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Autore: Smoking    05/09/2015    1 recensioni
Cos'è che rende una favola una Favola?
Ovviamente un castello incantato, una Principessa in cerca del lieto fine ed un Principe coraggioso che farebbe di tutto per salvarla dal malvagio di turno.
Se cercate tutto questo, se cercate una favola di amore eterno, se cercate il trionfo del bene sul male, non aprite questa storia!
Nella mia, le principesse si salvano da sole e il principe... il Principe????
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


C’era una volta un’immensa foresta cresciuta alle pendici di una catena montuosa.
Addentrandosi nella boscaglia, era possibile scorgere tra le siepi aggrovigliate una stradina impervia, scolpita nella roccia della montagna stessa. Nessun occhio distratto avrebbe potuto individuare quel sentiero tra il verde delle foglie e tra il grigio tempestoso della pietra, ma chiunque avesse prestato più attenzione avrebbe capito di trovarsi davanti all’ingresso per giungere ad un tesoro celato dalla natura stessa.

Per compiere il viaggio, sarebbero serviti curiosità ed una grandissima forza di volontà perché gli ostacoli interposti sulla strada erano in grado di mettere a dura prova il più coraggioso degli uomini; dopotutto, chiunque si fosse imbarcato in quell’impresa avrebbe dovuto superare pareti rocciose quasi prive di appigli, torrenti e fiumi ospitanti bizzarri pesci carnivori e crepacci talmente profondi da chiedersi se non portassero direttamente al centro della Terra. E se una persona avesse avuto la forza fisica per superarli, nella notte si nascondevano ombre di esseri striscianti, pronti a divorare il malcapitato avventuriero se esso si fosse dimenticato di accendere il fuoco.

Dopo tre giorni di cammino, il sentiero si sarebbe finalmente arrestato per aprirsi in un’ampia radura circondata da querce maestose e secolari e, proprio nella parte più a Ovest di quella radura, vi era un muro di edera cresciuta direttamente sulla montagna, che stendeva i suoi rami sempre più in alto come a voler eguagliare la grandezza del monte.
Raggiunta la radura, il malcapitato avventuriero si sarebbe osservato attorno in lungo ed in largo, alla ricerca del tesoro che tanto aveva desiderato di trovare, fino al momento in cui, rattristato, si fosse reso conto che non vi era nulla di speciale in quella radura e sarebbe tornato indietro con il solo ricordo di quella passeggiata come tesoro, da portarsi appresso per tutta la vita.

Ma la realtà era che, proprio dietro la parete di edera, vi era un cancello di bronzo, forgiato fino a dargli la forma di due grandi ali di angelo, intrecciate con fiori d’oro e d’argento, e, proprio dietro di esso, due figure solitarie vi facevano la guardia, assicurandosi che nessun’uomo varcasse quel cancello da entrambe le parti.
Ogni tanto i due Guardiani si arrischiavano ad allungare una mano oltre il cancello, quando l’avventuriero era particolarmente vicino all’edera, per sottrargli piccoli oggetti. Quando riuscivano nell’impresa, essi lasciavano la loro postazione e percorrevano la lunga galleria la cui vista era nascosta dalla parete di edera.

Alla fine del tunnel, lungo un chilometro e mezzo, i due Guardiani uscivano alla luce del sole, urlando gioiosi:
<< Un messaggero degli Dei ci ha fatto visita! Gli Dei ci hanno mandato un regalo per la nostra devozione! >>.
Ed ecco che l’intera comunità, che viveva oltre il tunnel, si avvicinava a loro, lasciando i rispettivi lavori per ammirare il dono degli Dei, che poteva essere un accendino, un pacchetto di fazzoletti o quant’altro.

Essi credevano che chiunque fosse in grado di giungere alla radura possedesse un po’ di potere divino necessario per superare gli ostacoli e, se esso si fosse avvicinato all’edera, l’unica conclusione possibile era che fosse a conoscenza del passaggio segreto, per cui volesse che i Guardiani ricevessero un dono. Per quanto a noi possa sembrare assurda come spiegazione, per quelli della comunità, che si facevano chiamare gli Umili, la spiegazione era del tutto plausibile.

Essi portavano avanti una vita semplice: il tunnel si apriva in un’ampissima valle, circondata interamente dai monti, ed al cui centro vi era un lago talmente grande che spesso gli Umili si riferivano ad esso come se fosse un mare; possedevano anche una loro miniera da cui estrarre metallo e nella parte più a nord della valle vi era una pianura di modeste dimensioni, in cui venivano coltivati i prodotti agricoli ed in cui pascolavano allegre le capre e le pecore, fonte di latte e di lana. Nella valle, era proibito cibarsi di carne animale perché l’assassinio di un altro essere vivente era considerato un peccato.

