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Autore: LazyLena    14/09/2015    2 recensioni
Dopo essere stata rasa al suolo durante la Quarta Guerra Mondiale, la Terra è stata divisa in sette Nuove Nazioni: Zirconia è la Quinta, edificata sulle ceneri dell'Australia orientale. Electra, la capitale, è teatro di continui episodi di genismo, discriminazione resa possibile dai differenti gradi di manipolazione genetica che la popolazione ha subito. Vi governano le Alte Sfere, umani puri al 100%.
Alyssa non è tra loro: ha capelli rosa e lentiggini blu, oltre ad avere un braccio robotico senza il quale sarebbe menomata a vita; da tempo abusa di una versione corrotta della BitJolt, droga informatica programmata legalmente dalla Binary Corporation e craccata dagli hacker dei bassifondi con il nome di CheatJolt. Quando decide di disintossicarsi, però, deve scegliere tra silenzio e morte perché le sue allucinazioni potrebbero non essere più tali, coinvolgendo tutte le misteriose razze aliene che abitano la Via Lattea, Umani compresi.
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#47 in Fantascienza (13/09/2015) su Wattpad
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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8° giorno dei Venti Impetuosi, anno di Narubi 10529 (4 settembre 2278 secondo il calendario terrestre)

Il vento soffiava con furia su Fleridar, alzando la sabbia fine dalla superficie di quel pianeta in cui la fisica aveva permesso la vita su grandi massi rocciosi fluttuanti intorno a un nucleo gassoso. Sarebbe stata una giornata come tante altre, o forse no? Le alte temperature non avrebbero turbato l'apparente quiete dei cittadini che camminavano o volavano come se niente fosse, strizzando ogni tanto le palpebre per impedire che la sabbia entrasse negli occhi. Se solo un osservatore esterno avesse potuto vedere cosa devastava i loro cuori in quel momento...

La gente di Fleridar - principalmente Aeriel, una razza umanoide avente ali piumate e variopinte - era sottomessa da quando Genna ricordava. Ormai ci era abituata, ma per lei era uno strazio vedere i fieri Alati con la testa bassa. Sembrava che gli Umani li avessero voluti mettere in gabbia come i pennuti che un tempo popolavano la Terra, il suo pianeta d'origine. I superstiti di una di quelle guerre da far accapponare la pelle a mezza Via Lattea stavano distruggendo la pace che le razze aliene avevano faticato a ottenere dopo millenni di battaglie e incomprensioni. I Grukdan, anche detti i Terribili, non ebbero abbastanza mezzi per scappare o difendersi; i Drai'kel, invece, si batterono con onore e ferocia per salvaguardare le loro terre piene di alberi, fiori e profumi - non per niente erano più comunemente conosciuti come Silvani. Diverse, dunque, furono le possibilità dei due popoli, che però dovettero soccombere a degli Umani senza scrupoli, tecnologicamente più avanzati grazie a molti aiuti esterni, in primis quello degli Alati stessi.

