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Autore: Shizue Asahi    10/09/2015    1 recensioni
Storia scritta per la Writing Challenge! organizzata da Pseudopolis Yard;
IV Classificata a L'Amore è l’incontro tra due Fiori delicati! Yuri-Shoujo Ai contest (Multifandom+ Originali) indetto sul forum di EFP da zenzero91;
Mai ha gli occhi sottili, tanto chiari che talvolta Ty Lee si perde nell’osservarla. Le guance le diventano tutte rosse e le labbra tremule quando il principe Zuko entra nel suo campo visivo.
Ty Lee se ne accorge sempre con una stretta allo stomaco a cui non sa dare un significato. Poi si esibisce in una perfetta capriola o in una verticale su una sola mano, ma Mai è troppo presa per accorgersi di lei.

{MaiLee | Lime}
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Mai, Ty Lee
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 “A Letizia, che ha dovuto sorbirsi le mie pippe mentali
 
 
 
Nickname: Shizue Asahi
Titolo: She’s always in my corner
Fandom: Avatar – La Leggenda di Aang
Personaggi: Mai, Ty Lee, Azula
Fiore: Primula (gioventù, spensieratezza, primo amore)
Prompt:  candela (penso che si evince facilmente il modo in cui questo prompt è stato utilizzato. Ho cercato di renderlo il filo conduttore tra l’incipit della storia e la sua conclusione e quindi vagamente si ricoleggano); appuntamento (questo prompt è più nascosto nel testo. Non ho mai realmente utilizzato questo termine, dato che non la trovavo una situazione approriata al contesto scelto. Ho quindi preferito rendere Mai e Ty Lee partecipi di appuntamenti di cui non sono del tutto consce e che si svolgono principalmente quando Mai va a pettinare Ty Lee o quando questa si intrufola nella sua stanza. In sostanza sono appuntamenti taciti).
Note: sostanzialmente si tratta dei miei headcanon che, finalmente, hanno trovato libero sfogo. Ho apportato qualche piccolo cambiamento alla trama principale (numero di sorelle di Ty Lee e l’ordine con cui Azula recupera le amiche). Ho inventato praticamente tutto, quindi mi auguro di non aver commesso troppe imprecisioni.
Sempre secondo il mio headcanon, la loro relazione segue gli eventi del cartone, per cui Mai alla fine rimane con Zuko. Questa è l’interpretazione che io do al finale della storia, ma può anche essere intesa come la conseguenza della vecchiaia di Mai. Non volevo essere troppo netta, insomma >.<
Il titolo si riferisce al fatto che, soprattutto durante l'infanzia, Mai e Ty Lee sono sempre state insieme. Che, in ogni caso, potevano scorgere l'altra in un angolo del loro campo visivo. Così come Mai spesso si ritrova Ty Lee tra i piedi volente o nolente. O il fatto che, indifferentemente dalla sua volontà, l'altra occupi sempre un angolino nella sua mente e nel suo cuore. 
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
Mai ha sempre avuto l’abitudine di lasciare una candela accesa, di notte, da quella volta che, a dodici anni, Ty Lee si è intrufolata in camera sua e, nel buio, quasi non si è rotta il naso sbattendo contro l’armadio.
 
 
*
 
 
Quando erano ragazzine, poco più che due bambine, lei aveva paura del buio. Un irrazionale e sciocco terrore di rimanere al buio, di sprofondare nel nulla assoluto. Una notte aveva confidato a Mai che la sola idea di non riuscire a vedere il proprio corpo la metteva in agitazione. La sera seguente, Mai lasciò la candela accesa sul comodino, ma Ty Lee era già sprofondata nel sonno e nemmeno ci fece caso.
Divenne lentamente un’abitudine, una gentilezza insolita per Mai, di cui neanche lei seppe spiegare il motivo. Quando non erano impegnate a fare altro, attendevano che la fiammella si estinguesse; facevano a gara a chi resisteva di più e Mai vinceva sempre. Ty Lee si abbandonava al sonno, stremata dalle carezze notturne o dalla troppa iperattività giornaliera. Mai osservava il suo viso mutare alla luce della candela, finché il profilo di Ty Lee non svaniva del tutto.
 
