Anime & Manga > No. 6
Ricorda la storia  |      
Autore: Macy McKee    15/09/2015    4 recensioni
Prima classificata al contest "Non esiste rimedio all'amore se non amare di più"
Era in attesa: aspettava che il vento gli parlasse di nuovo. Lo aspettava da quando, nell’istante in cui si era svegliato nel cuore della notte, aveva creduto di sentire l’eco delle proprie urla – urla dissolte da anni, ma mai spente – rimbombare in quella voce.
“Non devo distrarmi”, si rimproverò Shion. “Altrimenti il vento non mi vorrà più parlare”.

Una tempesta nella notte, una voce nel vento, ricordi ancora troppo vividi e tre anni che si frappongono fra Shion e Nezumi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nezumi, Shion
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Poiché ho consacrato senza saperlo la mia vita all’angst o qualcosa del genere (se esiste un demone dell’angst, da qualche parte, è pregato di restituirmi la mia anima), ma volevo davvero scrivere del fluff, questa storia è un complicato miscuglio di fluff e angst (flangst?).
Questo racconto vuole essere una sorta di approfondimento sulla relazione fra Nezumi e Shion e sul tema della separazione. Da un lato, la separazione reale, fisica, causata dalla solitudine. Dall’altra parte, nel passato, la paura della separazione e dell’abbandono, il timore di Shion di perdere Nezumi.
Ho una mezza ossessione per il loro rapporto nell’anime, con il loro continuo avvicinarsi e respingersi, e volevo cercare di rendergli giustizia al meglio delle mie capacità. Spero davvero davvero che un po’ dell’affetto con cui mi sono “occupata” di questi due traspaia dal risultato finale.
Per lo stile e il modo in cui ho articolato il racconto, mi sono ispirata alla light novel. Ho tentato di rimanere il più fedele possibile ad essa, in particolare ai racconti brevi ufficiali, nella struttura formata da cornice + ricordi. Mentre nella light novel i flashback e “il presente” non sono differenziati in alcun modo, io ho preferito utilizzare una distinzione per maggiore chiarezza. Non volendo usare il corsivo per i flashback per evitare di utilizzarlo in quantità massiccia, che secondo me avrebbe “stonato”, ho deciso di inserire le indicazioni temporali.

I riferimenti temporali sono frutto di una serie di calcoli. Dovrebbero essere corretti, ma potrebbe esserci un certo margine di errore. Dovrebbero comunque essere comprensibili, in questi termini:
Il 2021 è l’anno in cui accade la vicenda principale della fanfiction. Sono passati tre anni dalla caduta del muro di No.6 (e dunque dall’ultimo episodio).
Il 2017 è l’anno della convivenza di Shion e Nezumi,  quello in cui si svolge la vicenda dell’anime. L’ho calcolato partendo dal presupposto che il loro primo incontro, durante l’uragano, si svolga nel 2013 (così risulta controllando su internet). Da quel momento passano quattro anni, a detta di Shion, quindi 2017.
Dato che devono affrontare un inverno e poi una primavera durante le loro peripezie, suppongo che la distruzione del muro avvenga nel 2018.

 
Sarà la notte
«Ero umano quando lui mi aveva rubato il cuore ed ero umano quando provavo il desiderio di essergli accanto. E questo fatto non cambierà.»
[No.6, Volume IV, Capitolo IV]
 
 
 [Please don't see
Just a boy caught up in dreams and fantasies
Please see me
Reaching out for someone I can't see]
 
