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Autore: ikonovel    15/09/2015    0 recensioni
L'ultima conquista del Primo Cittadino, il mutante padrone di metà della Galassia. L'incontro nella sala del trono di una città conquistata. Julius sarà il nuovo maggiordomo dell'uomo più temuto da tanti e amato da pochi, con un destino tutto da scoprire. Come la passione per la caccia ai Vopos.
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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JULIUS


Come gli fosse venuta in testa un’idea del genere non riusciva proprio a spiegarselo. 
Perché il Primo Cittadino dell’Unione, il potente e temuto Mulo, doveva salire su un trabiccolo terra-aria per provare le attrazioni nei safari su Kalgan, la sua illustre capitale, non riusciva proprio a immaginarselo. Cosa lo attraeva nei Vopos, i grandi lucertoloni viola con i loro denti affollati come portaspilli, la pelle dura come la selce e quell’enorme coda muscolosa, pronta a spazzarti via dalla foresta pluviale. 
Lui lo amava.
Amava un mostro.
Un mutante dall’aspetto clouwnesco, magro come uno stecco, con una faccia lunga, il mento proteso, due occhi da far paura e un naso, oh! che naso smisurato, una proboscide si sarebbe potuto dire. 
Un mutante dai poteri mentali, lo aveva condizionato per instillare nel suo cervello l’amore fraterno più puro, quasi da madre, per poterlo servire in tutti i suoi bisogni. 
Ma Julius era felice. Dopotutto, era sempre un maggiordomo.
 
Aveva imparato il mestiere nella grande magione del Governatore Imperiale di Kossira 5, il pianeta centrale del sistema della Grande Gigante rossa della regione di Longrain. 
Al servizio del Conte Polver,  una orrenda palla di lardo, egocentrica fino alla psicosi più profonda.
Lo aveva fatto frustare, una volta, per aver messo troppa poca panna sulle fragole di Kutris, giunte apposta con una cargo interstellare.
 
Tre anni dopo era finito in quel carcere a cielo aperto di Fustis, come maggiordomo di Futur, il pupillo del governatore Grandis. Che tipo quello! Aveva la mania delle donne e manteneva un harem di fanciulle sempre vestire con sete trasparenti che si aggiravano furtive per gli immensi corridoi, alla ricerca di qualche modo per fuggire a bordo della prima astronave di passaggio e di un pilota con abbastanza fegato da entrare nell’iperspazio dalla superficie del pianeta, una follia. 
 
