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Autore: MissGolightly    12/09/2015    2 recensioni
Ambientata tra la seconda e la terza stagione. Non tiene conto degli eventi dalla 3x01 in poi.
Tratto dalla storia:
"Hai una specie di magnetismo che mi attira verso di te. È per questo che sono tornato a New York."
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joan Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le pareti, dipinte con un’anonima tonalità di bianco, erano completamente spoglie.
Nessun quadro, nessun poster appeso. Non c’era nemmeno un semplice attaccapanni a muro.
Le finestre erano coperte dalle tendine giallo limone che aveva lasciato l’inquilino precedente.
I vestiti erano ancora chiusi in valigia.
Eppure, Joan Watson abitava in quell’appartamento da quasi due mesi. Ormai, il periodo di prova era passato. Quella casa le piaceva, così come le piaceva il quartiere.
E allora perché era tutto così anonimo? Perché non aveva cambiato le tende, reso la casa un po' più personale o, semplicemente, perché non aveva messo i suoi vestiti nell’armadio?
La verità era che non aveva bisogno di farsi questa domanda. Sapeva perfettamente a cosa era dovuto il suo comportamento.
Quando aveva deciso di trasferirsi, era convinta che fosse la scelta giusta. Non poteva continuare a vivere a casa di Sherlock e a comportarsi come se fossero una famiglia. Non lo erano. Erano semplicemente un ex tossicodipendente e un’assistente alla post-riabilitazione che si erano trovati bene insieme, erano diventati colleghi e, poco alla volta, amici. Nulla di più.
La loro convivenza si era spinta anche troppo oltre, secondo Watson.
Ma da quando si era trasferita in quel piccolo appartamento, non aveva fatto altro che pensare a quanto le mancasse vivere in quella casa insieme al suo bizzarro coinquilino.
Il fatto che, da quando aveva traslocato, Sherlock avesse smesso di rispondere alle sue chiamate e ai suoi messaggi certamente non la aiutava a sentirsi meglio. Anzi, se possibile, la faceva sentire ancora peggio. Quasi come se incolpasse se stessa di quell’allontanamento improvviso che c’era stato tra loro.
Tutto questo, ovviamente, non era passato inosservato. Il capitano Gregson e Marcus Bell avevano notato immediatamente che qualcosa era cambiato e, se il capitano aveva preferito evitare di fare domande, Marcus non si era fatto problemi a presentarsi a casa di Joan e a indagare sull’accaduto.
-Allora, che succede tra te e Holmes?- aveva chiesto un giorno, mentre se ne stava seduto sul divano della nuova casa di Joan.
Watson l’aveva guardato per qualche istante prima di rispondere, indecisa se fare finta di niente o dire la verità. Poi, aveva optato per la seconda soluzione. –In realtà, non lo so nemmeno io. Ho provato a chiamarlo, dopo essermi trasferita, ma non mi ha mai risposto-
-Nessuno l’ha più visto, al distretto- aveva detto Marcus.
Joan aveva annuito. Immaginava di non essere l’unica con cui aveva interrotto i contatti. Da un paio di mesi non aveva più sue notizie, ma se avesse continuato a lavorare al distretto o se avesse contattato Marcus e il capitano, lei lo avrebbe saputo. Invece niente. Nessuna notizia.
Marcus aveva continuato a parlare. –Sono rimasto sorpreso quando ho notato che non rispondeva a nessuno, così ho provato a telefonare alla signorina Hudson-
Ma certo, la signorina Hudson! Joan si sgridò mentalmente per non aver pensato di chiamarla. Sicuramente, lei aveva notizie di Sherlock.
-E...?-
-E ha detto che il giorno dopo essertene andata da casa sua, Sherlock l’ha chiamata e le ha detto che non era necessario che andasse a mettere in ordine la casa perché sarebbe stato fuori città per un po'-
Joan si era abbandonata contro lo schienale della sedia. Quindi, Sherlock se n’era andato. E non le aveva detto niente.
-Ma c’è dell’altro- aveva detto Marcus.
-Cioè?-
-Ero curioso di sapere dove fosse, così ho fatto rintracciare il suo telefono. È a Londra-
-Londra?-
-Già. E c’è di più. Facendo un paio di telefonate, ho saputo che sta lavorando per l’MI6-
Watson ricordava tutto di quella conversazione, eppure ciò che era successo dopo quella rivelazione era offuscato. Mai e poi mai si sarebbe aspettata che Sherlock finisse a lavorare per i servizi segreti britannici. Non dopo tutto ciò che era successo, almeno.
Ancora una volta, aveva giudicato Sherlock in modo errato. Ma d’altronde, avrebbe dovuto aspettarselo.
