Prologo:Turn my back and slam the door
Finalmente
sono tornata a San Diego dopo mesi passati in giro per gli States.
Mi
stiracchio e guardo con affetto i mobili della mia villetta
sull’oceano, li ho
comprati tutti con i soldi del mio lavoro, senza chiedere nulla ai miei.
I miei
genitori sono ricchi sfondati e nobili, mal sopportano una figlia
così ribelle
come me, che si veste sempre di nero e ha ciocche bianche nei capelli.
Per
rimarcare il fatto che non andiamo d’accordo abbiamo messo un
oceano tra di
noi, loro abitano nella loro villa di campagna nel Regno Unito o nella
casa di Londra, io qui.
Io sono
Leah Lancaster, medico dei Pierce The Veil, dark incallita e
disperatamente
innamorata di Mike Fuentes, ben sapendo che non ho i requisiti per
piacergli.
Inspirando
a pieno l’aria di mare che entra dalla porta finestra aperta
inizio a sistemare
le mie cose, attività che mi porta via tutta la giornata
– interruzione per il
pranzo compresa – solo alla sera posso rilassarmi un pochino.
Secondo
la regola dei tre giorni non chiamo nessuno della band né le
ragazze,
immagino si stiano godendo il ritorno a casa. Liz da Vic, Sofia da
Tony,
Viviana da Jaime e Fanny da Alan a Costa Mesa. Accendo il computer e
inizio a
navigare, accetto qualche sporadica richiesta di amicizia su Facebook,
twitto
due stronzate e poi vado su Instagram.
I
ragazzi hanno tutti pubblicato qualcosa.
Vic una
foto con la faccia riposata e non con le occhiaie da tour, Jaime una
foto con
sua madre, Tony una foto con Sofia scattata al rettilario dello zoo di
San
Diego, ovviamente vicino alle tartarughe. Lui, Sofia e un bel esemplare
di
Geochelone Sulcata sorridono nel selfie.
Quando
arrivo al profilo di Mike rischio di sentirmi male e di far cadere il
pc dalle
mie ginocchia.
È
abbracciato a una ragazza bionda con un corpo da modella e la
didascalia dice
qualcosa come “Finalmente a casa.”
Appoggio
con cautela il mio portatile a un tavolinetto basso e bianco accanto al
divano
e poi mi stendo sul divano a guardare il soffitto.
Gli
occhi mi pizzicano da morire, ma non voglio piangere, sarebbe da
stupidi. Tra
noi non c’è mai stato nulla più
dell’amicizia, tutto il resto erano film nella
mia testa e l’ho sempre saputo, anche se fa male vederselo
sbattere in faccia.
Vic mi
aveva fatto capire che forse mi sbagliavo sul conto di Mike, che forse
nascondere i miei sentimenti non era la tattica giusta
perché c’era interesse
anche da parte sua.
Mi sa
che l’unico che si sbagliava era Vic, questa foto lo prova.
A lui
non sono mai interessata, al contrario ci ha tenuto abilmente nascosta
questa
ragazza.
Non so
quanto rimango in questo stato, so solo che è ancora la
brezza marina a
svegliarmi. Come un automa prendo di nuovo in mano il portatile e leggo
il nome
della ragazza: Alysha Nett.
Digito
il suo nome su Google e – oltre a una serie di foto in cui
è mezza nuda in pose
provocanti – trovo il suo lavoro: modella per intimo o
qualcosa del genere.
Certo,
per Michael Fuentes solo il meglio, e cosa c’è di
meglio di una modella per
intimo, tatuata e abituata a mostrare il suo corpo?
Non
certo una strana dark che veste solo di nero e a volte come una dama
dell’ottocento. Spengo il computer con un ringhio animalesco,
vorrei tanto
prenderli a pugni tutti e due!
Mi
verso un bicchierino di vodka ed esco nel cortile posteriore, da un
cancellino
si accede direttamente alla spiaggia. Io mi siedo su una sedia e butto
giù il
bicchierino tutto in un sorso, alla russa.
Brindiamo
alla fine dei miei sogni!
Con
passo un po’ incerto apro il cancellino ed entro in spiaggia
con addosso il mio
vestitino nero con le spalline che porto a casa e un paio di infradito
di gomma
nera.
Alla
luce della luna piena la spiaggia sembra una distesa bianca di
diamanti, ogni
tanto c’è qualche luccichio e in fondo la distesa
increspata e scura
dell’oceano.
La luce
della luna non riesce a chiarire del tutto i suoi misteri,
né più né meno di
quello che succede per l’animo umano, così
profondo e insondabile da essere
impossibile da penetrare completamente.
