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Autore: SvaleG_3    09/09/2015    0 recensioni
Ogni canzone che ascoltiamo ci fa provare diversi sentimenti. Io sentendo le canzoni penso a degli avvenimenti, penso a come tramutare la melodia in storia in base a quello che la canzone dice e quello che il cantante prova. Qui metterò tutti gli squarci di vita che le canzoni mi trasmetteranno, cercando di essere il più chiara e brava possibile.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Free Fallin' - John Mayer

La ragazza che ama l'America, Gesù ed il suo ragazzo.

Il ragazzo che l'ha delusa, usata e buttata senza interessarsi dei suoi sentimenti.

Il vampiro nell'oscurità e la brava ragazza a casa con il cuore infranto.


Fa freddo stasera. L'inverno è nel pieno del suo splendore e si fa sentire, anche se questo posto non è particolarmente famoso per il suo clima rigido. Siamo a Reseda, Los Angeles, California. È la California, non può fare così freddo. Eppure sono qui, il freddo è riuscito ad entrarmi nelle ossa. La condensa del mio alito mi si piazza davanti agli occhi ogni volta che respiro, offuscandomi la visuale per qualche secondo. I miei anfibi rovinati calciano qualche sassolino che trovano lungo il cammino, le gocce d'acqua della pioggia caduta qualche ora fa bagnano le punte nere e graffiate. Tengo la testa bassa per non rischiare che il vento mi tolga il cappuccio della felpa nera che ho messo. Stringo i pugni nelle tasche mentre affretto il passo verso il nostro solito punto di ritrovo. Arrivo nella zona che è già tardi e tutti i locali sono pieni, ma tanto io non devo entrare in nessuno di essi. Mi fermo e mi guardo un attimo intorno, valutando le persone che mi circondano. Mi lecco le labbra e strizzo gli occhi, cercando di capire il motivo che ci spinge a ritrovarci qui ogni santa sera, tra questi insignificanti universitari viziati che non sanno nemmeno come allacciarsi le scarpe da soli. Sono tutti uguali: polo, pantaloni costosi e scarpe firmate che avranno strapagato. Non ci vuole un genio per comprendere la ragione per cui alle ragazze piace il ragazzo cattivo. Nessuna si sentirebbe sufficientemente protetta o anche lontanamente donna con un damerino di questi al proprio fianco.
Il resto del mio gruppo è in piedi all'inizio di una delle viuzze buie vicino ai locali. Riconosco il fumo e gli schiamazzi, le loro voci inconfondibili e già mezze fatte. Li raggiungo con pochi passi lunghi e veloci. Mi salutano tutti, uno per uno. Chi mi da una pacca sulla spalla, chi una stretta di mano, chi un cinque. Le due ragazze di turno che dobbiamo portarci dietro perché sennò non abbiamo il divertimento garantito a fine serata mi squadrano dalla testa ai piedi e non ci metto molto ad immaginare i loro pensieri. Non sono nemmeno tanto brave a nasconderli con quei ghigni e gli occhi che trasudano lussuria. Rivolgo loro un cenno del capo e un piccolo sorriso di circostanza. Non ricordo nemmeno i loro nomi, non potrei fare altro.
"Amico, che fine hai fatto l'ultimo mese?" Josh mi circonda le spalle con un braccio, appoggiandosi al mio fianco. Nell'altra mano tiene una bottiglia di birra mezza vuota e tra le dita uno spinello. Sicuramente non sono le prime che si fa, posso percepirlo dai suoi occhi e dal suo alito. È leggermente più basso di me e fa fatica a tenersi in equilibrio se mi abbraccia, ma non mi interessa; non è un mio problema se cade. Mi tolgo il cappuccio dalla testa o almeno quello che ne rimane e mi scompiglio i capelli che stanno ricrescendo e mi arrivano quasi alle orecchie. Mi guardo la mano e noto che qualche filo d'oro si è incastrato tra le dita. Faccio finta di niente e li scuoto via, rimettendomi subito la mano in tasca. Guardo il mio amico che già non capisce niente e gli sorrido, sperando con tutto me stesso che non si sia accorto di nulla.
"Ho avuto da fare" rispondo. Lui sghignazza e scuote la testa, liberando finalmente le mie spalle dalla sua morsa instabile.
"Certo, eri con qualche puttanella a spassartela, brutto bastardo!" Mi viene voglia di prenderlo per il colletto e rompergli la mascella con un pugno, ma mi trattengo e tiro fuori una risata forzata. Mi faccio passare una birra per evitare altre domande e mi appoggio al muro di mattoni freddi e umidi, piegando una gamba e poggiandoci anche il piede su quel lerciume.