Sherlock non agiva mai secondo uno schema. Anzi, faceva sempre qualcosa che la stupiva. In quel caso, il “qualcosa” si era rivelata una cosa veramente grossa.
Nonostante Joan fosse un po' delusa dalla decisione dell’amico di lavorare per l’MI6 e, soprattutto, di andare via senza dire niente, continuava a sentire la sua mancanza, forse anche più di prima. Era come se il fatto di sapere che non erano separati solo da pochi chilometri, ma addirittura c’era un oceano tra loro, le facesse sentire ancora di più la mancanza.
Una parte di lei, sapeva che non sarebbe tornato. Eppure, non era riuscita a stabilirsi definitivamente in quella casa. Disfare le valige, cambiare le tende e dare un tocco personale all’appartamento significava chiudere definitivamente il capitolo della sua convivenza con Sherlock. Joan non era sicura di poterlo fare.
-È stata una tua scelta, quella di andartene- le disse Marcus, un giorno.
Passava da casa sua almeno una volta a settimana. Lui diceva che lo faceva perché erano amici e gli amici fanno così, ma Joan era convinta che lo facesse per assicurarsi che stesse bene e che non fosse impazzita dopo aver saputo la verità sul nuovo impiego di Sherlock.
-Lo so. Ma inizio a pensare che sia stata una scelta impulsiva e totalmente sbagliata. So che lui non tornerà, che ormai è a Londra... Ma non ci riesco-
Marcus rimase in silenzio per un attimo, valutando se fosse il caso di dirle quello che aveva scoperto il giorno precedente. Poi guardò la sua amica: anche se non voleva ammetterlo, la situazione con Sherlock l’aveva devastata. Meritava di sapere.
-Sherlock è tornato a New York-
Joan sollevò lo sguardo di scatto. –Cosa? Quando?-
-L’ho saputo ieri. Credo sia qui da qualche giorno-
Joan abbassò lo sguardo. Sherlock era tornato e non aveva nemmeno pensato di chiamarla. In due mesi non c’era stato un sms, un’email, uno squillo...niente. E lei se n’era fatta una ragione, soprattutto dopo aver saputo che era a Londra. Ma il suo ritorno cambiava le cose.
-L’hai visto?- chiese Joan.
-No, non ancora. Ma te l’ho detto perché credo che tu debba andare da lui-
-E perché?-
-Perché stai male senza di lui-
-Io non sto male-
Marcus sospirò pesantemente. –Stai male e si vede-
-Se n’è andato senza dirmelo. Abbiamo vissuto insieme per diciotto mesi, eravamo l’una l’ombra dell’altro...e lui cosa fa? Parte per Londra senza dire una parola e non si spreca nemmeno a rispondere alle telefonate. Non ho intenzione di andare da lui-
-Non lo pensi sul serio-
Joan guardò Marcus stupita. Cosa voleva dire? Come poteva sapere cosa pensava e cosa no?
-Hai sperato di poter tornare da lui dal primo istante in cui hai messo piede in questa casa. Ciò che provi per Sherlock va oltre l’essere colleghi, va oltre l’essere amici e tu lo sai. Devi solo trovare il coraggio di dirglielo- continuò a dire Marcus.
Era la prima volta che affrontava l’argomento con qualcuno. Joan si ritrovò a pensare che era strano che, fino a quel momento, non avesse sentito il bisogno di sfogarsi con nessuno. Ma, in fondo, doveva ammettere che Marcus aveva ragione. Lei avrebbe voluto tornare da Sherlock. Poco importava se era arrabbiata. Doveva vederlo.
Senza dire altro, Joan agguantò la borsetta e uscì di casa. Non si era nemmeno presa il disturbo di dire a Marcus dove stesse andando, ma sapeva che avrebbe capito.
Quando arrivò davanti alla sua vecchia casa, però, tutto il suo coraggio era sparito.
Come ci si comporta in questi casi? Doveva mostrarsi arrabbiata perché se n’era andato senza dire niente, o felice di rivederlo? Non riusciva a decidere quale fosse la strada giusta da prendere.
Optò per l’improvvisazione e suonò il campanello.
 
 
 
 
Sherlock Holmes si appoggiò allo stipite della porta e fissò l’interno della camera che, fino a due mesi prima, era stata di Watson.
Sentiva la sua mancanza, era inutile negarlo. Era andato a Londra perché non poteva sopportare l’idea di vedere la casa vuota, di non sentire Joan che preparava il caffè o che, semplicemente, camminava per casa.
