Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: LoveNotes    08/09/2015    0 recensioni
C'era una volta una piccola città con una piccola spiaggia che, al posto dei soliti e banali lidi, aveva come “ingresso” un grande e maestoso palazzo. Questo palazzo la copriva tutta e, a differenza di come potreste immaginarlo, esternamente era un palazzo molto triste. Era un prefabbricato tutto grigio con più di mille piani, composto da oltre tremila finestre. Queste finestre non erano coperte da vetri, bensì avevano più strati di inferriate scure. A rendere il tutto ancora più triste era il fatto che questo palazzo era sempre chiuso...
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il palazzo sulla spiaggia

C’era una volta una piccola città con una piccola spiaggia che, al posto dei soliti e banali lidi, aveva come “ingresso” un grande e maestoso palazzo. Questo palazzo la copriva tutta e, a differenza di come potreste immaginarlo, esternamente era un palazzo molto triste. Era un prefabbricato tutto grigio con più di mille piani, composto da oltre tremila finestre. Queste finestre non erano coperte da vetri, bensì avevano più strati di inferriate scure. A rendere il tutto ancora più triste era il fatto che questo palazzo era sempre chiuso.

La nostra narratrice, abitava proprio in questa città. In generale era una bella cittadina: aveva un grosso parco con, addirittura, un laghetto e una piazza, dove tutti i ragazzi si recavano la sera per stare insieme.  La nostra narratrice non faceva che chiedersi perché quel grande palazzo fosse sempre chiuso, ma soprattutto perché non si potesse andare al mare. Quando provava a chiederlo ai suoi genitori, loro ignoravano le sue domande e la curiosità non faceva che aumentare in lei.
Una sera fu dato da mangiare alla sua curiosità grazie ad una storia che uno suo amico raccontò:
“Ma voi non sapete che tanto tempo fa, il palazzo era sempre aperto!” disse quel suo amico temerario e chiacchierone “Un giorno che c’era davvero un bel tempo, moltissime persone decisero di andare a mare. Erano tutti intenti a giocare sulla spiaggia quando, improvvisamente, il cielo si oscurò e le onde si fecero sempre più alte; così tutti decisero di andare via. Tutti tranne un piccolo gruppo, composto da due ragazzi e la sorella di uno di loro. Lei era bellissima, da quello che mi hanno detto, aveva i capelli castani e lunghi. Aveva più o meno la nostra età allora e, si diceva, che fosse una ballerina. Immaginerete, aimè, che fine hanno fatto. Da quel momento si decise che le porte del palazzo sarebbero state per sempre chiuse e che nessuno sarebbe dovuto andare sulla nostra piccola spiaggia.”
Alla fine della serata la narratrice, ritiratasi nella sua casa, con precisione nel suo letto, non riusciva a chiudere occhio e continuava a pensare a quella ragazza.
Quando la narratrice credeva, finalmente, di aver preso sonno, si sentì come trasportata via dal suo corpo. Iniziò a fluttuare sulla città e il suo “spirito” era così leggero che, avvicinatosi al palazzo, decise di superarlo, per vedere per la prima volta il lato che, ai suoi occhi, era sempre stato nascosto. La spiaggia era ancora più piccola di quello che aveva immaginato. Era una piccola striscia di sabbia che divideva il palazzo dall’acqua del mare. La narratrice notò che le finestre, che dal lato della città erano inferriate, dal lato del mare erano lasciate libere di far passare l’aria salata. Il mare era calmo ed illuminato da una grande luna e, dall’alto del palazzo, pareva fosse pulito e fresco.
Tutto era calmo, quando la narratrice vide una strana ombra non lontana dalla riva, che si avvicinava alla spiaggia. Responsabilmente decise di rimanere a fluttuare nascosto, ma la curiosità non la fece andare via. Rimase a guardare qualcosa di strano ed incredibile.
L’ombra divenne sempre più scura e grande. Sembrava come un grosso animale a quattro zampe e pian piano usciva dall’acqua come se stesse odorando il posto alla ricercando della traccia di un possibile nemico. Quando quell’essere uscì finalmente dall’acqua, la narratrice si rese subito conto che quello non era affatto un animale, ma bensì una ragazza. Anche se conosceva solo una mezza descrizione fatta da un suo amico, la narratrice capì subito chi era. Aveva lunghi capelli che, bagnati, erano un po’ ovunque e le coprivano anche il volto. Il suo corpo era scheletrico, le si riuscivano a vedere le ossa delle braccia e delle spalle sporgere dalla pelle. Come se fosse stata un rettile, camminava a quattro zampe. Era come se in tutti quegli anni, lei si fosse trasformata in un qualche animale e che solo in quel momento si rendesse conto di essere un’umana.
Ebbe un sussulto -la nostra narratrice- quando, vedendola avvicinarsi al grande palazzo, dopo essersi appoggiata ad una finestra, la ragazza si mise in piedi a due zampe, mostrando anche la sua elevata altezza. Guardò l’entrata del palazzo, poco distante da dove si trovava, però subito distolse lo sguardo. Alzò lo sguardo verso il punto più alto del palazzo e, dopo che una scintilla le passò negli occhi, iniziò ad arrampicarsi su di esso appoggiandosi di finestra in finestra. Non sa, la nostra narratrice, dove trovasse la forza di tirarsi verso l’alto, visto che non sembrava ci fossero muscoli, eppure lo faceva ed anche con una certa velocità. Ogni volta che si tirava verso l’alto, le sue ossa erano ancor più visibili e impressionanti.
Arrivò quasi all’ultimo piano, quando si fermò e, dopo un attimo di riposo, entrò nel palazzo.
La narratrice, ora che la ragazza era entrata, non riusciva più a vedere nulla, così, raccolse quell’ultimo briciolo di coraggio che aveva, ed iniziò ad avvicinarsi al palazzo, fluttuando. Entrò in quest’ultimo tramite una finestra poco distante da quella sopra citata. Straordinariamente l’interno del palazzo sembrava quasi curato, cosa molto strana dato che l’aria marina avrebbe dovuto distruggere tutto. Invece, tappeti attentamente tessuti ricoprivano tutti i pavimenti e le pareti erano coperte da parati scamosciati. Vi erano vasi ogni tre finestre sulla destra ed ogni quattro un quadro sulla sinistra -che rappresentavano per lo più volti sconosciuti.
La ragazza non si accorse né della narratrice né di ciò che la circondava, era come se cercasse qualcosa. Attraversò lo spazio che intercorreva fra la finestra da cui veniva a quella che affacciava sulla città. Cercò di infilarsi attraverso le varie inferriate scure che vi erano. Sembrava proprio uno di quei fuggitivi che si sarebbero salvati dal patibolo solo attraversando quelle strette sbarre ed evadendo. Riuscì a cacciare la sua testa all’esterno, mentre le sue gambe erano strategicamente infilate in più ferri, e a guardare tutta la città dall’alto. La narratrice, dal canto suo, era uscita dal palazzo e la osservava da un paio di metri. Aveva capito che non sarebbe riuscita a vederla, come se la narratrice fosse stata uno spirito, eppure la narratrice sapeva di essere viva. Ne era certa!
La ragazza guardava la città con gli occhi persi nel vuoto, pensando forse a tutto quello che si era lasciata alle spalle ed ai tanti cambiamenti che in quella città c’erano stati dalla sua ‘morte’. Improvvisamente, la ragazza si bloccò. Osservava una cosa in basso con insistenza, come se ne fosse stata affascinata.
La narratrice guardò nella sua stessa direzione e non poté credere ai suoi occhi. Avrebbe immaginato di vedere qualsiasi cosa, ma non quello che stava vedendo.
In basso, nel punto in cui entrambi stavano guardando, c’era il corpo della narratrice che impalata osservava il palazzo alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Non vi fu nemmeno il tempo di pensarci su che il corpo e lo spirito divennero una cosa sola.
Solo in quel momento, la narratrice si rese conto che era mattina e che la città si era finalmente svegliata. Guardò il palazzo in tutta la sua maestosità e cercò qualcosa o qualcuno che non ero certo di trovare. Eppure, la narratrice sapeva che c’era

