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Autore: Eluviel    15/09/2015    4 recensioni
In The Long Run / A Lungo Termine
Francis ha sempre provato un certo tipo di curiosità per Arthur. Stufo di osservare il loro rapporto regredire, decide di giocare le sue carte con l'intenzione di indurre un mutamento nella visione che Inghilterra ha di lui. Nulla di più complesso, ma Francis sa essere paziente e a tratti persuasivo e non ha nessuna intenzione di gettare al vento la sua occasione.
{Cambiamento} se Arthur continua a negare.
{For Good} non importa il trascorrere delle stagioni, degli anni, dei secoli
{Cold Feet} mai si tirerà indietro.
[FrUk]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Winter

 

 

"Toglimi le tue zampacce di dosso, razza di pervertito! Vuoi un'altra guerra dei cent'anni, eh?"

 

Tutto stava filando liscio, liscio come l'olio, fino a qualche istante prima.

I bei sogni di Francis ultimamente avevano come ospite d'onore lo stizzoso Inghilterra, riverso e a gambe all'aria sul suo letto; e si concludevano nell'unico modo in cui qualcosa immaginato da Francia può concludersi. A parte questa volta, a quanto pare: il poveraccio aveva fatto indigestione di escargot e quell' abbondante piatto di graziose lumache che si era sbafato la sera prima gli era rimasto proprio sullo stomaco; e il risultato ottenuto fu una notte piuttosto agitata dai gorgoglii del suo stomaco e dall'indomito Arthur, che non accennava a farsi domare manco nella sua fantasia.

Ciò fece si che il francese si risvegliasse davvero di pessimo umore; quasi si poteva notare una deprimente aura nera tutt'attorno al suo corpo. Perfino Russia ne fu intimorito, quando lo vide aggirarsi cupamente per il corridoio del palazzo scelto per ospitare la riunione dei Paesi Alleati riguardante il da farsi per frenare l'avanzata di 'quel bastardo mangia patate di Germania'.

A Francis, le riunioni non piacevano per niente. Le trovava davvero noiose. L'unica cosa in grado di intrattenerlo durante le suddette era punzecchiare Inghilterra fino all'inverosimile; e i due finivano sempre per rotolare a terra mentre si riempivano reciprocamente la faccia di pugni. Le loro azzuffate erano diventate parte della routine giornaliera da circa cinque secoli. Non che prima si accarezzassero coi guanti di velluto e si lanciassero addosso margherite; più che altro si divertivano a perdersi in inutili battibecchi. Il loro rapporto cominciò ad incrinarsi a seguito di guerre e azioni di pirateria da parte di Arthur, che si era inselvatichito un po', ma si spezzò del tutto con l'arrivo di America. Conteso da subito dai due, Inghilterra ebbe la meglio, e Francia dovette ritirarsi nella sua amata Parigi a rimuginare su ciò che aveva perso: la possibilità di avere un fratellino minore, di possedere nuovi territori carichi di chissà quali ricchezze -che in un periodo del genere non guastavano di certo-; ma soprattutto, le attenzioni di colui che gli fece battere il cuore di nuovo, dopo la morte di Giovanna d'Arco.

 

 

 

Arrivò per ultimo e fu accolto dai lamenti delle altre nazioni, che lo rimproverarono per il ritardo. Per tutta la durata del meeting non fece altro che mordicchiare distrattamente il cappuccio di una penna e attorcigliarsi una ciocca ribelle di capelli che gli cadeva sempre sugli occhi, limitandosi a rispondere con uno svogliato 'oui' ogni volta che fu interpellato. Sembrava proprio fuori dal mondo e questa sua assenza totale fu notata -positivamente- dagli altri membri Alleati, che per la prima volta riuscirono a concludere una riunione senza che Francis li ammiccasse -e molestasse- con le sue indecenti proposte. L'unico che mostrò una nota di preoccupazione, seppur impercettibile, fu proprio l'oggetto del suo malo umore, Arthur.

 

"...Che hai oggi?" disse guardingo.

 

"Aaaaaah, mon chérie, sono giù di morale" sbuffò mentre si stropicciava gli occhi con le mani, e aggiunse "magari, oh magari, potresti darmi una mano a risollevar-"

 

"Risollevarti? Te lo scordi, razza di idiota! Col cavolo che io ti aiuto."

 

"Sei sempre il solito bastardo! Vuoi proprio che io muoia?"