Gli Umili lavoravano senza sosta tutti i giorni, ad eccezione del primo giorno della settimana che era dedicato alla preghiera, e, quando il sole calava, essi si rifugiavano nelle loro dimore, che altro non erano se non grotte di differenti grandezze, costruite nella roccia della montagna da un gruppo di Umili che si facevano chiamare i Carpentieri, ed al cui interno vi erano i letti e tutto ciò che serviva per farle assomigliare ad una casa vera e propria.
Tutti i pasti si svolgevano in comune sotto un unico, grande tendone e le razioni di cibo erano uguali per tutti, ad eccezione delle donne incinte, degli anziani e dei bambini fino ai dieci anni.

La vita si svolgeva tranquilla perché tutti andavano d’accordo con gli altri ed i momenti più eccitanti erano quando i Guardiani si mostravano con il dono degli Dei, che veniva subito portato e custodito dalla Famiglia Reale che, si narrava, discendesse dagli Dei stessi.
La Famiglia Reale era venerata ed essi erano talmente umili che ogni componente andava a lavorare esattamente come ogni altro membro della comunità.
Essi vivevano, tuttavia, in una grotta più ampia delle altre e si diceva che al suo interno vi fossero passaggi segreti che racchiudevano tesori di inestimabile bellezza.

La Famiglia Reale era esattamente quello che si vedeva dall’esterno e nessuno mai aveva da dubitarne: la più anziana componente della famiglia si chiamava Dora, da molti denominata la Regina, ed era talmente buona che spesso portava spuntini e bibite fresche agli instancabili lavoratori; aveva sempre un sorriso per tutti, anche per quel monello che era suo nipote Hans, un giovane di bell’aspetto che sin dalla più tenera età aveva dimostrato una grande abilità come falegname, abilità che, purtroppo gli era costato qualche rimprovero e qualche scheggia di legno infilata nei polpastrelli. Dora apprezzava la diversità di suo nipote, così vivace ed intraprendente, almeno fino al momento in cui non avesse promosso idee più innovative, che temeva come il mondo al di fuori della sua valle.

Altro motivo di non poche preoccupazioni per la Regina era la sua nipotina più piccola, Jennifer, la cui bellezza sembrava essergli stata donata unicamente dagli Dei; si apprestava bene a svolgere tutti i lavoretti domestici e di cucito e la sua generosità era paragonabile solamente a quella della nonna. Tuttavia, la sua natura mite l’aveva sempre portata a farsi coinvolgere nelle marachelle del fratello più grande, come quella volta che l’aveva convinta a salire su un ciliegio per rimettere al suo posto un pettirosso che era caduto dal nido.

A porre freno a quelle avventure, c’era sempre Mia, l’inseparabile amica di Jennifer che, benché fosse vivace anch’ella, faceva l’impossibile per preservare la salute sua e dell’amica.
Se Jennifer era portata per ogni lavoretto da brava signorina rispettabile, Mia era l’opposto: sgraziata e disordinata, non poteva tirarsi indietro dall’infilarsi in qualche cavità rocciosa alla ricerca di qualche pietra dalla forma particolare e, dopo ogni temporale, il suo passatempo preferito era quello di sguazzare in qualche pozzanghera melmosa nella pianura.

Ovunque andasse Mia c’era anche Jennifer ed ogni sera, a cena, entrambe raccontavano eccitate quello che avevano fatto durante la giornata, trasformando in un’avventura anche il semplice fatto di aver dato da mangiare agli agnellini.
Fino a che non ebbero l’età di dieci anni furono inseparabili, ma poi, come ogni storia di grande amicizia, la vita ed il dolore si misero in mezzo.

Il dolore di Jennifer fu la perdita dei suoi genitori a causa di una malattia che aveva colpito una ventina di persone in tutta la valle; nonostante gli sforzi dei Guaritori, nessuno degli infettati riuscì a sopravvivere.
Per sette giorni e sette notti, la valle si riempì di preghiere e cerimonie per i defunti, i cui corpi vennero sepolti alle pendici della montagna più alta della valle, e grandi falò vennero innalzati in favore degli Dei in ogni riva del lago.

Tuttavia, benché si possa pensare il contrario, quella fu una settimana gioiosa: anche chi aveva perso qualcuno di caro era allegro perché sapeva che la sua anima si era appena ricongiunta agli Dei.
La piccola Jennifer era più confusa che mai perché le complesse questioni religiose non erano alla portata di una bimba così innocente. Come potevano essere benevoli degli Dei che le avevano portato via la sua mamma ed il suo papà?