Anno 2021, Ex-Lost Town
Il vento sussurrava da ore.
Bisbigliava fra le rovine del Blocco Ovest, rubando i granelli di polvere che fluttuavano sopra le macerie, e mormorava attraverso gli ampi viali di una città che aveva perso il proprio nome da anni.
Cantava per coloro che annaspavano sull’asfalto squarciato da infinite ferite, lo stomaco vuoto da troppo tempo. Ammoniva coloro che ancora guardavano le vie dall’alto dei grattacieli, il cuore vuoto da troppo tempo.
Era la stessa voce. La stessa voce alle orecchie di chi soccombeva nell’indifferenza e a quelle di coloro che tornavano, euforici, dalle loro famiglie.
Lo stesso sussurro, interminabile ed eterno.
Era la stessa voce di quel giorno: quella che aveva stretto il cuore di Shion otto anni prima e che nemmeno lo scroscio della pioggia aveva saputo soffocare. Aveva toccato la sua mente e la sua anima e l’aveva spinto fuori da un’esistenza sicura e infinitamente finta, verso una vita fatalmente pericolosa e reale.
Shion la ascoltava con gli occhi chiusi e il cuore spalancato, immerso nel buio e nel gelo di un letto troppo vuoto.
Era in attesa: aspettava che il vento gli parlasse di nuovo. Lo aspettava da quando, nell’istante in cui si era svegliato nel cuore della notte, aveva creduto di sentire l’eco delle proprie urla – urla dissolte da anni, ma mai spente – rimbombare in quella voce.
Non devo distrarmi, si rimproverò Shion. Altrimenti il vento non mi vorrà più parlare.
Rimase in silenzio fino a quando la pioggia cominciò a battere sui vetri, inghiottendo i mormorii dell’aria.
Mi parlerà di nuovo. Quando sarà il momento, mi avviserà.
Lentamente, i pensieri si fecero più leggeri e fluttuarono dolcemente nella sua mente. Si addormentò senza rendersene conto.
Si svegliò di colpo, spalancando gli occhi di scatto.
Frugò nella propria mente per qualche istante, inseguendo un’idea che sfuggiva.
Si era svegliato… per una ragione.
C’era una ragione.
I suoi pensieri erano un vortice confuso di sogni e ricordi e riflessioni spezzate, ma c’era qualcosa.
Qualcosa.
Riguardava Nezumi.
Shion si mise a sedere e scese dal letto quasi correndo, precipitandosi alla finestra senza saperne la ragione.
Nel momento in cui le sue mani si appoggiarono sul vetro, il ricordo riemerse debolmente.
Attraverso la nebbia del sonno, aveva udito qualcosa.
Il vento urlava più forte, sovrastando il brontolio sommesso della pioggia. E, in mezzo a quelle grida, Shion aveva sentito qualcosa che l’aveva strappato al torpore.
Uno squittio.
Era così simile allo squittio che l’aveva svegliato un giorno lontano, quando il respiro di Nezumi riempiva ancora l’aria e gli scaldava la pelle. Anche quella volta, Shion si era smarrito ad ascoltare il vento.
 
