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Autore: Dysia    14/09/2015    1 recensioni
E quella era la cosa peggiore che potesse dirmi. Corrugò la fronte anche lui, chiuse gli occhi e la poggiò nuovamente contro il muro.
Non disse altro, ed io non mi mossi di un centimetro, ma lui sì.
Si sedette di nuovo sul letto, poggiò i gomiti sulle gambe e la testa tra le mani.
Le sue dita passarono tra i capelli, le strinse, mentre abbassava lievemente il volto e soffocava l'ennesimo ringhio in gola. Era seriamente stressato e nervoso, sembrava lottare contro sé stesso.
Pensai che fosse in crisi d'astinenza o cazzate del genere provocate dallo stress... ma forse era, appunto, semplicemente stress. Era straziante vederlo così, ed era ancora più straziante la consapevolezza che forse, l'ultima persona di cui aveva bisogno, ero proprio io.
- Fanculo- sibilò.
Mi limitai a guardarlo. Sentivo il mio cuore sprofondare in un abisso e fu come se tutto ciò che avevo attorno, di colpo fosse semplicemente vuoto e buio.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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- Non mi è mai piaciuta la notte senza la luna – dissi senza nemmeno pensarci, mentre rivolgevo lo sguardo fuori dalla finestra. Non era una notte movimentata, al contrario, era piuttosto tranquilla.

Ed adoravo la tranquillità notturna come quella, perché mi permetteva di non pensare finalmente a nulla se non a me stessa. Di rilassarmi una volta tanto. Il che, ormai, significava stare sul letto accoccolata a Drew e godermi le sue coccole. Solo coccole, nulla di più e nulla di meno.
Coccole che spesso si trasformavano in qualcosa di ben più spinto, ma quelli erano dettagli passabili.

- Perché? Io la trovo rilassante. Eclissi totale del cielo. Che poi, è solo un'impressione. La luna c'è, ma è coperta dalle nuvole – rispose Drew, voltando la pagina del libro che stava leggendo.
Era sdraiato sul letto, a torso nudo ed indossava solo i pantaloni di una tuta.
Okay che era estate, ma... Se dovevamo uscire di corsa? E sopratutto, come faceva a leggere se c'era solo la lieve luce della abat-jour comodino?

A parte che vederlo leggere era una cosa veramente strana, ma se lo stava facendo probabilmente ne aveva motivo.
- Lo so, ma... mi fa uno strano effetto. Quasi preferisco la luna piena – mi avvicinai al letto, salendoci sopra poco dopo e gattonando verso di lui. I suoi occhi non si spostarono dal libro nemmeno per un secondo, tanto che era immerso nella lettura. In compenso cambiò posizione e si mise seduto.

- In questa zona ci sono alcuni lupi, fanno casino durante la luna piena- rispose, continuando a leggere.
- Solo da mezzanotte all'una- risposi. Portai una mano sul suo libro, abbassandolo.
Allora sì, alzò gli occhi ed incrociò i miei, sorridendomi poco dopo – che c...- non gli lasciai il tempo di finire la frase, visto che fiondai le mie labbra sulle sue, accavallandomi poco dopo sulle sue gambe.
Ed ecco che il libro volò ben presto giù dal letto, come immaginavo, e portò le mani sui miei fianchi, sollevando leggermente la maglietta in modo da accarezzare la pelle nuda.
In poco tempo intensificò il bacio, come se non lo facesse da secoli.
Cominciò a sollevarmi la maglietta, facendo per sfilarmela... e ridacchiai contro le sue labbra. Gli bloccai le mani, staccandomi dal bacio. Arricciò le labbra, storcendole poco dopo
– Ma... - mormorò come un bambino, continuando ad accarezzarmi i fianchi – ma io...-
- calmati, amore- gli tirai lentamente il labbro inferiore, continuando a ridacchiare – che stavi leggendo di tanto interessante? -
- A dire il vero era una palla mortale. Semplicemente robaccia di scuola. L'argomento di Kantrak, sai... Cose così- poggiò la fronte contro la mia, stringendomi lentamente a sé.
C'era quel lato dolce di lui che forse nessuno, tranne me, ha mai notato. Eppure io l'ho sempre visto.
- È un argomento interessante, invece. Quello che parla di come è diventata l'attuale Kantrak? - domandai, e lui rispose semplicemente annuendo, poggiando le labbra sul mio collo e cominciando a lasciare una leggera striscia di baci che partiva da lì, fino alla spalla. Sapeva bene che impazzivo per i suoi baci, le sue labbra... tutto di lui. E sapeva benissimo che con quelli avrebbe ottenuto qualsiasi cosa da parte mia.

Lo sentii ridacchiare, forse perché aveva sentito i miei brividi lungo la schiena, causati appunto dai baci.
Portai una mano tra i suoi capelli, accarezzandoli dolcemente, e lui riportò le labbra sul mio collo, cominciando a fare un succhiotto. Chiusi gli occhi, facendo un respiro profondo.
Riprese a sollevarmi la maglietta, mugolando contro il mio collo quasi volesse cantare vittorioso perché, sta volta, non l'avevo fermato a differenza di prima. Al contrario, lo lasciai fare, troppo concentrata sul succhiotto per poter opporre resistenza.
D'altronde avevo davvero motivo di farlo? Oltretutto non avrei resistito a lungo, quindi decisi semplicemente di assecondarlo e di facilitare la cosa.
Sentii scorrere una sua mano dalla schiena fino all'interno coscia, provocandomi altri brividi lungo la spina dorsale e portandomi ad inarcare la schiena.
La sua mano scivolò all'interno degli slip, poi si fermò, staccando anche le labbra dal collo, sentendolo ringhiare poco dopo.
Corrugai la fronte, guardandomi le mani.
Avevo stretto i suoi capelli troppo forte?
O forse, dato che l'altra mano era scivolata lungo la sua schiena senza nemmeno rendermene conto, l'avevo graffiato?
Ritrasse la mano, passandosela tra i capelli con fare scocciato e sbuffando poco dopo.
Sembrò piuttosto scocciato. Okay, mi stavo sentendo piuttosto in colpa. Fissavo le mie mani come se volessi tagliarle solo con lo sguardo.
- La gente non ha un cazzo da fare in tutto il giorno? - sibilò tra i denti – vai tu o vado io? Meglio se vai tu, potrei avere una reazione poco carina – sbuffò, guardandomi negli occhi.
Corrugai la fronte. Dove dovevo andare?
Sollevò un sopracciglio - Che c'è?-
- Ti ho fatto male? - domandai.
Mi fissò, battendo le palpebre più volte – Quando?-