Genna, anche se tredicenne, capiva benissimo perché per strada qualche Aeriel la fulminava: lei, nel bene e nel male, apparteneva alla razza dei vincitori; qualcuno, però, si accorgeva del marchio sul braccio sinistro e dell'assenza di tutti quei gadget hi-tech tipici degli Umani e subito lo sguardo si addolciva di fronte a una bambina che nonostante le sue fattezze da terrestre aveva una vita da sottomessa come ogni altro fleridariano.
Sovrappensiero, la ragazzina si aggiustò con una mano i pantaloni colorati dal cavallo basso e gli orli delle caviglie a palloncino, togliendosi la polvere alzata dalle correnti. Sapeva che nel giro di qualche minuto il suo gesto sarebbe stato vano, ma il gesto fu automatico, come se la sua mente terrestre si opponesse a tutti quei granelli che si impigliavano ogni volta nel tessuto. Alla sua destra, sua madre Ari trainava una carriola piena di manufatti in terracotta dalle tinte cangianti; teneva la testa bassa e lo sguardo fisso a terra, eppure Genna vedeva quanto quegli occhi familiari, verdi come la salvia, erano accesi di collera. Alla sua sinistra, invece, suo padre Ryan arrancava sotto un carico di portafortuna incantati, il cui bagliore gli dava un'aura multicolore. Lei personalmente aveva una borsa di tela a tracolla, contenente bigiotteria, anch'essa incantata. Sua sorella Deeliah, di due anni più grande, aveva una sacca piena di giocattoli per bambini dall'aura mutevole.
Narubi, il sole di Fleridar, sorse proprio quando lei, i suoi genitori e molti altri artigiani arrivarono alle porte di Mykretas, città conosciuta interplanetarmente per essere una metropoli all'avanguardia ma allo stesso tempo dall'aria molto antica. Sulla porta era raffigurato Mykret, dio della saggezza e protettore della città, con le ali blu oltremare e un terzo occhio proprio in mezzo alla fronte.
Entrati in città, Genna e Deeliah alzarono gli occhi da terra per gustarsi lo spettacolo: edifici dai colori della terra contrastavano con quelli candidi, che ancora contrastavano con i grattacieli in vetro e metallo; le cupole colorate ipnotizzavano indigeni e stranieri per la perfezione dei loro disegni geometrici. Chi era stato sulla Terra paragonava l'architettura fleridariana a un misto di stile arabo e indiano, con qualche abbozzo di architettura ortodossa, ma ciò non ne diminuiva la magnificenza né tantomeno ne voleva togliere il fascino. Le vie della città si presentavano larghe e lastricate, sempre affollate. Gente di ogni età, sesso, religione e razza condivideva gli stessi spazi ogni giorno: c'era chi un po' volava e un po' camminava, come gli Aeriel, o chi incideva a testa alta come gli Umani liberi; Drai'kel dai sorrisi amichevoli chiacchieravano spesso e volentieri con i pochi Thal'as presenti su Fleridar, altrimenti detti Anfibi per la loro innata capacità di respirare sottacqua. Talvolta si poteva scorgere qualche Grukdan, imbronciato e irascibile oppure chiassoso e in vena di divertirsi con qualche Nano. Tutto era rigorosamente decorato con tinte dorate, argentate o scarlatte.

Con una punta di tristezza, la ragazzina constatò che nessuno dei suoi genitori era estasiato quanto loro due. I loro occhi erano ancora fissi a pochi passi dai loro piedi. In un certo senso li capiva: una vita da sottomesso non era semplice da vivere. Nei pianeti conquistati dagli Umani, essi esercitavano un controllo totale sulla politica e sulla riscossione delle tasse; su Fleridar in particolare sfruttavano i giacimenti di skerat, minerale dalle mille risorse che faceva gola ai terrestri. I due coniugi, nati sulla Terra e costretti a fuggire a causa dell'instaurazione di un regime totalitario che permetteva esperimenti di dubbia eticità, ora si trovavano sotto lo stesso dominio che avevano ripudiato; in momenti di egoismo puro ringraziavano gli dei per non essere diventati minatori.
Ciononostante, l'entusiasmo della ragazzina non diminuì nell'ammirare il resto di Mykretas. Ogni piazza aveva una statua raffigurante il dio Narubi, il più importante del pantheon locale, scolpito come un Aeriel appena trentenne dalle ali aperte con fare protettivo, dagli occhi di gatto e le labbra carnose. I capelli del dio ondeggiavano veramente nel vento, tanto da far pensare a Genna che non ci fosse un uomo vero tutto dorato davanti a lei anziché una figura in pietra placcata d'oro.

In venti minuti arrivarono al Mercato Generale della capitale, dove ognuno si diresse diligentemente al posto assegnatogli dai governatori. La famiglia di Genna si trovava quasi al centro dell'enorme piazzale, dove avevano un grandissimo stand solo per loro. Dopo aver montato da soli la propria bancarella e aver disposto la merce sui tavoli, tutti e quattro si sedettero sfiniti sui rispettivi sgabelli ad aspettare i primi clienti.
Giusto qualche metro più in là vide un Umano pieno di dispositivi che stava allestendo il suo spazio con gadget ipertecnologici di qualsiasi tipo, aiutato da una ragazzina dai capelli rosa che non la smetteva più di chiacchierare allegramente.
- Allora, papà, quando mi darai quel regalo che mi hai promesso?
L'uomo interruppe il suo lavoro, guardando sua figlia.
- Pazienta ancora un po'! Alla fine del mercato avrai la tua sorpresa!