 

"Non sai quanto mi piacerebbe! Verrei tutti i giorni a ballare sulla tua tomba e a stappare bottiglie di champagne per festeggiare."

 

Dopo essersi lanciati addosso tutte le cattiverie possibili e immaginabili, se ne andarono via impettiti, uno dalla parte opposta dell'altro, ringhiandosi dietro altri insulti mentre ognuno procedeva nella sua direzione. Solo Francis dopo un po' si voltò indietro; America che volteggiava attorno ad Inghilterra come un'ape fa con un fiore. Da dove era sbucato fuori, quel pezzo di uno yenkie?

 

"DAIDAIDAI ARRRRRRRTHUR! TI PREGO VIENI!"

 

"Non insistere, ti ho detto di no! I tuoi party mi fanno schifo e lo stesso vale per i tuoi hamburger!"

 

"Ma è il mio compleanno! Il compleanno dell'eroe! Ci saranno many many dolci!"

 

Insistere con Alfred era la cosa più inutile del mondo. Una volta che si era ficcato in testa una cosa, non gliela si poteva tirar fuori nemmeno con un paio di pinze o sotto minaccia: Arthur, malgrado suo, fu costretto ad accettare, sbuffando e scuotendo la testa. America allora cominciò a fare salti di gioia, prese il povero Inghilterra per la manica della divisa color muschio e lo trascinò letteralmente, mentre rideva ripetendosi che era un eroe a squarciagola.

Francia sospirò.

Era davvero geloso di America.

Alfred, in un modo o nell'altro, riusciva sempre ad ottenere ciò che voleva da Inghilterra: quella scatola di soldatini, l'Indipendenza, la sua presenza.

Francis invece non faceva altro che collezionare rifiuti e disgusto e rimaneva sempre più nascosto dall'ombra di America, che diventava sempre più grande e che inghiottiva Arthur sempre più.

Avrebbe ceduto volentieri l'Alsazia a chiunque, pur di poter stringere la mano dell'inglese come stava facendo America in quel momento.

 

 

 

 

Come si poteva immaginare, la festa di America poteva essere riassunta in una sola espressione: casino.

C'era gente ovunque, dentro casa, nel giardino, nel terrazzo; ragazzi che ballavano, bevevano, si accasciavano e vomitavano; e poi c'era Italia che ruotava -come al solito- attorno a Ludwig come se fosse il suo satellite, mentre l'ariano si limitava a bere qualche boccale di birra. Germania era sempre impeccabile e serio, pure da ubriaco. Al contrario, suo fratello Prussia doveva aver alzato il gomito più del dovuto e si era messo a fare il cretino al centro della pista, dondolandosi tenendo sotto braccio una zebra gonfiabile mentre Spagna cercava di aiutarlo a non sbattere il muso per terra. America invece si era dato al suo tanto amato karaoke, cantava a squarciagola chissà quali parole -era decisamente brillo anche lui- e poi in un angolino, seduto in disparte, c'era Arthur, visibilmente annoiato, che lanciava truci occhiate a chiunque lo andasse a spronare per convincerlo a scatenarsi un po'. Aveva ammucchiato sotto la sua sedia cinque o sei bottiglie vuote, si sosteneva la testa con una mano usando il gomito come puntello e talvolta si lasciava andare ad un qualche sbadiglio, prontamente coperto con l'altra mano rimasta libera.

Il destino gli aveva appena servito un piatto d'argento e Francis accettò con molto piacere l'occasione che gli si era parata davanti.

Rubò una sedia da un tavolo lì accanto e la trascinò fino a quello di Inghilterra; ci si sedette poi all'incontrario, appoggiando gli avambracci sopra lo schienale di legno, perché era convinto che così sembrasse più figo. Di tutta risposta Arthur si girò verso di lui e alzò un sopracciglio, domandandogli silenziosamente che cosa volesse.

 

"Perché sei qui da solo?" chiese Francia, sorridendo maliziosamente sotto ai baffi.

 

"Cazzo 'sta festa è proprio una merda. Mi viene anche da sboccare." Inghilterra normalmente era un uomo piuttosto educato, ma una volta ubriaco, era la persona più sboccata e rozza del mondo.

 

"Ohohoh, dov'è finita tutta la tua storia sull'essere un gentleman?"

 

"Senti, va' a farti fottere e lasciami in pace."

 

"Per quanto mi piaccia l'idea, preferisco stare qui a farti un po' di compagnia."

