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Autore: Belinda__x    06/02/2009    0 recensioni
-Tranquilla. Vedrai loro. Vedrai Tom. Vedrai Gustav. Vedrai Georg. Vedrai...-, mi fermai un attimo per scrutare il suo sguardo. -...Bill-, terminò la frase lei. -Sì, lo vedrò...-. -Da vicino o lontano, non importa. Sarai vicina a lui più che mai. Non siete a nazioni di distanza-. -Doesn’t count... far or near...-, cominciò a canticchiare piano, poi si mise a ridere. Questa fanficcina cortissima contiene tutte le emozioni che ho cercato di descrivere riguardo quel bellissimo 6 luglio.. la maggior parte dei fatti narrati però non è realmente accaduta, come per esempio la presenza di Sara accanto a me.. non presenta una granché dose di fantasia, rappresenta solo tutte le emozioni che ho provato e che avevo paura di perdere col tempo e che quindi ho raccolto come meglio potevo.. se c'è qualcuno che avrà voglia di leggere.. be', hope u like it! ^^
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Vorrei premettere delle cosine.. ^^
Prima di tutto questa è una fanficcina cortissima e senza particolare presenza di fantasia..
Non sapevo neanche se pubblicarla nella categoria "fanfic su cantanti" oppure tra le originali.. .-.
L'ho scritta il 30.07, precisamente 24 giorni dopo il giorno più bello della mia vita, e.. l'ho scritta solo per dedicarla ad una persona per me più che speciale, la mia tesoVa, lei che sa essermi vicina anche se non lo è affatto a causa della nostra distanza, lei che però non ha potuto essere con me durante quel giorno..
E se l'ho scritta per lei è stato per cercare in qualche modo di descrivere le emozioni che ho provato, per quanto difficile mi sia risultato, ma ho tentato ugualmente perché volevo che in qualche modo anche lei si fosse sentita accanto a me, quel 6 luglio 2008.
Perciò non mi aspetto un gran numero di recensioni, anzi..
Se l'ho pubblicata è solo perché.. perché volevo e basta u.u
Se ci sarà qualcuno che avrà voglia comunque di leggerla, è ben accetto! ^^
Bacio a tutti <3


STRINGIMI FORTE LA MANO
 
-Il mio punto di vista-
 
-Stringimi forte la mano, ho paura di svenire...-, mi sussurrò così piano che la sentii appena, in tutti quegli urli.
Le sorrisi. -Non dire sciocchezze. Andrà tutto bene. Corri più forte che puoi-.
Un cenno. Lo sguardo perso nel vuoto, nel quale si poteva benissimo leggere la tensione.
Tensione che viveva anche in me, ma che cercavo di nasconderla per rassicurare lei.
-Ti rendi conto? Io adesso dovevo essere a casa tua...-, mi disse, quasi tremando.
-Be’... sì, abbiamo detto una piccola bugia a tuo padre... ma in fondo, sei più vicina a casa di quanto lui creda, no?-, le strizzai l’occhio.
-Hai ragione!-, rise piano. -Ma... ne varrà la pena?-, tornò seria.
-Sì. Tranquilla. Vedrai loro. Vedrai Tom. Vedrai Gustav. Vedrai Georg. Vedrai...-, mi fermai un attimo per scrutare il suo sguardo.
-...Bill-, terminò la frase lei. -Sì, lo vedrò...-.
-Da vicino o lontano, non importa. Sarai vicina a lui più che mai. Non siete a nazioni di distanza-.
-Doesn’t count... far or near...-, cominciò a canticchiare piano, poi si mise a ridere.
 
Il sole batteva ardentemente su di noi.
Io avevo la spalla destra completamente rossa.
Lo stesso valeva per la sua schiena.
Ma non ci importava.
Presto avremmo avuto la nostra cura. Loro.
Acqua. Ogni tanto ci veniva tirata dell’acqua.
Sembravamo piccole piantine desiderose di venire annaffiate.
Spesso qualche gruppetto iniziava a cantare ritornelli di canzoni.
C’era chi urlava, chi alzava il cartellone per farlo vedere agli altri...
Eravamo tutte lì.
Unite da una sola passione.
Un solo desiderio...
 