- Non so... ti sei fermato, hai ringhiato, quindi...-
- Piccola...-

- Sì?-
Sorrise, poggiando le mani ai lati del mio volto ed avvicinando lentamente le labbra alle mie
- Hanno suonato il campanello – sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra - non te ne sei accorta?- sgranai velocemente gli occhi, mordendomi il labbro inferiore ed allontanando le labbra dalle sue. Dovevo essere arrossita come poche volte in vita mia, visto che si tratteneva chiaramente dal ridere.
No, decisamente, non mi ero accorta di niente. Dovrebbe saperlo che la mia attenzione in certe situazioni andava altrove. O forse, più probabilmente, lo sapeva perfettamente e stava semplicemente giocando.
Conoscevo piuttosto bene le sue mille sfaccettature, così come lui conosceva le mie, ed entrambi sapevamo bene come usarle.
- Quindi, vai tu? - domandò, interrompendo i miei pensieri ed accarezzandomi il labbro inferiore col pollice. Mi resi conto che chiunque fosse fuori dalla porta, stava premendo insistentemente il campanello – prima che esca fuori e spacchi una mattonella in testa a chiunque ci sia lì fuori, per favore? - terminò Drew, accennando un sorrisetto piuttosto sarcastico.

Annuii, alzandomi dal letto e stiracchiandomi. Acchiappai dal cassettone una delle magliette di Drew e me la infilai alla svelta. Tanto sono grandi, mi fanno praticamente da vestito.
Non avevo esattamente voglia di scendere le scale, ma conoscendo Drew, avrebbe davvero spaccato una mattonella in testa a chiunque c'era lì fuori. Sopratutto per averlo interrotto.
Scesi lentamente le scale, percorsi il corridoio e aprii la porta.
- Ah, dannazione, finalmente direi! Ci vuole un telegramma per aprire questa porta? O magari un avviso di circa tre mesi prima?! - sbottò Kayla, schioccando rumorosamente la lingua.
Feci ruotare gli occhi verso il soffitto, incrociando le braccia.
Detestavo quando Kayla mi gridava contro, per il semplice fatto che la sua voce diventava simile a quella dei cartoni animati: stridula e veramente fastidiosa.
Oltretutto Kayla era una dannata testa calda, quindi, farla alterare era piuttosto semplice. A meno che non rientravi tra le poche persone in grado di tenerla a bada:
Lexus, Drew e Denny.
Anche se... beh... Lexus è morta.
- Devo dirti le ultime novità, visto che qui a quanto pare l'unica che utilizza il cervello, sono proprio io! - sbuffò, entrando in casa come se fosse sua. Schioccai la lingua infastidita e chiusi la porta.
- Drew! C'è Kayla! - gridai. Non ricevetti risposta da parte sua.
- Non c'è bisogno di dare il bando – sbottò lei, frugando nella borsetta a tracolla nera – guarda, ho trovato una cosa molto interessante su quella visione che ho avuto. Anche se non capisco cosa c'entri... - tirò fuori un foglio di carta.
- Cos'è?- domandai, prendendolo.
- Apri e leggi, no? Svegliona – sbuffò, poi sollevò lo sguardo.
Sentii le braccia di Drew legarsi attorno alla mia vita. Le sue labbra si poggiarono sulla mia nuca, lasciandoci un bacio poco dopo – trattala bene, Kiki- disse con un tono calmo, anche se, conoscendolo, non aveva uno sguardo esattamente rassicurante.
Sentivo comunque dal suo tocco il fatto che fosse piuttosto nervoso per via dell'interruzione improvvisa. Aprii il foglio e cominciai a leggere.
- Che diavolo è la Romeonxite?- sollevai un sopracciglio, alzando lo sguardo verso Kayla.
Lei scrollò le spalle, poggiandosi la mano sulla fronte poco dopo come se gli avessi fatto la domanda più stupida del pianeta – ma dico, sai leggere? È chiaramente una malattia!-
- Sinceramente non l'ho mai sentita...- mormorai
- Ed è un bene, direi- disse Drew, stringendomi lievemente a lui – fa parte di quelle malattie che non vorresti mai conoscere -
- È la malattia dell'autodistruzione- spiegò Kayla – in pratica, questa malattia ti distrugge dall'interno. La tua autoimmunità si azzera, e i tuoi stessi poteri ti distruggono dall'interno, portandoti inevitabilmente e lentamente alla morte. Non esistono cure certe contro questa malattia.

O comunque, nulla che ti assicuri un'effettiva guarigione. Si chiama così perché è stata scoperta da Romeon. Solo che non capisco perché mi è apparsa nella visione -
- Come fai a sapere che si trattava proprio della Romeonxite?- chiese Drew, poggiando il mento sulla mia nuca – voglio dire, magari ti sbagli -

- No, c'è solo una malattia dell'autodistruzione che può colpire anche un essere etereo, e quelle parole erano chiare – mormorò – non so cosa significhi, ma sinceramente... -

- Magari era solo un sogno. Insomma, hai detto che dormivi, no? Non è detto che sia una visione-
- Vero anche questo- mormorò con uno sguardo un po' assente. Era chiaramente preoccupata.