 
*
 
 
I capelli le arrivano sotto al mento quando incontra Mai per la prima volta.
Ty Lee siede composta insieme alle sorelle, otto bamboline perfette e quasi identiche, simili nei volti, negli abiti e nelle acconciature.
Mai non farebbe neanche caso a lei se i capelli della frangetta non le stessero dritti sulla fronte e la smettesse di far dondolare la treccina che le sta in bilico sulla sommità della testolina castana.
Dall’alto dei suoi quattro anni Mai la liquida con un’occhiata seccata, ma Ty Lee neanche se ne accorge, mentre gli angoli della bocca le tremano nello sforzo di trattenere un sorriso.
 
 
I capelli le sono arrivati sotto le spalle quando le presentano Mai e Azula.
Ty Lee è l’invidia delle sorelle: ha l’età della principessa e loro padre non ha incontrato particolari difficoltà nell’introdurla nella cerchia delle fanciulle da compagnia. Solo più tardi sua moglie lo avrebbe ripreso ricordandogli di aver scelto la più indisciplinata della nidiata, ma ormai il danno era fatto.
Azula è una bambina tutta rosea e paffuta, con gli occhi vispi e i capelli ribelli quasi quanto quelli di Ty Lee. Dal nonno non ha ereditato solo il nome, ma anche il tono autoritario con cui impartisce loro ordini.
Se Ty Lee non avesse sette sorelle maggiori e una madre petulante probabilmente troverebbe Azula prepotente. Ma Ty Lee ha una madre petulante e sette sorelle maggiori  - e un’altra in arrivo – quindi è abituata ad essere comandata a bacchetta e si presta felice a tutti i giochi che Azula desidera.
Mai, che di sorelle non ne ha – e neanche fratelli se è per questo – trova tutto ciò estremamente irritante. Ma non dice nulla – come le è stato insegnato – anche quando Azula decide di usarle per far pratica col Dominio.
 
 
Mai è un topolino grigio, piccola e magra, pallida come un cencio, con i capelli lisci e gli occhi dal taglio obliquo. Il viso lungo e sottile è atteggiato sempre in un cipiglio severo e qualsiasi altra espressione le risulta meccanica e artificiosa. Azula non ci impiega molto a catalogarla come noiosa. Ty Lee, che è abituata a  trovare sempre il lato divertente in tutto ciò che la circonda, fa lentamente di Mai il proprio passatempo. Si sforza di farle le facce più buffe, le linguacce più sceme e talvolta apre così tanto la bocca che Mai riesce anche a vederle le tonsille.
Ty Lee la studia con attenzione, cogliendo le variazioni del suo viso, la piega lieve delle labbra, le fossette appena accennate che le si formano agli angoli degli occhi. Ma può dirsi davvero soddisfatta solo quando, dopo una disastrosa imitazione di Azula, Mai non inizia a ridere. E per poco Ty Lee non si sloga la mascella quando la risata di Mai va del tutto fuori controllo e le scappa un delizioso grugnito.
 
 
Mai ha gli occhi sottili, tanto chiari che talvolta Ty Lee si perde nell’osservarla. Le guance le diventano tutte rosse e le labbra tremule quando il principe Zuko entra nel suo campo visivo.
Ty Lee se ne accorge sempre con una stretta allo stomaco a cui non sa dare un significato. Poi si esibisce in una perfetta capriola o in una verticale su una sola mano, ma Mai è troppo presa per accorgersi di lei.
 
Quando Zuko viene mandato in esilio, Ty Lee ne è segretamente felice. Dura appena un attimo, il tempo di vedere l’espressione addolorata sul viso di Mai e di realizzare realmente cosa significhi, ma tanto basta per farle provare una vergogna così cocente da non farle aprire bocca per giorni.
Azula, non sapendosi spiegare in altro modo la reazione dell’amica, si stupisce nel considerare l’eventualità che non sia solo Mai a provare affetto per suo fratello.
 