 
Anno 2017, Blocco Ovest
Shion sorrise senza aprire gli occhi, sentendo qualcosa di morbido corrergli fra i capelli.
«Tsukiyo» mormorò dolcemente. «Ti sei svegliato presto?»
«Al contrario di te. Non ti facevo così pigro.»
Un sussurro e un respiro caldo vicino al suo orecchio.
Shion sobbalzò senza grazia, aprendo gli occhi bruscamente.
«Accidenti, non farlo. Per favore» disse Nezumi.
Shion sbatté le palpebre una, due volte. La penombra sembrava premergli sugli occhi rimasti chiusi troppo a lungo.
«Non fare cosa?» chiese Shion.
«Non sobbalzare così. Mi fa venire voglia di ucciderti prima che lo faccia qualcun altro. Cosa che succederà di sicuro, se te ne stai a occhi chiusi nelle stanze buie e sussulti quando qualcuno ti parla. Fa’ almeno finta di accorgerti del mondo che ti circonda, ogni tanto.»
«Stavo ascoltando» rispose Shion in un sussurro.
«Sai, Shion, dobbiamo davvero lavorare sulla tua sincerità. Non puoi dire tutto quello che ti passa per la testa» borbottò Nezumi.
«Ascoltavo il vento. Pensavo volesse dirmi qualcosa su di te, come quella notte» bisbigliò il ragazzo.
«Su di me? E cosa voleva dirti, su di me?» Un cambio di tono. Sempre basso, ma più roco, più sensuale. Improvvisamente, il viso di Nezumi era vicinissimo al suo. Poteva sentire il suo respiro sulla pelle e contare le venature scure in quegli occhi grigi come l’acciaio.
Shion rimase in silenzio, sbattendo le palpebre come aveva fatto cercando di allontanare la sonnolenza. Un diverso genere di torpore era calato su di lui, rendendogli difficile ricordare cosa fosse sul punto di dire.
«Uh?» farfugliò.
Nezumi gettò la testa all’indietro, raddrizzando la schiena e scoppiando in una risata sarcastica e un po’ crudele. Shion si scoprì a desiderare di chinarsi in avanti e sentire di nuovo il suo respiro sulle labbra.
Non si erano nemmeno sfiorati, ma la stanza pareva essersi fatta fredda nell’attimo in cui Nezumi si era allontanato.
«È un po’ troppo facile distrarti, Shion.»
«Non vale cercare di cambiare argomento.»
«Cercare?»
«Non vale cambiare argomento.»
Un sogghigno sulle labbra del ragazzo dai capelli scuri. Si sporse di nuovo verso Shion e allungò una mano verso i suoi capelli, stringendo un ciuffo bianco fra le dita e tirandolo appena.
«Vuoi che smetta?»
Improvvisamente, lo sguardo di Shion si fece lontano.
Nezumi aggrottò le sopracciglia, lasciando andare la ciocca.
«Cos’hai? Basta così poco, per sconvolgerti?»
«Nezumi?» bisbigliò Shion, portandosi una mano fra i capelli e fermandola nel punto in cui le dita del ragazzo si erano posate un istante prima.
«Cosa?»
«Quanto durerà? Tutto questo, intendo» continuò Shion, abbracciando la stanza con lo sguardo.
«Fino a quando ti ucciderò, è ovvio.»
«Sto parlando sul serio.»
«Anch’io.»
Shion scosse la testa.
«No, non è vero.»
Nezumi si allontanò bruscamente, fissando con forza lo sguardo negli occhi di Shion.
«Ne sei un po’ troppo sicuro, per qualcuno che non sa tenere in mano un coltello. Non sai niente di come si sta al mondo.»
Senza preavviso, Shion allungò la mano verso quella di Nezumi e la strinse, portandola verso il proprio petto e appoggiandola all’altezza del cuore.
Il volto di Nezumi ebbe un fremito appena visibile.
«Cosa fai?»
«Sono vivo solo accanto a te. È tutto quello che mi serve sapere» sussurrò Shion, facendo eco alle parole che il ragazzo aveva pronunciato molto tempo prima.
Nezumi scosse la testa, arricciando le labbra.
«Devi essere sempre così melodrammatico?» chiese, senza cercare di liberare la mano dalla presa di Shion.
In un lungo, infinito istante, Shion credette che quell’attimo potesse durare per un’eternità.
Avrebbe voluto catturare quel momento e fermarlo nel tempo, perché il calore del letto che divideva con Nezumi e quello della mano sul proprio petto non dovessero mai spegnersi.
 