Dopo la morte di Lexus, questo genere di cose la terrorizzavano a morte.
Forse effettivamente la persona che ci rimetteva di più in situazioni del genere era proprio lei, perché nonostante l'aspetto freddo e il suo essere una dannata testa calda, era sempre lei che ci tirava fuori dai guai. Aveva la mania di salvare tutti, ma a stento riusciva a reggere sé stessa.
Aveva le spalle così larghe che rischiava sempre di sbilanciarsi più del dovuto, ma nonostante tutto andava avanti.
Era molto particolare come persona. Forse è proprio per questo motivo che la gente cercava spesso il suo appoggio.
Fece un respiro profondo e si levò la borsa di dosso, poggiandola a terra.
- In ogni caso, qualsiasi cosa fosse, lascio qui la borsa con tutti i documenti su quella merda di cosa, così ve lo leggete con calma dopo che finite di fare i conigli – disse con tutta calma.
Arrossii, alzando lo sguardo verso di Drew come per chiedergli “è così evidente?”.
- Ehi!- portai lo sguardo su di lei, che fece le spallucce.
- Sono piuttosto sicura che non stavate esattamente studiando, al mio arrivo- accennò un sorrisetto, quello tipico di Kayla da “so tutto io”.
Feci per ribadire, ma Drew portò le labbra sul mio collo, riprendendo a lasciare quei delicati baci che sapeva benissimo che mi avrebbero semplicemente annullata.
- Sì, ecco, appunto- disse Kayla, rifacendo quel sorrisetto – ci vediamo domani mattina, sempre se la signorina Daphne si presenta all'esame- aprì la porta, uscendo e salutando con la mano.
Drew ridacchiò, indietreggiando lentamente verso le scale.
Mi voltai velocemente e gli presi le mani, bloccandolo per i polsi poco dopo.
“Bloccandolo” si fa per dire, perché era perfettamente in grado di liberarsi, ma evidentemente non voleva farlo.
- Ti stai divertendo?- dissi, mettendomi in punta di piedi per raggiungere la sua altezza.
- Parecchio- sollevò un sopracciglio. La sua espressione era semplicemente soddisfatta, perché sapeva benissimo che non me l'ero presa – dovevo mandarla via, visto che ho intenzione di riprendere da dove ci ha interrotto. E, Kayla ha ragione, devi presentarti all'esame domani mattina. Non abbiamo tempo di fare salotto a parlare di una visione- avvicinò il volto al mio, tirandomi lentamente il labbro inferiore e liberando, poco dopo, le mani – insomma, devi anche ripassare, no?- spostò lentamente le labbra accanto a mio orecchio – per cui, propongo di andare in camera da letto e riprendere da dove abbiamo lasciato- sussurrò con una voce roca, depositando un bacio poco sotto il lobo del mio orecchio.
Senza nemmeno rispondere, gli girai attorno per salire sul primo gradino delle scale e gli presi la mano, tirandolo delicatamente verso di me.
Salimmo le scale senza nemmeno guardare dove mettevamo i piedi, con le labbra incollate le une alle altre. Non sapevo nemmeno se stavamo andando nella direzione giusta per entrare in camera da letto, ma mi fidavo di lui.
La porta era aperta. Almeno ci risparmiammo la “fatica”, per così dire, di aprirla.
Ci fermammo davanti al letto, staccò le labbra dalle mie quasi con dispiacere e mi guardò, con il suo solito sguardo carico di desiderio, forse quanto il mio. Forse. Non potevo averne la certezza, sapevo solo che quel suo sguardo mi faceva impazzire ogni volta.
Sorrise, come se riuscisse a percepire le mie sensazioni. Il che era anche probabile, dato il legame di sangue... No, okay, decisamente le sentiva, così come io sentivo le sue.
Poggiò le mani sui miei fianchi e accarezzò la mia pelle, sollevando lentamente la maglietta con fare quasi soddisfatto nel vedermela addosso.
La prima volta che indossai una sua maglietta, per l'appunto proprio il giorno in cui ci ritrovammo, si mise a ridere, dicendo, però, che stavo bene con quella addosso, ma che stavo anche meglio senza avere nulla che potesse coprirmi, se non il suo corpo.
Sfilò via la maglietta e la lasciò cadere a terra, portando poi le mani sulle mie cosce e, dato che si era chinato, ne approfittai per legare le braccia dietro il suo collo e riportare le mie labbra sulle sue.
Amavo quelle labbra più di qualsiasi altra cosa al mondo, perché le sentivo fatte apposta per me.
Sarei rimasta incollata a queste per ore intere, senza stufarmi mai.
Mi sollevò da terra, reggendomi per le cosce, e legai velocemente le gambe attorno al suo bacino, sbilanciandomi volontariamente all'indietro.
Ridacchiò contro le mie labbra, abbassandosi lentamente fino a farmi toccare il materasso con la schiena – Devo proprio ricordarti che non perdo l'equilibrio così facilmente, per tua fortuna?- sussurrò contro le mie labbra, sistemandosi sopra di me poco dopo.
- Ci speravo. Sarebbe stato divertente- risposi, tirandogli il labbro inferiore poco dopo.
Si limitò ad annuire, lasciandosi accarezzare dolcemente il viso. Ero l'unica che poteva toccarlo senza rischiare il linciaggio o simili. Ero l'unica che poteva toccare qualsiasi parte del suo corpo senza problemi. Nonostante tutto, non mi ero mai presa troppa libertà nel farlo.
O meglio, sì. Ma non passavo gran parte del mio tempo ad accarezzarlo (nemmeno fosse un cane) o cose del genere, perché comunque non volevo infastidirlo, anche se sapevo che non sarebbe successo. Era il primo a dirmi di non mettermi problemi del genere.
