Titolo: Un anno fa
Autrice: princes_of_the_univers
Disclaimer:
I 30
seconds to Mars non mi appartengono. Scrivo solo per divertimento e, in
questo
caso, per ricordare.
Note:
questa non è
una vera e propria Fan Fic. Non ci sono scene di fantasia, ma solo la
verità. È
il resoconto assolutamente personale della notte dell’8
febbraio del
Dedicato
a tutti
coloro per cui essere Echelon significhi veramente qualcosa, e non solo
un’etichetta per conformarsi alla massa.
Un
anno fa
Sono
in mezzo alla
bolgia più infernale che abbia mai affrontato e si che di
concerti in vita mia
me ne sono visti parecchi, tra i quali uno in un Centro Sociale dove il
pogo
era iniziato ancora prima della prima canzone. Amo la musica, mi
carica, mi
scarica e mi esalta. Per me ascoltarla dal vivo è la
quint’essenza del piacere.
Insomma, la realtà Live mi appartiene. Ma non adesso.
Parigi,
8 febbraio
2008, Zenit: concerto dei 30 Seconds to Mars. Anzi, piccola
precisazione: il
MIO primo concerto dei 30 Seconds to Mars. È da stamattina
alle sei e mezza che
sono in fila, sfoggiando con orgoglio il mio 33 sulla mano, ormai
leggermente
sbiadito. Mi fanno male i piedi perché da due ore non riesco
a muovermi, tranne
che per seguire la folla impazzita che si è esaltata per un
nanetto colto da
strane convulsioni sul palco, mentre cantava (?)
dell’improbabile musica dance
d’autore e sto giurando a me stessa che non rifarò
mai più una stupidata del
genere per nessuno, tranne forse per gli U2. In realtà sto
mentendo a me
stessa: tra 4 giorni sarò a Milano a rifarmi
un’altra fila interminabile sempre
per questi quattro marziani.
Sono
stata separata
dalle altre mie compagne di viaggio e credo di essere l’unica
non francese qui
davanti. Mi prendono in giro, mi insultano e ridono di me, ma la cosa
francamente non mi importa: io rispondo senza problemi per le rime.
Vicino a me
una ragazza di Nizza si sta infervorando contro le sue compatriote e mi
prende
sottobraccio. In uno stentato inglese si fa capire e per questi dieci
minuti
passati insieme, le voglio bene.
I
tecnici non ci
sono più, è calato il velo bianco e sento
l’adrenalina crescere: è il momento
che aspetto da mesi, il loro concerto.
E
inizia.
I
Carmina Burana si
spandono per l’arena e i brividi arrivano dalla punta dei
piedi fino all’ultimo
capello. Vengo sommersa da un turbinio di emozioni incredibili, da
un’energia
potente. L’unica esperienza che avevo provata era stata
guardando i video del
Pink Pop e del RockamRing, ma dal vivo è qualcosa di
indescrivibile. È come se
tutta la fatica della giornata sparisse, come se le ore passata ad
aspettarli,
seduta in fila ascoltando i resoconti delle ragazze appena arrivate da
Londra,
fossero in realtà minuti, bazzecole, attimi senza
importanza, perché adesso
sono lì, a pochi metri da loro.
Dietro
il telo vedo
le ombre di Jared e di Tim. La gente mi sposta dal cantante al bassista
senza
preoccuparsi di nulla. Vengo spinta con poca grazia, colpita senza
pietà. E non
mi interessa, voglio solo sentire la batteria di Shannon attaccare con
Battle
of One, la chitarra di Tomo stimpanarmi e l’urlo di Jared
accendermi come
sempre.
Invece
mi fregano:
sento la familiare pianola di Attack e urlo per far uscire tutta la mia
frustrazione repressa. Stringo in mano la mia bandiera, il legame con
il Friuli
Venezia-Giulia, la mia terra. Il legame con i miei soldati della
Fantasy
Division, che adesso staranno pensando alla loro Generale e le augurano
tutto
il bene possibile per quella indimenticabile serata. Spiritualmente
loro sono
qui con me.