 
Anno 2021, Ex-Lost Town
Shion abbassò la mano che era corsa a posarsi all’altezza del suo cuore senza che lui lo volesse, tenendo gli occhi fissi sulle tenebre scosse dalla pioggia appena oltre il vetro.
Ululava, ora, il vento.                     
Sembrava improvvisamente ostile, una barriera d’aria che soffiava con violenza fra lui e il resto del mondo.
Fra lui e Nezumi.
«Sei là fuori, vero?» bisbigliò Shion, l’alito caldo che si condensava sul vetro battuto dalla pioggia.
«Stai ascoltando anche tu il vento?»
E la terza domanda, troppo pesante per lasciare le sue labbra, che moriva nella sua gola: dove sei, ora?
Gli occhi di Shion indugiarono più a lungo sulle ombre dense.
Dov’era, Nezumi?
Avrebbe potuto essere a mesi, anni di cammino.
Avrebbe potuto essere così vicino da poter sentire la sua voce, se solo avesse parlato.
Ma non parlava.
La voce della tempesta inghiottiva i suoni, urlando in una lingua che Shion non comprendeva e portando con sé il ricordo della loro distanza. Gli ripeteva che erano sullo stesso Pianeta, toccati dallo stesso vento, e così dolorosamente lontani.
È difficile, senza di te.                     
E lo diventava sempre più.
Ogni notte, le tenebre si addensavano all’esterno fino a prendere sembianze un po’ troppo umane.
Shion inseguiva un fantasma, un’ombra fra le ombre. Tentava di raggiungere qualcuno che non poteva vedere con gli occhi – ma era così reale nel suo cuore, così vivida l’immagine del suo viso nei ricordi.
Ogni volta che una tempesta si abbatteva su quella che era stata No.6 e che ora non era più niente, Shion credeva che Nezumi fosse sul punto di tornare.
Non tornava mai.
Tornerà.
Mi hai reso umano, Nezumi. E ti sei portato via una parte di me. So che ci rivedremo. Dobbiamo rivederci.
Rimase in piedi a lungo, appoggiando il viso contro il vetro. Chiuse gli occhi, in ascolto.
Una solitudine immensa e parole spente da troppo tempo gli appesantivano il cuore.
Lo sentì di nuovo, dopo un’eternità: il suono che l’aveva svegliato.
Sembrava uno scricchiolio distante, ma avrebbe potuto essere uno squittio.
Avrebbe davvero potuto esserlo.
«Tsukiyo?» domandò Shion, esitante, guardandosi attorno.
Sentiva il cuore accelerare i battiti a ogni istante che trascorreva nel silenzio, martellando contro il suo petto fino a fargli male.
Era possibile?
Era davvero possibile che…?
Il pensiero si infranse nella sua mente, troppo doloroso per essere completato.
«Tsukiyo?» ripeté, a voce un po’ più alta.
Silenzio.
Shion si voltò, un nodo alla gola che si faceva sempre più stretto e gli rendeva difficile respirare.
Si diresse verso il letto, ignorando il gonfiore che gli premeva sugli occhi e gli offuscava la vista.
Il vento emise un nuovo gemito, più definito.
Sembrava chiamare il suo nome.
Sembrava farlo davvero, urlare per lui con una voce di cui Shion aveva imparato a memoria ogni inflessione.
Era impossibile.
Ma l’impressione che Nezumi lo stesse chiamando gli inghiottì i pensieri, sovrastando tutto il resto.
Non arrivò al letto. Cambiò direzione all’improvviso, senza sapere di averlo deciso.
Afferrò la giacca appesa alla parete e la indossò meccanicamente.
Scivolò silenziosamente fuori dalla porta della sua stanza, rincorrendo un pensiero.
Non ti perderò di nuovo. Se sei qui, se sei tornato, ti troverò.
Aveva già temuto di perderlo una volta, e la ricordava bene.
 
