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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    12/09/2015    0 recensioni
Incredibile quanto la guerra e la perdita possano sconvolgere la vita delle persone.
Ellie Nightshade e Henry Faircross lo sanno bene.
Nella prima guerra contro Valentine entrambi hanno perso tutto: la propria famiglia, la propria casa, le proprie certezze...
Quando Magnus Bane li porta via da Idris diretto all'Istituto di New York, sono ben consci che l'unica cosa su cui potranno fare affidamento sono loro stessi.
Per questo decidono di diventare Parabatai.
Perché avere un Parabatai vuol dire proteggersi a vicenda, amarsi incondizionatamente, essere amici, fratelli ed essere pronti a sacrificare tutto per la felicità dell'altro: essere una famiglia.
Quando la guerra mortale minaccerà di distruggere ogni cosa ancora una volta, i Cacciatori dell'Istituto di New York si ritroveranno a combattere non solo contro i Demoni evocati da Valentine e Sebastian - intenzionati a creare una nuova stirpe di Shadowhunters - ma anche contro quelli che si annidano nelle loro anime e dovranno essere pronti a perdere tutto pur di proteggere coloro che amano.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Turns to Ashes
 
XXIII
 
Punto di rottura
 
 Quando mi sveglio, mi trovo nella stanza di Henry. Appena apro gli occhi vedo che accanto al letto ci sono tutti i miei amici. Henry è seduto su una sedia e accanto a lui, in piedi, ci sono Alec, Isabelle, Simon – che non sapevo nemmeno fosse arrivato ad Alicante – Jace, seduto sul letto accanto a me, Clary e Aline.
 - Ellie! -  esclama Clary  - Come ti senti? -
 - Meglio. -  rispondo con voce impastata.
 - Ci hai fatti preoccupare. -  interviene Alec.
 Sorrido e lentamente mi metto seduta.
 Henry osserva e studia ogni mio movimento.
 - Scusate. -  dico  - In ogni caso, adesso sto bene. -  continuo  - Voi come state? La battaglia…? -
 Aline mi interrompe  - È finita. Abbiamo vinto. -
 Sorrido, decisamente sollevata.  - Fantastico. -
 - Valentine e Sebastian… cioè Jonathan, sono morti. - annuncia Isabelle - Inoltre abbiamo scoperto che Jace non è figlio di Valentine, ma di Stephen Herondale. -  spiega tutto d’un fiato.
 Annuisco.  - Sì. Sebastian me lo aveva detto. – mi volto e vedo la mano di Clary poggiata sulla spalla di Jace. Sorrido. – Congratulazioni, ragazzi. -
 Lui mi sorride e poi mi abbraccia. - Mi hai fatto preoccupare. -  mi sussurra all’orecchio.
 Sorrido alla sua premura e quando ci separiamo gli accarezzo una guancia. Sono contenta che stiano tutti bene.
 