Il
telo scende e
Jared canta. Indossa un trench blu elettrico e un paio di pantaloni
bianchi che
lo fanno, se possibile, ancora più magro. Ai piedi le
classiche Onitzuka bianche
e dal colletto della giacca spunta qualcosa di rosso. I capelli sono
perfettamente al loro posto, caschetto alla Beatles e per completare il
tutto,
due dita di colore fluorescente sotto gli occhi. L’ho detto
io che siamo ancora
a Carnevale.
Tim
non è da meno:
pantaloni giallo canarino e felpa blu con la zip. Non sono ancora
riuscita a
vedere Tomo e Shannon.
Finalmente
sono
qui, davanti a me e il fatto che attorno migliaia di fan scatenati
vogliono il
mio scalpo non mi preoccupa per nulla. Essere sola quasi mi esalta,
perché se
sopravviverò a questa prova potrò vantarmi di
essere una donna con
Il
concerto va
avanti su un binario quantomeno singolare: stanno suonando ABL in
serie, senza
variazioni. A
Beautiful Lie, The Kill, Was it a Drem?. Insomma, rifanno
l’album. Però adesso
so che sta per partire, la mia canzone, il mio inno.
Non mi interessa di avere gente intorno, io salto, mi scateno, urlo con
lui le
parole che mi hanno fatto diventare una Echelon. Urlo la canzone che mi
lega ai
miei compagni. Urlo The Fantasy con tutto il fiato che ho in gola e la
mia
bandiera sventola, nonostante quello dietro di me mi tiri i capelli con
forza e
si lamenti. Nessuno può rovinare questo momento unico,
figuriamoci delle fan
girl. Ohi, io sono una Echelon!!
Il
mio cuore sta
per scoppiare e mi preparo a Savior. L’onda del pubblico si
fa pressante, mi
sballotta senza tregua. Tra i miei piedi trovo lo zaino che avevo perso
su Was
it a Drem? e ringrazio il cielo che il
cellulare lo avevo in tasca. Spero sempre che il vinile
per Shannon sia
ancora integro. Peccato che il momento di quiete duri pochissimo. Senza
accorgermene sono in mezzo alla pista, proprio di fronte a Jared.
Bellissima
visione, certamente, ma inizio a sentirmi male. Le spinte, il caldo
soffocante,
neppure un goccio d’acqua dalla security che si limita a far
bere le ragazze
delle prime due file. Non mi sono mai sentita così
claustrofobica in vita mia.
La testa mi gira e resto senza aria. In più, sto per
mettermi a piangere:
qualcuno mi ha rubato la bandiera. Faccio di tutto per cercarla, anche
mi
abbasso sperando che la stronza che me l’ha fregata,
l’abbia poi gettata a
terra. Niente, la mia piccola non c’è. Faccio dei
respiri profondi, dicendo a
me stessa che la ritroverò a fine concerto: in fondo a chi
può interessare una
bandiera con il logo della mia divisione? A nessuno tranne che a me, mi
sa.
Mi
giro, chiedo con
cortesia di lasciarmi passare: cedo le armi, non ho altro da fare,
rischio di
svenire qui nel mezzo e per quanto possa amare i Ragazzi, ho paura che
se lo
faccio, questa gentaglia non esiterebbe a calpestarmi. Niente da fare,
non mi
lasciano passare, mi bloccano senza pietà. Inizia From
Yesterday e l’inferno si
blocca: sono tutti troppo impegnati a cantare con Jay.
E
finalmente un po’
di calma: The Story, R-Evolve, Pressure, A Modern Mith. In
realtà mollo un
sospiro di sollievo: so che sta per terminare. In fondo mancano solo
due
canzoni per terminare ABL, quindi a meno di sorprese finali.
Tornerò a breve a
respirare aria fresca.
