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Autore: RobertaShaira    07/09/2015    0 recensioni
Un ipotetico continuo delle vicende tra Johnny e Carlito dopo gli ultimi avvenimenti nella serie, se le cose fossero andate diversamente tra loro. Se Johnny si fosse lasciato andare a quella parte di Carlito che, probabilmente, solo lui avrebbe potuto conoscere.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Sdraiato sulla sua brandina, non riusciva a pensare ad altro che a quello che sarebbe successo il giorno seguente. Lucia era andata a trovarlo spesso, da quando era in prigione. Si era scusata per aver desiderato di vederlo morto, non tanto per lui ma per sé tessa. Quella non era lei, quella non era la sorella che era sempre stata. Lucia odiava il punto in cui erano arrivati, odiava il fratello per averla tenuta prigioniera contro la sua volontà, per aver più e più volte minacciato di ucciderla se Johnny non avesse continuato a fare il lavoro sporco per lui. Eppure era andata lì, perché non era niente senza suo fratello. Era una Solano, lo sarebbe stata per sempre.
Carlito rimuginava su quello che la sorella aveva detto in quei mesi, ormai erano quattro anni che marciva lì dentro, e l’unica persona che non aveva rivisto era l’unica che voleva davvero vedere. 
Lo sbirro che l’aveva messo dentro, quell’infame che l’aveva preso in giro, che si era insinuato nella sua vita, nella sua famiglia, sotto la sua pelle. Johnny non era mai andato alla prigione, nemmeno per un interrogatorio, aveva mollato il caso nelle mani di qualcun altro, si era lasciato tutto alle spalle. O meglio quasi tutto, visto che stava per sposare sua sorella. 
Lucia aveva raccontato a Carlito che dopo il suo arresto lei e Johnny non si erano visti per quasi un anno, perché lei aveva rifiutato di continuare quella storia che li aveva portati entrambi all’autodistruzione. Non riusciva a stare con l’uomo che aveva quasi ucciso (sotto sua richiesta) e arrestato il fratello, e non voleva rovinare quello stesso uomo, un uomo buono, che l’aveva liberata sì da quella prigionia ma non da quello che lei era e sarebbe stata per sempre. 
Eppure si ritrovarono ognuno sullo strada dell’altro, e ricominciarono a vedersi e ad amarsi. Senza impedimenti, senza segreti. Lucia era felice, probabilmente come non lo era mai stata in vita sua. 
Carlito, d’altra parte, si dannava. Lucia era sempre stato un punto fisso nella sua vita. Nel bene e nel male. In quei giorni, in quel giorno preciso, riusciva a pensare solo al male. Alle cose che gli aveva tolto. E a Johnny. Non lo aveva mai perdonato per l’inganno, per il tradimento, eppure non aveva mai smesso di volerlo. Nemmeno quando gli stava puntando una pistola alla testa. Anzi, forse quello era stato uno dei momenti in cui l’aveva voluto di più. Eppure mancava un giorno affinché Johnny diventasse a tutti gli effetti suo cognato. Odiava quella realtà dei fatti, odiava che Johnny avesse scelto Lucia e non lui. Ma infondo non si era mai trattato di una scelta, così gli era stato fatto credere. Gli avevano detto che Johnny stava mentendo, recitando, per tutto il tempo. Non l’aveva mai voluto davvero. E questo, probabilmente, faceva ancora più male. 

Carlito si mise seduto sulla branda, con la mano stretta in un pugno per quella solita rabbia che ormai lo accompagnava da troppo. Era insofferente, e insoddisfatto. Reggeva la vita in galera, ma non reggeva l’idea di un Johnny cognatino amorevole. Doveva fare qualcosa, a costo di rischiare di perdere sua sorella, stavolta per sempre. Ma doveva andare a quel matrimonio. 
Da qualche parte, al di fuori di quelle tre mura e di quelle 36 sbarre che lo separavano dalla libertà, sua sorella e l’uomo che si era concesso di amare per un attimo, si sarebbero sposati. Uniti per la vita. Dannata vita che lui avrebbe passato per sempre lì dentro, a marcire. Non poteva permetterlo. 
