Quel pomeriggio Chitoge indossava il suo vestito preferito, quello con lo scollo a cuore, quello azzurro, quello che «Ti sta bene, si intona ai tuoi occhi» le aveva detto una volta Raku.
«Ehi, Chitoge», esordì il suo finto fidanzato nel bel mezzo del loro finto appuntamento, in un viale alberato pieno di coppiette che si sbaciucchiavano sulle panchine. «Ho notato che i tuoi pugni ultimamente non fanno più così male come un tempo».
Chitoge trattenne il respiro, le dita arpionate alla borsetta. Sapeva che i sentimenti per Raku l’avrebbero rammollita, prima o poi.
Aprì la bocca per negare e trovare una qualsiasi scusa, ma lui la precedette.
«Le ipotesi sono due. O non stai bene − ma francamente ne dubito, perché mi sembri in ottima, anzi, che dico?, in perfetta forma», e lì Chitoge arrossì, sentendosi particolarmente bella di fronte allo sguardo curioso di Raku che la squadrava da capo a piedi. «Oppure − e questa è l’ipotesi più plausibile − ti sei accorta che... ehm, come dire... Be’, prima o poi sarebbe dovuto succedere anche a te, no?».
Il cuore di Chitoge prese a battere fortissimo. Che Raku avesse intuito ciò che provava per lui?
«Quello che voglio dire», ritentò il giovane Ichijou, «è che secondo me ti sei finalmente resa conto...».
“...di quanto tu sia speciale e di quanto non meriti di essere preso a pugni”.
«...che con quel tuo caratteraccio non troverai mai un fidanzat−AAAH!».
Il pugno di Chitoge si abbatté con forza sulla testa di Raku che venne catapultato a pochi metri di distanza.
«Ritiro tutto quello che ho detto», borbottò tre sé e sé il malcapitato, piegato per terra, massaggiandosi il bernoccolo dolorante.
Chitoge, cipiglio offeso e braccia incrociate al petto, grugnì infastidita. Stupida lei che viaggiava sempre con la fantasia, ma soprattutto...
“Stupido, stupidissimo fagiolino”.