Rimango
allibita
quando nessuno intorno a me canta Pressure:praticamente la conosco solo
io e la
cosa mi sembra strana, perché la prima volta che
l’hanno suonata è stata alla
Brixton e di video e file mp3 ce ne sono a bizzeffe.
E
parte Battle of
One. Shannon sta picchiando duro, ma da quello che posso vedere da qui,
non ha
la solita espressione felice. Anche Tomo è rimasto per le
sue: a Londra si è
preso una storta scendendo dal Bus (ma si può?) e quindi
saltella su un piede
solo da praticamente l’inizio. Per lo meno il suo
abbigliamento lo fa
assomigliare ad un faro nella notte: maglietta a maniche corte verde
acido
sopra una canottiera rosa confetto a maniche lunghe, pantaloni blu.
Carnevale
Again.
Per
lo meno il
trittico di canzoni lente mi ha permesso di riprendere fiato e di
tornare in
salute. Ho ancora caldissimo, ma la testa ha smesso di girarmi e la
leggera
nausea che stava iniziando a salire, è scemata.
Hunter
è un
tripudio di luci rossi e Jared si diverte a stuzzicare le ragazze
presenti
recitando. È sexy, poco da dire al riguardo. Per tutta la
sera si sono levate
urla in sua direzione, palesando i sentimenti delle fan.
“Jared je t’aimè”
“Jared j’Adore.” “Jared, Merry
me.” Spero sul serio che non pensino che tutte
le presenti non siano delle oche come
queste sparute urlatrici. Mi vergogno io per loro.
È
terminato. Mi
aspetto da un momento a l’altro che Jay lanci gli ultimi
plettri e Shannon ci
doni le sue bacchette, invece il nostro frontman si mette a
parlare… che strano
vero? Ci dice che quella sarebbe stata la loro ultima canzone per la
serata. Ci
ringrazia e ci dichiara il suo amore. Per me la miglior dichiarazione
della
serata è proprio ora.
Buddha
for Mary.
Credevo
che si
fossero dimenticati di aver fatto un disco prima di ABL, ma i Ragazzi
mi
scombinano i piani. E torno ad urlare, anche se ormai mi è
rimasta una sola
corda vocale da utilizzare. Non perdo una battuta, una sillaba, un solo
sospiro
di Jared. Lo seguo con gli occhi, per capire se si butterà
anche questa volta,
ma non credo. Su The Kill ha rischiato di non tornare sul palco da
quanto gli
tiravano i pantaloni. Infatti si limita a salire sulle casse e a
guardare giù,
mentre parla di Mary e delle sue allucinazioni.
Ed
è ora, mentre
sale sulla cassa di fronte a me, che tutto il mondo scompare. Vengo
pressata in
avanti: alla transenna mancherà meno di un metro e ci sono
almeno altre 4
persone che mi separano da essa. Siamo sardine schiacciate senza
pietà, ma lui
è lì.
Gli
tendo la mano, ma
lui non la prende, come non prende le altre, si volta, canta in faccia
a noi e
per due brevissimi secondi mi guarda. Un brivido mi scende sulla
schiena, sento
un’esaltazione difficilmente paragonabile a
qualcos’altro. I suoi occhi grigi
sono posati su di me, sulla Echelon Friulana, che gli canta in bocca le
sue
stesse parole.
Nonostante
sia
consapevole che tra pochi istanti lui si alzerà e si
sarà già dimenticato dei
miei occhi nocciola, ho la presunzione di dire che lui ha cantato per
me e solo
per me mentre mi guardava. È una piccola fiammella di
speranza che mi porto
tutt’ora nel cuore.
E
così, come era
iniziato, è finito. Faccio malapena caso al fatto che
Shannon se ne è andato
via senza salutare, che i ragazzi sono tornati dietro le quinte. Prendo
dei
lunghi respiri e riprendo a sentire il mio corpo. I piedi mi danno
fastidio, ho
i brividi per l’adrenalina, le orecchie che fischiano
leggermente e credo un
sacco di lividi un po’ ovunque. Rimetto in sesto i pensieri:
devo ritrovare le
mie compagne e, cosa più importante ancora, la mia bandiera.
