Serie TV > Da Vinci's Demons
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Autore: _armida    16/09/2015    1 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XIV: Demoni, parte I
 
Alcuni giorni più tardi...

Le spingarde di Leonardo, fortunatamente per lui, erano finalmente funzionanti e, Da Vinci, passava le giornata alla fornace, per coordinarne la produzione su vasta scala. Nel tempo libero, era anche riuscito a risolvere l'enigma del libro dell'Ebreo, trovando una cartina geografica indicante il nascondiglio del Libro delle Lamine; peccato che quella terra non esisteva o non era ancora stata scoperta. A differenza di Leonardo, Elettra era scettica, circa la sua esistenza.
La delegazione romana, invece, se ne sarebbe restata ancora per molto, a Firenze. Le trattative si sarebbero protratte ancora per lungo tempo, visto che entrambe le parti sembravano essere arroccate sulle loro posizioni; incapaci di scendere a compromessi.
Per quanto riguardava Elettra e il Conte Riario, dalla mattina dopo la festa, non vi erano state molte occasioni per vedersi: erano entrambi molto occupati e, le poche volte che si erano scontrati per caso nei corridoi, Elettra gli aveva sempre propinato qualche scusa per svignarsela.

Quella mattina, come tutte le altre, in fondo, Elettra se ne stava sola soletta nel suo studio. Aveva quasi ultimato il modellino tridimensionale della biblioteca e, in quel mommento, stava dipingendo alcuni particolari. 
Fuori dalla porta era stato affisso il solito carte 'Lavori in corso - Non disturbare' ma, a quanto pare, neanche quello era più utile a tenere gli scocciatori alla larga: stavano bussando. Anche con una certa insistenza.
"Non avete letto il cartello", urlò scocciata.
"Signora, c'è qui una visita per voi. Dice che è urgente", disse un servo dall'altra parte.
Elettra si rassegnò ad andare ad aprire.
Sulla soglia, in lacrime, c'era Vanessa.
"Cosè successo?", le chiese abbracciandola. Era sporca di sangue. Ed era certa che non fosse dell'amica.
"Sorella Dolores... lei si è cavata gli occhi di fronte a me!", rispose tra un singhiozzo e l'altro.
Elettra non sapeva che dire. "Vieni e siediti un attimo", le disse mentre, tenendola per mano, la aiutava a sedersi su una delle poltroncine del suo studio. "Portale un bicchiere d'acqua", si rivolse al servo.
Una volta che Vanessa si fu calmata un po', le raccontò di quello che aveva visto quella mattina, al mercato. "Sembrava veramente posseduta... le sorelle del convento dicono che non è l'unica, è come se fosse scoppiata un epidemia!"
"I demoni non esistono", le ripetè dolcemente Elettra. "Sono solo l'ennesima favola della buonanotte che la chiesa ha inventato per tenere buone le masse"
"E allora cosa potrebbe essere?"
"Una qualche malattia... così su due piedi non saprei dirti di cosa si tratta"
"Devi venire con me al convento, per capire cosa sia"
"Vanessa, io non sono un medico"
"No ma sai molte cose sull'argomento"
"Aiutare durante l'epidemia di frebbre di due anni fa o i feriti della guerra dell'anno scorso non fa di me un medico"
"Io andrò a dare una mano, se non sei troppo occupata a girarti i pollici potresti venire con me", disse Vanessa seccata dal comportamento dell'amica.
Elettra sospirò e si rivolse al servo: "Fate sellare due cavalli e portatemi una di quelle sacche con tutto il necessario per le epidemie, dovrebbero essere in infermeria"
"Certo signora", le rispose prontamente il servo mentre usciva dallo studio di corsa.

Mentre Elettra e Vanessa si dirigevano verso le stalle, incrociarono per un corrodoio il Conte Riario. "Buongiorno", le salutò. Alzò un sopracciglio perplesso, alla vista della ragazza ricoperta di sangue; sembrava parecchio scossa e teneva stretta la mano di Elettra. "Buongiorno, Conte", gli rispose la bionda senza fermarsi ma continuando a camminare.
"E' successo qualcosa?", le chiese seguendola.
"Spero niente di grave", rispose sbrigativa Elettra.
"Allora perchè andate così di fretta?"
Elettra si arrestò di colpo e sbuffò spazientita: perchè Riario non era capace di farsi i fatti suoi? "Sto andando al convento di Sant'Antonio per dare una mano"
Il Conte si mise quasi a ridere, ma si trattenne. "Voi, in un convento? Riuscete sempre a stupirmi, madonna."
"Felice di saperlo, Conte", disse sarcastica, congedandosi.
 