 
A tredici anni i capelli le sono diventati una selva castana che le arriva fin quasi alla vita. Mai ha preso l’abitudine di acconciarglieli lei stessa, intrecciandoli con cura.
Le sfiora il capo con un tocco lieve, le carezza la nuca, descrive il profilo tondeggiante delle sue orecchie, le solletica la spina dorsale mentre, man mano, la treccia prende forma. E quando essa è terminata, le rimane seduta alle spalle, le mani abbandonate sulle ginocchia e le labbra appena dischiuse.
È un’attività che Mai ama, anche se non ne saprebbe spiegare il motivo. Ty Lee l’aspetta nella propria stanza, le vesti da notte ancora indosso e gli occhi velati dal sonno.
Qualche volta capita che Mai la sorprenda ancora a letto e si prende tutto il tempo di osservarla, ne studia il naso all’insù e la bocca piegata in una deliziosa smorfia.
Talvolta Mai ha la sensazione opprimente che sua madre non approverebbe tutto ciò e allora le mani le diventano incerte, le carezze goffe e la treccia un intrico disordinato e disarmonioso. Poi incontra gli occhi di Ty Lee, riflessi nel suo piccolo specchio, improvvisamente vigili e privi di sonno. È serena e tranquilla, non c’è niente di sbagliato, la rassicura.
 
 
È una cosa comune che, durante la fanciullezza, ci si intrattenga con i propri compagni di gioco. È normale, un capriccio infantile spinto dalla smania di scoprire e assaporare il proprio corpo.
Ty Lee lo sa, diverse fanciulle al palazzo hanno sperimentato con le altre ancelle prima di prendere marito. “Impari a compiacerli” le aveva risposto sua madre, l’unica volta in cui ne avevano parlato.
Per cui non ci trova nulla di male quando Mai la bacia. Le bocche si sfiorano appena e avverte il ventre diventarle improvvisamente caldo e le gambe molli.
Il bacio è tutto uno schioccare di labbra, umidiccio e imbarazzato.
Quando riprendono fiato, Mai la guarda impassibile, congelata nel proprio stoicismo, ma il tremore del labbro inferiore e il rossore sulle sue gote ne tradiscono l’emozione.
Ty Lee non fa parola con nessuno dell’accaduto e non passa troppo tempo perché Mai la ricompensi per la sua discrezione. Succede di nuovo una mattina che Mai la trova a carponi sul letto, la vestaglia che le lascia scoperta una spalla, i capelli arruffati e gli occhi lucidi. Si china su di lei e le bacia la fronte, poi la fossetta tra le sopracciglia, la punta del naso. È quasi arrivata alle labbra quando Ty Lee le scoppia a ridere in faccia. Nei giorni successivi Azula non avrebbe saputo spiegare come mai Mai la incitasse a far pratica col Dominio sulla testa di Ty Lee né il motivo per cui fosse più burbera del consueto. Azula la trovò quasi meno noiosa del solito, per un paio di giorni.
 
 
Quando il circo arriva in città, è Azula che le costringe ad andarci. Mai trattiene a stento uno sbadiglio contrariato mentre la principessa le informa dei loro programmi.  Ty Lee fa un sorriso tutto denti e batte le mani eccitata.
- No – soffia Mai con calma, senza scomporsi all’occhiata che le lancia Azula. Gli anni le hanno insegnato come gestirla, come parlarle senza che vada su tutte le furie e l’avvicinarsi dell’età adulta le ha fatto perdere i modi accondiscendenti e l’arrendevolezza che l’hanno caratterizzata durante l’infanzia.
- No- le fa eco la principessa, un sorriso tirato sulle labbra. – Perché no? Sarà divertente. –
- È stupido, per bambini, ci sono gli animali, troppe persone e puzza di letame- le risponde piatta. E improvvisamente la discussione prende una piega del tutto inaspettata: Mai sembra irremovibile – non ha alcuna intenzione di andare a vedere uno stupido orsoornitorinco in sella a un altrettanto stupido triciclo – e alla fine Azula cede. Può restare a palazzo, se lo desidera.
Mai si congeda poco dopo, il viso tirato da un piccolo sorriso di trionfo.
 