Le nostre mani si strinsero ancora di più.
Quelle maledette transenne che avevamo fissato per tutto il giorno si stavano finalmente per schiudere.
Soltanto una decina di ragazze erano davanti a noi. Potevamo ritenerci più che fortunate.
L’altra fila era già partita da un pezzo.
Maledetta sfortuna, lo sapevo che tutto non poteva filare liscio!
Ci scambiammo un piccolo sguardo d’intesa.
Il momento era giunto.
Tre, due...
Uno...
Le ragazze davanti a noi cominciarono ad urlare più forte di prima, mostrarono appena i biglietti ormai bagnati al bodyguard e poi sfrecciarono via, verso il palco, che da dove eravamo noi si vedeva a malapena. Caspita, l’ippodromo era davvero grande!
Le ragazze dietro di noi spingevano come pazze.
Prima che me ne accorgessi avevamo già iniziato a correre.
Le gambe si muovevano da sole, senza bisogno di comando. A quello pensava il cuore.
Le nostre mani si stringevano ancora, seppur il sudore dovuto sia al caldo che all’ansia fosse diventato quasi insopportabile.
 
Quelle poche ragazze erano davanti a noi che urlavano come matte correndo all’impazzata.
Invece noi no.
Io e Sara eravamo in silenzio.
Forse perché non c’era niente da dire.
Forse perché non c’erano parole per descrivere la nostra emozione.
Forse perché stavamo risparmiando il fiato.
Forse perché il vento che ci arrivava in faccia ci mozzava la voce.
Forse perché stavamo cercando di risparmiarla per quella sera. O meglio, per poche ore dopo.
Ma eravamo lì.
Eravamo insieme.
Insieme. Ad un passo da quello che era sempre stato il nostro sogno.
Un sogno che per lei era stato proibito.
Ma che per un colpo fortuito stava per diventare realtà.
Un’improvvisata gita a Firenze, accompagnata dal padre.
E poi qualche giorno a casa dell’amica conosciuta in chat.
 
Tradotto... l’arrivo a casa dell’amica conosciuta in chat e la corsa per l’acquisto del biglietto, quel folle 5 luglio 2008.
E poi quel pomeriggio più lungo di qualunque altro, passato in attesa di quello che stavamo proprio vivendo...
 
Impossibile descrivere il nostro abbraccio quando ci eravamo finalmente incontrate dopo tutte quelle promesse...
Impossibile descrivere la sua gioia nel vedere quel pezzo di carta finalmente in mano sua.
Impossibile descrivere la mia gioia nell’averla aiutata a realizzare il suo sogno. Che era anche il mio.
 
E adesso eravamo lì.
A lottare per loro.
A correre per loro.
 
