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Autore: balboa    09/09/2015    1 recensioni
Importante: quello che ho scritto è frutto della fantasia, deliberatamente ispirato a dei fatti reali. Ho deciso di cominciare proprio dall'inizio dell'avventura di Axl Rose, anche da prima che nascesse. Scriverò su come secondo me potrebbe essere andata la sua vita, cercherò di catapultarvi dentro di essa, andando oltre alle solite informazioni che si trovano in Internet. Con ''personaggi-quasi tutti'' non intendo che saranno presenti già Slash, Duff o Steven. Li aggiungerò più in là o in un'altra storia. Intendo invece la famiglia e gli amici. Ok grazie per l'attenzione e buona lettura :D.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axl Rose, Izzy Stradlin, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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-positivo.- sussurrò con voce strozzata la quasi sedicenne fissando incredula le due lineette sul diplay.
-porca puttana e adesso?- si portò una mano alla bocca mentre le lacrime cominciavano a rigarle le guance e le bagnavano il mento. Era seduta sulla vasca in pigiama, per terra c'era vomito, un po' di sangue e fazzoletti e asciugamani sporchi. Aveva quindici anni e 7 mesi, non aveva ancora capito niente di come funzionava il mondo e in mano teneva un test di gravidanza che le stava dicendo che era incinta. -cazzo!!!- urlò alzandosi di scatto e buttando lo stick per terra. Si porto le mani alla testa alzando tutti i suoi riccioli rossi per aria. Cominciò a camminare avanti e indietro nel bagno. Imprecò miliardi di volte, tremando da capo a piedi, le mani erano impazzite.  Poi si sedette sulla tazza del water coperta e cominciò a piangere a dirotto, facendo dei suoni strani con la bocca a tratti. Restò così per un bel po' piegata in due, con la fronte poggiata sulle ginocchia e la faccia immersa nei capelli.
Cosa doveva fare? Non aveva neanche sedici anni, non aveva il diploma, non aveva un lavoro. Avrebbe voluto avere un bambino, sì, ma non in quel momento, e non con quel ragazzo che conosceva da qualche mese. Voleva divertirsi, voleva ancora ubriacarsi, andare in discoteca a ballare, voleva finire il liceo. E invece c'era qualcosa dentro di lei che si stava già muovendo, era difficile da concepire. La sua temperatura corporea era salita alle stelle. Il sudore si appiccicava alla maglietta.
Ma il padre del bambino, lui era il problema maggiore. William non era affidabile, com'è che era stata al gioco quella sera? C'era stata una festa, lei era sbronza, aveva bevuto come una spugna della roba super alcolica, roba che avevano rubato dal mobiletto degli alcolici. Poi Johnny, che aveva dato la festa, aveva portato fuori anche un po' di vino dalla preziosa collezione del padre. Sharon aveva conosciuto meglio William, lo conosceva da poco più di un mese, l'aveva invitata lui al party. Aveva quattro anni più di lei, anche il ragazzo era bevuto, era quasi K.O. Si erano rinchiusi nello sgabuzzino delle scope stretti in un metro per uno, non ci era voluto molto. Come diavolo le era venuto in mente? E poi lui ci sarebbe stato per il bambino eh? Che padre sarebbe stato? Avrebbe messo la testa a posto? Da quel che sapeva di lui era sconclusionato, aveva dei problemi con la legge, aveva problemi con le persone, sembrava essere contro il mondo intero. E se non avesse riconosciuto suo figlio? E se fosse andato via? Sapeva che ogni tanto spariva per giorni e poi tornava come se nulla fosse e i suoi genitori probabilmente non sapevano dove stava.
Avevano stretto un qualche legame, si erano visti anche dopo la festa, l'aveva cercata lui. Aveva parcheggiato fuori dalla sua scuola, su una macchina rossa sgangherata, e lei era subito andata in tilt, sentendo le farfalle nella pancia, ancora non sapeva di essere incinta.
A Sharon un po' piaceva, innegabilmente. C'era qualcosa che le piaceva da morire in lui però non capiva cosa.
Si rese conto della gravidanza dopo poco più di una settimana dalla festa. Aveva avuto un ritardo, ma questo le succedeva sempre e aveva attribuito la nausea e i dolori allo stress che le causava lo studio. Era maggio, aveva passato giorno e notte sui libri. Quindi aveva comprato un test ed era risultato positivo.
Si specchiò cercando di respirare normalmente. Aveva occhi gonfi come gommoni e tutti rossi sia nella cornea che fuori, li aveva strofinati molte volte cercando di darsi una calmata ma scoppiava di nuovo in lacrime e i capelli erano sporchi di lacrime e vomito, la maglietta anche. Le veniva in mente un'altra storia, una storia che conosceva troppo bene. Sua madre l'aveva avuta quasi allo stesso modo e i suoi genitori l'avevano buttata in strada con una valigia. Faceva due lavori quando era incinta, pur di non sentirsi costretta a darla in adozione. E se lei avrebbe dovuto invece? Non voleva che il bambino avesse una vita di merda e allo stesso tempo voleva tenerlo lei. Il suo, di padre, non l'aveva mai conosciuto. Era certa che sua madre si sarebbe arrabbiata da morire, la storia si stava ripetendo.
E poi perché aveva questo gelante presentimento che William l'avrebbe abbandonata? Sua madre glielo aveva detto di stare lontana da quelli come lui ma lei non le aveva dato ascolto ed era restata abbindolata dal fascino maledetto di quello lì.
