Storie originali > Generale
Segui la storia  |      
Autore: skyywardsongx    08/02/2009    1 recensioni
Paradisiac Inhumanity è il titolo della storia in generale, ma anche del racconto che la protagonista, Elyan, sta cercando in tutti i modi di scrivere.
Nel corso della vicenda si intrecciano capitoli di ParaInhu e momenti della vita di Elyan. È difatti la vita della ragazza il vero centro della storia.
9 febbraio 2009 ~ aggiunto un altro pezzo!
Genere: Generale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Una figura sedeva sul davanzale, la gamba sinistra piegata verso il petto, la destra a penzoloni fuori dalla finestra. Il braccio sinistro, piegato e appoggiato sul medesimo ginocchio, era avvolto da una rozza fasciatura, tutt'altro che professionale. Ma del resto, a Parthas Ifreann quello era il meglio che si poteva avere.
Se ne stava immobile, lo sguardo cieco perso sul mondo esterno, invaso da nuvole azzurre di Koer, più intense ogni volta che una persona dall'animo buono passava nei paraggi. Non che la gente fosse molta attorno alla Casa. Gli abitanti sapevano bene che non era un luogo turistico, quello, e se ne tenevano bene alla larga. Incontrare faccia a faccia un Jolly non era sempre piacevole. Soprattutto se quel Jolly era lui, Malice, il capo.
Riusciva a controllarsi, certo, ma le pillole lì erano un sogno, e Scarecrow prendeva il sopravvento senza preavviso, e senza che lui potesse farci nulla. Agli altri Jolly non faceva nulla, anzi si trovava a suo agio con loro. Ma i passanti... non li conosceva, e non sapeva da che parte stavano. Se poi avevano in sé appena un briciolo di cattiveria, be', ecco che scattava. E uccideva. L'aveva già fatto, e non si faceva scrupoli a rifarlo.
No, Scarecrow era pericoloso, troppo pericoloso per essere lasciato libero in mezzo alla gente comune. Per questo lui, Malice, non lasciava mai la Casa. Mai. Solo quando si trattava di scontrarsi con i Cacciatori.
Si sentiva strano, quel giorno. La ferita si stava infettando, certo, ma non solo. La febbre causava i tremiti, il sudore, anche il dolore alla testa. Ma non quella sensazione di vuoto che si sentiva dentro. Quella dipendeva da qualcos'altro che non riusciva a identificare.
Poi la porta della Casa si aprì, qualcuno oltrepassò la pesante tenda nera che delimitava la sua stanza, e una voce femminile lo chiamò. Noirin Dana. Anche lei sembrava strana, dalla voce. Triste.
« Hey Malice… » lo salutò. La sentì muoversi attraverso la stanza, fino a raggiungere il suo letto.
« Senti… possiamo parlare di quello che è successo ieri? Per favore… »
Triste, davvero triste. Sentì le molle del materasso scricchiolare quando lei ci si sedette.
Con prudenza si volse verso di lei. Conosceva la Casa alla perfezione, ma a volte la sua cecità si dimostrava un vero problema. Quando qualcuno dimenticava lo skateboard abbandonato sul pavimento, ad esempio. O quando qualcuno crollava addormentato sul pavimento…
« Di… ieri? » le chiese. Non capiva di cosa Noirin volesse parlare, esattamente. Da che sapeva lui, il giorno prima non era successo nulla…

Non saprei dire esattamente per quanto ero rimasta a fissare lo schermo del computer senza riuscire ad aggiungere una sola frase che valesse la pena lasciare scritta, ma mi sembrava un’eternità. Non sapevo come continuare, continuavo ad aggiungere parole e poi cancellarle delusa.
Avevo scritto meno di una pagina e già ero bloccata. Accidenti!
So che succede, a volte, ma so anche che a me succede un po’ troppo spesso. Ho ventidue anni, da quando ne avevo dieci provo a scrivere un racconto, e non sono mai riuscita a finirne uno. Evidentemente sono negata.
Mi lasciai cadere contro lo schienale della sedia, sbuffando sconsolata. Una volta tanto che avevo tutto bene in mente non riuscivo a scrivere. Eppure cosa doveva succedere nella storia lo sapevo. Sapevo di cosa Noirin voleva parlare con Malice. Sapevo come avrebbe risposto lui. Solo, non riuscivo a metterlo nero su bianco.
È snervante avere sempre tante idee in testa e non riuscire a svilupparle. Mi ha sempre dato fastidio, mi fa innervosire. E poi mi arrabbio. Di solito chiudo tutto, lascio perdere per un po’. Questa volta invece decisi di provare a continuare. Ancora. Non che avessi avuto una qualche illuminazione divina… solo non volevo arrendermi. Sono sempre stata piuttosto testarda, lo ammetto.