Lasciai una mano sulla sua schiena, facendola salire lentamente tra i suoi capelli, mentre con l'altra percorrevo la linea dei suoi tatuaggi, scendo poi nell'avambraccio.
Poi fermai la mano. Dovetti farlo, perché sentii qualcosa che non mi tornava in quel tocco.
- Ma cosa...?- mormorai, corrugando la fronte.
- mh?-
- Cos'hai qui?-
- Dove?-
strisciai verso l'alto sul materasso, mettendomi seduta poco dopo. Lo guardai negli occhi, accarezzandogli il braccio e portando la mano nell'interno gomito.
A dire il vero, mi resi conto poco dopo che il suo braccio era tutto puntellato da chiari segni di puntura.
Corrugai la fronte. Lo vidi trasalire come un bambino colto con le mani nel sacco dopo aver rubato delle caramelle.
- Non te n'eri mai accorta?- mormorò, mettendosi seduto sul letto a sua volta – dico... ci sono da un po', piccola-
- Cosa sono? Ti prego, non dirmi che sono i segni delle punture di quando ti fai in vena- annuii, abbassando lo sguardo.
Fu cosa se mi fosse crollato di botto il mondo addosso.
Credevo avesse smesso. O meglio, così mi aveva detto, e mi piaceva pensare che aveva chiuso con quella roba da quando gli avevo chiesto di farlo...
- Ehi... piccola...- mormorò nuovamente, allungando una mano verso il mio viso. Mi tirai indietro, cogliendolo di sorpresa. Schiuse le labbra, ma non disse nulla.
- Avevi promesso che non avresti più toccato quella roba- dissi fredda, vedendolo corrugare la fronte poco dopo
- Infatti è così- rispose, scuotendo la testa come se gli avessi detto un'assurdità.
Mi prendeva per stupida o cosa?
- Oh, sì, quindi immagino che quelli siano solo frutto della mia immaginazione, vero?-
- Daphne, sono semplicemente segni che sono rimasti dall'ultima volta che mi sono fatto, nulla di che!- schioccò la lingua – non l'ho più fatto da quando te l'ho promesso-
- A me quelli sembrano belli freschi- incrociai le braccia, sollevando un sopracciglio
- Beh, non lo sono. Devo proprio dire che hai parecchia fiducia in me, complimenti!- si alzò dal letto, sbuffando. Odiava parlare di quell'argomento, sapevamo bene entrambi a cosa avrebbe portato. Sopratutto se cominciavamo in quel modo.
Sgranai gli occhi, allargando le braccia – Beh, scusa tanto se mi preoccupo!-
- Non dovresti preoccuparti di queste cose! Credevo fosse un argomento chiuso dall'ultima volta in cui l'abbiamo toccato! Cazzo, Daphne, abbiamo passato una notte intera a litigare per questo! - assottigliò lo sguardo – una notte! Ricordi? Ero uscito di casa pur di sbollire, e volevo stare in giro finché non mi fossi calmato del tutto, e invece no, ero tornato a casa perché me l'avevi chiesto. E volevo addirittura dormire sul divano, ma invece abbiamo dormito assieme, e avevamo chiarito -
- Me lo ricordo...- mormorai, sospirando. Me lo ricordavo non bene, benissimo. Avevo una paura matta che decidesse di non tornare nemmeno a casa, avevo passato tutto il tempo rannicchiata nel letto, stringendo quel dannato cuscino e tremando ad ogni messaggio che ricevevo da parte sua, preparandomi ad una risposta come quella.
- Ecco, allora ricorderai anche il fatto che avevamo chiuso lì la questione e che ti avevo promesso che non avrei mai più toccato quella roba, piccola – si passò le mani tra i capelli.
Allora alzai lo sguardo, incrociando il suo. Era nervoso, ma si tratteneva. Cercava di rimanere calmo.
- E allora perché quei segni sono così freschi?-
- Ma mi prendi in giro?- si passò nuovamente le mani tra i capelli, facendole scivolare dietro la nuca ed alzando lo sguardo al soffitto – devo prendere un fottuto foglio e scriverti tutto per farti capire bene le cose? Ti ho detto che non sono recenti!-
- Ah no? Quindi immagino che se mi alzo e comincio a cercare nei mobili di casa non trovo niente, giusto?- mi alzai, dal letto, poggiandomi le mani sui fianchi.
Lo vidi corrugare la fronte e schioccare la lingua poco dopo, poggiandosi poi al muro ed incrociando le braccia – non sarai seria, mi auguro!-
- Sono serissima. Perché, hai qualcosa da nascondermi?-
trasalì per un secondo, poi si ricompose, come se temesse che l'avessi notato. Fissò il mobile davanti a me, guardandomi poco dopo con la coda dell'occhio.
Sapeva che tanto sarei andata a guardare lì dentro, ma nonostante tutto non aprì bocca.
Chiuse gli occhi ed abbassò lo sguardo al pavimento, sospirando in modo rumoroso.
Si preparava ad una pessima reazione, lo sentivo.
Aprii velocemente tutti i cassetti, dal primo all'ultimo, con fare frenetico. Spostai tutti gli abiti, le magliette e tutto quello che c'era dentro tutti i cassetti, finché non trovai un sacchetto di plastica con dentro un “discreto armamentario”.
Tirai fuori la busta e la scossi, lanciandola poco dopo sul letto con forza, come se sperassi di spaccarla in due.
- E quella roba ora vorrai dirmi che l'ha messa il cane lì dentro, vero?! Eh?! Cristo Santo! Perché mi devi dire queste cazzate! - gridai in preda ai nervi. Non rispose, si limitò a sollevare lo sguardo, mostrandomi forse per la prima volta il suo sguardo gelido come non mai.
Non mi aveva mai guardato così male da quando ci conoscevamo. Nonostante tutto, capii che quello non era odio. Era semplice nervoso e frustrazione repressa. Si tratteneva forse dal gridarmi contro in modo ancora più forte. Sospirò, prese un grosso respiro.
