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Autore: Not_A_Writer    04/09/2015    1 recensioni
Questa è la storia, non raccontata da uno scrittore e per ciò senza pretese, di come mi innamorai di una ragazza del posto durante un viaggio a Cuba.
Personalmente non ho mai apprezzato chi condivide su qualsivoglia social le proprie esperienze d’amore e mi trovo in difficoltà nel farlo , ma questa volta voglio provare, nella speranza che a leggere tutto questo siano pochi. Lo faccio perché penso che scriverne mi aiuti a liberarmi del peso della distanza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Io credo che gli Dei abbiano voluto che conoscessi e mi innamorassi di Yaniris. E Afrodite, potendo compiere la sua opera, ha dato prova di tutta la sua influenza su noi poveri umani. Credo inoltre che da anni stiano lavorando a quest’estate per noi, troppe le coincidenze ed i dettagli.
La conobbi quando era una bambina, ma già allora aveva un fascino non indifferente, e per tutti questi anni è cresciuta fino ad arrivare ad essere la bellissima quindicenne che è oggi; il fatto stesso che lei e mia sorella si fossero conosciute fu una coincidenza. Inoltre sempre al caso devo il fatto che lei sia stata per anni vicina alla mia parte di famiglia cubana. E gli Dei, avendo appurato che io e lei ci fossimo conosciuti, hanno continuato a lavorare affinché mi lasciassi avvolgere dall’illusione del suo amore.
Tutto iniziò il secondo giorno della mia permanenza, quando la mano di Zeus stesso spinse la mia prorompente cugina Tatica a portare me e mia sorella, controvoglia, a salutare Yaniris. A sconvolgermi non fu il fatto che la casa fosse poco più di un lungo corridoio di cemento che attraversava praticamente tutte le stanze, ma che in una tanto modesta oreficeria si celasse un tanto prezioso gioiello.
Subito mi si palesa il lavoro degli Dei su quella ragazza, modellata per il mio gusto, anzi per la mia necessità. Io non cercavo una storia, uscendo da poco da una con un’italiana, ma comunque immaginavo tutte le ragazze basandomi su parametri italiani.
Ma come scoprirò più avanti, Yaniris è tutto tranne paragonabile a una quindicenne italiana.
Come dicevo, subito mi accorgo, no, non è vero… Subito mi sarei dovuto accorgere che lei era quella di cui avevo bisogno: subito perché ciò che a primo impatto studiamo di chi abbiamo davanti è l’esteriorità: corpo e outfit. Proprio questo di me avrebbero frenato una sua coetanea italiana: non ho il bel faccino da bimbo perenne di quelli che socchiudono gli occhi per sentirsi fighi come non ho il fisico scolpito di un calciatore. Potrei invece essere l’immagine che J-Ax dà di sé in “il bello d’essere brutti”: ciglioni, pancetta e barbetta incolta… Però senza barbetta…
E in quanto ad outfit non sono neanche un modaiolo. Per il nostro primo incontro sfilavo con una vecchia maglietta con una kefiah azzurra disegnata e probabilmente i primi pantaloncini trovati nella valigia. Ecco, ora, avendo visto tutto questo, una ragazza italiana si sarebbe messa a guardare il telefono masticando una gomma ignorandomi e lasciando trascorrere il tempo tra silenzi imbarazzanti.
Ma Yaniris tutto questo non l’ha visto: lei non ha guardato la vecchia maglietta, lei ha guardato nei miei occhi, lei non ha visto il fisico da sollevatore di gomito, lei ha visto tutto ciò che c’era dentro di me con quei suoi fantastici occhi marroni.
Lei era interessata a conoscermi , magari a diventare amici.
Personalmente non sono abituato a situazioni del genere e il doverne affrontare una in una lingua che mi imbarazza parlare avrebbe dovuto mettermi un po’ di agitazione addosso. Ma con Yaniris era così facile…
Nel portare avanti il discorso, ad un certo punto, il mio incespicare in una frase le suscitò un sorriso e il lavoro degli Dei mi si rivelò ancora: dietro quelle sottili labbra si nascondevano due APPARECCHI ODONTOIATRICI che non avrei potuto immaginare di trovare affascinanti con il nome aspro ed asettico che portano. Ma il suo sorriso non è aspro, il suo sorriso è dolce: è un sorriso privo di qualsivoglia malizia, un sorriso luminoso in quella stanza poco illuminata, un sorriso che sai già che rivedrai ogni volta che chiuderai gli occhi. Un sorriso vero, non una stupida emoticon.
Mai Efeso fu più orgoglioso di ferro battuto del giorno in cui contribuì alla creazione dello spettacolo che per un attimo mi si rivelò, ma che subito tornò timido al suo posto, ben custodito, come una perla dentro un’ostrica.
Durante tutto questo non eravamo, al contrario di quanto credessi, gli unici in quella camera.
   
 
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