Decise di chiamare Lucia, le disse che voleva partecipare a quell’evento importante, che voleva accompagnarla all’altare. Voleva che chiedesse un permesso speciale, per farlo uscire solo per quel giorno. Lucia fu sorpresa ma speranzosa che quello potesse essere un segnale che le cose potevano sistemarsi, nonostante fosse convinta che ormai Carlito odiasse Johnny per averlo chiuso in cella. Non avrebbe mai immaginato che oltre al risentimento ci fosse ancora quel desiderio, ardente, che lo consumava da quando Johnny aveva cacciato fuori le palle e l’aveva sbattuto contro la macchina per sputargli addosso che era finita, che lo stava arrestando. 
Carlito era convinto che dietro quel contatto ci fosse nascosta qualcosa di più che mera rabbia. Johnny aveva sempre mentito, è vero, ma se avesse mentito anche a sé stesso oltre che a Carlito? Se lo chiedeva da quando aveva visto quello sguardo, quel giorno in cui si erano visti per l’ultima volta, in quel momento in cui gli stava puntando la pistola addosso e doveva decidere se ucciderlo o arrestarlo. Lucia gridava di farlo fuori, eppure Johnny non l’aveva fatto. Perché?! Per quel secondo, per quello sguardo, per quel momento in cui gli era sopra e lo teneva fermo, aveva il pieno potere, poteva cancellare dalla faccia della terra quella che molti consideravano una “feccia umana”, eppure non l’aveva fatto. La motivazione ufficiale era che Johnny non era un assassino. Johnny non era una cattiva persona. Eppure Sid l’aveva ammazzato, e di certo quell’uomo non faceva schifo quanto Carlito. O almeno quanto, per l’opinione pubblica, faceva schifo Carlito. 
Ma Johnny aveva visto altro. Aveva visto il Carlito in ginocchio sanguinante sul mais, aveva visto il Carlito seduto al buio triste e solo, aveva visto il Carlito in crisi dopo un bacio che li aveva presi entrambi alla sprovvista per diversi motivi, aveva visto il Carlito bisognoso delle attenzioni del padre. Probabilmente, tutto quello che Carlito era diventato, lo era diventato a causa di quella vita. E del fatto che lui fosse un Solano. Sarebbe rimasto sempre un Solano. 
Carlito si chiedeva se dietro quello sguardo si nascondesse tutto questo. Se Johnny l’avesse visto, davvero, anche solo per un secondo, e non solo guardato come avevano sempre fatto tutti nella sua vita. Anche suo padre. Anche sua sorella.
Lucia accettò di chiedere un permesso speciale per farlo uscire, ovviamente con scorta a seguito. Domanda che venne esaudita, visto la buona condotta che Carlito aveva avuto in quegli anni. Arrivò in Chiesa due ore prima del matrimonio. Johnny era già lì con sua madre, accanto all’altare, vestito elegante, bello come il sole. Appena i due si videro sembrò essersi fermato il mondo. In Chiesa non c’era praticamente ancora quasi nessuno, Johnny fino ad un attimo prima stava parlando con sua madre della sistemazione dei fiori. Poi rimase immobile, e muto. 
Le guardie fecero muovere Carlito, accompagnandolo fino alla prima panca e facendolo sedere. Per tutto il tragitto della navata i loro occhi non si staccarono mai. 
“Cosa ci fai qui?” chiese Johnny appena furono uno di fronte all’altro.
Carlito si sistemò meglio sulla panca, con un braccio appoggiato allo schienale e le gambe accavallate. 
“Sono venuto ad assistere al grande giorno di mia sorella. Non te l’ha detto?” rispose con nonchalance, nascondendo tutta la voglia di saltargli addosso che lo assaliva in quel momento. Voleva farlo suo, voleva portarlo via da lì. 
“No, non me l’ha detto. Probabilmente perché immaginava la mia reazione.. dopo i nostri trascorsi..” ringhiò tra l’arrabbiato e il risentito, Johnny.