 
Anno 2017, Blocco Ovest.
Nezumi balzò giù dal letto in un unico gesto agile, vacillando appena nel momento in cui i suoi piedi toccarono terra.
Emise un colpo di tosse leggero, quasi impercettibile, prima di raddrizzare la schiena e voltarsi verso Shion.
«Su» lo esortò. Si interruppe per un istante, schiarendosi la gola «È ora di alzarsi.»
Un altro colpo di tosse.
Shion aggrottò la fronte, sporgendosi verso di lui.
«Stai bene?»
Nezumi annuì.
«Quando hai finito di spolverare i libri, dovresti passare anche a questa stanza» disse tranquillamente.
Shion si rese conto di aver trattenuto appena il respiro e inspirò a fondo, sollevato.
Guardò Nezumi attraversare la stanza con il suo solito passo svelto, sorridendo.
Accadde in un istante.
Le gambe di Nezumi si piegarono, e all’improvviso il ragazzo stava cadendo.
Atterrò sulle ginocchia, la schiena piegata in avanti che sussultava sotto i colpi di tosse.
Shion scese dal letto tanto rapidamente da rischiare di scivolare. Corse verso il ragazzo e si inginocchiò accanto a lui.
Quando Nezumi alzò gli occhi e Shion vide il suo viso, sentì un nodo violento, furioso, chiudergli lo stomaco.
Il volto di Nezumi era bianco, terribilmente pallido.
Stava male.
«Non è niente. Spostati» gli intimò Nezumi, cercando di spingerlo indietro con il palmo della mano. Riuscì a malapena a farlo vacillare.
«Non è niente» disse Shion, con fermezza. Gli mise le mani sulle spalle, aiutandolo a raddrizzarsi. Poi fece correre le dita alla sua fronte, sfiorandola.
Le ritrasse all’istante, come se si fosse scottato.
«Hai la febbre» disse severamente. «Da quanto tempo hai la febbre?»
«Sto bene» insistette Nezumi, appoggiando le braccia a terra per mettersi in piedi.
«Avresti dovuto dirmelo» lo rimproverò Shion.
Sentiva la bocca secca, come se il suo corpo avesse improvvisamente smesso di funzionare a dovere per la preoccupazione.
Si fece passare un braccio di Nezumi attorno alle spalle e lo aiuto a rialzarsi, trattenendolo quando il ragazzo tentò di muovere qualche passo verso la porta. Lo condusse lentamente verso il letto, cercando di non pensare a quanta poca resistenza stesse facendo: se fosse stato bene, se lo sarebbe scrollato di dosso con un gesto e l’avrebbe buttato a terra con poco più di una spinta.
Mentre accompagnava Nezumi al letto, la sua mente cominciò a immagazzinare i dati razionalmente.
Shion cominciò a muoversi meccanicamente, aiutando il ragazzo a sdraiarsi quasi senza riflettere sui propri movimenti.
I suoi occhi si mossero sul volto di Nezumi, catalogando e analizzando le informazioni.
Influenza. Sembrava essere un’influenza.
Shion sentì la paura diminuire, permettendogli di respirare, ma il suo volto rimase teso.
«Non sto morendo» lo rimproverò Nezumi. «Non fare quella faccia. Ho solo un po’ di febbre.»
Un timore violento strinse il cuore di Shion al suono di quella parola.
«Non dirlo.»
«Cosa? Ti dà fastidio la parola morire? Hai paura della morte?»
Shion scosse la testa.
«Non della morte» mormorò, poco più di un sussurro. «Ho paura di perderti.»
Nezumi lo guardò per qualche istante, gli occhi resi lucidi dalla febbre incollati al suo volto. Come aveva fatto a non accorgersi che si stava ammalando? Sembrava così evidente, ora.
«Devi…» Un colpo di tosse spezzò la sua voce per un istante. «Devi smettere di essere così sentimentale.»
«Non voglio vivere in un mondo in cui tu non ci sei» continuò Shion, ignorando le lacrime che all’improvviso avevano cominciato pizzicargli le palpebre fra le ciglia.
«Cos’è, una dichiarazione?»
Shion gli rivolse un sorriso triste.
«Se vuoi vederla così» bisbigliò.
Nezumi rimase in silenzio per un istante.
Così sincero. Così diretto. Così stupido.
Così da Shion.
«Dimmi, Shion. Credi davvero che staremo insieme per sempre? Non funziona così, nel mondo reale.»
«Mandami via» replicò Shion, con una sicurezza che Nezumi aveva udito raramente nella sua voce. Era la stessa risolutezza con cui aveva dichiarato di volerlo curare, quella notte a Chronos. La stessa con cui affermava di essere certo che non sarebbero mai, mai potuti diventare nemici.
«Se non ti interessa se stiamo insieme o no, mandami via.»
Una voce spaventata nella sua mente gli urlava di smettere. E se l’avesse mandato via davvero?
Ma non poteva essere così egoista. Non poteva fingere per non essere allontanato.
Aveva già commesso tanti errori, come cittadino di No.6: non avrebbe permesso alla sua arroganza e al suo egoismo[1] di avere la meglio anche in quel luogo. Sarebbe stata una colpa imperdonabile, profanare quel rifugio con la propria presunzione.
Nezumi non disse nulla per qualche istante, mentre la paura avvolgeva il cuore di Shion.
Non potevano separarsi.
L’idea di essere gettato di nuovo in un mondo così vuoto, in un mondo senza Nezumi, gli faceva girare la testa.
Ma non poteva negare ciò che provava, e ciò che provava era esattamente quello che aveva espresso. Gliel’aveva già detto così tante volte, in un’infinità di modi diversi. L’aveva fatto con le parole e con quel bacio d’addio, con ogni sguardo e con ogni gesto.
Era diventato così naturale ammettere di avere bisogno di lui più di ogni altra cosa, ma faceva ancora un po’ paura farlo.
«Shion» disse alla fine Nezumi, con un tono così definitivo che per un istante Shion fu certo che volesse mandarlo via.
Il ragazzo dai capelli bianchi rimase in silenzio, i battiti del cuore che gli rimbombavano nelle orecchie.
«Ho la febbre. Dovrai preparare tu da mangiare, oggi. Non fare un disastro.»
Il sollievo che invase il petto di Shion minacciò di portare con sé una nuova ondata di lacrime.
 