Spesso, Jennifer vide sua nonna Dora versare lacrime di gioia per quell’evento perciò, per paura di sbagliare e di farla soffrire, la bambina non accennò mai ai suoi dubbi e si unì ai festeggiamenti.
Di tutt’altra opinione pareva essere Hans: a quel tempo aveva quattordici anni ed i Carpentieri lo avevano già preso come apprendista per imparare il lavoro.
Non si sa bene quale fosse il suo punto di vista, ma in quella settimana lavorò ancor più duramente del solito, da solo ed a stento lo si vedeva durante i pasti.
Più il tempo trascorreva e più Hans diventava iroso, anche nei confronti della Regina, che spesso si appellò agli Dei per far ritrovare il senno a suo nipote.

Mia osservava tutto dall’esterno: non le era più possibile avvicinarsi troppo a Jennifer perché la nonna la teneva sempre con sé, preoccupata che Hans potesse metterle nella mente strane idee, e per giornate intere le due bambine non si videro perché a Jennifer era stato proibito di giocare fino a quando non avesse imparato tutta la storia degli Dei e della valle.
Il comportamento della Regina nei confronti di Jennifer fece infuriare Hans ancora di più e così, una notte in cui la valle era percorsa da una violenta tempesta, le urla del giovane si mescolarono alla pioggia che batteva furiosa sulla superficie del lago.

Insultò la nonna in modi che mai si erano sentiti nella valle e le sue grida tanto erano spaventose che la povera Jennifer si mise a piangere in un angolo.
<< A te importa solo di mantenere una buona posizione nella valle! >> urlò Hans con tanta foga che quasi si strozzò << E tutti questi oggetti che ti tieni per te! Questi non sono doni degli Dei, questa è solamente merce rubata! >>.
Mai un simile oltraggio era stato fatto alla Regina che, scandalizzata, iniziò a urlare anch’essa, pregandolo di andarsene e di non avvicinarsi mai più a quella dimora.

Hans uscì sotto la pioggia e, raggiunto il molo, salì su una barchetta che si era costruita da per sé; si avviò al centro del lago, con la tempesta che infuriava attorno a lui, fino a quando, dalla riva, nessuno riuscì più a scorgerlo.
La mattina dopo, quando il cielo fu di nuovo sereno e l’acqua calma, di Hans e della sua barchetta non vi era più traccia.

Per giorni lo si cercò invano e, alla fine, l’unica spiegazione plausibile era che gli Dei lo avessero punito per aver disonorato la propria famiglia, affogandolo nelle profondità acquatiche.
La Regina, seppur avesse perso la pazienza con il nipote, già la mattina dopo sarebbe stata pronta a riaccoglierlo ed a perdonarlo da ogni male, se solo gli Dei glielo avessero restituito.
Quando alla fine capì che per il nipote non c’erano più speranze, decise che avrebbe fatto di tutto per la piccola Jennifer.

Indusse un’assemblea generale e, davanti a tutti gli Umili, disse che gli Dei le avevano parlato: la valle non era più un posto sicuro per sua nipote, l’ultima discendente degli Dei, e disse loro che, fino a quando i tempi non sarebbero stati più favorevoli, entrambe si sarebbero fatte rinchiudere in una dimora costruita appositamente tra gli alberi della montagna più alta, che svettava imponente su tutta la valle.

Non vi furono abbracci e saluti tra Mia e Jennifer perché chiunque avesse osato avvicinarsi all’ultima discendente degli Dei sarebbe stato punito severamente.
Per otto lunghi anni, la Regina e Jennifer rimasero sulla montagna, mentre il resto degli Umili riprendeva la vita modesta e sincera che avevano sempre avuto prima di quei tragici avvenimenti.

Ogni singolo giorno di quegli otto anni, Mia sentì la mancanza di Jennifer e l’unica traccia rimasta nella valle della Famiglia Reale furono le urla di Hans che sembrava risuonassero ancora durante un temporale ed il rumore della sua seghetta sul legno mentre si accingeva a costruire qualcosa di nuovo.





***

Salve a tutti!! ^^
Dopo un'infinità di tempo ho postato quest'altra storiella, spero vi piaccia!
E' molto diversa dal genere di storie che scrivo di solito, ma ho fatto del mio meglio! Siate clementi! xD
Comunque per l'ambientazione della valle mi sono ispirata al Lago di Braies e alle grotte del Passetto di Ancona, di cui vi lascio un'immagine qui sotto ;)

Grotte

Spero di avervi incuriositi un po' con questa storia e qualsiasi recensione è sempre ben accetta ^^
Al prossimo aggiornamento! :D
Smoking

  
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