Ma non aveva resistito. Non si può stare lontani per troppo tempo dalle persone che ami, è quasi impossibile. Era stato così anche per lui. Una mattina si era svegliato e si era reso conto che la mancanza di Joan era diventata insopportabile. Doveva tornare a New York, doveva vederla anche solo per un attimo.
E così, aveva preso il primo aereo ed era tornato.
Conosceva il nuovo indirizzo di Watson, ma sapeva di dover riordinare le idee prima di parlarle. E alla fine, il “riordinare le idee” si era trasformato in un’assurda contemplazione di ogni angolo della casa che gli ricordasse la sua ex coinquilina.
Stava ancora fissando la camera da letto, quando sentì il suono del campanello. Strano, considerato che nessuno sapeva del suo ritorno.
Scese le scale velocemente e aprì la porta senza preoccuparsi di chi ci fosse dall’altro lato. Non si sarebbe mai aspettato di trovarsi davanti Joan Watson.
-Watson- disse, cercando di non mostrare la propria sorpresa.
-Ciao-
Sherlock la guardò per qualche secondo. Era dimagrita notevolmente dall’ultima volta che l’aveva vista. Aveva delle profonde occhiaie, come se non dormisse da giorni, e le guance scavate.
Stava male. Se ne sarebbe accorto chiunque.
Resistette alla tentazione di farle notare le sue condizioni e si spostò di lato, tenendo la porta aperta per farla entrare in casa.
-Volevo passare a salutarti, ma non ne ho avuto il tempo- disse Sherlock. Non capiva perché, ma sentiva io bisogno di giustificarsi.
Sono altre le cose per cui dovresti trovare una giustificazione, gli ricordò la sua coscienza.
In effetti, andarsene senza dire niente non era stata una grande idea.
-Non importa- disse Joan, guardandosi intorno. Le era mancata quella casa.
-Ti trovo bene- mentì Sherlock.
Joan lo guardò abbozzando un sorriso. Lo conosceva troppo bene per pensare che stesse dicendo sul serio. –Non hai risposto a nessuna delle mie telefonate- disse poco dopo.
-Non avevo molto tempo per parlare-
-Non hai risposto nemmeno agli sms-
Sherlock rimase in silenzio, senza sapere come replicare. Joan aveva ragione. Ma che altro avrebbe potuto fare? Risponderle e dirle che non sopportava l’idea di vivere in quella casa senza di lei e che quindi gli era sembrato giusto andarsene senza dirle niente? No, di certo non poteva dirle la verità.
Joan si lasciò scappare una risata e Sherlock lasciò momentaneamente da parte i suoi sensi di colpa per lanciarle un’occhiata stupita.
-Scusa, è solo che questa situazione è così strana! Sto facendo esattamente tutto quello che avrei voluto evitare- disse Watson.
-Di cosa stai parlando?-
-Sto orbitando intorno a te-
E tutto fu chiaro.
Sherlock ricordava ogni parola del discorso che lei gli aveva fatto poco più di due mesi prima. Aveva giustificato la sua voglia di trasferirsi dicendo che se avesse continuato a vivere con lui avrebbe semplicemente continuato a orbitargli intorno.
-Dunque, la fine della nostra convivenza non è servita a mettere fine a questo problema- disse Sherlock.
-Non ho mai detto che fosse un problema-
-Te ne sei andata! Ha deciso di impacchettare le tue cose e trasferirti. Se non fosse stato un problema, saresti rimasta qui!-
-Il problema sta nel fatto che da parte tua non ci sia mai stato lo stesso sentimento che c’era da parte mia!- esclamò Joan. Non avrebbe mai voluto rivelare certe cose a Sherlock, ma ormai il danno era fatto.
-Che vuoi dire?-
Joan sospirò. Ormai aveva gettato la pietra; non avrebbe avuto senso nascondere la mano. –Ricordi cosa ti ho detto quel giorno? Ti ho detto che hai una specie di magnetismo, che sei come la gravità e che sono fortunata a essere nella tua orbita-
-Ma poi ti sei lamentata di orbitare intorno a me. Cosa per altro inesatta, dato che ti ho sempre considerata una mia pari-
-Non mi sono lamentata, Sherlock. Mi piace orbitare intorno a te, mi piace il modo cui riesci ad attirarmi a te... Ma vorrei che tu provassi le stesse cose e, quando mi sono accorta che non era così, ho pensato che fosse meglio andare a vivere in un altro posto-
Sherlock rimase in silenzio, assimilando ciò che Joan aveva appena detto. Poi disse: -E come hai fatto ad accorgerti che non provavo le stesse cose che provavi tu? Non mi pare che tu me lo abbia mai chiesto, Watson-
Joan si ammutolì. In effetti, non avevano mai affrontato l’argomento. Lei aveva semplicemente tirato le sue conclusioni.