Anno 2021, Ex-Lost Town
Shion attraversò la casa immersa nel silenzio quasi correndo.
Qualcuno nella notte lo stava chiamando: Shion lo sapeva, come quel giorno aveva saputo di dover spalancare la finestra e urlare nell’uragano.
Andava contro ogni logica.
Ma doveva farlo.
Non se lo sarebbe mai perdonato, se non fosse andato a controllare.
Aprì la porta d’ingresso con le mani che scivolavano sulla maniglia e incespicavano nelle chiavi per la fretta.
La tempesta gli soffiò sul viso e contro il petto una raffica d’acqua gelida nell’istante in cui aprì la porta. Le gocce si impigliarono nei sue capelli e gli scivolarono nella maglietta, facendolo rabbrividire.
Shion abbassò la testa, lottando contro il temporale e lasciandosi assorbire dalla notte fredda.
L’oscurità era quasi completa: le nuvole avevano divorato le stelle e la Luna sopra la sua testa, ed erano pochissime le finestre ancora illuminate.
Shion rabbrividì di nuovo, avanzando a fatica contro la furia della tempesta.
La porta sbatteva dietro di lui, dondolando furiosamente sui cardini.
Il cielo tuonava crudelmente. Non un singolo suono riusciva a sovrastarne il ruggito.
Shion aveva mosso pochissimi passi quando appoggiò un piede su un ciottolo liscio e lo sentì scivolare.
Tentò di rimanere in equilibrio, ma non riusciva ad allontanare le mani dal viso: il vento le spingeva contro le sue guance, impedendogli di muoverle.
Cadde in ginocchio sulla strada, il ricordo di una scena terribilmente diversa  e incredibilmente simile che gli riempiva gli occhi.
 