Sono alla seconda birra quando il mondo che mi circonda si ferma. Mi focalizzo su un gruppo di universitari che sono appena usciti dal locale di fronte a me, ridendo e scherzando. Ci sono diverse coppie che si tengono per mano. Tutti i ragazzi del gruppo indossano dei giacchetti uguali con il nome di un'università sulla parte destra del petto e le maniche bianche, facendomi intuire che si tratti di una qualche squadra. Ma non è questo che mi interessa. Tutte le altre figure sono sfocate, la mia mente non ci si focalizza abbastanza, ma una è nitida e cattura completamente la mia attenzione.
I capelli lunghi e biondi sono raccolti in una coda alta e liscia che le arriva alle spalle magre. È coperta a malapena da un cardigan blu e si abbraccia il busto con un braccio. Ride, i suoi occhi verdi luccicano ed ha le guance arrossate per il repentino cambiamento di temperatura. I jeans le stringono le curve, mettendole meravigliosamente in risalto. Ha la mano intrecciata a quella di un tizio che sembra aver appena fatto un incidente con un negozio di Ralph Lauren. I pantaloni beige, la camicia blu e dei mocassini. Le spalle possenti sono coperte da uno dei giacchetti della squadra e il suo sorriso è il più viscido che abbia mai visto. Guardo di nuovo lei e il suo braccio intorno al suo corpo, proprio sotto il seno. Ora le sue labbra si stanno scurendo e i denti le sbattono impercettibilmente per il freddo. Sente freddo e il coglione fa il belloccio con la sua cazzo di giacca legata sulle spalle. Stringo i pugni che mi formicolano e serro la mascella per mantenere la calma.
La guardo sorridergli quando lo bacia e gli sussurra di amarlo. Lui non ricambia, le sfiora fugacemente le labbra e la lascia lì, con le sue amiche. Lo segue con lo sguardo finché la sua macchina non scompare, poi sospira e guarda le stelle. La vedo venire verso di noi, quindi mi sposto, infilandomi di più nel vicolo buio per fare in modo che non mi veda. Ci passa vicino, incrociando le braccia e inarcando la schiena per riscaldarsi il più possibile. Sale in macchina di una sua amica e in poco tempo sono fuori dalla mia visuale.
Non posso credere di averla rivista. Il mio cuore batte all'impazzata e mi sorprende perché ancora riesce a lavorare così nonostante le sue condizioni. La testa inizia a girarmi e la vista mi si appanna. Strizzo gli occhi un paio di volte prima di salutare il gruppo e andarmene. Nessuno fa domande, mi sono sempre comportato così. Una delle due ragazze mi afferra un braccio, ma mi libero con uno strattone, senza guardarla.
Non ci metto tanto ad arrivare a casa sua. Faccio il giro, arrivando al giardino sul retro, dove affaccia il suo balcone e mi siedo sotto la quercia, sul prato bagnato. Non so che ore sono, so solo che è tardi e la luce della sua camera è accesa. La sua ombra sulle tende si sta sciogliendo la coda e si scompiglia i lunghi capelli setosi. Ricordo la loro consistenza e il loro profumo, come mi piacesse svegliarmi e ritrovarmi il braccio aggrovigliato ad essi e il torace mezzo coperto dalla loro lucentezza, mentre il sole illuminava la sua pelle liscia e candida. Le piaceva dormire su di me e io non mi lamentavo, anche se ogni tanto mi si addormentava qualche arto e quando mi svegliavo faceva male. Durante quei momenti non pensavo alla fortuna che avevo, pensavo solo al dolore fisico. Quanto vorrei picchiarmi per quei pensieri stupidi.
Si slaccia i bottoni del cardigan, sfila la maglietta e toglie il reggiseno. La sua ombra riflette perfettamente il suo corpo e i suoi seni, turgidi per il freddo. Mi lecco le labbra mentre risento il loro sapore, ricordando i suoi gemiti timidi mentre dedicavo loro tutta la mia attenzione, uno alla volta, con la bocca e con le mani. Li strizzavo, li accarezzavo, li tiravo, li succhiavo, li mordevo. Molte volte non riuscivo a trattenermi e arrivavo a lasciarle dei segni rossi sulla pelle bianca. Mi piaceva vedere quei segni lì, sul suo collo e sulla sua scollatura, perché mi ricordavano costantemente che il suo corpo mi apparteneva, era solo mio.