“I nostri trascorsi.. già, bei vecchi tempi. Beh forse non te l’ha detto per paura che sapendolo avresti pensato di scappare con me, è sempre stata un po’ gelosa di quello che avevamo, io e te..” azzardò Carlito, fissandolo di nuovo negli occhi come per sfidarlo.
Johnny era furioso, agitato, non poteva credere al fatto che Lucia gli avesse nascosto una cosa così importante. 
Non le aveva mai confessato la verità: arrestare Carlito era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto. 
Dietro quelle sbarre aveva imprigionato anche la parte di sé stesso che avrebbe voluto salvare Carlito, quel ragazzino solo e inondato di responsabilità che un bambino non dovrebbe neanche minimamente sopportare. Aveva desiderato, tantissime volte durante la sua missione, portare via Carlito da quell’ambiente, da quella realtà, aveva immaginato di conoscerlo in altre circostanze e aveva sognato di potergli stare accanto in modi che non si era concesso di fare mai, nemmeno nei sogni, con nessuno. 
Ma quelli erano rimasti sogni. Concretizzati in quell’unico, passionale, bacio. Ma insieme a Carlito aveva nascosto dietro le sbarre quella parte di lui. Permettendo all’amore di Lucia di insediarsi in lui e cercare di colmare lo strano, inspiegabile vuoto che provava da quando aveva arrestato Carlito. Da quando, in quello sguardo proprio poco prima di mettergli le manette, si erano detti un addio che non voleva essere tale. 
Non poteva ammetterlo, non lo aveva mai detto a nessuno, nemmeno alla sua squadra. 
“Vuoi bere qualcosa per calmare i nervi? Ti vedo teso..” chiese Carlito interrompendo quel fiume di pensieri. “Dì alle guardie di farsi un giro, tanto ci sei tu a controllarmi no? Il tipo che mi ha arrestato di certo non mi farà scappare..”continuò.
Johnny senza pensarci troppo avvisò le guardie che stava portando il detenuto al punto di ristoro dietro la chiesa e che non c’era bisogno di loro. Doveva regolare un conto, gli disse, e doveva farlo da solo. Le guardie pensando ad una qualche vendetta personale lo lasciarono fare, meno lavoro per loro infondo. 
Non c’era nessuno in quella stanza. Erano soli, come non lo erano da quattro anni. Ad entrambi sembrava un tempo infinito ma contemporaneamente solo il giorno prima. 
“Non credevo mi avresti dato retta. Non mi hai mai dato molta retta, a parte quando fingevi di venirmi dietro..” lo provocò Carlito.
Teneva le mani ammanettate tese davanti a lui, odiava quelle cose, odiava non poter essere libero di muoversi come voleva, di toccare Johnny come avrebbe voluto.
Johnny abbassò un attimo lo sguardo. “Non era tutta finzione amico, lo sai. E’ che stavamo da due parti opposte. Non potevo fare altrimenti.”
-Amico- pensò. L’aveva chiamato amico. Non era più ostile come pochi minuti prima. E lo aveva percepito anche dal suo atteggiamento. Forse c’era qualche speranza. 
“Lo so, lo so. Criminale, poliziotto. Non c’era via d’uscita. Ma potremmo smettere di essere tutto. E restare solo noi..” si morse il labbro mentre la parola noi gli uscì dalla bocca. Come se fosse una parola proibita. Come se tra loro due un noi non potesse esistere. 
Johnny lo guardò confuso. Erano passati quattro anni eppure rivederlo l’aveva immediatamente riportato a quel momento, a quello sguardo, a quel Carlito sulle ginocchia, a quel Carlito solo al buio, a quel Carlito che non aveva più niente perché tutto gli era stato portato via. Anche lui stesso.
“Carlito.. sto per sposare tua sorella. E’ giusto così.. Sono un bravo ragazzo, ricordi?” lo guardò con uno sguardo tra l’arrendevole, il rassegnato e il confuso. 