-Mi pare che tra noi due, sia tu quella che ha avuto una relazione. Dovrei essere io a pensare che non provi quello che provo io- continuò Sherlock.
-Quello che provi tu? E sentiamo, Sherlock, cosa provi?- chiese Joan, sull’orlo dell’esasperazione.
Sherlock si avvicinò a lei e sussurrò: -Magnetismo-
-Come, scusa?-
-Anche tu hai una specie di magnetismo che mi attira verso di te. È per questo che sono tornato a New York-
Joan rimase in silenzio, senza sapere come rispondere. Cosa voleva dire? Era una specie di dichiarazione? Anche lui provava quei sentimenti? O il magnetismo di cui parlava era semplicemente un legame che lo attirava a lei, ma senza implicazioni sentimentali? Joan non riusciva proprio a capirlo.
-Sei ancora viva?- disse Sherlock, sventolando una mano davanti alla faccia di Joan.
Lei la scacciò via come se fosse una mosca fastidiosa. –Che stai facendo?-
-Ti sei ammutolita. Mi stavo solo assicurando che non fossi caduta in uno stato di trance-
Joan lo guardò per un momento, cercando di capire da dove potesse essergli uscita una stupidaggine simile.
Sherlock sospirò. –Senti, io non so come ci si comporta in questi casi. Non ho termini di paragone perché non mi è mai successo quello che mi sta succedendo con te. Non mi è mai capitato di incontrare una donna e arrivare ad affidargli me stesso in così poco tempo. Con Irene è stato tutto diverso. Siamo andati a letto insieme e poi, solo dopo, mi sono innamorato di lei. Con te, sta andando tutto nel verso opposto-
-Cioè nel verso in cui dovrebbe andare per le persone normali-
-Oddio, Watson! Ma hai sentito quello che ho detto?- chiese Sherlock, sconvolto e anche un po' arrabbiato. Non era possibile che Watson dovesse contraddirlo proprio in quel momento!
Joan rimase i silenzio. Certo che aveva sentito, ma non sapeva cosa dire e provare a fare finta di non aver capito era molto più facile.
Sherlock le aveva praticamente detto che era innamorato di lei e Joan non sapeva come reagire. Avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, ma era talmente sorpresa da non riuscire a muovere un solo muscolo.
-Sei tornato per me?- chiese Joan a bassa voce. Era quasi certa che la risposta sarebbe stata affermativa (considerato ciò che Sherlock aveva detto poco prima), ma aveva bisogno di certezze.
Sherlock annuì muovendo la testa, poi si avvicinò ulteriormente a Joan e la baciò.
Lei rispose immediatamente al bacio, quasi come se non avesse aspettato altro per tutta la vita, e Sherlock si pentì di non averla baciata prima. I suoi sentimenti per lei erano mutati mesi prima e lui si era deciso a fare qualcosa solo quando Joan aveva deciso di andarsene. Non si sarebbe mai perdonato per questo.
-Ti amo, Sherlock- disse Joan, quando si separò da lui per riprendere fiato.
-L’ultima donna che me l’ha detto si è rivelata essere una spietata assassina. Questa volta posso fidarmi?-
Joan gli diede un leggero pugno sulla spalla. –La risposta giusta era: ti amo anch'io-
-Ho attraversato un oceano per tornare da te, Watson. Pensavo che fosse superfluo dirtelo-
Joan avrebbe voluto contraddirlo e dirgli che a una donna piace sentirsi dire certe cose, ma per una volta decise di tacere e tornare semplicemente a baciarlo. Per tutto il resto avrebbero avuto tempo.
 
 
 
 
NOTE:
Eccomi tornata con un’altra Joanlock (c’è poco da fare, amo questi due insieme).
Come avete sicuramente capito, la storia è ambientata tra la fine della seconda stagione e l’inizio della terza, quindi non si tiene conto degli eventi accaduti dalla 3x01 in poi.
Mi era piaciuto molto il discorso su magnetismo di Sherlock che Joan fa alla fine della seconda stagione e mentre facevo un rewatch di Elementary ho pensato che da un discorso come quello poteva venire fuori una bella fanfiction. Ma sta a voi dire se è bella o no, giusto?!
Il personaggio di Sherlock potrebbe essere un po’ OOC e mi scuso in anticipo per questo, purtroppo non è mai facile riuscire a parlare di un personaggio complesso come lui. Comunque sia, non credo che sia così tanto OOC da metterlo negli avvertimenti ma se pensate che lo sia fatemi sapere!
Spero vi sia piaciuta ma ovviamente accetto qualsiasi tipo di recensione.
Ciao!
   
 
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