Si era alzato un polverone assurdo.
Cercavo il più possibile di non respirarne.
Il palco era ormai vicinissimo, non vedevo l’ora di andare a sbattere contro quelle transenne ed accasciarmici.
Lanciai uno sguardo indietro, c’era una mandria di ragazze imbufalite che urlavano.
Mi voltai di nuovo in avanti, terrorizzata.
Le ragazze davanti a noi erano già arrivate ed erano subito andate verso il palco, chi dalla parte di Tom, chi dalla parte di Georg.
-Cosa facciamo?-, chiesi a Sara.
-Stiamo qua-. Si fermò improvvisamente.
Eravamo davanti alla passerella.
Proprio davanti.
-Che? Ma il palco è...-, tentai di dire.
-Qua siamo al centro. Qua vedremo tutti. È grazie a te se sono qui, credi che non ti permetterei di vedere Georg?!-, mi disse sorridendo, ma anche ansimando per la tremenda corsa.
-Hai ragione. Quando canteranno In Die Nacht e Rescue Me sarà bellissimo...-, iniziai a fantasticare.
-Non ti scordare di By Your Side-, mi ricordò lei.
-Ovvio-.
Non me ne ero accorta e già eravamo sommerse dalle fan che ci avevano raggiunto. Le transenne adesso erano tutte occupate.
Non riuscivo a credere che fossimo riuscite ad accaparrarci quei posti d’onore.
C’era chi stava salendo anche sugli spalti, benchè non fosse stato permesso. Ma nessuno le stava fermando.
-Oh, grazie tesora!-, la abbracciai forte forte. In quell’abbraccio eravamo sudate fradicie, e forse sia per via dell’emozione che per l’affanno i nostri cuori battevano come impazziti. Lo potevo sentire distintamente.
-Ma di che cosa?! Te l’ho detto, è grazie a te piuttosto se sono qua!!-, sentivo la spalla bagnata, stava piangendo. -Ma adesso... non facciamoci rubare questa transenna da nessuno! È proprietà nostra, giusto?-, mi disse poi, fissando bene una mano alla mia e l’altra alla transenna, dopo essersi asciugata gli occhi umidi.
-Puoi dirlo forte!!!-.
 
Erano ancora in arrivo altre migliaia di ragazze.
 
Quando mi voltai, non riuscii a capire più niente.
Mi sentii stringere fortissimo alla transenna.
Lo stomaco si era completamente spappolato.
Quasi vomitai in avanti.
Ma che cosa diavolo era?
Mi ritrovavo piegata in due sulla transenna, non riuscivo più a respirare.
La mandria di ragazze impazzite ci stava spingendo di brutto.
Ma le mie mani non si staccavano dalla transenna, non si staccavano da... lei.
Mi voltai a guardarla.
Era nella mia stessa situazione, piegata sulla transenna, gli occhi quasi fuori dalle orbite.
Non eravamo le uniche in quella situazione. Anche le altre ragazze vicino alle transenne stavano decisamente strozzando.
Erano tutte impazzite?
Ci stavano uccidendo...!!!
 
E fu così che l’ippodromo si riempì.
Una voce dall’altoparlante ci pregava di non spingere, perché delle ragazze in prima fila si erano fatte male.
E noi purtroppo eravamo tra queste.
La presa mollò un po’.
Finalmente potevamo respirare.
Ci guardammo, e respirammo profondamente a fatica entrambe.
Avevamo davvero rischiato grosso.
Ma avremo resistito. Per loro.
L’altoparlante implorò ancora una volta di non spingere.
Anche se non di molto, ma di lì a poco iniziammo a respirare meglio.
Le si leggeva in faccia che aveva sete.
Aprii la borsa frigo. Stavo morendo di sete anch’io, e respirare tutto quel polverone non era di certo stato salutare.
Bevvi, ma cercando di tener conto che l’acqua che avevamo doveva bastare per ancora molto. E poi passai la bottiglia a lei.
 
Erano quasi le sette.
Sembravano ore che fossero state quasi le sette.
L’attesa si prospettava lunga.
Ma dopotutto, avevamo resistito in fila, e avremo resistito anche lì.
Dopotutto, eravamo nella stessa situazione di poco prima: ammassate e sotto il sole.
Non cambiava poi così tanto. Con l’unica differenza che stavolta spingevano di più, le ragazze dietro.
 
Non riuscivo a crederci.
Eravamo in prima fila. Davanti alla passerella.
Tra non molto... tra non molto avremmo visto...
La voce di Sara mi distolse dai miei pensieri.
-Ma cosa fai?-.
Mi voltai a guardarla, senza aver capito.
-Perché piangi?-, mi chiese ancora.
-P... piango?-, sussurrai appena, e mi passai un dito sulla guancia, per poi accorgermi di averla bagnata.
Oh sì, stavo piangendo. E dire che ancora non erano arrivati neanche i Lost, il gruppo di apertura.
Sara mi abbracciò ancora, e mi sussurrò all’orecchio dolcemente: -Presto li vedremo. Presto saranno qui, proprio davanti a noi. Solo per noi-.
Ogni tanto si sentiva qualche colpo di batteria o qualche accordo alla chitarra, e tutto il pubblico schiamazzava più che mai, quando eppure c’era ancora una tenda scura che copriva il palco.
 