Schiuse le labbra, contraendo la mascella – Avevo intenzione di buttarla, ma ho continuamente rimandato, Daphne. Infatti, come vedi, è perfettamente sigillata-
- E chi mi dice che non l'hai sigillata dopo averla usata? Se mi nascondi questa roba un motivo ci sarà!-
- C'è, perché sei una rompicoglioni quando fai così!- si indicò – e se ti fidi veramente di me, come dici sempre di fare, allora dovresti credermi! Sono tuo marito! Anzi, sai che ti dico? Se avessi fatto una cosa del genere, te l'avrei detto senza troppi giri di parole, Daphne! Tanto ormai mi hai beccato la roba nel mobile, che differenza farebbe?! Stai già facendo una scenata del genere! Scenata più, scenata meno!-
contrassi la mascella, fissandolo negli occhi, poi girai lo sguardo sulla busta gettata sul letto.
Era piena di roba, ma chiusa in modo perfetto, come se fosse il tesoro di una vita.
- Sul serio pensi che se avessi fatto ancora uso di quella roba l'avrei tranquillamente nascosta nel mobile?-
- E io che ne so!- risposi schietta – per quello che ne so potresti averne altra nascosta per casa. Roba del genere! E se dovessimo lasciare dei bambini in giro per casa e le trovano? Non ci pensi a queste cose, vero?- risi in modo isterico – oh, no, certo che no!. Hai ragione, sono io che ci penso a queste cose, perché sono io la “rompicoglioni” paranoica della coppia-
ora fu lui a ridere in modo isterico, passandosi di nuovo le mani tra i capelli, come se quello potesse in qualche modo aiutarlo a calmarsi – che bellina, adesso usi le mie stesse parole contro di me? Ma brava, passi da gigante, amore-
- Quello che fa passi da gigante tra i due, Drew, sei tu- dissi, fulminandolo con lo sguardo – perché penso che se mi nascondi “piccolezze” così, non voglio immaginare cos'altro mi nascondi-
- Non ti nascondo proprio niente! Dio, Daphne, smettila! Quanto cristo sei irritante?! -
- Ah, pure? E dovrei anche smetterla dopo una frase simile? Sul serio?!-
Okay, eravamo tutti e due nervosi.
Tra una cosa e l'altra, andammo avanti per ore a gridarci contro.
Io gridavo, lui gridava ancora più forte di me.
Io ero nervosa e sentivo il suo nervoso crescere sempre di più, così come cresceva il mio.
Forse era proprio quello il problema: il legame di sangue. Io ero nervosa, lui era nervoso, ed entrambi sentivamo il nervoso l'uno dell'altra, e questo era un circolo vizioso. Ci innervosivamo entrambi l'uno per l'altra.
Oltretutto era snervante litigare con lui, e sapeva benissimo che in ogni caso, anche nel bel mezzo del litigio, mi prendeva una dannata voglia di zittirlo spingendolo contro il muro e baciandolo, e stessa voglia prendeva a lui. Col legame di sangue, poi, era peggio che mai.
La verità era che io non volevo nemmeno litigare, nonostante tutto.
Faceva male a me come supponevo che faceva male a lui. Perché ci gridavamo contro, ma sembrava quasi che i nostri sguardi dicessero tutt'altro. Ci stavamo urlando contro di tutto, eccetto insulti che non sarebbero mai usciti né dalla sua bocca né dalla mia.
Saltavamo da una cosa all'altra, continuando a litigare.
Finimmo con l'arrivare faccia a faccia, con gli occhi puntati l'unico contro l'altra.
Era così dannatamente nervoso che riuscivo a sentire il suo respiro pesante, sia per l'adrenalina che per uno o due ringhi che aveva represso in gola prima che potessero uscire e ringhiarmi in faccia.
Eravamo vicini, ma c'era una debita distanza tra noi.
Strinse i pugni, fissandomi negli occhi.
Odiavo avere i suoi occhi così vicini ai miei quando ero nervosa, perché... Dio, anche se ero incazzata con lui, non riuscivo a non pensare a quanto fosse stupendo... Mi distraeva.
Contrassi la mascella – Odio quando mi menti- sibilai tra i denti. Anche se lo dicevo con disprezzo, era vero, e sinceramente mi faceva stare male. Non volevo che ci fossero segreti tra noi.
- Chiediti il perché lo faccio, allora – Sibilò a sua volta, sollevando un sopracciglio.
Sogghignai e ridacchiai, indietreggiando ed allargando le braccia – Oh, avanti, Stilinski, illuminami!-
Scosse la testa, respirando profondamente. Si sentiva sfidato, lo sentivo chiaro e tondo. E sapevo che lui odiava sentirsi in quel modo.
- Odio quanto fai così- mi fulminò con lo sguardo – perché ti ostini a puntarmi il dito contro, per una cosa che non ho fatto?!-
- Perché Io mi preoccupo per te! Ti vuole entrare in testa questo concetto?!-
- O sarà mica per qualche tuo interesse? Oh, piccola, io sono adulto e vaccinato, non so se rendo l'idea che sono piuttosto in grado di badare a me stesso da solo! Lo facevo benissimo da bambino, figuriamoci ora!-
- Oh, mi stai dicendo che sono inutile? Fantastico!-
- Ehi, ora non mettermi in bocca parole che non ho detto, o vuoi rompere le palle anche con i concetti che non capisci o che capisci come cazzo vuoi?-
- Beh, quello che lasci intendere è esattamente che d'altronde io non ti servo a nulla, da come l'hai detto! Sei adulto e vaccinato, no?-
Contrasse la mascella e si girò, stringendo i pugni e battendoli poco dopo contro il muro.
Percepivo lo stress che stava provando in quel momento, e nonostante tutto non riuscii a muovere un solo muscolo. Il nostro problema era proprio quello: l'orgoglio.
Io sono troppo orgogliosa, testarda e lui pure.