Il giorno seguente, mentre Mai se ne sta seduta a fissare uno stupido orsoornitorinco girare in tondo su un triciclo, non se ne capacita lei stessa.
Azula ne sa una più del diavolo, si dice seccata.
La sera prima la principessa ha spedito Ty Lee in camera sua “per metterla di buon umore”  e Mai non è riuscita a dirle di no a lungo. È capitolata quando le ha sciolto i capelli e le ha baciato il collo. Le ha detto di sì tra un ansito e l’altro.
Ty Lee si agita al suo fianco, sposta il peso da una natica all’altra e segue, con un’attenzione e una concentrazione di cui Mai non la credeva capace, un’esibizione dopo l’altra.
Mai sa che c’è qualcosa che non va nel luccichio estasiato dell’amica, lo avverte dal modo convulso in cui si tormenta le mani, nella piega tremula che le ha preso il labbro inferiore. Ricorda di aver visto Ty Lee così eccitata e al tempo stesso terrorizzata solo la prima volta in cui è stata lei a prendere l’iniziativa e baciarla, sorprendendo Mai, dopo un litigio durato giorni. Lo ha fatto in un corridoio, dove chiunque avrebbe potuto vederle, ma per fortuna così non è stato. Mai conosce Ty Lee e sa che sta pensando di fare qualcosa di stupido e altrettanto sconveniente, ma non riesce a immaginare cosa.
 
Azula le trascina al circo anche per i due spettacoli seguenti prima di concedere a Mai che sì, aveva ragione, si tratta solo di un noioso alternarsi di saltimbanco e fenomeni da baraccone.
 
 
Le tremano le mani come non le è mai accaduto. Si sente furibonda e ferita e non sa se il terribile bruciore che le serra la gola sia causato dalla rabbia o preceda semplicemente il pianto.
Se avesse con sé i suoi coltelli, probabilmente la colpirebbe – o colpirebbe se stessa per evitarsi di risultare così stupida.
Ty Lee è nascosta in un groviglio di coperte, i capelli le stanno, per una volta, ordinati nella treccia, e il sorriso che le piega la bocca va man mano scemando.
- Me ne vado – le ha detto poco prima – Mi unisco al circo.-
È venuta a dirle addio – o arrivederci, non lo sa neanche lei. Ty Lee si contorce le mani, mentre Mai scalcia via le lenzuola e si mette a sedere. Hanno giaciuto insieme, quella notte, e Mai ne porta i segni attorno ai piccoli seni, ma, mentre si riveste, non ci fa caso.
Ty Lee sente il pianto morderle gli angoli degli occhi e tutte le sue convinzioni iniziano a sembrarle solo delle vanesie fantasticherie da bambini.
- Allora vattene – sputa alla fine Mai, quando il silenzio nella stanza è diventato qualcosa che non può più tollerare, una morsa pesante e dolorosa che dilata il tempo e l’agonia che precede l’abbandono.
Ty Lee vorrebbe rimangiarsi tutto, dire che non è vero, che non vuole partire più, che stava solo scherzando. Ma Mai la conosce fin troppo bene, sa scorgere la bugia dietro ai suoi sorrisi, e odia che le si menta.
Apre la bocca per parlare, per farneticare qualcosa, per mettere fine al desiderio incessante di produrre un suono sciocco e di allentare la tensione che prova, di sfogare in qualche modo quello che sente. Vieni con me, vorrebbe dirle. Non è forse quello il motivo per cui è ancora lì e non se ne è andata? Non è forse il pensiero fisso che le sta facendo arrovellare il cervello da giorni e che l’ha costretta a rimandare la fuga fino all’ultimo? Nella sua mente è già tutto scritto, tutto programmato: la sua carriera, gli allenamenti, i luoghi che visiterà, i numeri che proporrà. Tutto ha un posto preciso. Tranne Mai.
Talvolta la vede esibirsi con lei, in un gioco di prestigio particolarmente intricato, altre, semplicemente, insieme a lei c’è solo un orsoornitorinco su un triciclo.
Da giorni soppesa quanto le mancherà non averla al proprio fianco. Non sa se è un compromesso al quale è disposta a scendere, ma neanche se sarà in grado di continuare a trascinarsi per il palazzo come se nulla fosse accaduto, come se non fosse solo una delle figlie di cui sua madre non ricorda il nome e di cui le dame da compagnia della Signora del Fuoco si prendono gioco. Una vita nell’anonimato, una vita piatta in attesa di essere data in moglie o di vedere Mai sposare qualcun altro –Zuko?
Sa cosa l’aspetta, lo sanno entrambe, ma a Mai non sembra importare e Ty Lee è così arrabbiata per questo che il solo pensiero le fa venire voglia di urlare. Lei che è sempre stata gioiosa e solare. Non significa niente, è solo un gioco ha provato a ripetersi per convincere i piedi a staccarsi da terra, ma è solo la voce di Mai a riportarla alla realtà.
Dischiude le labbra e lo dice. Vieni con me. Ma Mai non capisce, o semplicemente finge di non aver sentito.
- Vattene- le ripete incolore, il viso privo di espressione, gli occhi vuoti.
E Ty Lee se ne va. Si riveste in fretta, si infila i vestiti a rovescio, acciuffa la propria sacca e lascia la stanza senza una parola.
Mentre scivola tra le ombre del palazzo non può trattenere una punta di delusione nel ricordare l’espressione addolorata di Mai alla partenza del principe.
 