''va bene Sharon'' pensò appoggiandosi al lavandino di fronte allo specchio ''ora bisogna dirlo a William''. Sembrava l'unica soluzione logica, inseme avrebbero deciso come fare. Si sciacquò il viso, diede una sistemata in bagno, si cambiò vestiti e montò in bici. Corse per quasi due chilometri poi si fermò di fronte a una casa giallina circondata da erba alta e secca. C'erano mozziconi ovunque. La cassetta delle lettere era quasi completamente distrutta, accartocciata come fosse un foglio, la scritta rossa Rose era quasi del tutto sbiadita. C'era odore di bruciato, di plastica bruciata. Fece un bel respiro, tossendo un po'. Passò in mezzo all'erba e anche alle colonie di zecche che sicuramente popolavano felicemente tutto il cortile. Bussò alla porta. Le tavole di legno della veranda scricchiolavano sotto di lei. Aprì un uomo sulla quarantina, i capelli unti, lo sguardo incazzato, la barba non fatta. Indossava una canottiera macchiata e una camicia azzurra aperta sopra con i peli riccioli del petto che spuntavano fuori. Indossava dei calzini bucati.
-e tu chi sei?- fece quello indirizzandole sopra il fumo della sigaretta.
-ehm io sono Sharon, molto piacere- porse la mano a disagio. Era agitata per tutta quella situazione. L'uomo la strinse, sempre guardandola storta.
-cerco William abita qui no?-.
-si abita qui purtroppo- borbottò scorbutico poi si giro verso delle scale che portavano a una cantina probabilmente.       
-William!!!!!!- urlò -muovi il culo ti cercano!!-. Si sentì una porta sbattere e il ragazzo apparì dalle scale a petto nudo con solamente dei jeans addosso.
-chi cazzo è- borbottò poi vide Sharon e si affrettò a uscire. Di nuovo sbattè la porta.
-perchè sei venuta qui?? cazzo- disse accendendo una sigaretta. -non devi venire mai qui. Non venire mai più qui-. La ragazza rimase molto sorpresa ma annuì lievemente senza fare domande.
-sss-scusa non volevo metterti a disagio- si torceva le mani, massaggiandosi un po' la pancia.
-senti dobbiamo parlare di una cosa possiamo andare da un' altra parte?- disse con la voce che tremava un po'.
-ok mi vesto aspetta qui- entrò e di nuovo una serie di porte sbattute. Riuscì subito con una maglia infilata nei lunghi e larghi jeans a zampa.
Camminarono in quello stesso isolato. Erano le sei passate.
-dai dimmi spicciati- disse accendendo un'altra sigaretta. -ho molte cose da fare-
-William io- deglutì -io... io...-. Cos'è che doveva dire? Stava andando nel panico.
-tu? Vai avantì Gesù- disse quello.
-sono incinta-. William si fermò di botto, guardando il vuoto, con i bangs rossi che gli offuscavano la vista.
-stai scherzando vero!?!?!- sbraitò con i denti consumati dal fumo in bella vista. -o cazzo no non ci credo- disse cominciando a camminare da una parte all'altra e fermandosi di colpo con le mani tra i capelli. La sigaretta se la stava fumando il vento. -no no NO CAZZO NON è POSSIBILE- urlò alzando la testa verso l'alto e strizzando gli occhi. Fece un verso strano, un verso di rabbia e cominciò a prendere a calci una cassetta della posta. Sharon aveva le lacrime agli occhi.
-fermati William ti prego fermati- singhiozzò.
-lo sapevo che eri tu Rose!- urlò il vecchio proprietario della cassetta. -vado a prendere il fucile non la passerai liscia!!!-. Il ragazzo si fermò e si guardò intorno respirando affannosamente.
-vieni con me- disse a Sharon senza voltarsi. Finirono in un parco con l'erba incolta e dei bambini che giocavano sulle altalene. William la portò in un posto appartato, dietro ad alcuni cespugli. C'era una panchina. La ragazza si sedette.
-la pillola non ha funzionato-. Disse Sharon e scoppiò a piangere. William si accese un'altra sigaretta, quasi per nulla toccato dalle sue lacrime.
-dimmi la verità cazzo- disse poi. -funzionano sempre, non è possibile che tu abbia preso la pillola e che mo tu abbia comunque un moccioso dentro di te-
-c'è solo il 95% di probabilità che funzioni- singhiozzò Sharon.
William non era per nulla convinto.
-non mi prendere per il culo Sharon NON MI PRENDERE PER IL CULO CAZZO- urlò tirando un pugno sulla panchina.
-ma vaffanculo tu sei matto- urlò lei con le lacrime che le riempivano gli occhi.
-non finisce qui Sharon- disse buttando la sigaretta e andandosene.
Anche Sharon se ne andò, non appena fu capace di controllare le lacrime. Aveva lasciato la bici da William. Doveva tornare a piedi. Quando aprì la porta di casa sentì un intenso odore di carne e aglio.
-Sharon dov'eri finita??- urlò sua madre dalla cucina. -è quasi buio mi stavo preoccupando! Sai che mi devi almeno lasciare un biglietto per Dio-
-si scusa ero da Marika- disse la prima cosa che le venne in mente. Doveva tenere il segreto ora, anche se le stava scoppiando la testa. Poi salì nella sua camera, si tolse la maglia e si mise di profilo di fronte allo specchio con solo il reggiseno addosso e cominciò a guardarsi la pancia, ancora piatta

 
   
 
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