Trecce per tre
«Questi
capelli ti
stanno crescendo un po’ troppo in fretta, Anne! Dovresti
tagliarli!»
Anne
sbuffava
sempre, quando Sabo glielo faceva notare. Non aveva alcuna intenzione
né di
tagliarli, né di raccoglierli in una di quelle code scomode
che al mattino la
facevano sembrare un orso arrabbiato: per di più, quando si
faceva la coda alla
sera, di mattina Anne si ritrovava con Rufy che cercava di mangiarle i
capelli
nel sonno, pensando che fossero chissà quale prelibatezza.
Insomma,
una
soluzione che potesse rendere contenti tutti andava trovata in fretta,
anche
perché la vita nel Grey Terminal e sul monte Corbo
non
era il massimo, per dei capelli lunghi di cui era impossibile prendersi
cura.
Così,
un giorno, a
Sabo venne in mente una grande idea. Una di quelle idee geniali,
proprio, che
ad Anne non sarebbe dispiaciuta! Ma per portarla a termine aveva
bisogno anche
dell’aiuto di Rufy.
«Va
bene, allora,
questa cosa si deve fare in tre. Ora dovete seguire il discorso,
d’accordo?»
Sabo
voleva che
fosse una sorpresa per Anne, ma ovviamente aveva dovuto cedere,
perché lui e
Rufy da soli non ci sarebbero riusciti. Avevano recuperato un nastrino
rosso
sgualcito tra i rifiuti dopo una lunga ricerca; a quel punto, erano
stati
inseguiti da una specie di tigre gigantesca, che aveva tutta
l’aria di aver
scambiato il nastro per un fiotto di sangue e quindi aveva pensato bene
di
approfittare di una preda indebolita; con la tigre abbattuta avevano
pranzato e
allora, a pancia piena, avevano cercato di portare a termine quella
idea rivoluzionaria
di Sabo.
«Adesso
divido i
tuoi capelli in tre grandi ciocche, Anne. Una la prendi tu, una Rufy, e
una
io.»
Fecero
come aveva
detto Sabo. Fino a quel momento Rufy era rimasto tranquillo, forse
perché
soddisfatto del pranzetto a base di carne, ma quando ebbe in mano i
capelli di
Anne, si addormentò sul posto. Dopotutto, era stato un
pranzo pesante, e dopo
un lauto pasto ci vorrebbe sempre una siesta. Nel mentre, Sabo stava
pensando a
come incastrare insieme le tre ciocche di capelli per farne una
treccia, e Anne
stava per impazzire, con quei capelli in mano senza far niente.
«Vuoi
stare ferma?
Impara da Rufy!»
Sabo
non si era evidentemente accorto di
Rufy
addormentato.
«Questa
è buona!
Da Rufy, devo imparare!»
«Intanto
lui sta
fermo!»
«Intanto
sono miei
i capelli che hai in mano!»
Rufy
cominciò a
russare sonoramente. Sabo si accorse troppo tardi del fratellino (che
nel sonno
aveva cominciato a mangiucchiare i capelli di Anne) per rimediare a
danni ormai
fatti.
«Rufy!»
Rufy
aprì un
occhio, di malavoglia, poi lo richiuse.
«Questo
è un
lavoro che richiede concentrazione!»
«Allora
dovevamo
chiedere a qualcun altro, Sabo!»
Sabo
evitò di
rispondere subito alla sorella. «Rufy, su! Ti ricordi che
questo era un regalo
per Anne? Dai, dammi una mano!»
A
fatica fecero
alzare Rufy in piedi, ma quando si ricordò che era un regalo
e che era per la
sua sorellona, si decise a stare sveglio e buono per almeno cinque
minuti.
«Va
bene, Rufy,
ora ascolta. Metti la ciocca che hai in mano sopra quella che ho in
mano io.»
«Fatto!»
«Ora,
Anne, metti
la tua ciocca sopra quella di Rufy.»
«Come
pensi che io
ci riesca, se vi do le spalle!»
Dopo
un altro paio
di lamentele, il primo giro era andato. Ne mancavano almeno una
dozzina, ma
come si dice, chi ben comincia è già a
metà dell’opera, no?
«Tiriamo
un
pochino, adesso—»
«EHI!»
Strillò
Anne.
«Un
pochino, Rufy,
non così tanto!»
«Scusa,
sorellona!»
«Vediamo…
Ora
metto la mia sopra quella di Anne. Poi, Rufy, metti la tua sopra la
mia.
Aspetta, spostati di qua, così non ci incastriamo.»
Così,
dopo essersi
attorcigliati le dita diverse volte o tra i capelli di Anne o tra le
loro
stesse dita, i tre fratelli riuscirono, bene o male, a farne una
treccia. Non
che fosse un lavoro molto bello da vedere, ma d’altronde,
come primo tentativo
(con Rufy che il più delle volte tirava i capelli ad Anne e
lei che cominciava
a dimenarsi) non era stato un fallimento. Anne decise che, tutto
sommato,
quell’acconciatura le piaceva e che l’avrebbe
tenuta su e rifatta quando ce
n’era bisogno – con l’aiuto dei suoi due
fratelli, ovviamente.
«Visto?»
Disse
Sabo, con un grande sospiro e una gran voglia di riposarsi.
«È meglio della
coda, perché rimane più ordinata. E poi la
possiamo fare in tre, ed è più
divertente!»
«Le
cose belle noi
le facciamo in tre!» Aveva detto Rufy, in un momento di quasi
serietà. Anne e
Sabo annuirono e sorrisero.
«Ora
però penserei
alla cena…»
«Non
ti stanchi
mai di avere i capelli tirati in quel modo?», le avevano
chiesto dopo qualche
tempo i suoi compagni mentre si trovavano tutti insieme sul ponte della
Moby
Dick.
«No,»
aveva
risposto Anne, «perché divido i capelli in tre
ciocche.»
Poi
si era passata
una mano sulla treccia e una sul braccio sinistro, con un bel sorriso
sul viso
pieno di lentiggini.
Note Autrice:
I
feels uccidono e
io vorrei evitarli, ma non ci riesco. Pace.
Also
vorrei far
notare l’idea rivoluzionaria
di Sabo
e lo stupido gioco di parole, perché se vedo la
possibilità di scrivere cose
del genere, io le scrivo, lol.
Ogni
tanto
scrivere cose tenere serve a tirarsi su di morale. Questi tre scemi mi
tirano
su di morale, quindi eccoci qua! Anne è troppo tenera e
penso che potrei
coccolarla fino alla fine dei tempi! Per il nome di Fem!Ace ho seguito
la
volontà di Rouge.
Si
ringrazi la mia
treccina padawan per
l’ispirazione.
Mai scelta di acconciatura fu più felice, per me.
Poi
quando leggo o
scrivo Moby Dick i feels mi assalgono perché quel libro
– è stata
un’illuminazione, per me.
Pubblico tutte queste piccole storie di fila perché poi vado a fare la mia vacanza estiva (a Settembre, già, perché farla ad Agosto è troppo convenzionale XD) e quindi starò via per un po’.
Le
note diventano
più lunghe della storia, se continuo così. Se
notate errori, avvisatemi e sistemerò. ;)
Grazie
per aver
letto! C:
claws_Jo
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.