Il giorno seguente Mai rifiuta di alzarsi. E anche quello dopo e quello dopo ancora. Rimane chiusa nelle sue stanze per quasi cinque giorni e nessuno dei servitori riesce a stanarla. Non mangia, non le interessa, non ha fame. Non ha niente, si sorprende a pensare nel cuore della notte.
È Azula che la costringe a uscire. Per la prima volta da quando si conoscono, Mai legge negli occhi della principessa una preoccupazione così genuina e insolita che la lascia senza parole. La lingua le si secca, ma non nel modo fastidioso in cui il proprio corpo reagisce per impedirle di rispondere a tono al suo interlocutore, e le parole le muoiono in gola in un rantolo appena percettibile.
Azula si stende al suo fianco, prova a carezzarle la testa in un gesto affettuoso. Ma non le riesce molto bene, non è abituata a simili esternazioni, e nei movimenti è goffa e impacciata.
Quando gli occhi ormai sono diventati tutto un pizzicore e la vista le si è fatta liquida e indistinta, Mai parla.
- Se ne è andata – dice semplicemente. Non è una domanda, né un’affermazione. Se Azula non fosse del tutto disorientata da una situazione così nuova e insolita, leggerebbe le scuse tra le parole di Mai.
 
- Vuoi che mandi le guardie a riprenderla? Vuoi che dia fuoco a ogni triciclo e a ogni orsoornitorinco della Nazione del Fuoco? –
 
 
È con una sorta di dolorosa euforia che si rivedono. Alla soglia dei suoi sedici anni, Ty Lee è diventata una fanciulla bella come poche, ma Mai la riconosce all’istante, anche sotto gli strati del trucco di scena. La vede ondeggiare sul filo, avvitarsi con grazia su se stessa e danzare e piroettare a mezz’aria come una farfallaleone. È bella, aggraziata, felice, si trova a constatare con stizza Mai, mentre la ragazza si esibisce in un’ultima capriola.
- Ty Lee- la chiama Azula con voce amichevole e lei ci mette un po’ a realizzare di chi si tratti. Sono passati più di due anni – quasi tre- da quando si sono separate. I loro corpi sono cambiati, si sono fatte più donne, più adulte, più estranee. La voce è solo una delle cose che non appartiene più alle loro bambine.
- Azula- trilla e le corre incontro. Le butta le braccia al collo con un po’ troppa euforia, con un affetto smanioso e troppo plateale. – Mai – soffia poi. Da quant’è che non pronuncia più quel nome?
La principessa non ci impiega molto a convincerla a seguirla nella sua missione. L’Avatar ha la priorità su tutto. Le basta suggerire qualche piccola miglioria al numero di Ty Lee perché questa realizzi la necessità di seguirla senza protestare ulteriormente.
 