***

Poco tempo dopo, dall'altra parte del palazzo, Giuliano raccontava gli stessi fatti a Lorenzo e a Becchi. Si trovavano anch'essi in un corridoio proprio di fronte allo studio del Magnifico.
"La violenza delle movenze, le sue grida... Sembrava davvero posseduta, Lorenzo"
"Mio fratello vede una suora pazza e crede che il diavolo vaghi libero per Firenze", ribattè scettico l'altro.
"Scusate l'interruzione", disse il Conte Riario comparendo in fondo al corridoio, "Voi parlavate a voce alta e non ho potuto fare a meno di ascoltare..."
'Come no!', pensò il Magnifico.
"...Sono stato informato di ciò che sta accadendo al convento, e vorrei offrirvi piena collaborazione, prima che la situazione peggiori ulteriormente". 
"Posso sapere chi è stato ad informarvi, Conte?", chiese Becchi. Avrebbe di sicuro fatto un bel discorsetto ai servi. Quelli non sapevano mai tenere la bocca chiusa.
"Vostra nipote, Elettra. Quando l'ho incontrata si stava dirigendo al convento insieme ad una ragazza dai capelli rossi. Ha detto che voleva dare una mano", rispose con uno dei suoi soliti sorrisi freddi.
"Vanessa", mormorò Giuliano. Lorenzo alzò un sporacciglio, stupito: suo fratello non chiamava mai le sue conquiste per nome! Cosa aveva quella di così speciale da riservarle tale onore?
"E perchè non l'avete fermata?". Giuliano aveva alzato la voce.
"Lo avrei fatto, se solo me ne avesse lasciato il tempo. E poi sappiamo tutti quanto Elettra sia testarda"
"Provvederò io", disse il giovane de Medici con tono serio. Non aveva mai assunto quel tono, prima d'ora. "Prenderò Dragonetti e un paio delle sue guardie e risolverò la cosa"
Becchi lo guardava con una punta di fierezza nello sguardo: Giuliano ed Elettra erano da sempre i suoi pupilli e, vedere il giovane de Medici così preso da questioni riguardanti la sua città, lo rendeva davvero felice.
"Il Conte Riario verrà con voi", proferì il Magnifico.
"Cosa? No!", ribattè il fratello. Riario, nel frattempo, li guardava stupito; credeva che avrebbe dovuto faticare di più, per poter immischiarsi nella faccenda.
"Se verrà con te, io potrò cercare meglio la spia romana", sussurrò Lorenzo all'orecchio di Giuliano.
"Andiamo, Conte. Il convento ci aspetta. Però verrete voi soltanto, nessun altro della delegazione romana, neanche la vostra scorta", disse a denti stretti il giovane de Medici. Riario sarebbe stato solo d'impaccio, ma non poteva fare altro.
 