« Sì, sai… di quello che è successo con Lon… »
No, non riusciva a seguirla. Non ricordava fosse successo qualcosa di strano o particolare il giorno prima, né ricordava di aver sentito Lon.
« Noirin, non capisco… » le disse, la confusione ben visibile sul suo volto devastato.
« Come? » chiese lei, voltandosi nella sua direzione. Poi si ricordò: quando Scarecrow prendeva il sopravvento, Malice si eclissava, inconsapevole di tutto. Per questo non capiva: non sapeva.
« Oh, scusa. È vero, tu non lo sai. Ecco… ieri, tu e Lon avete litigato. Cioè, lui e Lon hanno litigato. »

« Elyan… »
La voce di mio fratello giunse inaspettata, facendomi sobbalzare. Era appena fuori dalla mia porta, chiusa come sempre quando voglio starmene in pace. In un moto istintivo cliccai sulla barretta per ridurre ad icona la pagina, così da nasconderla alla vista di mio fratello, poi lo invitai ad entrare, sfoderando un sorriso sfacciato. Come se ci fosse bisogno di nascondere il mio racconto. Come se stessi facendo qualcosa di male. « Entra » gli dissi, girandomi per fronteggiare la porta.
L’aprì, appoggiandosi allo stipite con la spalla destra. Tutti dicono che io e lui ci somigliamo; secondo me non è vero. Sì, abbiamo parecchio in comune: stessi occhi verdi, stessi capelli ramati, ma i suoi sono più scuri, più castani, mentre i miei sono più biondi. E poi, lui è alto, come nostro padre. Quasi un metro e novanta. Io invece sono meno di uno e settanta. Rune è bello, muscoloso, perfetto in ogni particolare. Io… be’, sono normale. Al massimo carina, ma comunque non all’altezza delle mie sorelle.
« Ancora al computer? » mi chiese Rune, piegando le labbra in un ghigno adorabile. Per tutta risposta gli feci una linguaccia.
« Simone ci vuole di sopra »
Il suo tono di voce non era dei più allegri, il che mi fece subito insospettire. Simone, la nostra matrigna, non era cattiva, ma a volte aveva una concezione diversa dalla nostra di “maggiorenni e vaccinati”. Mentre nostro padre aveva capito e accettato che, benché vivessimo ancora a casa con loro, sia io sia Rune avevamo una vita quasi totalmente indipendente, per Simone eravamo ancora due ragazzini a cui badare. Non fosse per papà le avrei già rinfacciato che non è nostra madre, benché ne faccia le veci da quando eravamo piccoli. Rune non si fa troppi scrupoli, invece, quando è nervoso, e per questo di solito finisce per litigare con papà.
Ma, come sappiamo bene tutti, è Simone a comandare. Senza il suo consenso non si fa nulla. E non la si contraddice mai, mai e poi mai.
Rassegnata, spensi lo schermo del computer e mi alzai, raggiungendo mio fratello. Gli arrivavo forse alle spalle. Come sempre mi sentii piccola e indifesa.
« Forza e coraggio! » mi incitò, cingendomi le spalle con un braccio.



risposte alle recensioni15.02.2009 - @ Sen
È un effetto voluto, non preoccuaprti XD Siccome la parte iniziale - come anche tutte quelle che compaiono in times - è un racconto che la protagonista sta scrivendo, il tutto viene sviluppato in modo che sia lei a spiegare. Nel prossimo pezzo di racconto - ovvero nel prossimo pezzo in times - verranno date delle spiegazioni più dettagliate.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: skyywardsongx