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Autore: gingerspice    12/09/2015    2 recensioni
• Come tutto inizia.
• Come tutto diviene imbarazzante.
• Come tutto diviene normale.
• Come tutto ridiviene imbarazzante.
• Come tutto finisce a tarallucci e vino.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FRIENDZONE: TENERE LONTANO DALLA PORTATA DEGLI AMICI.
 


Una trattazione di tutto rispetto inizierebbe senz’altro con una approfondita e brillante introduzione all’argomento. Essendo l’argomento scarno di qualsivoglia significato profondo o meritevole di spiegazioni approfondite, è consentito procedere ignorando bellamente gli abbellimenti di forma.
Friendzone.
La trattazione inizia così, una parola e punto.
Se proprio dovessimo approfondire anche la parola, sarebbe chiaro anche a un tronco d’albero che un fonema che raccolga una zeta, due enne e una erre tutte in una volta non potrebbe mai essere presagio di alcunché di positivo. Si sarebbe potuto cercare di addolcire il suono, magari tentando un nome pieno di labiali, condito da qualche ‘elle’. Qualcosa che lo rendesse soffice e piacevole almeno all’udito, o quantomeno che non lo facesse sembrare un patchwork di consonanti scartate a scarabeo.
Ma la trattazione non ha a oggetto la disquisizione sulla natura del nome.
Tornando da dove si è partiti, pare opportuno all’autrice utilizzare un minimo di ordine procedendo per punti. In alternativa si potrebbe buttare tutto in un unico testo come fosse un’insalata, con il rischio però di rimanere oltremodo confusi. Esattamente come nella friendzone.
 
1. COME TUTTO INIZIA.
Definire come tutto inizia risulta all’autrice il passaggio più ostico della serissima trattazione.
Se fosse individuabile con rigorosa precisione il disgraziato momento in cui tutto inizia, il problema sarebbe risolto almeno per metà. Ognuno se ne farebbe una ragione e procederebbe cauto per la sua strada evitando il segnale fatidico dell’inizio come fosse un appestato.
Malauguratamente per i più, non esiste alcun segnale fatidico dell’inizio. L’inizio della friendzone è come i temporali estivi, improvvisi e prepotenti.
Per non eccedere nelle metafore al limite del poetico e del romantico, l’autrice oserebbe paragonarlo al ciclo. L’inizio della friendzone è come il ciclo mestruale: potrebbe arrivare da un attimo all’altro, senza alcun preavviso, nel momento più sgradevole e portando con sé una serie di fastidiosi sintomi.
L’autrice prende bellamente in prestito due nomi e li rende i suoi blasonatissimi personaggi della friendzone.
Marta e Fabio.
Marta e Fabio procedono con le loro graziose vite per un pacifico periodo di tempo che definiremo “status pre-friendzone”. Tale stato di primordiale beatitudine comporta, come è prevedibile che sia, un abbassamento delle difese immunitarie (che ogni accorto lettore intenderà metaforicamente). Così, Marta e Fabio, carenti di munizioni tali da debellare il pericolo, si ritrovano a vivere perennemente esposti al contagio della friendzone. E, come i pidocchi delle scuole elementari, è poco ma sicuro che se la prendono.
Detto fatto. L’autrice si prende la libertà di passare al momento in cui i due si trovano già ad annaspare nella friendzone. Ciò non perché le secchi descrivere come ci siano effettivamente finiti, ma perché è un processo empiricamente e ontologicamente inspiegabile: Marta e Fabio a causa di un moto nebuloso e ignoto, senza un inizio preciso o un evento scatenante, sono nella friendzone.
 
2. COME TUTTO DIVENTA IMBARAZZANTE.
L’autrice dà, arbitrariamente e in maniera piuttosto dispotica, per appurato l’inizio della friendzone secondo il punto 1.
Marta e Fabio sono adesso entrati in un rapporto di “indefinibile” reciproco, pur professandosi “amici” alle domande indiscrete dei più. Che Marta non sia amica di Fabio e Fabio non sia amico di Marta lo hanno capito ormai anche le sopracitate cortecce d’albero. Ma ciò è irrilevante ai fini della trattazione.
L’autrice ora, nel momento in cui le sue reminescenze di geometria analitica raggiungono il culmine, afferma assolutamente convinta che esista una formula capace di calcolare l’espressione della retta passante tra due punti. Ebbene, nonostante l’incapacità di citare la formula e la poca voglia di cercarla su Google, tale formula esiste. Fidatevi.
Due punti nello spazio, scelti ad arbitrio, saranno sempre congiunti da una retta. Due punti qualunque tranne Marta e Fabio.
Loro rimangono punti solitari a orbitare attorno a se stessi, senza che una retta li degni della benché minima attenzione. E quanto cade una tesi capitale della matematica come la retta passante per due punti, potete ben capire quanto la situazione si sia fatta drammatica.
Ora, tra Marta e Fabio è come durante la Guerra Fredda.
La mossa conclusiva non viene avanzata da nessuna delle due parti, mentre entrambi continuano a mandare avanti con pseudo-diplomazia il loro rapporto, attendendo una improbabile soluzione divina.
L’autrice, sempre nel pieno della sua ispirazione poetica, oserebbe paragonare tale fase della friendzone all’antipatico momento in cui si avverte il sentore dello starnuto. Sempre l’ispirata autrice si riferisce agli interminabili secondi in cui si alza il capo e si schiude la bocca, convinti che da un attimo all’altro il prurito nelle narici si trasformerà in un sonoro starnuto. Il sessantadue percento dei casi lo starnuto non esce, va da sé riabbassare il capo e chiudere la bocca per evitare di sembrare una talpa in calore.
A tale punto della trattazione pare opportuno introdurre la diffusa e tragicomica condizione di perpetuo imbarazzo che una friendzone si porta dietro come fedele discepolo.
L’imbarazzo non deriva certo dal fatto di non essersi dati una definita collocazione affettiva, bensì dall’impossibilità di sostenere un incontro che non assomigli a una riunione di muti.
Marta e Fabio, infatti, turbati dalle leggende metropolitane che circolano riguardo alla fatidica friendzone, evitano di intavolare una conversazione per non incappare in scomodi fraintendimenti.
Ecco dunque come si è levata, in fretta e agilità, la cortina di ferro.
 
