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Autore: marwari_    12/09/2015    0 recensioni
Cap2: Sospirò piano, spostando il peso del corpo dalla gamba malandata, il bastone saldo tra le mani.
Cora, se solo ti ricordassi di me…

{storia composta da capitoli paralleli}
#1 storia della serie "𝓖olden𝓗eart ғairyτale"
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '𝓖olden𝓗eart ғairyτale '
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MISTRESS – a goldenheart fairytale

Guardò il numero rosso che lampeggiava sul display della sveglia: 4:49. Respirava piano, ascoltando il silenzio che avvolgeva il suo appartamento e, più in là, giù in strada, i pochi furgoni merce che depositavano i rifornimenti al Granny’s.

Era stanca, assonnata, eppure era sveglia, come sempre, a commiserare quella vita che non sembrava la sua.. Ma dopotutto che altro poteva fare? Anche se tutto le sembrava un vestito troppo stretto, doveva farselo andare bene, non c’erano alternative, non adesso, non lì.

La sveglia suonò, un gracchio ripetitivo e snervante. Lei la spense.

Sospirò, quasi annoiata, rassegnata a quella vita che faceva ogni giorno, senza interruzione, da quanto potesse ricordare. Ogni giorno sempre uguale, come un deja-vu costante senza possibilità di uscita.

Si sentiva costantemente trasportata da un vortice infinito, un vortice di imposizioni che le comandavano ogni singola azione da svolgere, un vortice di voci, che le dicevano cosa pensare, cosa dire o cosa doveva fare.. non c’era modo di liberarsene.

Cora si alzò controvoglia, scacciando quel pensiero della sua testa che, come ogni mattina, le suggeriva di rimanere a letto: sapeva che se lo avrebbe fatto una volta, poi lo avrebbe fatto sempre. Rabbrividì subito al contatto con il pavimento ruvido, color latte e seguì meccanicamente le mattonelle fino al bagno, si preparò, prese le sue pillole e per le 5:15 era pronta. Scendeva le scale alle 5:20, infilandosi una felpa mentre correva sui gradini, gli occhi concentrati a contarli e alle 5:30 apriva la saracinesca del retro del negozio.

Si sedette su uno scatolone lì vicino, gli occhi socchiusi a causa delle prime luci mattutine, sempre troppo bianche o azzurre per i suoi occhi e si perse a fissare il mondo che, immobile, le dava il buongiorno.

Non passò molto tempo prima che il consueto miagolio la facesse voltare, rivelando la gattina dal manto marrone chiaro che, orgogliosa, faceva tintinnare il campanellino blu che aveva al collo “Lilly” riportava e, come ogni mattina, reclamava la sua colazione. Cora non sapeva a chi appartenesse, ma era felice di quella compagnia che, puntuale, aspettava i rifornimenti del forno ogni mattina alle cinque e trenta in punto.

Le accarezzò a lungo il collo e le lunghe orecchie a punta, domandandosi che fine avesse fatto il furgone bianco che le faceva visita ogni giorno

«Tu che ne pensi?» domandò la donna, versando metà del contenuto di una bottiglia di latte in una ciotola che teneva sempre accanto al cancello. La gatta miagolò, fiondandosi subito sul suo pasto e leccando di gusto.

Cora sospirò rumorosamente per farsi compagnia, tendendo le orecchie al suono delle ruote che arrancavano sull’asfalto, lentamente, trascinando un pesante furgone sgangherato che gettava fumo scuro dal tubo di scappamento. Si alzò come una sentinella quando si fermò di fronte al cancello e aiutò il fornitore a scaricare la merce: non lo aiutava mai perché le andava di farlo, ma solo per controllare che ci fosse tutto quello che aveva ordinato, senza rischiare di essere imbrogliata come più volte era successo.

«C’è tutto.» disse infine, forse un po’ troppo forte, perché l’uomo grugnì, anche se tentava di fare finta di nulla.