“Un bravo ragazzo.. Si, lo sei.” Si avvicinò non sapendo bene cosa fare, cosa dirgli. Lo voleva, lo desiderava, e il suo atteggiamento gli aveva fatto capire che infondo non era stata una menzogna, che anche lui l’aveva voluto. 
Johnny fece un passo indietro appena vide Carlito avvicinarsi, si fermarono entrambi per un istante, guardandosi in faccia. Johnny abbassò lo sguardo sulle manette. 
Eccole lì, il simbolo di quello che lui combatteva ogni giorno. Da tutta la vita. Il simbolo del crimine, dell’illegalità, di tutto ciò che c’era di sbagliato nel mondo. E legavano le mani di Carlito. Non c’era via di scampo da quella realtà. Carlito rappresentava tutto quello contro cui si era sempre battuto, eppure riusciva a vedere solo le manette come simbolo del male che tutti acclamavano nominando Carlito. Vedeva ancora i suoi errori, tutti, le sue minacce, la prigionia di Lucia, la commercializzazione delle ragazze straniere, il traffico di droga. Eppure, davanti tutto questo c’era il Carlito col pugno chiuso che lo baciava in uno stanzino di un locale non proprio di classe. 
Johnny si gettò su di lui, gli afferrò i polsi e lo trascinò verso il muro. Gli alzò le mani sopra la testa e le sbatté contro il muro. Rimasero ad un centimetro di distanza, faccia a faccia. Carlito accennava un sorriso, non voleva esporsi troppo, ormai aveva avuto la sua conferma. Johnny provava qualcosa per lui.
 “Fanculo il bravo ragazzo” sussurrò Johnny avventandosi sulle labbra di Carlito. 
In quel momento, in quel bacio, ogni frustrazione, ogni desiderio, tutta la rabbia, tutte le menzogne, le minacce, tutte le colpe si consumarono fino a lasciare solo loro due e nient’altro. 
Carlito abbassò le braccia, rinchiudendo la testa di Johnny tra le sue mani ammanettate. Gli strinse le dita contro i capelli e il corpo di Johnny reagì a quella sensazione spingendosi ancora di più contro Carlito, e spingendo sempre più lui al muro. Carlito si muoveva sapiente, il suo bacino sbatteva tra il muro e il corpo del suo uomo per fargli sentire che era lì, finalmente, era suo, e voleva fargli sentire quanto questa cosa lo rendesse felice e lo eccitasse, in tutti i sensi. L’eccitazione di Carlito aiutò Johnny a lasciarsi andare ancora di più. Si scostò un attimo, lo guardò negli occhi con il respiro affannato, lo afferrò per le braccia che stavano ancora intorno al suo collo e lo spinse su un divanetto poco vicino. Gli cadde addosso. La frenesia aveva preso il sopravvento, tutti quegli anni non avevano fatto altro che alimentare il desiderio. 
Carlito era in paradiso, tutto quello che aveva sempre voluto si stava realizzando. Non riusciva a crederci ma non voleva soffermarsi a pensarci troppo. Doveva godersi quel momento. 
Johnny improvvisamente si fermò, divincolandosi dalla presa di Carlito. 
“Diamine. Che cazzo sto facendo? Mi devo sposare tra mezzora!” si disse disperato.
“Non puoi.. Johnny, seriamente. Ti rendi conto? Non puoi sposare mia sorella. Non è un bene né per te né per lei. Soprattutto per lei.” gli disse ancora frastornato dalla passione di poco prima. Non poteva davvero pensare di andare all’altare dopo quello che era appena successo tra loro. 
“Cazzo.” Ripeté Johnny alzandosi dal divano. “Ecco perché non sono mai venuto alla prigione con Lucia! Lo sapevo che se ti avessi rivisto sarebbe successo! Lo sapevo!".
Carlito sorrideva. Sapeva che non era il momento, sapeva che non era giusto. Eppure quelle parole, quella consapevolezza di essere stato nei pensieri di Johnny per tutti quegli anni, gli erano di conforto in una maniera che non poteva proprio nascondere. 