 Sono appena tornata dal funerale di Max Lightwood e delle altre vittime della guerra; sono immobile nella stanza di Abbie. È stato straziante, terribile, quasi impossibile da sopportare. La loro morte è stata ingiusta, causata da pazzi come Tom, Valentine e Sebastian. Da persone che avrebbero voluto purificare la razza per crearne una migliore, ma in realtà avrebbero solo creato una stirpe di assassini spietati, assetati di sangue ed ebbri di potere.
 Mi impongo di muovermi per cambiarmi. Indosso ancora gli abiti bianchi del funerale, così me li sfilo e dopo averli piegati li ripongo nell’armadio di Abbie da dove li avevo presi. Mi infilo la mia camicetta azzurra, i miei jeans e i miei stivaletti, poi mi siedo sul letto.
 Osservo un punto indefinito sul muro di fronte a me. Mi sento svuotata dopo il tradimento di Tom. Mi sento diversa, sono stata tradita dalla persona che credevo di amare. Invece, nel giro di poche ore è diventata la persona che odiavo più al mondo. Tutto è crollato in così poco tempo…
 Qualcuno bussa alla porta.
 - Avanti. - dico automaticamente e lentamente volgo lo sguardo.
 La porta si spalanca e Henry entra nella stanza. Mi sorride e si avvicina.
Io scatto in piedi. - Henry. - dico.
 - Ciao, Ellie. -  mi saluta.
 Mi sforzo di sorridere, ma so di avere ancora gli occhi arrossati da pianto, perciò che senso ha fingere?
 - Come stai? -  chiede.
 Faccio spallucce.  - Sono stata meglio. -
 Annuisce.  - Mi dispiace per quello che ti ha fatto Tom. -
 Scuoto il capo.  - Non c’è bisogno che fingi. -  dico. So che odiava Tom, non deve nascondermelo fingendo di essere dispiaciuto  - So che odiavi Tom. -
Lui scuote il capo. - Infatti. Odiavo e odierò sempre Tom, ma sono dispiaciuto per te. Per il dolore che ti ha causato. -
 Abbasso lo sguardo.
 - Ellie, mi fa male vederti così. -  aggiunge avvicinandosi a me.
 Trattengo il respiro e sento il cuore accelerare. Quando ormai è a pochi centimetri da me, sollevo lo sguardo e incontro i suoi occhi. Sono neri come la notte, famigliari, caldi, dolci, belli da togliere il fiato. Osservo il suo volto, ogni centimetro della sua pelle candida.
 Lo vedo sollevare una mano. La fa scorrere sul mio viso accarezzandolo delicatamente come un fiocco di neve che si deposita sul terreno.
 Il mio respiro accelera. Forse Tom aveva ragione. Forse anche io provo qualcosa per lui. Forse è per questo che ho trovato tanto difficile chiedergli di fermarsi la sera in cui aveva distrutto il salotto.
 - Ho provato un’immensa soddisfazione ad ucciderlo. - riprende - Non potevo sopportare l’idea che ti avesse fatto del male. -
 - Henry… -  dico in un sussurro.
 - Ti ha usata per arrivare a me e mi sento in colpa. -
 - No. -  lo blocco ritrovando la fermezza  - Non è colpa tua. Tom era completamente pazzo. –
 - Avrei dovuto proteggerti. -  insiste.
 Scuoto il capo.  - Hai fatto anche più del necessario. -
 La sua mano scende lungo il mio zigomo, poi percorre la linea del mento e la clavicola provocandomi un brivido lungo la colonna.
 - Se ti avesse uccisa, io… -  
 Lo interrompo.  - Sto bene. -
 Annuisce e accenna un sorriso.  - Lea… -  si interrompe.
 Vorrei dirgli di continuare, ma sono incantata dai suoi occhi, dai suoi movimenti, dalle sue labbra.
 Sento le sue mani percorrermi i fianchi e poi risalire lungo il mio petto.
Faccio scorrere le mie sulle sue braccia sfiorando ogni centimetro della sua pelle. È fredda, stranamente fredda.
 Il mio parabatai avvicina il suo volto al mio tanto che posso sentire il suo fiato sulle mie labbra. – Desidero così tanto baciarti… –  sussurra.
 Per un attimo ho le vertigini. Anche io voglio baciarlo. E in quel momento non esiste più nient’altro. Tutto scompare e rimaniamo solo io e lui, uno accanto all’altra e le nostre labbra, i nostri occhi. Solo io e Henry.
 È lui ad annullare la distanza che ci separa e a poggiare le sue labbra sulle mie.
 Sento il cuore fermarsi e poi ripartire di colpo, quasi togliendomi il respiro. Ogni cellula del mio corpo vibra dal desiderio. Voglio le sue labbra, voglio assaporarne ogni centimetro. Mi aggrappo alle sue spalle e mi stringo a lui; muovo le labbra sulle sue approfondendo il bacio. Il loro sapore è dolce, sembra vaniglia. Non avrei mai immaginato che le labbra del mio migliore amico avessero questo sapore. Le immaginavo diverse.  Anzi, per la verità non mi ero mai soffermata a pensarci.
 Henry mi accarezza la schiena tirandomi a sé. Gemo contro le sue labbra e lui mi accarezza le guance, i capelli e le braccia. Sfiora la mia lingua con la sua provocandomi un brivido che mi attraversa il corpo.