La
cerco fra i
piedi di chi ancora è lì, ma niente. Nel
frattempo ecco Daniela ed Agnese e poi
tutte le altre, illese, che arrivano dalle retrovie. Riprendo la
ricerca, e gli
uomini della Security cominciano a spingerci verso l’uscita.
Chiamo Miky, ma
non mi sente. Lancio occhiate per tutta la pista ed ecco la un fagotto
bianco
sporco. Vado per prenderla, ma vengo fermata da due braccia grandi come
le mie
cosce. Un uomo mi intima di uscire. Cerco di spiegarmi in inglese, ma
lui non
vuole sentire ragioni. Lancio una disperata occhiata alla bandiera:
vedo
perfino un pezzettino del logo. Cerco qualcuno che possa tradurre per
me, ma sono
sola. Le tende vengono tirate e io ho perso tutto.
Cammino
come
un’ebete verso l’uscita e trovo le mie amiche che
ridono e scherzano della
serata appena conclusa. Micky mi viene vicino e io non riesco a non
piangere.
Sento come se il mio legame con i miei soldati si fosse spezzato, come
se non
fossi riuscita a mantenerli con me. Mi sento veramente una fallita come
Generale. Voglio cercare di pensare agli occhi di Jared durante Buddha,
ma
vengo sopraffatta dalla tristezza. Martina mi abbraccia e mi consola,
parole
sagge, ma che non colmano il vuoto che sento in quel momento.
Cerco
di smettere
di piangere e inizio ad insultare tutti i francesi presenti, che, buon
per me,
non mi capiscono, anche se il tono lascia ben poco
all’immaginazione.
Seguo
le mie amiche
sul retro dello Zenit, con la speranza di intravedere qualcuno.
E
qualcuno arriva.
Jared
si affaccia
da dietro al cancello. Un gruppo di fan si accalca sotto di lui. Io me
ne sto
lontana, con un leggero sorriso mentre lo guardo parlare. Lo saluto con
la mano
e lui mi risponde. Oddio, risponde veramente a me? Mi guardo dietro e
ci sono
due ragazzi con le braccia lungo il corpo. Eh sì, salutava
proprio me. Sento la
fiammella del mio cuoricino bruciare un po’ di
più: lui neppure si ricorderà di
quello che ha detto, ma io di questa connessione avrò
memoria per sempre. Sarà
uno di quei brevi momenti che ci legherà
per sempre, indipendentemente se lui non avrà alba
nell’avvenire di chi sono
io.
Alcune
amiche mi
dicono di aver intravisto Shannon e Tomo con due ragazze nel parcheggio
e io
seguo Jared nei suoi discorsi su Self Title e A Beautiful Lie, il
video. Non
capisco una mazza, ma mi diverte vederlo scivolare e riprendersi senza
problemi. Sembra tranquillo e ne sono felice.
Se
ne va in
macchina poco dopo e noi torniamo in albergo.
La
mia serata è
terminata. Sono sotto le lenzuola, mentre Stefy, Sah e Miky
chiacchierano.
Io
penso.
Quando
sono partita
da San Piero, avevo paura. Paura che loro mi deludessero dal vivo, che
le
sensazioni che mi davano ascoltando i CD cambiassero quando fossero
saliti sul
palco. Che sarebbe stato del mio cuore Echelon se fosse successo?
Invece quel
concerto, neppure il loro migliore per scaletta e musicalmente, mi
aveva fatto
capire che li amavo alla follia, anzi forse anche più di
prima.
La
bandiera sarebbe
stata rifatta:
Sorrido:
tutti i
miei dubbi sono spariti, recessi nella mia mente, che vuole ricordare
solo la
batteria scintillante di Shannon, i saltelli di Tomo, il ciuffo
roteante di
Tim. Gli occhi di Jared.
E
a distanza di un
anno è ancora così.
Iungti ab Aeterno