 

Compagnia, eh. Arthur se lo sentiva che quel maniaco stupratore di Francia aveva -ovviamente- altri fini oltre a quelli di fargli compagnia, ma al momento non aveva ne la forza ne la voglia di trovar da dire con lui per mandarlo via a molestare qualcun altro. Sospirò e socchiuse gli occhi facendo un breve cenno con la testa, in segno di arresa, e Francia sorrise compiaciuto e soddisfatto.

"Andiamo fuori?" aggiunse poi, e gli porse educatamente una mano, incitandolo con lo sguardo a stringerla. Inghilterra in quel momento non voleva altro se non scappare via a gambe levate da quella maledetta casa casinara, così afferrò la sua mano ed insieme si alzarono dal tavolo, prendendo i rispettivi cappotti prima di uscire.

Una volta fuori Arthur si trascinò barcollando fino ad una panchina dalla parte opposta della strada. Non ce la faceva proprio a restare in piedi e la musica assordante, ben udibile anche da lì gli rimbombava in testa e gli faceva sembrare che il suo cervello stesse per esplodere da un momento all'altro. Sollevò a fatica una mano, se la appoggiò sugli occhi e maledisse America in ogni modo possibile, per averlo trascinato al suo party del cazzo. Francia si lasciò fuggire una risata, ascoltare Inghilterra imprecare lo divertiva -quando ovviamente l'oggetto del suo odio non era lui-.

 

"Col cazzo che la prossima volta lo assecondo, quel bambino viziato!" disse poi stizzito, dimenticandosi che in fondo era stato proprio lui a viziarlo in tenera età.

Francia ben si guardò da ricordarglielo, non era proprio il caso di inimicarselo adesso.

 

"Avresti sempre potuto rifiutare da subito".

 

"E come dovevo fare? Ogni volta che gli dico di no, poi salta fuori con quella sua faccia da represso del cazzo, e mi da fastidio vederlo frignare tutto il giorno".

 

Francia sospirò e la loro conversazione cadde nel silenzio assoluto per diversi minuti. Entrambi erano lì, seduti uno accanto all'altro, con le gambe e i gomiti che si sfioravano appena; ogni tanto si abbandonavano a qualche lamento per poi riprendere a stare nuovamente in silenzio, aspettando che qualcuno trovasse un argomento su cui fondare qualche nuovo discorso.

 

"...Senti, Arthur" mormorò poi Francia, "se invece fossi stato io ad invitarti, avresti accettato subito?"

 

Arthur fu colto un po' alla sprovvista. Ogni tanto Francis se ne usciva fuori con domande strane ma non se ne aspettava di certo una ora.

 

"Cos'è, una domanda trabocchetto?"

 

"Non, pura curiosità".

 

Inghilterra lo guardò di sbieco, poi, stanco, fece scivolare la propria testa sulla spalla del francese. Francis arrossì un poco sulle guance, poi girò il viso dall'altra parte per far sì che il suo interlocutore non se ne accorgesse. Non era decisamente abituato ad avere un certo tipo di contatto fisico con Arthur, perciò dovette sforzarsi per rimanere calmo e controllare la sua agitazione.

"...certo che avrei rifiutato, cosa ti credi. America sarà troppo casinaro ma tu sei un maledetto porco, mi sarei dovuto mettere addosso tre cinture di castità per potermi ritenere tranquillo", sparò poi Arthur tutto d'un fiato. Poi alzò gli occhi puntandoli sul viso di Francia per testare la sua reazione e si sorprese nel vederlo girato dall'altra parte. Ci avrebbe giurato però che stesse facendo le sue solite facce da depravato deluso. E invece quando Francis si girò verso di lui sembrava tutto forché triste.

 

"Sapevo che avresti risposto così, mi sarei davvero preoccupato a morte se avessi detto il contrario! Ma non è colpa mia" -aggiunse dopo- "se sei così carino che ogni volta che ti vedo mi vien voglia di trascinarti a letto".

 

"Sta zitto, a te basta che un qualcosa respiri e già hai voglia di provarci. E poi, n...non sono carino, cazzo".

 

"Si che lo sei, specialmente quando sei in imbarazzo come ora!"

 

"Giuro che ti riempio il culo di piombo!" sbottò Inghilterra, divenuto ormai rosso come un pomodoro, agitando le mani ovunque e dimenandosi come un tarantolato.

 

"...Comunque, se davvero sei così terrorizzato da ciò che potrei farti, non saresti nemmeno dovuto uscire fuori dalla casa di Alfred con me."