“Ridi tu, eh?” lo canzonò Johnny, in realtà quasi divertito anche lui. Non sapeva proprio cosa fare. Ma non poteva sposare Lucia. Non dopo quello che aveva fatto. Di certo non aveva prospettive con Carlito. Sarebbe tornato in prigione, era uno dei cattivi. Cosa poteva fare? Poteva davvero lasciarsi andare e far prevalere quella parte di lui che aveva così tanto disperatamente tentato di nascondere? Di schiacciare? 
“Ok.. ok. Devo andare ad annullare un matrimonio” disse serio poco dopo. 
“E’ la scelta giusta, e tu fai sempre la scelta giusta. Sei un bravo ragazzo, ricordi?”. Le parole di Carlito non lo aiutarono, ma sapeva che era davvero la cosa giusta da fare. Johnny si avvicinò alla porta ma Carlito lo fermò con le mani, ancora strette in quella morsa. 
“Non voglio perderti. Non di nuovo.” Gli sussurrò Carlito all’orecchio.
“Oh, amico. Non credo che mi perderai” rispose lui, e si girò uscendo dalla porta, accompagnandolo dalle sue guardie. 
Johnny annullò il matrimonio, ancora prima che Lucia arrivasse in chiesa. Andò da lei e le spiegò che non poteva affrontare quella scelta di vita. Si erano lasciati per diversi motivi tanti anni prima, e quegli stessi motivi ora erano tornati a bussare alla sua porta. 
Non era pronto, non era quello che voleva, Lucia non era il membro della famiglia Solano che lui voleva. 

Carlito era stato riportato in prigione, ormai era una settimana che era tornato lì. Non riusciva a fare a meno di pensare a quello che era successo. Aveva bisogno di rivedere Johnny, non poteva resistere all’idea di non ritrovarsi più in quella stretta di passione, in quel vortice di desiderio. Eppure era una settimana che non aveva notizie di Johnny, una settimana passata a fissare prima il muro e poi le sbarre. Non si dava pace.
Finalmente la routine venne interrotta da una guardia che lo chiamò per una visita. 
Sapeva che era lui. Era Johnny, era tornato per lui. 
Quando lo vide il cuore gli scoppiò, l’ennesima conferma. 
“Siediti Solano, dobbiamo discutere di una faccenda.” Disse serio Johnny. Forse per mantenere le apparenze con le guardie. Carlito si sedette, senza dire una parola.
“Abbiamo un nuovo caso, contro il Cartello di Gaza. Ci serve qualcuno che sappia muovere i fili dall’interno, qualcuno che abbia i contatti, qualcuno che possa aiutarci a distruggerli una volta per tutte. Ecco cosa ti sto offrendo. Un accordo. Libertà vigilata, sarai sotto la mia tutela 24 ore su 24 per tutta la durata dell’investigazione, al primo accenno di guai o se provi a scappare te ne torni dentro a vita.” Johnny sembrava lo sbirro più serio al mondo. Eppure Carlito sapeva che in quella settimana, a quanto pare, aveva fatto di tutto per cercare di coinvolgerlo nel caso a cui stava lavorando. Per poter stare insieme, di nuovo. O meglio, per poter stare insieme, finalmente. 
“Ci sto capo, non c’è bisogno che ti scaldi tanto” ribatté ironico Carlito, con un sorriso malizioso. 
“Bene, appena i documenti saranno pronti verrò a prelevarti. Tieniti pronto.” Disse Johnny, ancora serio.
“Sono praticamente già pronto!” rispose alzando le spalle con fare sarcastico.
La guardia lo prese di prepotenza per il colletto e lo trascinò via per il corridoio. 
Carlito percorse tutto il tragitto fino alla cella con un mezzo sorriso in volto. Non voleva dare troppo nell’occhio. Sdraiato sulla sua brandina , non riusciva a pensare ad altro che a quello che sarebbe successo da lì a qualche giorno, e al fatto che finalmente era riuscito ad avere qualcosa nella vita. Qualcuno, che lo amasse davvero a tal punto da lottare per lui.
 
   
 
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