 
I primi giorni non sono facili. La nostalgia del circo è così pressante che il buonumore di Ty Lee ne risente. Spesso le si inumidiscono gli occhi e il sorriso le si incrina.
Azula neanche ci fa caso, troppo presa dalla ricerca dell’Avatar e di suo fratello; Mai registra con svogliata noncuranza ogni cambiamento, mentre la soddisfazione lascia spazio a una nota di inquietudine. Non le è mai piaciuto vedere Ty Lee così, neanche se se lo è meritato.
 
Quando Ty Lee si priva dei costumi di scena e del trucco, non sa più chi sia. È stata ripudiata, non è più una delle tante figlie di un ricco signore della Nazione del Fuoco, non è più la bambina che schivava i dardi infuocati della principessa nel giardino del palazzo reale, né la fanciulla che giocava a fare la donna con Mai.
Quando avvistano il bisonte dell’Avatar e iniziano a dargli la caccia scopre di essere una guerriera. Non una fanciulla insipida destinata e un matrimonio di convenienza né una donna del circo, senza amore o nome.
Seguono e stanano gli amici del dominatore dell’aria. Mai è al suo fianco e lei si sente viva come non lo era da giorni. Come forse non lo è mai stata.
Avverte i muscoli tendersi e il proprio corpo fare tutto da solo. Non deve pensare, non c’è nessuna decisione sofferta da prendere, niente su cui ragionare. Colpisce i suoi nemici con letale precisione, allenta la pressione dei loro muscoli e li priva del Dominio e della sensibilità.
E alla fine neanche le importa che non siano riuscite a prenderli:  mentre si spostano da una regione all’altra, dando loro la caccia, scopre cose di sé di cui non era a conoscenza. Il combattimento è euforico, divertente. Non pensa più a cosa ha perso a palazzo, quando è fuggita, non rimpiange quello che ha lasciato sotto il tendone del circo.
 
 
Mai si è chiusa in un silenzio ostile. Non le parla, se non è costretta. È felice di rivederla, di averla di nuovo tra i piedi, e si odia per questo.
Una mattina si è sorpresa desiderosa di intrecciarle i capelli e carezzarle le buffe orecchie ed è inorridita.
 
Ty Lee ci impiega molto tempo a riconquistare la sua fiducia e ad adattarsi alla routine delle amiche. Le due sono state insieme per molto più tempo. Mai è partita per il Regno della Terra con la sua famiglia solo sei mesi prima, quindi ha avuto modo di trascorrere quasi tutta la propria adolescenza con la principessa.
Ci sono aspetti del carattere di Azula che non sono cambiati. È ancora prepotente come quando erano bambine, ma ora ha imparato a mascherarlo. Sa essere melliflua e convincente quel tanto che basta a non essere mai davvero costretta a ripetersi una seconda volta. Gli uomini al suo comando le obbediscono ciecamente, e non solo perché è la figlia del Signore del Fuoco Ozai.
Ty Lee trema quando, per la prima volta, Azula le dà dimostrazione dei suo Dominio, sprigionando un calore terribile e una ferocia tutta nuova. Il dominio del fulmine è, poi, una novità che la incuriosisce  e la spaventa al tempo spesso. Non ha mai visto dominare un fulmine, non sono in molti i Dominatori in grado di farlo e lei, escludendo forse il padre e lo zio di Azula, non ne ha mai incontrato nessuno degno di nota.
Non ci mette molto a ritornare nelle grazie della principessa. Azula si lascia conquistare in fretta dai modi affettuosi e rumorosi di Ty Lee e, del resto, non ha niente di troppo grave da recriminarle.
Con Mai è tutta un’altra faccenda e lo sa.
I primi giorni sono tutta una serie di impacciati approcci, sorrisi mal trattenuti e occhiate ostili. Ty Lee prova a parlarle, a ignorare i modi freddi e le risposte taglienti, ma l’accusa che legge negli occhi di Mai è qualcosa di troppo grande per non essere vista.
Passa una settimana prima che riescano a rimanere sole nella stessa stanza senza che Ty Lee avverta il desiderio di scappare e un mese perché Mai inizi a rivolgerle la parola di propria volontà.
 