Cammino
verso la battigia senza guardarmi indietro, come inebetita. Quando
arrivo
davanti all’oceano sento il rumore famigliare della risacca e
vedo le onde
infrangersi e ritrarsi ritmicamente. C’è un
leggero venticello e la faccia
tonda della luna si riflette nell’acqua un po’
più in là.
Con
movimenti aggraziati – frutto della mia severa quanto inutile
educazione da
nobile rampolla – mi tolgo le infradito
e inizio a camminare nell’oceano.
L’acqua
tiepida mi accarezza i piedi con
gentilezza, rapidamente arrivo in un punto dove si tocca a stento e mi
butto in
acqua con un tuffo senza rumore.
Nel
momento in cui sono sott’acqua mi sembra di essere
precipitata senza saperlo in
un altro mondo: scuro, a tratti
illuminato dai deboli raggi lunari.
Riemergo
e inizio a nuotare con tranquillità, come se fosse
perfettamente normale
nuotare nell’oceano a mezzanotte.
Pensandoci
bene, è da quando sono arrivata in questa città
che desideravo farlo. Dovrei
sentirmi bene, invece provo solo una profonda tristezza.
So che
non sono stata io a farmi un bagno nell’oceano, è
stata la vodka a farmelo
fare. Domani mi lascerà come ricordo un terribile mal di
testa.
Nuoto
ancora un po’, poi torno a riva e mi chiudo in casa.
Dopo
una doccia decido che è arrivato il momento di dormire, il
mondo fa abbastanza
schifo, ogni tanto è legittimo prendersi una pausa.
La
mattina dopo mi sveglio con un mal di testa lancinante, la vodka che ho
bevuto
era abbastanza forte
perché veniva dalla
madre Russia, presa come souvenir in uno degli ultimi tour.
Fare un
bagno a mezzanotte con quell’alcool in corpo non ha certo
aiutato, mi dico con
l’occhio clinico del medico, ma l’aver realizzato
un desiderio lenisce un po’
il dolore.
Con un
grugnito esco dal letto, mi faccio una doccia, mangio qualcosa per
colazione e
mi prendo qualcosa per il mal di testa.
Solo
quando tutti gli ultimi residui della sera prima se ne sono andati esco
a fare
la spesa per riempire il frigo, in testa mi gira un’idea che
non mi dà tregua.
È
persino più fastidiosa del mal di testa, non riesco a
liberarmene.
L’idea
è di mollare il gruppo e cercarmi un’altra band da
assistere in modo da non
vedere più quella faccia da cazzo di Michael, ma la cosa mi
rende anche triste.
Gli
altri sono miei amici, compagni e compagne di avventure, e mi
dispiacerebbe
lasciarli.
Faccio
la spesa al seven eleven più vicino a casa mia visto che
sono uscita a piedi,
la mattinata è incerta, il cielo grigio.
Non
dovrebbe piovere, ma non si sa mai.
Porto
la spesa a casa e la metto via, poi decido di andare allo starbucks
all’angolo
e fare una colazione decente, la prima non me la ricordo nemmeno.
L’ho
consumata troppo in fretta per prendere le medicine necessarie.
Sono
davvero una pessima dottoressa.
Entro
nel negozio e saluto con un cenno la barista.
“Finalmente
sei tornata, Leah.”
“Non
dirmi che ti sono mancata.”
“Sei
l’unico personaggio interessante in questo posto.”
Io rido
imbarazzata e poi mi siedo al solito tavolo dopo aver ordinato un
frappuccino e
una brioches. Sono così immersa nei miei pensieri che mi
accorgo che è entrato
qualcuno solo quando sento il rumore della sedia davanti alla mia che
si
sposta. Alzo gli occhi, pronta a rimproverare lo sconosciuto, quando
vedo gli
occhi azzurri sorridenti di Jacky Vincent.
Non è
cambiato molto da come lo ricordo io: stessi capelli neri lunghi fino
alle
spalle, stessi occhi azzurri,un piercing al naso e un orecchino al
posto di
quelli sulle labbra.
Usciva
con una mia compagna di corso, Adela mi pare che si chiamasse.
“Ciao,
Jacky! Che piacere rivederti!”
“Posso
dire lo stesso Leah, sempre innamorata di Mike Fuentes?”
Io
annuisco sconsolata.
“Tu
stai ancora con Adela?”
“Si
chiamava Alena e comunque, no, non stiamo più insieme.
Troppo
piaga.
Hai
l’aria di non stare bene.”
La
cameriera interrompe la nostra conversazione con le nostre ordinazioni.