 

Inghilterra smise di agitarsi di colpo e si portò una mano tra i capelli, cominciando a grattarsi la nuca in segno di disagio. Poi abbassò lo sguardo.

"N-Non ti credere chissà quale roba, sono qui con te solo perché la festa mi fa schifo".

 

"Oui, oui. Mi posso ritenere fortunato allora!"

 

"Perché mai?"

 

"Perché così ho avuto la possibilità di trascorrere un po' di tempo assieme a te, Arthur. Mi mancano i vecchi tempi, quando io ero un giovincello grazioso e tu un rozzone fuori moda. Ohohoh..."

 

"Senti che bastardo!", disse sferrandogli un leggero pugno sul braccio, "però un po' mancano anche a me, quei giorni. Giocavamo sempre insieme da bambini".

 

"Già", si limitò a rispondere il francese che già stava volando con la mente ai tempi passati, assumendo un'espressione rabbuiata e malinconica.

 

"Francis, ti ricordi quella volta che mi feci crescere i capelli perché volevo assomigliarti?"

 

"Oh si che lo ricordo, tuo padre ti voleva menare perché credeva fossero poco virili. Che razza di scorbutico e insensibile!"

 

"E quando mi crebbero mi parve di avere un fienile al posto della testa..."

 

"Ecco perché te li tagliai nuovamente corti, era l'unico taglio che andava bene col tuo faccino imbronciato".

 

Si abbandonarono entrambi ad una leggera risata, poi il loro sguardo cadde dentro gli occhi dell'altro.

 

"Eravamo davvero uniti io e te, Arthur. Perché non lo possiamo essere di nuovo?"

 

"...sono cambiati i tempi, ci sono state guerre che ci hanno portato a combattere l'uno contro l'altro. Non mi piace vivere nel passato, no, ma non credo che sarei in grado di ricostruire quel rapporto di amicizia di cui ci vantavamo un tempo".

 

Per Inghilterra il discorso stava iniziando a spingersi troppo oltre e i suoi sensi stavano vibrando tutti come in allarme, per suggerirgli che era il momento di tagliare corto e chiudere le danze. In verità aveva solo paura di come si sarebbe evoluta quella conversazione in cui ogni parola gli apriva degli interrogativi, come se Francis volutamente volesse fargli intendere qualcosa, e tutto ciò gli puzzava da guaio.

 

"Senti, io ora torno a casa e no, vado a piedi da solo, non ho bisogno che mi accompagni" disse mentre si alzava dalla panchina con la testa che ancora gli girava per via della sbornia non completamente passata.

 

"Sicuro di non volere nemmeno una mano?"

 

"No, no, ce la faccio. Torna dentro a divertirti".

 

Detto ciò si avviò col passo più spedito che fosse in grado di sostenere al momento, frettoloso di allontanarsi da lì prima che Francia ci ripensasse e gli saltasse addosso da dietro come era solito fare con chiunque quando aveva voglia di portarsi qualcuno in camera.

 

 

"Mi manchi, Arthur".

 

 

Fu tutto ciò che disse, un sospiro silenzioso abbandonato nell'aria ed arrivato alle orecchie di Inghilterra grazie al leggero vento della serata molto abile a trasportare parole a destinazione. Si voltò di scatto, ma Francis già era rientrato in casa di Alfred.

Arthur rimase fermo nel mezzo della strada a fissare quella porta, come aspettando che Francia vi uscisse fuori per andarlo a riprendere.

Ma non lo fece.

Solo dopo una decina di minuti si decise a riprendere il suo passo, nell'oscurità della notte, con le mani infilate nella tasca del giaccone per ripararle dal freddo e il mento nascosto nella sciarpa arrotolata attorno al collo.

 

"...Francis, sei davvero un cretino..."

 




Angolo delle note

Salut e grazie per aver letto il primo capitolo di questa storia. Un piccolo avvertimento: cominciai a scrivere i vari capitoli due anni fa e per via di un blocco esistenziale ho ripreso a scriverla recentemente, circa quattro mesi fa. E' quindi altamente probabile che tra il terzo e il quarto capitolo troverete un notevole cambiamento stilistico, spero che ciò non vi disturbi troppo. Quando ci arriveremo, fatemi sapere se sono migliorata! Le opinioni sincere sono sempre ben accette c:
Detto ciò, mi auspico di ritrovarvi anche nei capitoli successivi, au revoir!


*Eluviel


 

  
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