Anno 2018, Ex-Blocco Ovest
Shion era in ginocchio sul pavimento, con un fagotto che si dimenava fra le braccia e Nezumi che gli dava platealmente le spalle.
«Gli piaci, sai?» disse Shion, allegramente.
Il ragazzo si voltò a guardarlo con una smorfia, incrociando le braccia.
«Tieni quell’affare lontano da me.»
«Non è un affare. È un bambino. È un essere umano.»
Nezumi si chinò improvvisamente sulla piccola creatura che si agitava sopra il petto di Shion, stringendo gli occhi.
«Ho voglia di ucciderti» sibilò, incollando gli occhi a quelli del bambino. Il neonato sorrise, emettendo un gorgoglìo felice. Nezumi si raddrizzò di scatto, sotto lo sguardo severo di Shion.
«Vedi? È un affare. Se fosse stato un essere umano, mi avrebbe attaccato per difendersi.»
«È un bambino, Nezumi» lo rimproverò Shion.
«Ti diverti, a portare in giro quel coso tutto il giorno?»
«Ha un nome, sai?»
«Ti diverti, a portare in giro Shi tutto il giorno?»
Shion aggrottò la fronte.
«Shi?»
«Non ho alcuna intenzione di chiamarlo Shionn[2]. Un solo Shion è più che sufficiente.»
«Nezumi, non lo chiameremo Shi[3]
«Prenditela con Inukashi. Ed è colpa tua, comunque: lasciar scegliere i nomi a uno che si fa chiamare presta-cani
Il bambino gorgogliò ancora, allegramente, guadagnandosi uno sbuffo da parte di Nezumi.
«Fallo tacere.»
«Vuole che tu lo prenda in braccio.»
«Assolutamente no.»
«Non è pericoloso, sai? Hai paura di un bambino?»
Nezumi gli scoccò un’occhiata di sufficienza.
«No, sono abituato a te» rispose, sarcastico.
Shion si avvicinò al ragazzo, tendendo il neonato verso di lui.
«No.»
«Perché no?»
«Vuoi davvero sentirlo frignare tutto il giorno, quando me ne sarò andato? Meglio che si rassegni da subito a stare con te.»
Un’ombra scese sul viso di Shion.
«Così… hai intenzione di partire davvero?»
«Te l’ho detto, Shion. Non fa per me, avere una casa.»
«Potrei essere io, la tua casa.»
Suonava disperato persino alle sue stesse orecchie.
«Dovresti davvero cominciare a lavorare su queste uscite. Non stai migliorando.»
«Non voglio che tu te ne vada.»
Nezumi si sporse lentamente verso di lui, prendendogli il mento fra le dita.
Si avvicinò fino a sfiorare il suo naso con il proprio, e si fermò.
«Non me ne sto andando ora. Te ne accorgerai, quando me ne andrò. Ti darò un bacio d’addio.»
«Pensavo non sopportassi i baci d’addio.»
«Se sei tu a darli a me.»
Shion rimase in silenzio, abbassando lo sguardo sulle proprie mani che avvolgevano il corpo morbido del bambino.
«Potremmo crescerlo insieme, se tu restassi.»
«Se io restassi.»
«Potresti restare.»
«No, non posso.»
«Perché?»
Un sospiro sfuggì alle labbra di Nezumi.
«Mi rendi debole.»
«Non c’è niente di male, a essere debole. Io sono debole, ma sono sopravvissuto, no?»
«No. Non sei debole. Sei terribile a combattere, e tremendamente ingenuo. Non sei debole.»
«Ho bisogno di te» sussurrò Shion, quasi una supplica.
«Lo so.»
Nezumi guardò il ragazzo a lungo, come se fosse stato sul punto di aggiungere qualcosa.
Non lo fece.
Allungò le mani, in silenzio, e prese Shi fra le braccia.
 