Il Mulo lo aveva trovato nella Sala del Trono, seduto in un angolo scuro, sotto un grande arazzo ai fullereni, nero come la notte. Julius si alzò in piedi, indicando sul trono il corpo senza testa di Grandis. Si era sparato un colpo di fulminatore prima che entrasse lui, il Mulo. Non poteva sopportare l’onta di venire condizionato. Così aveva detto prima di spararsi. 
- Signore, - disse Julius tremando - il Governatore Grandis non poteva sopportare di diventare come me, un uomo al servizio di un altro uomo -
Davanti a lui c’era un uomo enorme, con una corazza nera, dall’apparenza impenetrabile e orrida, forse in carbonio. Un elmo nero e gigantesco con tre feritoie squadrate si volse verso di lui. Sentì una presenza dura, inflessibile dietro quell’elmo così elaborato. Lo guardò a lungo mentre i suoi uomini perquisivano la sala del trono cercando ordigni esplosivi, assassini nell’ombra e trabocchetti elettronici. Ma non c'era niente di tutto ciò, solo Julius, che continuava a rivedere nella sua mente la scena finale della tormentata sconfitta di Grandis: un fulminatore in una mano e il vapore ardente che si sprigionava dalla testa dopo il bagliore più accecante che avesse mai visto. Non uscì neppure un rivolo di sangue dal collo reciso, solo un fumo acre e denso, di carne bruciata e peli vaporizzati. I suoi organi ricettivi nasali ne erano così scioccati che doveva respirare dalla bocca per non sentire più quell’odore orrendo. 
Poi sentì la voce di quell’uomo grandissimo. 
- E voi, come vi sentite al servizio di un altro uomo? -
Rimbombava tra le colonne di granito di Giza, rimbalzava sugli arazzi ai fullereni, si spandeva su per la grande cupola come crema sotto il coltello. 
Julius rabbrividì.
Era solo un maggiordomo, dopo tutto. 
Spontaneamente si inginocchiò, chinando la testa. Lo sentì avvicinare. Una mano umana gli accarezzò i lunghi capelli. 
- Da oggi sarete al mio servizio -
Ma quella voce era cambiata. Nasale, tremendamente nasale, grottesca, quasi priva di toni alti, eppure sibilante di troppi denti e poca aria. 
Quando alzò lo sguardo non poté fare a meno di amare con tutto il cuore l’essere infimo che vedeva. Un amore pieno di infantile stupore: quell’uomo, potente e grandissimo si era trasformato in qualcosa di simile ad un pupazzo da avanspettacolo. Ringraziò tutti gli Dei della Galassia per avergli concesso l’onore supremo di servire con amore un Signore così grande, temuto e potente, uno dei più grandi assassini compulsivi di tutta la storia, eppure così amabile e tenero. E bisognoso di qualsiasi affettuosa attenzione. 
Capì per questo, in un attimo, di essere stato condizionato: nessuno poteva nutrire simili sentimenti per quell'assassino travestito. 
- Oh, bè, non prendetevela troppo - disse la voce nasale - ci sono molti milioni di miliardi di uomini là fuori che sono condizionati dalle peggiori streghe dell’universo, sol perché sono le loro mogli. Voi sarete molto più fortunato di loro -
E Julius sorrise.
Si poteva sorridere mentre ancora sentiva l’odore della carne bruciata di Grandis, lì sul trono? Si poteva sorridere mentre sentiva che fuori dalla Sala del Trono le astronavi stavano ancora bombardando le ultime sacche di resistenza nella città? Si poteva ancora ridere pensando che Futur sarebbe stato giustiziato all’alba di domani?
Si, si poteva anora sorridere quando si aveva un così grande Signore cui dedicarsi. E che spirito, poi!
- Signore, e la vostra armatura? -
- Oh, un semplice giochino che mi hanno realizzato sulla Fondazione. Eccolo qui -
Mostrò a Julius un braccialetto nero che terminava con un bottone sul palmo della mano. 
- Basta schiacciare il pulsante ed ecco fatto -
In un lampo la completa armatura lo avvolse e mentre parlava la sua voce cambiò facendosi possente, come prima.
- Come vi chiamate? - chiese, rimbombando nella Sala.
- Julius -
- Bene Julius. La prima regola è che questo braccialetto non deve mai lasciare il mio polso. Per nessun motivo, qualunque cosa accada. La seconda è che dovrete chiamarmi Primo Cittadino. La terza è che, nonostante il mio aspetto, ho quasi sempre fame. Adesso dobbiamo andare -
Si avviò con passo deciso ma corto verso la grande porta in fondo alla Sala. Il lungo corridoio successivo sfociava sul terrazzo delle Ovazioni di Grandis: una balconata sormontata da grandi tendaggi in velluto rosso carminio bordati di giallo oro. Sotto di loro si stendeva l’immensa Fustis, oscurata dalle nuvole di fumo dei grandi palazzi che bruciavano. 
Il Mulo appoggiò i grandi guanti in carbonio sulla balaustra di granito e si concentrò sulla scena, volgendo lo sguardo a destra e a sinistra. Lontani bagliori misuravano la potenza delle sue armate. Le strade deserte, i grandi viadotti urbani divelti, gli abissi d’acciaio liquefatti dai cannoni Laser. La desolazione era al culmine. 
Piccoli Zanzi sfrecciavano a migliaia attorno ai palazzi ancora in piedi, con il loro carico di morte, a caccia degli ultimi resistenti. Pochi, per la verità. 
Era ora di chiudere la partita.
Julius vide il Mulo schiacciare un pulsante sul petto e parlare distintamente:
- Generale Kant, potete ritirare le vostre truppe d’attacco, il vostro compito qui è terminato -
Il Mulo si volse. Dietro di lui era comparso Wopo, il tenente di collegamento. Si inchinò e disse:
- Primo Cittadino, l’astronave attende -
Dieci minuti dopo Julius era a bordo della navetta spaziale, al di fuori dell’atmosfera di Fustis. Virò sulla destra, perdendo gravità e dirigendosi verso Kalganarian, la più grande astronave ammiraglia mai prodotta nei cantieri della Fondazione. 
Era un unico plinto nero, gigantesco, capace di oscurare in parte la luce del grande sole rosso del sistema di Fustis. Le forze d’invasione dell'’Armata del primo Cittadino si riversavaverso attraverso le enormi aperture che si aprivano sul fianco della Kalganarian; milioni di Zanzi ritornavano alla regina Madre.
Il Mulo si volse a Julius.
- Trovate il vostro alloggio. Troverete lì le istruzioni lasciate da Kobe, il vostro predecessore. Mi ha lasciato da meno di una settimana -
- Cosa gli è accaduto? -
- Era molto anziano. Mi ha servito bene fino all’ultimo, lo stesso farete voi -
Sul fianco in ombra della Kalganarian si aprì un varco sottile come un capello che s’ingrandì velocemente fino ad accogliere la navetta del Mulo. Il Bagliore di un sole si sprigionò dietro di loro, mentre  l’hangar si chiudeva: tutta l’Arma sapeva ora che il Mulo era tornato sulla sua nave ammiraglia. 
Fischietti risuonarono lungo il corridoio, salutando il Mulo. Il generale Kant lo attendeva davanti alla porta degli appartamenti privati del Mulo. Si scambiarono poche parole. Poi il Mulo disse a Julius di ritirarsi e di presentarsi tre ore dopo, per il pranzo. Gli mise in mano un uovo di marmo traslucido, dicendogli di non perderlo mai. 
- Non abbiate timore, imparerete tutto molto presto. il mio stile di vita è molto semplice - aggiunse.
La sua voce fece vibrare le pareti d’acciaio della Kalganarian, e Julius si avviò. 
Vide lungo la parete d’ingresso una piccola scritta luminosa che riportava il suo nome. Si diresse verso di lei e quella si mosse lungo la parete, precedendolo. 
La seguì.
Trovò la porta del suo alloggio e la spinse con la mano aperta. 

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