Alla fine, ironia della sorte, Ty Lee deve ringraziare Zuko se Mai le si riavvicina: durante un inseguimento, il principe l’ha colpita con troppa irruenza, facendole perdere i sensi e facendola cadere dal tetto sul quale si era appollaiata.
Ty Lee riapre gli occhi in una tenda, la vista appannata e la testa pesante per la botta. Mai le siede affianco, la posa composta e rigida, le mani nascoste nelle maniche del kimono; sul viso i segni dell’insonnia.
Negli occhi le passa un lampo di sollievo, prima che la collera trovi sfogo. Le risale dalle viscere, le passa per la bocca dello stomaco, le serra la gola e le arriva al viso in una sfumatura rossa e collerica. Vomita addosso a Ty Lee tutta l’angoscia provata durante la veglia al suo capezzale e le ripete così tante volte le parole stupida e irresponsabile da perdere il conto. Si libera in una fiumane di frasi sconnesse e imprecazioni poco signorili. Ty Lee la osserva senza parole tremare, passando da uno stato di rabbia a un altro. Le elenca uno a uno tutti i motivi per cui è un’idiota senza speranza, perché lei stessa è una stupida che ancora si preoccupa per lei. Passa dalla stupidità dimostrata nell’affrontare Zuko da sola, alla nota irritante che ha preso la sua voce, al modo poco composto in cui si muove, al ridicolo costume di scena che le ha visto indossare al circo. Con un singulto le elenca tutti i suoi difetti, ripercorre quei tre anni che le hanno viste separate, la fuga, l’angoscia, il disonore gettato sulla sua famiglia, l’abbandono, lo stramaledetto orsoornitorinco sul triciclo.
Quando pensa di essere sul punto di esplodere, con i polmoni che richiedono spasmodicamente aria e la gola che le brucia –ha urlato? -, cede. Si china su Ty Lee e fa per baciarla.
Il suono della testata che si danno rimbomba nella tenda, improvvisamente silenziosa.
Nello stesso momento in cui Mai si è chinata su di lei, Ty Lee si è puntellata sui gomiti per sollevarsi. Sono state entrambe troppo leste per intuire le intenzioni dell’altra e i bernoccoli che si stanno formando sulle loro fronti glielo avrebbero ricordato per un bel po’.
Ty Lee è la prima che si riprende, attira a sé Mai, la stringe incerta tra le braccia, le impedisce di sfuggirle. Le bacia la nuca con desiderio, le annusa i capelli neri, le sfiora con le labbra la fronte offesa, il cipiglio severo, gli occhi lucidi e le guance arrossate. Mai si sente improvvisamente molle, svuotata. Si abbandona  a quelle coccole inaspettate con un’insospettata felicità.
 