 Lo tiro verso di me, ma perdo l’equilibrio inciampandomi sul tappeto. Cadiamo sul letto, ma non mi importa se il suo peso mi sta schiacciando. Non mi interessa. Muovo le mie mani sulla sua schiena sollevando la maglietta e sfilandogliela dalla testa con un movimento veloce e quando le nostre labbra si separano per un momento, torno subito a cercarle, come se senza potessi morire soffocata, come se fossero il mio ossigeno. Circondo la sua vita con le mie gambe e lui comincia a sbottonarmi la camicetta lasciando per un momento la mia bocca per riuscire a riprendere fiato. Mi sfila la camicetta e poi percorre il mio petto con le labbra, baciando la mia pelle pallida e le rune che la decorano.
 - Sei stupenda. -  sussurra mentre avvicina il mio bacino al suo facendoli aderire.
 - Baciami, Henry. - è tutto quello che riesco a dire. Non voglio sentire nient’altro che le sue labbra sulle mie. Ne ho bisogno. Ho bisogno di questo contatto, ho bisogno di Henry per colmare il vuoto che si era creato in me. Sapevo in cuor mio che il mio parabatai era l’unico che sarebbe stato in grado di riempirlo.
 I nostri corpi si muovono sincronicamente uno contro l’altro, aderendo perfettamente, come se fossero nati per stare a contatto, per colmarsi e completarsi a vicenda.
 - Ti amo. -  bisbiglia al mio orecchio.
 Ho un tuffo al cuore.
 - Fermati. -  è la mia risposta. Sento un dolore all’altezza del cuore. Non era così che sognavo di rispondere ad un  “ti amo”  sincero quanto il suo.
 Sento il suo corpo irrigidirsi contro il mio.  - Lea… -  dice con voce dolce.
 - No. -  mi impongo - Lasciami, Henry. -  sento un groppo in gola. Non avrei mai voluto pronunciare quelle parole, ma… ma è tutto sbagliato. Non avrei dovuto perdere il controllo. Siamo parabatai, per noi non c’è futuro insieme. Non avrei dovuto lasciare che…
 - Ellie, ma che ti prende? -  chiede scostandosi e mettendosi a sedere sul materasso.
 Scatto in piedi e raccolgo la mia camicetta sul pavimento. - Sai bene che tutto questo è sbagliato. -
 Lui scuote il capo e si mette in piedi a sua volta.  - Cosa è sbagliato? Amarsi? -
 - Henry, ti prego… -  tento di protestare.
 Lui mi blocca  - Ellie, io ti amo. -  ripete e la sua voce mi trafigge provocandomi un dolore ancora peggiore di quello causato dal coltello con cui Tom mi ha torturato.
 - No, Henry. - riprendo con voce spezzata - Non c’è futuro per noi. Lo sai. -
 - Perché no? -
 - Se il Conclave lo scoprisse… -
 - Non devono saperlo. -  mi interrompe.
 Tenerglielo nascosto è ciò che propone?
 - Siamo parabatai. - mi impongo. - I legami sentimentali non sono permessi. -
 - Non mi interessa. -
 - A me sì! -  esclamo.
 - Ti importa della legge, adesso? -  chiede stupito.
 - No. -  replico  - Mi importa del fatto che se lo scoprissero ci allontanerebbero. E io non voglio perderti. -
 - Nemmeno io. -  asserisce.
 - Allora non possiamo. -
 - Perché no? -
 Scuoto il capo - Abbiamo troppo da perdere. - faccio notare. - Non sopporterei starti lontana, lo sai. Non voglio che ci separino. -
 Henry scuote il capo  - Nemmeno io, ma non potrei sopportare di starti vicino e non poterti sfiorare, non poterti baciare… -  si avvicina e mi sfiora la guancia con una mano.
 Mi allontano da lui e mi infilo la camicetta.  – Henry, per favore. – tento di protestare.
 - Troverò un modo. - insiste. - Troverò un modo per poter stare insieme. Chiederò al conclave di rompere il legame parabatai… -
 Questa volta sono io a interromperlo.  - Sai meglio di me che non si può. -
 - Ci sarà un modo per… -
 Scuoto il capo.  - No. - riprendo. - Per quanto mi faccia male, io… non possiamo. –
 - Ma… -
 - Non c’è nessun ma. - replico quasi ringhiando. - Basta, Henry. Saremo parabatai, amici, fratelli… ma nulla di più. Non posso darti nulla di più, non se il prezzo da pagare è perderti o dover rinunciare a te. –
 Prima che possa fermarmi e farmi cambiare idea esco dalla stanza, scendo al piano di sotto ed esco di corsa dalla casa. Quando raggiungo la strada comincio a correre mentre le lacrime mi rigano il volto. In meno di cinque minuti raggiungo casa Penhallow. Alec è sui gradini d’ingresso della casa insieme a Magnus. Quando mi vedono arrivare interrompono la loro conversazione e si alzano in piedi.
 Li abbraccio entrambi e loro mi circondando le spalle e la vita con le braccia, stringendomi forte. Non spiego nulla e loro non fanno domande. L’unica cosa che fanno è abbracciarmi forte e rassicurarmi, anche se non sanno cos’è accaduto.
 
 ANGOLO DEL MOSTRICIATTOLO CHE SCRIVE
Buonjour, bonjour! Rieccomi qui con il 23esimo capitolo della mia long.
Credo che non ci sia nulla da spiegare, perciò non vi annoio ulteriormente! :)
Fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto, Eli
 
 
   
 
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