Poggiò la fronte contro il muro, dando un altro pugno contro questo, ringhiando in modo piuttosto... profondo, ma nonostante tutto non era troppo rumoroso.
- Sei a dir poco irritante, e non te ne rendi nemmeno conto.
Sei schifosamente appiccicosa. Giuro, a volte ti detesto. Ma guai! La piccola Daphne ha bisogno di attenzioni!-
Scossi la testa, guardandolo con la fronte corrugata – e con questo “appiccicosa” cosa intendi?-
Mi guardò con la coda dell'occhio, fulminandomi.
A stento sembrava in sé - Che sei sempre appiccicata a me. “Drew non fare questo”, “Drew non fare quello”, e ti giustifichi con “ma è per il tuo bene, perché io mi preoccupo per te!”. E poi che fai, mi vieni a comprare con i baci? E no, principessa, non funziona così! - sibilò – sei così dannatamente irritante che a volte ti odio. Cristo se ti odio.-
Trasalii, schiudendo le labbra. Non ebbi risposta. Mi sentii come se mi mancasse la terra sotto i piedi, ed avevo un nodo in gola.
Sentii gli occhi pizzicarmi. Non mi aveva mai detto “ti odio”, sopratutto con così tanta serietà nella voce e nello sguardo.
E quella era la cosa peggiore che potesse dirmi. Corrugò la fronte anche lui, chiuse gli occhi e la poggiò nuovamente contro il muro.
Non disse altro, ed io non mi mossi di un centimetro, ma lui sì.
Si sedette di nuovo sul letto, poggiò i gomiti sulle gambe e la testa tra le mani.
Le sue dita passarono tra i capelli, le strinse, mentre abbassava lievemente il volto e soffocava l'ennesimo ringhio in gola. Era seriamente stressato e nervoso, sembrava lottare contro sé stesso.
Pensai che fosse in crisi d'astinenza o cazzate del genere provocate dallo stress... ma forse era, appunto, semplicemente stress. Era straziante vederlo così, ed era ancora più straziante la consapevolezza che forse, l'ultima persona di cui aveva bisogno, ero proprio io.
- Fanculo- sibilò.
Mi limitai a guardarlo. Sentivo il mio cuore sprofondare in un abisso e fu come se tutto ciò che avevo attorno, di colpo fosse semplicemente vuoto e buio.
Avrei voluto chinarmi davanti a lui, abbracciarlo e baciarlo, sperando che in quel modo passasse tutto. Avrei fottutamente voluto far finta di nulla, cancellare quella discussione.
Ma non riuscivo a far finta di nulla. Le sue parole erano come un eco persistente. Rimbombavano nella mia testa come se me le stesse sussurrando nelle orecchie più e più volte.
Tirai su col naso, strizzai gli occhi. Non volevo piangere. Non volevo fargli vedere che con quella frase mi aveva effettivamente ferita. Gli sarebbe bastato il mio silenzio.
Non sapevo nemmeno se era in grado di sentire le mie sensazioni. Di certo, io sentivo le sue.
Non sapevo se se sentiva addirittura che quella frase mi stava tormentando.
Si voltò verso il comodino, acchiappando la bottiglia di birra aperta che stava bevendo prima, mentre leggeva. La fissò con fare disattendo. Sembrava che stesse cercando semplicemente un modo per non pensare a ciò che era appena successo. Una distrazione che non riguardasse me. Si sforzava di non guardarmi nemmeno.
E forse era meglio così. Preferivo che i suoi occhi non incrociassero i miei, lucidi e probabilmente gonfi.
Mi girai di scatto, in silenzio. Soffocavo i singhiozzi in gola, causando leggeri spasmi al petto che speravo solo che non si notassero troppo.
Sentii il rumore di vetro che si infrangeva. Drew stava stringendo la bottiglia troppo forte.
Mi guardai attorno, poggiandomi una mano sul mento e strizzando di nuovo gli occhi. Sentivo i singhiozzi farsi sempre più frequenti, e strozzarli stava diventando un impresa.
Sobbalzai di colpo, sentendo la bottiglia frantumarsi contro il muro. Rumore seguito da un ringhio piuttosto sonoro che mi provocò i brividi lungo la schiena.
Poi silenzio.
Silenzio che durò forse cinque minuti, ma che sembrò un eternità.
Mi avvicinai all'armadio, lo aprii con forza, rischiando quasi di romperlo. L'anta vibrò per il contraccolpo. Non m'interessava se quel coso si rompeva.
Tirai fuori un borsone e lo lanciai sul letto. Drew sollevò il volto di colpo, fissandomi con la fronte corrugata.
Tuttavia non si alzò dal letto – Daph?- mormorò, ma non si mosse ugualmente.
Non capiva il mio comportamento.
Aprii il borsone, acchiappai alcuni vestiti dall'armadio e li gettai a caso nella borsa, stropicciati o meno che fossero.
Sapevo che un borsone non sarebbe bastato, ma avrei fatto più viaggi, non mi importava. O avrei mandato Sebastian a prendere il resto.
Non incrociai lo sguardo di Drew nemmeno per sbaglio. Non volevo che mi guardasse in faccia. Non mentre cercavo di non piangere, o se no apriti cielo.
Ci sarei passata anche da frignona. Un altro bellissimo aggettivo da aggiungere alla lista dei difetti.
Lui rimase fermo a fissarmi, confuso, inerme. Forse cercava di metabolizzare ciò che stava succedendo.
- Che stai facendo?- domandò spiazzato.
- Me ne vado- risposi, prendendo altri vestiti dall'armadio.
- Cosa...? -. Infilai un vestito a caso, chiusi il borsone, e me lo misi a tracolla, facendo per uscire dalla stanza – Daphne! Ehi!- si sporse e mi afferrò il polso – dove vuoi andare?-
- Lasciami il polso, Drew – dissi con un tono fermo, senza girare il volto verso il suo – la cosa direi che non ti riguarda affatto, ti pare?- scrollai il braccio.
- Certo che la cosa mi riguarda!- sembrò più spiazzato di prima.