“No,
non sto bene.”
Dico
addentando la brioches.
“La
nuova zoccola di Mike mi mette di cattivo umore.”
“Vista,
molto figa.”
Io alzo
un sopracciglio.
“Non
quanto te.”
“Così
va meglio. Non so cosa fare, ho una vocina che mi dice di prendere e
andare
via, mollare i ragazzi e iniziare da un’altra
parte.”
Lui mi
guarda tutto d’un tratto molto interessato.
“Alena
è incinta, potresti sostituirla. Adesso siamo senza medico,
puoi rimanere con
noi fino a quando lei non potrà o vorrà
riprendere il suo lavoro.”
Io lo
guardo meditabonda.
"Sai
che non è una pessima idea?
Devo
pensarci e sistemare il tutto con la casa discografica.”
“Tu
pensaci, con delle referenze come le tue e la mia parola non dovrebbe
essere
difficile per te ottenere quel lavoro.”
“Immagino.
Ma com’è lavorare con Ronnie Radke?
Dicono
tutti che è uno stronzo.”
Lui
alza le spalle.
“‹É
un tipo a posto. Un po’ strano e con il vizio di parlare
troppo e flirtare
troppo, ma è ok.
Ehy, è
una rockstar dopo tutto!”
“Ah,
certo questo spiega tutto!
Sesso, droga e rock and roll!”
“Vedo
che la tua vena sarcastica non si è esaurita.
Non si
droga, comunque.”
“Beh,
ci penserò.
Tu cosa
mi dici?”
“Niente,
adesso esco con un’altra ragazza. Si chiama Ariana, non ti
piacerebbe, come
minimo diresti che è la solita oca e avresti ragione, ma non
mi sento di
impegnarmi.”
“Mettiti
almeno il preservativo.”
Sospiro.
“Sempre.
Adesso devo andare, tu pensaci.”
“Okay. Ciao, Jacky.”
Lui se
ne va e io finisco il mio frappuccino e mi alzo per pagare, arrivata
alla cassa
scopro che lui ha pagato anche per me.
Sorridendo
esco dal locale, pensando che dopotutto è un bravo ragazzo e
che la sua
potrebbe essere un’ottima idea.
Cambiare
aria potrebbe aiutarmi a digerire questa delusione, ma i ragazzi e le
ragazze?
Con un
senso di disagio crescente corro a casa mi e scrivo una lettera di
dimissioni e
poi corro alla Fearless Record e la consegno al manager dei ragazzi.
Sembra
dispiaciuto, ma alla fine acconsente e mi scioglie dal contratto.
Dopo
una breve chiamata a Jacky mi presento alla Epitaph con il mio
curriculum
vitae, con tanto di ottime referenze.
Forse
sto facendo le cose tanto di fretta per approfittare della regola dei
tre
giorni in modo che nessuno possa fermarmi.
Il
colloquio alla Epitaph è una pura formalità,
entro mezzogiorno sono il medico
ufficiale dei Falling in Riverse.
Tornata
a casa mia mi rimetto a fare le valigie, una delle clausole del
contratto è che
io viva a Las Vegas dove vive anche la band.
Mi fa
un po’ strano chiudere per sempre la mia amata casetta, ma mi
ripeto che lo sto
facendo per il mio bene, dopo anni di dolore auto inflitto.
Vado
all’aeroporto con Jacky e mi dico che una nuova avventura
è iniziata, ma che
già mi mancano
i miei vecchi compagni.
Jacky
fa del suo meglio per tirarmi su di morale, ma lo sappiamo entrambi che
la mia
è una fuga e che i fuggiaschi non sono mai felici.
“Ti
troverai bene con noi, te lo prometto.”
Mi dice
solenne mentre ci imbarchiamo e io voglio credergli, ma il magone che
provo
dice esattamente il contrario.
Non
importa, ormai è fatta.
Una
nuova vita ti aspetta, Leah, e questa volta cerca di viverla al meglio.
Con un
sospiro profondo cerco di mandare via il disagio senza ottenere
risultati
apprezzabili.
Che Dio
mi assista!
I know I left a life behind but I'm too relieved to grieve
Angolo di Layla.
Eccoci con il seguito. Ho una domanda per voi, parallelo a questo esiste un seguito completamente diverso e incentrato ancora sulle sorelle Ortega.
Volete che lo pubblichi?
Se sì, dopo questo o in parallelo a questa storia (in questo caso concedemi qualche capitolo di vantaggio, tipo inizio a pubblicarlo quando questa è al quarto capitolo).
Spero rispondiate e che vi piaccia.