certo che non lo sarebbe stato mai. Eppure, la consapevolezza che lei avesse ancora diversi anni di vita, che avesse la possibilità di condurre un'esistenza migliore di quanto non fosse stata fino a quel momento lo rendeva immensamente felice.
Ma ora, ora che sapeva che la sua vita giungeva al termine, come avrebbe potuto agire?
«Will», esclamò Grell, richiamando la sua attenzione. «Mi stai ascoltando? Will! Sono certo che una ragazzetta di poco conto come lei non potrà avere nessun valore per il mondo, nel futuro come nel presente. Ma certo, questo lo sai bene anche tu. Ultimamente mi sembri così distratto, così poco professionale», e sospirò, «È penoso che sia io a ricordarti i tuoi impegni e le tue responsabilità. Ad ogni modo», aggiunse, stringendosi al suo braccio con affetto, dopo avergli messo in mano il registro delle vittime, «non dimenticare che, dopo aver finito con quella ragazza, dovrai passare a mietere anche alcune anime nei pressi della London Blackfriars. In questi giorni c'è tanto di quel lavoro!»
William, rigido e freddo come una pietra, aveva ormai smesso di ascoltarlo. I suoi pensieri erano inevitabilmente incentrati su Nancy e sulle poche e difficoltose possibilità di salvarla.
Si liberò presto del collega per affrettarsi fuori dall'edificio, per riflettere.
Il suo dovere di Shinigami, le sue responsabilità, i suoi principii, le regole: tutto intorno a lui gridava che avrebbe dovuto lasciar fare al destino, che sarebbe dovuto restare al suo posto. Eppure, una voce ancora più forte, più sonora, più calda e appassionata, dentro di lui faceva echeggiare quel sentimento nuovo, vivo, meraviglioso che lentamente s'accorgeva di provare.
Quale voce avrebbe dovuto ascoltare?
Questa domanda lo ossessionò per ore, mentre percorreva centinaia di chilometri quasi in trance, senza sapere dove i suoi stessi passi lo stessero conducendo. Dopo lungo tempo, le proprie gambe si arrestarono. Alzò gli occhi: casa Rosenberg.
Sul suo viso si dipinse un'espressione di stupore, poi i suoi pensieri furono più chiari.
Corse via.
Il più velocemente possibile raggiunse la Biblioteca degli Shinigami, dove, in una sala non troppo ampia, erano raccolti dei volumi che non avevano nulla a che fare con i Cinematic Records di cui l'edificio era gremito. Qui, oltre che alle numerose liste di norme e leggi che ogni Shinigami era tenuto a rispettare, si trovavano anche alcune informazioni circa i rapporti tra Shinigami e vite umane.
William passò l'intera giornata a leggere, cercando disperatamente, e quando chiuse l'ultimo libro aveva la fronte aggrottata ma una nuova luce negli occhi.

La pioggia cadeva incessante e torrenziale. Per le strade non v'era un'anima, forse solo qualche carrozza sorpresa dal maltempo che, con scalpiccio di zoccoli e animate incitazioni del cocchiere, s'affrettava verso casa.
Sulla sommità di un tetto, incuranti della pioggia battente, due figure si ergevano, immobili, guardando lontano. Una di loro si mosse.
«Qual'è il lavoro?», domandò, osservando lo Shinigami accanto a lui con espressione accigliata. L'altro guardava gravemente verso la casa dall'altra parte della strada, la cui finestra era l'unica fonte di luce e illuminava loro il viso. «Non è un lavoro, Grell», replicò, «solo un favore. Da amico».
L'altro sospirò, ma non rispose.
«In quella casa», continuò William, puntando lo sguardo sulla finestra vicino a loro, «c'è un dipinto. Un ritratto. Domani, a mezzanotte, dev'essere scomparso, portato via e distrutto, magari bruciato, non importa come; non deve più esistere, a qualsiasi costo. Posso fidarmi di te?». Solo in quel momento i suoi occhi verdi incontrarono quelli del collega, e rimasero a lungo su di lui.
«Non riesco a capire tutto questo», rispose Grell, «ma suppongo che non abbia importanza. Considerala come cosa fatta».
William sorrise, gli occhi improvvisamente lucidi. «Sai», mormorò, «se avessi la certezza di poter provare nostalgia in qualunque luogo mi ritroverò, in questo momento ti direi che mi mancherai».
Grell non capì; fu comunque felice per quella che sembrava essere una parola gentile, e il suo viso si illuminò mentre, per l'ennesima volta, tentava di abbracciare il bellissimo e glaciale collega.

Il giorno seguente, non più una goccia fu versata dal grigio cielo londinese. William si recò all'abitazione della ragazza, dove venne a sapere che era gravemente malata. In lacrime, la madre gli comunicò che il dottore aveva assicurato che non vi era alcuna speranza per la dolce figliola.
In cuor suo, William sorrise.