Sentii il suo tono di voce cambiare completamente, come se la cosa di colpo lo stesse mandando lentamente nel panico. Era confuso.
Diedi uno strattone col braccio, liberandolo dalla sua presa, che aveva allentato volontariamente.
Se no sicuramente non sarei riuscita a liberarmi così facilmente – perché dovrebbe interessarti?-
Lo sentii alzarsi dal letto. Mi girai lentamente, fulminandolo con lo sguardo. Al diavolo i miei occhi lucidi, tanto non era stupido, sapeva bene come mi sentivo. Lo vidi schiudere le labbra, ma non gli diedi il tempo di rispondere - d'altronde mi odi.- conclusi, consapevole che anche se lo stavo guardando malissimo, avevo gli occhi dannatamente più lucidi di prima.
Vedevo, comunque, che si stava semplicemente controllando per non averli anche lui. Il legame di sangue...
Accennai un sorriso, abbassando lo sguardo – buffo, no? L'effetto che mi fai. Sei perfettamente in grado di distruggermi con nulla. Dio, non ti rendi nemmeno conto di quanto sia dannatamente presa da te. Anzi, sai che ti dico? Sono io che ti odio – lo vidi corrugare la fronte, di nuovo, e battere più volte le palpebre. Cercò di rimanere impassibile, ma tirò lievemente indietro la testa. Presi un breve respiro per cercare di non singhiozzare e strinsi i denti. Sentivo che avrei cominciato a piangere come una pazza da un momento all'altro. Odiavo sfogarmi in quel modo.
- Odio il fottuto stupido carattere, mi fa impazzire da quanto lo odio- dissi a denti stretti.
- Quindi te ne vuoi andare di casa? - disse, mentre continuava a mantenere quel suo “essere impassibile alla cosa”. I suoi occhi raccontavano un'altra storia. Lo vidi deglutire.
Strinsi la mano attorno alla maniglia del borsone, limitandomi ad annuire.
Se non aveva bisogno di me, dovevo convincermi che io non avevo bisogno di lui.
Eppure, dannazione, mi si stava spezzando il cuore ancora di più.
- Capisco...-
- Bene – risposi col tono più freddo che riuscii ad avere.
- E dove andrai? -
- Non lo so. In ogni caso, non ti riguarda. Come tu decidi di non dirmi le cose, io decido di non dirti i fatti miei- sibilai tra i denti. Mi girai e feci per andarmene, ma mi bloccò di nuovo, acchiappandomi il polso ancor prima di farmi fare un solo passo verso il corridoio.
Schioccai rumorosamente la lingua e sollevai gli occhi al cielo. Più mi tratteneva lì, più avrei avuto difficoltà ad uscire da quella casa senza tornarci dentro dopo cinque secondi.
Sospirai pesantemente, cercando di mantenere il tono distaccato. Il nodo alla gola era ancora presente e rendeva il tutto molto più complicato – ti ho già detto di lasc...- mi tirò, facendomi girare verso di lui e poco dopo le sue labbra erano incollate alle mie.
Si staccò poco dopo. Dovevo essere arrossita, o qualcosa del genere. Non ne avevo la benché minima idea. Sentivo solo che il battito del mio cuore di colpo era accelerato.
Si passò la lingua tra le labbra, fissandomi negli occhi. Dannazione, era davvero una distrazione.
Sentire il suo respiro sulle mie guance era peggio che mai.
- E non rispondermi più in quel modo.- disse, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Sollevai un sopracciglio – altrimenti che fai?-
- Ti costringo a restare qui- sibilò, avvicinando nuovamente le labbra alle mie – perché non voglio che tu vada via da me. Non di nuovo. E ti ho già persa una volta, anni fa, e non sarò così idiota da guardarti varcare la soglia di quella porta senza fare nulla- sussurrò, tirandomi il labbro inferiore.
Mi spinse delicatamente contro la parete, facendo scivolare il mio borsone giù per il braccio.
- Perché adesso stai facendo così?- chiusi gli occhi, facendo un respiro profondo.
Allontanò il volto, inclinandolo lievemente.
Aveva gli occhi lucidi, deglutì, come prima. Scosse la testa ed abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi per un attimo, poi li riaprì – non voglio che tu vada via da me, te l'ho detto- mormorò – non voglio perderti un'altra volta-
- È colpa tua – sibilai.
Vederlo con gli occhi lucidi era peggio di qualsiasi altra cosa.
- È colpa di entrambi, piccola – mormorò, accarezzandomi dolcemente il volto, provocandomi così un sospiro scocciato. Corrugò la fronte, trasalendo leggermente. Tra di noi calò il silenzio. Mi stavo odiando. Non mi accarezzò, non osò nemmeno sfiorarmi per sbaglio. Rimanemmo semplicemente l'uno davanti all'altra, poggiati a quella parete fredda.
Il silenzio era forse la cosa peggiore da sopportare, perché sembrava gridare nelle orecchie quanto fossimo stupidi. Era la cosa peggiore. Lo era sempre stata. La cosa ancora più brutta era vedere quanto fosse vero. Eravamo due stupidi orgogliosi.
Non avevo idea di quanto tempo passammo fermi a l'uno davanti all'altra, ma era parecchio, ed il silenzio pesava. Non riuscivo nemmeno a reggere il suo sguardo.
Abbassò lo sguardo.
Il groppo in gola era ancora presente, non era andato via nonostante fossero passati diversi minuti ormai.
Alla fine, sospirai pesantemente, poggiando la testa al muro e fissando il soffitto.
Era come se non riuscissi nemmeno a respirare. Deglutire, poi, era ancora più faticoso. I miei occhi bruciavano da matti, vedevo quasi sfocato da quanto si stavano riempiendo di lacrime che nonostante tutto non riuscivo a gettare fuori.
- Io... Io non ce la faccio! Non riesco a reggerlo questo silenzio! Lo sento quasi sulla pelle!- sollevò gli occhi verso i miei