 
Anno 2021, Ex-Lost Town
La pioggia gli scivolava sulla pelle e sui capelli, incollando ciocche spesse alla sua fronte. Gli bagnava gli occhi, riempiendoli di lacrime che non gli appartenevano.
Le sue mani, affondate nella ghiaia, tremavano appena.
L’oscurità sembrava riempirgli i polmoni, rendendogli difficile respirare. Premeva sul suo petto e lo soffocava, avvolgendolo in una solitudine completa e senza via d’uscita.
Non c’era nessuno, davanti ai suoi occhi, e non un singolo suono osava farsi strada nel temporale per raggiungere le sue orecchie.
Era solo e smarrito, sepolto dalle tenebre. Come una piccola, debole stella solitaria che tentava di sconfiggere l’oscurità tutta sola e ne veniva inghiottita.
Il mondo non era mai stato tanto gelido: il vento sembrava volergli strappare la pelle con le sue unghie fredde, graffiandogli le braccia e il viso.
Shion strinse gli occhi, cercando di vedere, ma il suo sguardo incontrava solo gocce crudeli che gli annebbiavano la vista.
Dov’erano finite le urla che il vento aveva portato con sé?
Dov’era la voce che l’aveva chiamato?
Dov’era Nezumi?
Ricordava ancora la promessa che gli aveva fatto?
Ci rivedremo. Due parole scritte su una strisciolina di carta lasciata a Karan e un sussurro perso in un bacio d’addio.
Shion aveva creduto con tutte le sue forze – aveva dovuto credere – che fosse vero.
Lo credeva ancora.
Gli occhi di Nezumi viaggiavano fra i suoi ricordi e glielo promettevano ogni giorno trascorso nella solitudine: ci rivedremo.
Ci rivedremo.
Le parole rimbombarono nella mente di Shion, amplificate a ogni ripetizione. Si alimentarono fra loro e si fecero più rumorose, più decise.
Gli riempirono i pensieri, aprendo uno squarcio nelle tenebre.
La certezza che si sarebbero rivisti lo avvolse lentamente ma con decisione, scaldandogli la pelle e allontanando il gelo.
A poco a poco, respirare diventò più facile.
Shion rimase immobile con la testa china verso la strada, abbracciando la promessa di Nezumi con la mente.
Si sarebbero incontrati di nuovo.
Ma non sarebbe stato quella notte.
La consapevolezza lo raggiunse strisciando e gli avvolse il cuore in una morsa: non si sarebbero incontrati quella notte.
Significava che avrebbe dovuto attendere ancora.
Faceva male, ma non abbastanza da spezzarlo. Nessun dolore avrebbe potuto offuscare la fiducia che riponeva in Nezumi.
Ci rivedremo.
Verrà il momento e sarà la notte.
Era una certezza che bruciava nel petto di Shion e gli dava la forza per alzare il viso contro la furia del cielo.
Una certezza assoluta, senza fondamenta ma più salda di qualunque pensiero a cui Shion si fosse mai aggrappato.
Sarebbe stato una notte il momento del loro nuovo incontro. Con quell’oscurità che ora cercava di divorarlo a fare da testimone e con il silenzio della terra addormentata a suggellare una nuova promessa.
Sarebbe stata una notte come quella, con una voce senza corpo che chiamava il suo nome nel vento e le nuvole che piangevano sopra la sua testa.
Non sarà questa notte, ma sarà una notte.
Shion si rialzò lentamente, opponendosi alla violenza della pioggia che tentava di schiacciarlo a terra.
Voltò le spalle all’oscurità, con un’ultima occhiata al cielo nero che riversava le proprie lacrime sul mondo.
Ti aspetterò ogni notte.
 
 
[And I thought I saw you out there crying
And I thought I heard you call my name
And I thought I heard you out there crying
Just the same]

Lost Stars – Maroon 5
 
 
Nota finale: Ho deciso di lasciare all’immaginazione del lettore la decisione su cosa fossero i rumori sentiti da Shion. Potrebbe averli immaginati o potrebbero essere stati reali. Non è chiarito di proposito, perché chi legge possa scegliere cosa credere, un po’ come deve sceglierlo Shion.
 
[1] Questo è un riferimento alla Light Novel. Nel romanzo, Shion è ossessionato dall’idea di essere presuntuoso ed egoista, essendo stato abituato ad una vita confortevole nella sua infanzia. È un tema ricorrente, quasi una fissazione di Shion, e per questo meritava almeno una menzione, a mio parere.
[2] Nella Light Novel, Inukashi chiama Shionn il bambino che viene salvato dall’attacco di No.6 al Blocco Ovest, perché incolpa Shion del fatto che si ritrovi bloccato con un neonato a cui badare e non vuole trovargli un altro nome.
[3] “Shi”, in giapponese, significa “morte”. Nezumi in questa storia lo usa come diminutivo di Shionn.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > No. 6 / Vai alla pagina dell'autore: Macy McKee