Genna ricordava il padre della sua coetanea perché il giorno prima era venuto dritto da lei per comprare uno dei suoi braccialetti personalizzabili. Le aveva chiesto di incidere il nome della figlia, Alyssa, sulla pietra più grande, che lei stessa aveva incantato. Si sentiva appagata ogni volta che un cliente era disposto a pagare bene per un suo pezzo: quel tale l'aveva fatto. Era stato l'unico a interessarsi ai suoi pezzi quel giorno, ciononostante guadagnò abbastanza dar, moneta di Fleridar, per andare in città e comprarsi un zeddhaan, dolcetto che amava particolarmente, ripieno di marmellata di mberath e ricoperto di scaglie di cocco e rekiaah.

Deeliah era alle prese con la contrattazione del prezzo di una navicella in miniatura, Ari stava vendendo un vaso particolarmente verde a una giovane Drai'kel e Ryan stava incassando i dar che aveva appena guadagnato dalla vendita di un paio di ali dorate del dio Narubi quando l'Umano della bancarella accanto cacciò un urlo disumano e si portò le mani allo stomaco urlando il nome di sua figlia. La ragazzina dai capelli rosa, Alyssa, addormentatasi su una sedia lì accanto, si destò confusa. Genna abbandonò la sua bancarella e accorse in loro aiuto.
- Posso dare una mano?
L'altra alzò lo sguardo dal padre, ora steso a terra.
- Non so cosa sia successo... prima stava bene, poi è caduto...
- Ho visto - ribatté Genna, la quale si inginocchiò, chiuse gli occhi e assunse un'aria concentrata. Le sue mani si accesero di un bagliore verde limone.
Passò qualche secondo prima che Alyssa parlasse:
- Ehi, cosa stai facendo?
- Sto vedendo se tuo padre ha qualcosa che non va - rispose.
- E come fai?- chiese l'altra, sospettosa.
- Magia - rispose Genna.
Alyssa la spinse via, allarmata.
- La magia no! La magia no! - strillò.
- Perché? - Genna era stupita dal comportamento della sua coetanea: in fondo non stava facendo niente di male, stava prestando il suo aiuto a un uomo in difficoltà.
- La nostra Mente non sopporta la magia! - esclamò Alyssa, in panico - Andrebbe in tilt!
- Guarda che la magia non danneggia il cervello - obiettò la giovane schiava.
- Ma cosa stai dicendo?! La Mente, con la emme maiuscola! - replicò esasperata l'altra tredicenne, con le lacrime agli occhi.

Dunque, Genna non poteva proseguire senza l'aiuto di un medico vero. Aveva già sentito parlare della Mente, quel congegno che gli Umani terrestri si impiantavano da qualche parte nel loro corpo e fungeva da secondo cervello, ma non sapeva delle interferenze che la magia poteva creare con essa. Ad ogni modo, cosa poteva saperne lei?
Accorse Deeliah insieme a un medico aeriel, il quale aveva in mano degli aggeggi di cui Genna, fino a quel momento, aveva ignorato l'esistenza. Immaginò che servissero per il mestiere che lei, ancora principiante nelle arti magiche, stava svolgendo prima che Alyssa la bloccasse. La ragazza si inginocchiò di fianco alla sorella, con le mani in grembo.
Il dottore, fino ad allora dall'impeccabile aria professionale, contrasse il volto in un'espressione di incredulità mista a panico mal celato. Rieseguì i test velocemente, per essere sicuro, poi si alzò di scatto e si allontanò lentamente, indeciso sul da farsi.
- VIA DI QUIIIIIII! - gridò infine, con tutto il fiato che aveva in gola.
Deeliah agguantò Genna, la quale aveva un'espressione scioccata; il dottore scattò via, ma appena si rese conto di aver abbandonato l'altra ragazzina, anche lei in stato di shock, tornò indietro.
- Prendi la mia mano.
Dopo un tempo che parve infinito, lei si rianimò e restituì il suo sguardo, afferrandogli la mano e correndo via insieme a lui.

Passò qualche secondo prima che alle loro spalle ci fu un esplosione.
   
 
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