Le sue mani era poggiate contro la parete, ai lati della mia testa, ed erano chiuse a pugno come se fosse pronto a colpirlo da un momento all'altro.
Ed era probabile, perché era visibilmente frustrato da quella situazione, ma probabilmente si tratteneva perché ero esattamente davanti a lui.
Non mi avrebbe mai colpita e tanto meno avrebbe mai colpito il muro se c'ero io poggiata.
- Non mi piace litigare con te. Non mi piace quando ci urliamo contro, non mi piace vedere i tuoi occhi lucidi, non mi piace sentire questo groppo in gola che ti giuro che mi sta soffocando in una maniera che non t'immagini! Io voglio solo...- mi fermai.
O meglio, mi zittii. Azzerò la distanza tra le nostre labbra in pochissimo tempo, baciandomi di colpo, di nuovo. Era successo poche volte che facesse cose così all'improvviso e, dannazione, le adoravo.
Arrossii nuovamente. Sicuramente arrossii, mi sentivo le guance bollenti. Sentii oltretutto il cuore battere all'impazzata, nemmeno fosse il nostro primo bacio. Era come “il battito d'ali di un colibrì”, come diceva lui.
Si staccò lentamente, ma non si allontanò di molto. Riuscivo ancora a sentire il suo respiro sulle mie guance.
- Vuoi solo...?- sussurrò, incitandomi a terminare la frase di poco prima.
- Baciarti...- sussurrai a mia volta, provocandogli un sorrisetto sulle labbra.
- Morivi dalla voglia di farlo già da prima, vero?-
annuii, senza rispondere a voce. Mi sentivo lievemente in estasi, calma, quasi rilassata. Fissavo le sue labbra quasi ad implorargli di tornare sulle mie.
- Lo so, lo sentivo. Ricordo ancora il tuo “ogni volta che litighiamo ho comunque una voglia matta di sbatterti al muro e baciarti”- ora, sicuramente, ero arrossita il doppio – in ogni caso, vale anche per me.-
Feci un respiro profondo, passandomi la mano sul collo e chiudendo gli occhi.
- È passato il groppo in gola?- domandò, come se sentisse la pessima sensazione che provavo nel collo. No, il groppo non era passato minimamente. Era ancora lì, e sembrava essere pronto ad esplodere tanto era grande.
Sembrava crescere ogni secondo di più, raschiare la mia cola come se avesse delle lame incastrate nella carne.
Scossi la testa in sua risposta, corrugando di più la fronte e coprendomi velocemente gli occhi poco dopo.
Cominciai ai singhiozzare di nuovo. Provai a soffocarli, così da non fare almeno casino.
Non m'interessava più di passarci da frignona, non avrei retto un secondo di più nel trattenere le lacrime.
Legò le braccia attorno alla mia vita, stringendomi a lui come se non lo facesse da troppo tempo.
Sulle prime trasalii, esitai. Mi sentivo quasi confusa, non sapevo se potevo toccarlo o meno. E tutto questo solo perché nella mia testa rimbombava come un tuono il suo “sei schifosamente appiccicosa”. E in quel momento di certo non aiutava. Al contrario, peggiorava la situazione.
Le mie lacrime oltretutto gli cadevano addosso tanto mi stava stringendo a lui.
Perché ero così dannatamente problematica e complicata? Perché ero capace di farmi i complessi anche in un momento come quello?
- Frena il cervello, piccola, è tutto okay- sussurrò. Sentiva i miei pensieri.
Affondai il viso contro il suo collo. Tremavo come una foglia, scossa dai singhiozzi.
Mi strinsi a lui come se stessi cercando di scaldarmi.
Sospirò rumorosamente, poggiando il mento sulla mia nuca, poi cominciò ad accarezzarmi la schiena con delicatezza. Mi provocò i brividi. L'aveva sempre fatto quando cominciava ad accarezzarmi in quel modo.
- Calmati piccola- sussurrò dolcemente, mentre mi stringeva a sé con l'altra mano.
- Non mi piace litigare con te- mormorai, cercando di controllare quei dannati singhiozzi che sembrava che volessero mandarmi in apnea ad ogni parola, per non parlare delle lacrime che si ostinavano a solcarmi le guance e a cadere lungo il collo di Drew.
Sciolsi l'abbraccio, e le sue mani risalirono il mio corpo fino alle guance. Cominciò ad accarezzarle, asciugando le lacrime.
Aveva il tocco più dolce del mondo con me, come se volesse farmi provare tutto l'amore possibile attraverso questo.
Notai che i suoi occhi erano ancora ugualmente lucidi quanto i miei. Quei suoi bellissimi occhi dove mi perdevo sempre. Li chiuse, respirando profondamente, forse per controllarsi a sua volta, e poggiò la fronte contro la mia.
- È tutto okay, sul serio, è normale litigare- riaprì gli occhi, incatenandoli ai miei.
Ci fu un attimo di silenzio, di nuovo, ma sta volta continuò ad accarezzarmi le guance, senza interrompere il contatto nemmeno per un secondo, nemmeno per sbaglio.
Sicuramente la mia faccia non era tra le migliori, e i miei occhi erano gonfi, rossi e lucidi per via del pianto. Lui, invece, era bellissimo come sempre, anche se i suoi occhi lucidi mi uccidevano.
- Mi odi?- domandò di punto in bianco, ricollegandosi al discorso di prima.
Non distolsi lo sguardo dai suoi occhi. Capii che come nella mia testa rimbombavano le sue parole, nella sua rimbombavano le mie. Dalla prima all'ultima.
I nostri sguardi erano ancora fissi, non si distolsero nemmeno per un secondo, e nel frattempo mi ricordavo il perché lo amavo così tanto.
Era la testa di cazzo peggiore sulla faccia della terra, testardo come pochi, orgoglioso, menefreghista e tutto il resto... Ma era perfetto. Non avrei mai cambiato nulla di lui, perché era l'uomo di cui mi ero innamorata. Era la mia perfezione e, dannazione, lo amavo più di qualsiasi altra cosa sulla faccia della terra.
Il mio silenzio sembrava ucciderlo ad ogni secondo che passava. Non era volontario. Semplicemente non riuscivo a smettere di piangere. E lui continuava ad asciugarmi le lacrime. Sembrava che non si stancasse di farlo, come se quello fosse il suo compito da sempre.
- Io ti amo- mormorai infine, allungando una mano sul suo volto ed accarezzandogli una guancia.
Feci per ritrarre la mano, ricordandomi del mio “essere appiccicosa”, ma lui la fermò con la sua, riportandola sulla sua guancia – sei tu che mi odi, non io- conclusi.
Scosse la testa, sollevandola poco dopo e depositando un bacio sulla mia fronte.
- No piccola, no. Non potrei mai odiarti. Mai, okay? Ero solo nervoso. Scusami...-
strizzai gli occhi, affondando nuovamente il volto contro il suo collo – scusami anche tu... Non avrei dovuto attaccarti in quel modo- sospirai – so che non fai più stronzate. Sai che...-
- Ti preoccupi per me. Sì, lo so piccola-
- Esatto-
- Non andrai via, vero?- sembrò quasi esitare a quella domanda, come se non fosse nemmeno sicuro di volerla fare davvero, per paura della risposta che potevo dargli.
- Certo che no... “piccolo”- accennai un sorriso contro il suo collo, lasciandoci un bacio poco dopo cercando di smorzare un po' quella tensione e quella paura che gli avevo provocato. Mi sentivo dannatamente in colpa. E stupida. Parecchio stupida.
Lo sentii soffocare una risatina in gola, allora sollevai il volto, poggiando il mento contro il suo petto. Lui abbassò il viso per incrociare il mio sguardo – “piccolo”? – domandò, sollevando un sopracciglio ed arricciando il naso.
Annuii, accennando un sorriso.
I miei singhiozzi si erano fatti più rari, e le lacrime avevano finalmente smesso di scorrere lungo le mie guance.
Sulle sue labbra era stampato un sorrisetto appena accennato, ma era stupendo vederlo e sapere che era per me. Solo per me. Non c'era più quel velo di amarezza sui suoi occhi. Non c'era preoccupazione, nonostante i suoi occhi fossero ancora lucidi, come i miei. Ma non c'era più rischio che uno dei due cominciasse a piangere. Erano semplicemente i residui di poco prima.
- Sei il mio piccolo- dissi, assumendo una finta espressione orgogliosa.
Scosse la testa, inclinandola lievemente e guardandomi negli occhi.
Avvicinò le labbra alle mie e poco dopo, finalmente, le nostre labbra si incontrarono di nuovo. Ricambiai il bacio, sorridendo contro le sue labbra come una bambina.
Spostò le labbra dopo qualche istante, ed un brivido percorse la mia schiena appena scese verso il mio collo, lasciando una striscia di baci delicati.
Chiusi gli occhi, inclinando lievemente la testa per lasciargli più spazio.
Spostò le mani lungo le mie braccia, accarezzandole dolcemente fino ad incontrare le mie mani, che prese e poggiò contro il muro, spingendomi poi contro questo delicatamente.
Prese a mordicchiarmi il collo, cominciando poco dopo a farmi un succhiotto.
Lasciò andare le mie mani, scendendo con queste lungo le mie cosce e sollevandomi. Automaticamente legai le gambe poco sopra il suo bacino, facendo salire una mano tra i suoi capelli, cominciando a respirare pesantemente. Sapeva che quello era il mio punto debole e sapeva perfettamente come e quando sfruttarlo.
In poco tempo ci ritrovammo senza vestiti, le valige rimasero abbandonate vicino al muro.
Non avevo ben chiaro il come eravamo finiti a letto, a rotolarci e strusciarci su questo, a riprendere esattamente da dove c'eravamo fermati, ma onestamente la cosa m'interessava ben poco.
In quel momento contavano solo noi.
I nostri corpi stretti l'uno all'altro, uniti, quasi a formare una cosa sola.
Le parole, le carezze e i baci, come se volessimo cancellare tutto ciò che era successo pochi attimi prima, a voler allontanare ogni singolo brutto momento che avevamo appena affrontato.
I respiri che si intrecciavano, un po' come le nostre mani che si incontravano e si intrecciavano di tanto in tanto, liberandosi solo per lasciare le carezze sui nostri corpi.
Probabilmente avevo il collo pieno zeppo di succhiotti, e la cosa non mi disturbava affatto... ed anche il suo collo non scherzava. Adoravo riempirlo di succhiotti. Tutti dovevano sapere che quell'uomo perfetto era solo e soltanto mio.

  
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