 
3. COME TUTTO DIVENTA NORMALE.
Secondo uno dei principi base della sopravvivenza della specie, l’individuo è capace di adeguarsi alle condizioni. Marta e Fabio, non potendo in alcun modo rovesciare i principi base della sopravvivenza, fanno i conformisti col genere umano e si adeguano anche loro. Questo è il supporto scientifico al passaggio dalla scomoda situazione di novità e imbarazzo (citata al punto 2) alla pacifica e paradossale normalità.
La friendzone, prolungata per un delta temporale che superi la soglia di normale tollerabilità, diviene improvvisamente una condizione di naturale consuetudine.
Prassi. La friendzone è diventata prassi.
Tanto per fornire al lettore una delucidazione lampante della situazione, potremo affermare che essa è all’incirca come l’anarchia: entrambi i soggetti operano in maniera arbitraria perché ormai, sempre avvalendosi di una delucidazione lampante, peggio di così non possono andare.
 
 
4. COME TUTTO RIDIVIENE IMBARAZZANTE.
L’illusione secondo cui la situazione di friendzone rientri nei parametri della normalità è destinata a scomparire in un arco temporale che si estende dai due ai quattro mesi circa. L’autrice chiede di fidarsi dei dati totalmente casuali che ha appena citato, ma che le sono parsi un periodo mediamente accettabile di sopportazione.
Esattamente come ogni proverbio maori insegna, ogni evento è parte di un sistema circolare per il quale il ciclo ricomincerà dal suo inizio per essere ripercorso ancora e ancora. Se i lettori non dovessero fidarsi dei proverbi maori, viene di seguito proposta per avvalorare tale tesi un’argomentazione di cui i lettori non possono lecitamente dubitare, ossia il ciclo dell’acqua.
L’acqua evaporata dalle superfici oceaniche risale nell’aria, addensandosi in nubi che, quando valutano sia il momento meno appropriato, decidono di rilasciare il loro ammasso di vapore in gocce che tornano alla loro sede primaria. È un circuito senza fine.
Augurandoci che la friendzone non sia un circuito senza fine (ma di ciò non abbiamo alcuna certezza), capiamo come si debba necessariamente ritornare la fase primordiale dell’imbarazzo.
Questo stadio, che abbiamo già discusso, è la condizione più esemplare del disagio. Anche se i lettori sono a questo punto della trattazione ben ferrati sulle caratteristiche della fase 2, le ripeteremo per far sì che rimangano impresse con maggiore orrore e disgusto.
Coi presupposti appena esposti, anche il più idiota tra i fonemi espressi da Marta o da Fabio sarà capace di creare imbarazzo; imbarazzo che inevitabilmente verrebbe a esistere anche se Marta e Fabio decidessero di ritirarsi nel mutismo: l’imbarazzo è al di sopra delle loro azioni, al pari di una condanna divina.
I due sciagurati soggetti si ritrovano a diventare ancora una volta entità totalmente non sessuali agli occhi dell’altro.
 
 
5. COME TUTTO FINISCE A TARALLUCCI E VINO.
L’espressione idiomatica “finire a tarallucci e vino” fa riferimento a una controversia che si risolve amichevolmente, inzuppando i taralli in un buon bicchiere. Altresì un modo per indicare simbolicamente l’incapacità di ambo le parti di trovare una soluzione valida al problema, con la conseguente facilità di lasciare che il tempo sbiadisca ogni problema, mentre ci si ride anticipatamente sopra.
Questa è esattamente la modalità tipica della fine della friendzone, che per sua costituzione sarebbe risolta solo nel caso in cui Marta e Fabio decidessero di dichiararsi improvvisamente amore eterno, o nel caso in cui fossero talmente angustiati l’uno dall’altro da non volersi vedere mai più. Se nessuna delle due modalità di cui sopra si verifica, allora la situazione secondo un breve e logico calcolo finirà necessariamente a tarallucci e vino.
Dunque la friendzone è archiviata, senza per questo costituire un repellente per i prossimi possibili contagi. Marta e Fabio possono dirsi esattamente amici come prima, pur sapendo che non sono mai stati convenzionalmente amici e che nemmeno d’ora in avanti lo saranno mai.
A questo punto, esattamente come le prove durante il processo sono rimesse a quello che è detto “libero apprezzamento del giudice”, qui la conclusione della questione è rimessa a quello che è stato deliberatamente proclamato “libero apprezzamento dell’autrice”.  E all’autrice piace così.
La trattazione può dirsi conclusa.
 
 
 
 
  
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