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Autore: Thalasya    12/09/2015    1 recensioni
Cercava il suo profumo sui cuscini, sulle federe, sulle coperte, sulla propria pelle.
Si infilava quelle magliette che lui le aveva lasciato apposta, e ci girava per casa. Perché sì, perché il contatto con quei tessuti le alleggeriva quell'assenza che avrebbe potuto soffocarla.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa l'ho scritta per Giulia, e gliela dedico. Grazie per farmi capire ogni giorno che non sono sola, che ci siamo dentro in due. Tua, As.

 




"L'importante è che torni, non quando torni." Diceva lei, abbassando lo sguardo dallo schermo del telefono alla propria mano, impegnata ad accarezzare il pelo bianco, morbido ed arricciato di Blue. Riportò gli occhi sul cellulare, incrociando quelli verdi come i prati dell'Irlanda del riccio. Aveva i ricci spettinati ed una maglietta bianca a maniche corte dallo scollo largo, che lasciava immaginare i tatuaggi che aveva sul petto.
"È ovvio che ritorno." Diceva lui, con la solita voce roca, impastata da uno dei suoi sonni pomeridiani, momenti in cui lei adorava osservarlo per catturarne ancora i particolari. 
È ovvio che torna, si ripeteva lei dopo aver chiuso la videochiamata, scostandosi i capelli, chiarissimi alle punte, dietro l'orecchio. 
Era ovvio che lui tornava, e come sempre lei lo avrebbe certamente aspettato.
Perché non aspettava altro che sdraiarsi sul divano ed osservare il legno della porta d'entrata, fin quando non sentiva un rumore, un giro, due giri di chiavi e la figura alta, imponente del ragazzo che aveva sempre amato.
Era ovvio che Harry tornasse, perché senza di lui, lei non sapeva proprio stare. 
Da quando era partito, l'ennesima volta, per lavoro non riusciva a stare tranquilla. Sentiva il bisogno di occuparsi le giornate, di riempire gli spazi vuoti, pur sapendo che il vuoto più difficile da colmare portava comunque il suo nome. 
Usciva con il cane, tornava a casa e preparava la cena, che rimaneva lì nel piatto. 
Era ovvio che Harry tornasse, perché lei aveva bisogno di lui. 
Aveva bisogno di vederlo varcare quella soglia con uno dei tanti sorrisi che teneva da parte apposta per lei, posare il borsone per terra ed allargare le braccia come a dire: "Ci sono di nuovo." E nonostante ogni volta che partiva lui le giurava solennemente che fosse l'ultima, a lei non importava, voleva solo che lui tornasse ancora, per sentirsi ogni volta come se fosse la prima. 
Voleva incastrare ancora le mani fra i suoi capelli e meravigliarsi di quanto siano morbidi e di come l'angolo del suo collo sembri l'unico posto in cui lei riesca a respirare a pieno. Voleva sentire lo strisciare degli stivali sul pavimento, scricchiolare una porta o un'asse di legno al so passaggio. Sentire la sua risata rauca, profonda, a riempirle le orecchie come la musica più bella mai esistita. 
Cercava il suo profumo sui cuscini, sulle federe, sulle coperte, sulla propria pelle
Si infilava quelle magliette che lui le aveva lasciato apposta, e ci girava per casa. Perché sì, perché il contatto con quei tessuti le alleggeriva quell'assenza che avrebbe potuto soffocarla. 
Voleva risentirsi a casa. Senza di lui, quella, non era casa.
Guardava la pioggia, oppure il sole, dalla finestra del soggiorno, pensando a quanto avrebbe voluto che i giorni passassero più in fretta. 
Lei lo cercava sempre, e poteva giurare di vederlo, sempre. Lo vedeva scendere le scale, a petto nudo, con i pantaloncini del pigiama. Raggiungere la cucina, darle un bacio sulla tempia ed aprire il frigo per cercare qualcosa da bere. 
Lo vedeva accucciarsi sul divano dopo una giornata stancante, avvolto in quel maglione che gli calzava a pennello, e lentamente prendere sonno.
Lo vedeva varcare la soglia di casa e lasciarsi scivolare contro il legno della porta, perché troppo stressato dalla vita che conduceva, ma mai troppo stanco per lasciar tutto. 
Lei, in ogni caso, lo avrebbe aspettato. Lo avrebbe aspettato nonostante lui, durante uno dei suoi cali di tensione, le dicesse che non si meritava una come lei, che questa passione gli avrebbe portato via troppo tempo per loro. Lei non lo ascoltava proprio, a dire la verità. Perché l'unica cosa che sentiva in quei momenti, era come battesse forte il suo cuore al solo sfiorare delle loro mani, come le tremassero le labbra ad ogni contatto visivo. 
Era ovvio che Harry ritornava, perché per lei niente poteva sostituire la bellezza di come l'attesa di rivederlo finisse con un bacio, stretti nel letto dopo aver fatto l'amore.
Niente era paragonabile a stringere la sua mano nel freddo di Dicembre, camminando per le strade della città. A cercare di nascondersi da tutti nel parco vicino casa, a rincorrersi sulla riva della spiaggia. 
Niente era paragonabile ai sorrisi che le faceva spuntare solo il suono della sua voce prima di andare a dormire. 
Le sue mani grandi che le stringono il bacino, il suo naso sprofondato fra i capelli chiari di lei. Le coperte condivise, come le cioccolate calde che Harry prepara ma che lei finisce sempre per rubare. I momenti in cui lui la guarda disegnare, quando l'atmosfera della sua camera diventa rossa, o blu. I giorni piovosi in cui dimenticano l'ombrello a casa, in cui si ritrovano a scivolare per terra e ridere come bambini. I pianti ad ogni partenza, i battibecchi per quelle piccole cose che in realtà non importano a nessuno dei due. I regali che Harry le fa, nonostante ben sa che le basta una carezza, in silenzio, nel chiarore della mattina presto. E tutti i baci, tutti i segreti, tutte le parole.
Ed è ovvio che Harry torna, come è ovvio che lei lo aspetta, perché di aspettarlo non sarà mai stanca. Mai.
  
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