Cora salutò la gatta, che già sgambettava sulle grondaie per attraversare le case, e rientrò nella bottega, cominciando a fare quello che faceva tutte le mattine: farina, acqua, uova, olio. Impasti, impasti di tutti i tipi.

Sgranocchiò un biscotto del giorno prima mentre sfornava tutti i dolci, i pani che sarebbero bastati fino a sera ed ordinò tutto quello che aveva preparato sul bancone, come se il profumo che sprigionavano potesse donare un buon risveglio a tutta la cittadina. Era soddisfatta di quello che aveva preparato.

Aprì la cassa, spolverò per terra e solo quando fu sicura che fosse tutto sistemato, aprì la saracinesca, sorridendo ai negozianti dirimpetto che, molto più tardi di lei, avrebbero aperto le loro attività. Sistemò le sedie fuori dal negozio, la panca, e scrisse sulla lavagna la torta del giorno, anche se sapeva che, forse, nessuno l’avrebbe comprata; non che gli affari andassero male, ma in una città come Storybrooke si sapeva quando un giorno era buono o meno per preparare torte speciali.. nonostante ciò, Cora lo aveva fatto.

Stava per rientrare nel negozio, tranquillamente, e sobbalzò quando vide Ruby, la nipote della proprietaria della tavola calda, correrle incontro, finendole quasi addosso

«Sono in ritardo!» si scusò la ragazza, fiatone e vestiti stropicciati addosso. Sembrava anche più stanca di lei, e anche se Cora non glielo aveva chiesto, sapeva che era stata alzata tutta la notte

«Le paste e le brioches sono pronte, vado a prenderle.» le rispose gentilmente, divertita dall’aspetto di quella ragazza. Non riusciva a ricordare una sola giornata in cui l’avesse vista arrivare tranquilla, rilassata e con l’aria di una che aveva dormito le sue otto ore standard.

Sistemata Ruby, seguirono altri clienti, per lo più bambini in procinto di andare a scuola e alla ricerca di una merenda e quando giunse il momento della pausa, si sedette stancamente ad una delle sedie all’esterno, osservando la pigra città che si muoveva come se fosse veramente al ritmo di quell’orologio, fermo da anni.

Fu in quel momento che, quasi per caso, notò una figura nera, che si distingueva dalle altre: soprabito scuro, capelli appena ingrigiti, bastone. Non c’era dubbio, era Mr Gold.

Cora si agitò subito e anche se non era sicura che quell’umo si stesse dirigendo da lei, si alzò in piedi e, pregando che non l’avesse vista, si infilò il grembiule appena imbiancato dalla farina e si sistemò dietro la cassa, come una fanciulla che temeva di essere sgridata dal genitore. Lo seguiva con lo sguardo: la boutique all’angolo, il negozio di ferramenta.. si fermò davanti alla sua vetrina. Cora fece finta di riordinare biscotti nell’espositore raddrizzando la schiena solo quando la campanellina attaccata alla porta tintinnò. Rimase un attimo immobile, come incantata, poi, come risvegliata da un sogno, gli sorrise

«Buongiorno Mr Gold.» disse cordialmente, mentre l’uomo si faceva strada nel negozio e davanti l’espositore, studiando ogni cosa che esso conteneva

«Buongiorno miss Meel.» gli rispose lui, dopo alcuni minuti; la sua voce tradiva un sorriso.

«L’affitto scade tra due settimane.» mormorò lei, intimorita: quell’uomo metteva paura a tutti e lei, anche senza una ragione ben precisa, lo temeva

«Non sono qui per l’affitto.» sibilò lui, sembrava infastidito da quella frase.

Cora si sentì mancare. Aveva fatto male a dirlo, ora forse si sarebbe vendicato in qualche modo.. perché aveva parlato? Eppure lui non si faceva mai vedere se non per riscuotere i soldi del mese. «Sono qui per la torta.» aggiunse con un rinnovato sorriso, premendo l’indice contro il vetro dell’espositore: la torta speciale del giorno.

   
 
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