 
I giorni che seguono, per Mai, sono scanditi da un fastidioso sfarfallio allo stomaco. Ogni volta che Ty Lee le si avvicina o entra nel suo campo visivo, le viscere le fanno le capriole e le orecchie le vanno a fuoco nella ridicola imitazione di un’adolescente alle prese con la sua prima cotta.
È una sensazione nuova, inaspettata, del tutto diversa dal piacevole tepore provato anni prima. La compagnia di Ty Lee non è più solo eccitante o consolatoria, non le provoca semplicemente la smania di toccarla e appagare le proprie curiosità; l’affetto per l’amica non è relegato alla sfera delle amicizie, non è solo caldo e confortevole, comporta ben più di qualche bacio dato di nascosto o di una notte insonne. Mai lo sa, ne è consapevole, e ogni volta che ci pensa le farfalle nel suo stomaco si agitano.
La prima sera in cui Ty Lee si infila nella sua tenda è così nervosa  che pensa di essere sul punto di morire.
 
I capelli di Ty Lee sono una matassa insidiosa, le si avviluppano alle mani, le stringono i polsi e le scivolano sulle braccia. Mai si perde tra di essi, mentre la bacia.
Affonda il viso tra i suoi seni – non sono più le due punture di zanzara di quando erano ragazzine -, ne percorre l’areola con la punta della lingua e stringe tra i denti i capezzoli rosei. Ty Lee si dimena sotto di lei, si inarca contro il suo corpo e si lascia sfuggire un gemito basso, che per Mai ha il suono della vittoria.
Quando, poi, le parti sono invertite ed è Ty Lee a prendere il sopravvento, Mai si scopre priva di quell’urgenza bruciante di concludere tutto al più presto, che, in passato, l’ha sempre accompagnata in quei momenti.
Ty Lee esplora il suo corpo, si sofferma con studiata calma, baciandole il collo, la clavicola, i piccoli seni. Le pizzica i capezzoli in un’infantile ripicca, e poi li carezza e li lecca con cura.
Posa un bacio su ogni centimetro di pelle che può a raggiungere, sussurrando parole che Mai non riesce a cogliere, troppo stordita e distratta.
Il sapore di Mai è dolce, familiare, buono. Si inarca quando Ty Lee affonda tra le sue cosce e senza pudore chiama il suo nome, sulle labbra una promessa che non ha il coraggio di pronunciare, ma che le ronza in testa da giorni, anni.
Si aggrappa ai capelli di Ty Lee e trema e si contorce, mentre lo sfarfallio nel suo stomaco non trova pace.
 
 
 
 
Accendi una candela: vedrò la luce e saprò che sei sveglia e verrò da te, le aveva detto una volta Mai, mentre si nascondevano da Azula in un’ala disabitata del palazzo. Era stata una promessa carica di significato, a cui nessuna delle due, all’epoca, aveva saputo dare un significato. Ty Lee le aveva fatto un sorriso tutto denti e poi l’aveva baciata di nuovo.
 
A distanza di anni i ricordi si sono affievoliti, fatti sfocati dal susseguirsi infinito di inverni ed estati che non avrebbe mai immaginato di vedere. Il Signore del Fuoco è stato sconfitto, Zuko è diventato il nuovo sovrano e le Nazioni sono state unite sotto un unico vessillo di pace.
I capelli le arrivano fin sotto le ginocchia e le sue dita sono diventate troppo tremule e deboli per poterli intrecciare. Siede sulla veranda, ferma e rigida come non ci si aspetterebbe mai da lei. Sorride appena, mentre il viso le si piega in una fitta ragnatela di rughe. Accende una candela e aspetta – aspetta sempre -, ma sa che Mai non verrà più.
 
 
 
 
***
 
Erano anni che non pubblicavo qualcosa, per cui sono davvero lieta di essere riuscita a tirare fuori questa cosa. E’ stato un parto di soli tredici giorni, una cosa da niente.
Spero di non aver stravolto eccessivamente i caratteri dei personaggi e mi auguro che la storia piaccia – o sia piaciuta – agli avventurosi che sono arrivati fin qui.
La storia è ispirata alla Writing Challenge indetta da Pseudopolis Yard – e vi invito tutti a darci un’occhiata.
Detto  questo, come al solito recensioni e osservazioni sono sempre ben accette (e per l’amor di Zuko, se ho fatto qualche orrore segnalatemelo!). Mi ritiro nel mio angolino buio.
 
 
   
 
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