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Autore: vincyxxx_260398    13/09/2015    1 recensioni
L'infanzia. Una delle cose piú belle che ci capiti. Ma anche triste e traumatica.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'infanzia. Cos'è l'infanzia se non una scatola piena di ricordi belli e brutti. Era immobile sul divano a fissare il nulla. Ho pensato a quando ero bambino, spensierato e quando correvo felice nel cortile. Sono corso in cameretta e ho aperto il vecchio cassettone e ho iniziato a spulciare tra le vecchie foto. Subito mi sono venute alla mente tante cose. Come mamma. La mia mamma. Ricordo quando mi scattava le foto. Ci diceva a me e mia sorella di sederci sulla sedia, prendeva la vecchia macchina fotografica nera e enorme e scattava. Ora sono immobile qui con quella foto in mano. E pensare che quello ero io. Lei dormiva. Io prendevo la macchina fotografica e facevo andare il flash su di lei per svegliarla. Non mi rendevo conto che voleva riposare solamente. Ma io ero troppo piccolo. Lei lavorava tutto il giorno, non la vedevo quasi mai. D'inverno specialmente. La mattina mi svegliavo e lei già non c'era, la sera andavo a letto e lei ancora non era tornata. Mio padre lavorava fuori paese. Non lo vedo mai. Tornava ogni mese e a volte anche di più. Io volevo solamente godermi un pò mia mamma. Volevo giocare con lei. Starle accanto. La volevo proteggere. Raramente mi capitava di stringerla a me forte forte. Questa foto, quanti cose belle ricorda questa foto. Io lei e mia sorella con il pigiamone sdraiati sul divano. Ricordo la scattò mio padre. Lui non amava molto il divano. Stava sempre seduto sulla sedia con le gambe sdraiate su un'altra. Forse lo faceva per farci stare vicino a mamma, dato che oggi adora il divano, non ne riesce a fare a meno. Almeno in quei pochi giorno che è a casa. Gli anni sono passati ma la sua lontananza è rimasta. Un giorno stavo giù in cortile. Dovevamo uscire. Era di mattina. Volevo abbracciare mamma. Lei era nervosa. Troppo nervosa. Non lo fece di proposito, ma mi diedi uno schiaffo con la mano dove aveva la fede nuziale dritto dritto sulle labbra. Uscì del sangue ma nulla di eclatante. Non ho molti ricordi di lei. Quelli che ho sono sfocati. La mia prima recita. Mi vestirono da tazzina, quanto era orrendo quel vestito. Questa foto dovrei strapparla. Piansi per tutta la sera. La sera e alla fine non recitai. A proposito di recita. Era in quinta elementare. Dovevamo ballare la dirty dancing. Una scena prevedeva di levarsi una specie di mutandone che andava a coprire le vere mutande. Per sbaglio tirai via sia il costume di scena e che le mie mutande. Che imbarazzo. Tutte le persone che ridevano. Le mie orecchie divennero rosse rosse per la vergogna. Gli anni passavano, passavano cosi velocemente come le foto che adesso scorrono senza un vero e proprio ritmo tra le mie dita. Iniziano gli anni dei perché e delle cose più stupide e immaginabili. Quando guardavo la televisione e ne vedo un'altra all'interno e chiedo a mia madre come era possibile che una televisione stesse in un'altra televisione. Quando ero in macchina fissavo la luna e pensavo che mi inseguisse. Si muoveva come mi muovevo io e non riuscivo mai a capire come facesse. Me la ritrovavo ovunque. Quando poi non la vedevo più pensavo di averla superata e di essere arrivato prima io. In inverno mi divertito a scrivere sui vetri appannati. Mio padre urlava di non farlo. Lasciavo il segno. Ma io lo facevo lo stesso. No che adesso non lo faccia. Dopo invece mi divertivo a vedere tra le varie goccioline di acqua che scendevano quale vinceva. L'infanzia erano gli anni in cui avevo paura che qualcuno potesse inseguirmi nel corridoio e io correvo velocemente in cucina, gli anni in cui facevo credere a mia sorella che io ero un mago e che poteva trasformarla. La trasformavo in una formica o altri animali e lei correva, correva e urlava da mamma piangendo. A quei tempi ci lavavamo insieme. Come era bello lavarsi insieme e asciugarsi poi. Le asciugavo i capelli con l'asciugamani. L'infanzia è quando ogni santa notte mi facevo la pipì a letto perché facevo brutti sogni. Ma questa è tutta un'altra storia che nessuno crede. Ricordo quando accadde anche a mia sorella, ma non a letto. La fece in corridoio perché non riuscì ad arrivare in tempo in bagno. Scoppiai a ridere e ancora oggi la prendo in giro. L'infanzia è quando giocavo con mio nonno. Quando lui mi tirava cosi forte l'orecchio da farmi uscire il sangue. Quando io gli davo gli schiaffetti sulla testa pelata. Quando facevamo la lotta con i cuscini e uscivano tutte le piume fuori e mia nonna dalla sedia urlava come una pazza. Quando ci facevamo pane burro e marmellata di nascosto in cucina, ma alla fine mia zia ci scopriva sempre. Ricordo quando se ne andò. Tornai da scuola e vide che qualcosa era diverso. Mia mamma non andava più a lavoro da un poco di tempo. Stava sempre in ospedale. Notte e giorno. La televisione era spenta. Nessun rumore. Vidi arrivare un signore con un secchio pieno di colla e con un foglio. Capii tutto. Non mangiai per qualche giorno. Me ne salii sopra. Mangiavo da mia nonna. Iniziai a piangere. Un fiume di lacrime. Su quel divano. Proprio su quel divano dove avevamo riso e scherzato. Se ne è andato in una fredda giornata di gennaio e il mio cuore proprio come quella giornata è rimasto freddo e congelato. Lui, solamente lui era la mia vita. Il mio essere. Solamente lui sapeva farmi ridere e piangere contemporaneamente. Anche questa è l'infanzia. Riuscire a superare la perdita di una persona che ami. Certo non mi sarei mai aspettato potesse morire a meno di settant'anni. L'infanzia è quando vedevo mia madre piangere sul letto della sua camera perché mio padre aveva giocato tutti i soldi alle slot e lei non sapeva come darci da mangiare. Quando inventava di averli prestati ad amici pur di non farsi scoprire. Quante volte l'ho vista piangere. Quante volte le sono andato vicino ma come se niente fosse le ritornava il sorriso. Non sono mai stato legato ai ricordi. Non mi piace ricordarli. Ma a volte serve. Ti fanno crescere e maturare.
   
 
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