DUE MESI DOPO

C’era volta un piccola città con una piccola spiaggia, che al posto dei soliti e banali lidi, aveva come “ingresso” un grande e maestoso palazzo. Questo palazzo la copriva tutta e a differenza di come potreste immaginarlo, esternamente era un palazzo molto triste. Era un prefabbricato tutto grigio con più di mille piani, composto da più di tremila finestre. Queste finestre non erano coperte da vetri, bensì avevano più strati di inferriate scure. Per un lungo periodo questo palazzo era stato chiuso, però, dopo molte rassicurazioni dei meteorologi, si assicurò che mai più sarebbe successo quel che prima era capitato e che il palazzo sarebbe potuto essere per sempre aperto e al sicuro.
Per la sera dell’inaugurazione il comune organizzò una grande festa elegante, un vero e proprio ballo, e tutti furono invitati. Non vi era un solo abitante di quel luogo che non avesse parlato di quella festa, almeno una volta.
La narratrice -che abitava proprio in questa cittadina- fu affascinata da quell’evento. Si vestì di tutto punto con un meraviglioso ed aderente abito da sera nero ed insieme alla sua famiglia si diresse al palazzo.
Esternamente, alla solita tristezza, si aggiunsero luci che giravano, illuminando, tutta la lunghezza del palazzo. Non si oltrepassava nemmeno l’ingresso che si riusciva a sentire il meraviglioso suono della musica classica francese. Nessuno si sarebbe aspettato che questa musica provenisse da un giradischi che era stato posto all’entrata, poggiato su di un tavolino in legno. Pur essendo piccolo e vecchiotto, il giradischi trasportava la sua musica in tutta l’ala abitata dalla festa. Lunghi tappeti erano stati posti per tutto il palazzo per mostrarlo ai visitatori nel miglior modo, eppure quei tappeti erano, per il narratore, familiari.
Non appena la narratrice oltrepassò l’ingresso, un brivido lo percorse e sapeva che di lì a poco l’avrebbe incontrata ancora.
 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: LoveNotes