Ma io e lei ce ne stavamo lì.
Ancora in silenzio.
Ma in tutto quel fracasso.
Con le mani su quella tanto aspirata transenna.
A guardare verso il palco.
A cercare di arrivare con la mente a poche ore dopo...
A un certo punto cominciammo ad intravedere qualcosa sul palco...
Qualcuno.
 
Il mio cuore scattò subito.
Ma mi accorsi poco dopo che erano solo i Lost.
Di spalle.
Che avevano appena fatto le prove.
Il cantante, Walter, si voltò e andò verso il microfono.
Io e Sara ci scambiammo un sorriso, ormai era tutto quello che riuscivamo a dire.
Walter ci lasciò un piccolo saluto, dicendo che sarebbe tornato con il suo gruppo più tardi.
E ci fece lanciare un urlo per i Tokio Hotel.
Senza curarsi di risparmiare la voce ancora, io e la mia amica per quella volta ci lasciammo andare, e urlammo come pazze, benché consapevoli che non ci avrebbero potute sentire.
Né noi, né le altre.
Chissà dov’erano quei quattro angeli tedeschi...
 
I minuti passavano inesorabilmente.
Ma perché quelle maledette nove e mezza non volevano arrivare?!
Avevo bisogno di loro.
Avevamo bisogno di loro. Tutte noi.
 
Cominciarono a distribuire delle bottigliette d’acqua dalla passerella.
Data la vicinanza riuscimmo a conquistarne almeno una.
Per fortuna, dal momento che ce n’erano rimaste soltanto due.
 
Le otto.
Il telo che era sul palco cominciò ad andare su.
Un colpo di batteria.
Qualche accordo di chitarra.
Erano arrivati i Lost.
Un boato echeggiò in tutto l’ippodromo.
La musica partì e l’adrenalina andò a mille.
I Lost erano sul palco. Erano là, davanti a noi.
O meglio, quasi tutti i Lost.
Non riuscivo a vedere Walter...
Ma dopo poco eccolo arrivare.
Tutto vestito in bianco, come al solito.
E con quel suo cappuccio in testa e la frangetta scura sull’occhio sinistro.
Inconfondibilmente, era lui.
Iniziò a cantare, e con lui tutte noi diciottomila fans scatenate.
Il sole stava ormai per calare dietro il palco, finalmente avrebbe smesso di accecarci e bruciarci.
 
...Sexyback, Ascolta...
Le canzoni scorrevano veloci quanto tutti i nostri cuori che battevano all’unisono impazziti.
Io e lei saltavamo e urlavamo, eravamo nel pieno della follia.
Ci lasciavamo trasportare dalla voce sonora e squillante di Walter.
E prima che me ne accorgessi si stava dirigendo verso la passerella.
Era proprio lì, davanti ai nostri occhi, a meno di due metri.
Sbarrai gli occhi e riuscii a scattargli una piccola foto un po’ sfocata.
Mentre il ritmo di Standby ci percorreva la pelle come un brivido, lui prese a stringere le mani delle prime file.
Io ero ancora sotto shock, ma tornai in me quando Sara mi scosse la spalla, e allora vidi che era proprio davanti a noi, che si chinava di nuovo in avanti.
Le spinte delle ragazze dietro di noi aumentarono incredibilmente.
Riuscii comunque in qualche modo ad alzare le mani ed a sfiorare le sue dita.
Con la coda dell’occhio vidi che anche Sara era riuscita a strappargli una stretta di mano.
Be’, non male come inizio.
  
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