Slaccia i jeans e li sfila lentamente, ancheggiando leggermente per agevolare le sue azioni. Io non ho mai aspettato che si spogliasse per me, le ho sempre strappato via i vestiti, senza veramente soffermarmi sulle sue movenze. Sui suoi fianchi pieni schiacciati sotto il mio bacino, sul suo sedere sodo stretto tra le mie mani e sulle sue gambe lisce piegate per facilitare le mie spinte forti e rudi. La sua voce che pronunciava il mio nome a fatica tra un gemito e l'altro, il suo respiro pesante e profumato, le sue piccole mani avvinghiate ai miei bicipiti tesi mentre mi liberavo in lei. Il suo sapore nella parte più sensibile del suo corpo, le sue mani tra i miei capelli mentre la assaporavo come volevo e la esploravo con le dita. Il suo sguardo innocente quando tutto questo lo vivemmo per la prima volta, i suoi occhi spaventati, il suo dolore.
Le ore dopo, lei nuda con le lenzuola aggrovigliate al corpo, mentre giocava con i miei bracciali e parlava del suo amore per Elvis e della sua fede smisurata in Dio. I suoi baci delicati e i suoi sguardi timidi mentre mi guardava e si scusava perché stava parlando troppo. Nessuno dovrebbe mai scusarsi perché parla delle sue passioni; sono sicuro che qualcuno prima di me deve averla ferita, dicendole che era noiosa e ora lei ha paura di sbagliare di nuovo e chiede scusa quando si accorge di essere troppo coinvolta in un discorso che le sta a cuore. A me non doveva mai chiedere scusa, mi facevano impazzire i suoi occhi che brillavano per quegli argomenti, come la sua passione per l'equitazione. L'ho immaginata qualche volta in sella ad un cavallo, nuda, mentre i capelli le svolazzavano sul viso. Cavalcava il cavallo con la stessa passione con cui una volta ha cavalcato me. Una delle ultime volte, prima di scoprire che il mese più bello della mia vita era anche l'ultimo mese che avevo da vivere.
Vorrei gridare fino a consumarmi le corde vocali per quello che le ho fatto. L'ho adescata e l'ho usata per i miei scopi personali. L'ho presa e le ho succhiato via tutto il sangue dalle vene, tutta la sua felicità, tutta la sua anima. Le ho rubato quello che aveva di più prezioso e poi l'ho lasciata a se stessa, a casa con il cuore infranto, mentre io tornavo alla mia vita di sempre, ad essere il mostro che sono sempre stato. So di averla fatta piangere, so di averla delusa, so di essere stato un vampiro brutale con lei, mentre lei è una brava ragazza. Lei ama il suo ragazzo, sua madre e la sua patria. Io non sono riuscito ad amare nemmeno me stesso. Lei è un angelo perché è riuscita ad amarmi nonostante tutto e io sono uno stronzo perché dopo tutto quello che abbiamo vissuto non mi è mancata nemmeno per un attimo. Fino ad ora.
Ora ho capito. Ho capito che lei mi ha fatto innamorare e che il mio cuore sta precipitando velocemente verso un baratro tetro, più nero dell'oscurità che mi ha sempre circondato. E ora che sto per lasciare questo mondo ho capito che oramai sono in caduta libera per lei, che la amo. Vorrei urlarlo al mondo, vorrei scriverlo in cielo che l'amo più di ogni cosa, l'amo e fa male. L'amo e non posso amarla, perché me ne sto andando.
Chiudo gli occhi e poggio la testa alla corteccia del grande albero, tirando un gran sospiro. Ho le vertigini e i miei sensi mi stanno abbandonando. Penso a lei, ai suoi baci caldi, al suo sorriso ai suoi occhi verdi. Penso a tutti i particolari del suo viso e al fatto che non potrò riaverla mai più. I nostri mondi non si appartengono, io l'ho fatta soffrire. Lei era pura e per me lo è ancora, mentre io sono un maledetto bastardo succhiasangue. Le ho tolto tutto e le ho spezzato il cuore. E ora mi merito di precipitare nel vuoto. Mi aggrappo ancora un momento al terreno e alzo gli occhi alla sua finestra: la luce è spenta. Guardo la corteccia della quercia e l'incisione fresca, prima di lasciare la presa e abbandonarmi al sonno. Abbandonarmi alla mia caduta libera verso il buio.
"Ti Amo".

 

Ciao a tutti e benvenuti nella mia raccolta di song-fiction! 

Questa non è la prima volta che scrivo qualcosa, ma finalmente ho trovato il coraggio di pubblicare qualcosa che non sia una fan fiction!

 Per me la scrittura è tutto, vorrei infatti diventare una scrittrice e sono dell'idea che la musica è la fonte d'ispirazione più grande che ci possa essere per un artista o uno scrittore, quindi ecco da dove viene quest'idea!

 Che ne pensate? E, soprattutto, se vi va consigliatemi qualche canzone che vi fa provare quelle sensazioni talmente particolari e uniche che non sapreste spiegare, ci proverò io!

Baci!!

  
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