Quella sera, come ogni sera, lo Shinigami tornò nei pressi della casa. Indugiò a lungo prima di introdurvisi, come suo solito, tramite la finestra della camera di lei; guardò il cielo, sgombro dalle nubi, che illustrava centinaia di luminosissime stelle e una grande, candida luna piena.
Nella camera, accanto al capezzale, Mrs Rosenberg piangeva scompostamente. Le infermiere erano state mandate via, e anche ai parenti più stretti era stato chiesto di uscire; la donna voleva restare sola con la figlia nei suoi ultimi istanti di vita.
Il campanile cominciò a battere la mezzanotte.
Quando William entrò fu come se il tempo si fosse fermato: la madre di lei non piangeva più, né i suoi occhi potevano vedere ciò che le accadeva intorno. Il suo capo rimase chinato e le sue mani, prima tremanti, restarono congiunte contro il proprio petto e quella che prima era una donna ora non era altro che una statua immobile con l'espressione addolorata.
I rintocchi del campanile, e i cavalli in strada, e la neve che aveva cominciato a cadere: tutto s'arrestò improvvisamente, come imprigionato in una fotografia, o scolpito nella pietra.
Solo William muoveva lenti passi in direzione del capezzale, solo gli occhi di Nancy erano vigili in quel momento.
Le labbra di lei si mossero, mormorarono il suo nome.
Lui le prese le mani.
«Questa notte non è l'ultima notte, mia adorata. Queste poche nuvole che or ora hanno coperto il cielo e la meravigliosa luna, e che proprio in questo istante riversano sulla città fredda e morbida neve, esse non sono le ultime. Questo calore che, tenue, il vostro corpo emana, neanche esso è l'ultimo. Mia dolce, dolcissima Nancy, voi che in vita vostra non vi siete mai arresa, voi che, anche nella povertà, avete guardato verso il futuro con fiducia e speranza; voi che forse non avete mai conosciuto la vera felicità, così come io l'ho conosciuta quando ho incontrato voi; voi non dovete temere che questi attimi siano gli ultimi. Ho capito che il nostro incontro è stato tutto ciò per cui finora sono vissuto, e voi siete tutto ciò per cui avrei dovuto vivere, e la certezza della vostra felicità è quello che serve per rendermi felice di morire. Addio, Nancy. Possa la vostra vita rendervi l'essere più felice di questo mondo, e possa il mondo non deludervi mai». William la prese tra le braccia, le lacrime cominciarono a solcargli il viso.
Nancy mormorò ancora il suo nome, un'altra volta, e un'altra ancora. Lui la guardò. «Non riesco a comprendere le vostre parole», disse la giovane, a fatica. «William, se potessi sopravvivere a questa notte infelice, avreste la certezza di sapermi la donna più felice del mondo. Ma ora, che la notte ancora non è giunta al termine, io ho già tutto ciò di cui posso essere felice: io ho voi, caro William». La voce s'incrinò, ma i suoi occhi erano lucidi e l'espressione più intenerita che mai.
William ancora versava lacrime, ed erano lacrime di gioia che egli non poteva trattenere. Con una mano sfiorò il viso di lei, guardandola attentamente per l'ultima volta.
«Addio, Nancy, mio piccolo fiore, mia piccola umana».
Stringendola con delicatezza tra le braccia, baciandola con viva e ardente passione, proprio quando gli ultimi rintocchi ricominciarono a suonare e i cavalli ripresero a correre per le vie, quando un'improvvisa folata di vento spalancò la finestra e spense le candele e sulle labbra di lui si dipinse un sorriso, lo Shinigami si dissolse nel nulla.

~

La mattina seguente, quando si svegliò, Nancy non ricordava più nulla. Ogni attimo che aveva passato in compagnia dell'uomo che tanto aveva amato, e che tanto l'aveva amata, era stato rimosso dalla sua mente.
Il trespolo su cui, fino alla sera precedente, si trovava il ritratto di un distinto uomo dagli occhi verdi era vuoto.
La ragazza si guardò intorno, sorpresa: la malattia aveva incredibilmente abbandonato il suo corpo.
Nancy Rosenberg era viva.

~

La vita della ragazza si svolse come tutti si aspettavano che si svolgesse.
Conservò per sempre quel medaglione che, da quando ella aveva memoria, le era sempre appartenuto. Guardandolo, Nancy provava una sensazione di vuoto farsi strada dentro di lei, che, per quanto sgradevole e inspiegabile fosse, non l'avrebbe mai spinta a separarsi da quell'oggetto: teneva a esso come alla propria vita.
Durante un ricevimento, Nancy conobbe un uomo estremamente cortese. Dopo alcuni mesi, i due si sposarono; fu un giorno molto felice.
Nancy ebbe anche un bimbo. Era bellissimo, aveva gli occhi di un verde brillante.
Una sera, istintivamente, la giovane alzò lo sguardo alle stelle e sorrise.
«Come lo chiameremo?», le chiese il marito.
Nancy abbassò lo sguardo sul figlio e lo accarezzò teneramente. Non aveva dubbi.
«William».





*Angolo dell'autrice*
Sono davvero felice che siate arrivati fino in fondo. Spero che questa storia vi sia piaciuta, così come è piaciuto a me scriverla.
Vi prego di comunicarmi eventuali errori, e di farmi sapere se avete apprezzato la mia One Shot (mi spiace di averla fatta così lunga in un capitolo solo): i commentini sono sempre graditi!
Grazie infinite per la lettura. A presto!

   
 
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