***

Il convento di Sant'Antonio si trovava fuori dalle mura di Firenze, in una posizione isolata, arroccato sopra ad una ripida collina. Lungo la strada il piccolo gruppo, con a capo Giuliano de Medici, fu attaccato da due suore, apparentemente possedute. Una di queste, prima di essere immobilizzata, riuscì a ferire Bertino mentre l'altra, fu per sbaglio uccisa da Giuliano.
Una volta messo piede nel convento, la situazione parve anche peggiorare: quel posto aveva un qualcosa di tetro e, la mano mozzata e il sangue in mezzo al cortile, non davano certo delle rassicuarazioni. Si sentivano delle grida. provenire dall'interno.    
L'infermieria era degna di un girone dell'inferno di Dante; Giuliano non aveva mai visto niente del genere. Ogni letto disponibile era occupato da donne in pessime condizioni che urlavano o sussurravano strane, e alquanto inquietanti, parole; inoltre erano legate, per evitare che si ferissero da sole, o che ferissero qualcuno, nel loro delirio.
"Abyssus abyssum invocat, l'abisso invoca l'abisso, un male porta sempre un altro male: ecco cosa ha condotto il diavolo qui da noi. I Medici hanno rinnegato la volontà di Dio, non poteva non esserci un costo", disse la madre superiora, quando li vide.
'Che benvenuto amochevole' pensò ironico Giuliano ma non riuscì a tramutare in parole i suoi pensieri perchè sentì una voce, dall'altra parte della sala. Una voce famigliare.
"Madre superiora! Ho bisogno d'aiuto qui!" urlò Elettra.
Il giovane de Medici fece uno scatto in quella direzione, seguito a ruota da Riario. 
Una delle suore contagiate, nonostante fosse legata stretta alla spalliera del letto, le aveva arpionato entrambi i polsi e le sue unghie affondavano nella tenera carne della ragazza. 
Ci vollero sia Giuliano che Riario, per riuscire ad immobilizzare l'ossessa e liberare Elettra. "Grazie", disse massaggiandosi i polsi sanguinanti.
Nel frattempo, nell'ampia stanza, fece il suo ingresso Leonardo, accompagnato da Nico.
"Che ci fate voi qui?", gli chiese il de Medici con modi tutt'altro che amichevoli.
"Che ci fate tutti voi qui?", ribattè la madre superiora sempre più seccata. Aveva passato l'ora precedente a litigare con quella ragazzina impertinente e non riusciva neanche a pensare, di avere a che fare con altri eretici.
"Cerco un'amica", rispose Leonardo. Nel mentre, una delle malate si mise ad urlare; sia Da Vinci che Elettra si fiorndarono al suo capezzale.
"Vanessa, calmati", le sussurrò dolcemente Leonardo cercando di visitarla in cerca di segni visibili di qualche malattia conosciuta.
"Brucia, brucia. C'è qualcosa che arde in me", disse la poverina. Era chiaro che stesse soffrendo molto.
"Stavamo dando una mano e a un certo punto ha cominciato anche lei a mostrare i sintomi di tutte le altre", gli spiegò Elettra con rammarico. "Leonardo io... io non so cosa fare. Non credo di aver mai visto niente del genere"
"Andrà tutto bene, troveremo una soluzione", le disse prendendole una mano tra le sue. 
"Dobbiamo pensare ad un piano d'intervento rapido ed efficace", disse Leonardo.
"Gestisco io la situazione, Da Vinci", ribattè Giuliano a denti stretti.
"No! Chi prende le decisioni qui sono io.", fece la madre superiora. "E non vogliamo l'aiuto voi, eretici. Solo le preghiere e la penitenza fermeranno tutto ciò"
"Sono d'accordo con la madre superiora, è la scelta più sensata", intervenne Riario.
'Leccaculo', pensò Elettra. Doveva ammettere, però, che era davvero bravo; si sarebbe fatta dare qualche lezione, un giorno o l'altro. "Certamente, Conte. Voi andate con la madre superiora a sgranare il vostro prezioso rosario o a fare qualsiasia altra cosa si faccia in una chiesa e lasciate pure qui queste poverette a morire", disse ironica.
"Noi non le lasceremo morire, intercederemo presso Dio per liberarle dal Maligno", rispose Riario con un sorriso tirato. Non gli piaceva per niente il tono che Elettra aveva usato. In compenso lei gli rise in faccia, facendolo irritare ancora di più. 
"Ma siete davvero così ingenuo da credere alle parole che dite oppure è un'altra delle vostre macchinazioni?", Elettra stava calcando troppo la mano.
Leonardo se ne accorse e decise di intervenire, prima che la situazione peggiorasse ulteriormente. "Bene, intanto che voi due vi accalappiavate come cane e gatto, io ho pensato a come procedere". Sia Riario, che Giuliano che la madre superiora lo guardorono male; Elettra invece era infastidita, e non poco, dall'interruzione di Da Vinci: aveva ancora perecchie cose da dire al Conte!
"Elettra...", disse prendentola per mano, "...ho bisogno della tua portentosa memoria: trovami il nome di questa dannata malattia!". Poi notò i polsi insanguinati dell'amica, "Prima però vai a medicarti, non voglio vederti gocciolare su qualche antico manoscritto. Io nel frattempo cercherò di capirne l'origine e voi...", disse indicando Riario e Giuliano, "...certate di starci fuori dai piedi!"
"Come vi permettete?", urlò il de Medici parecchio adirato.
"Potreste restare qui a girarvi i pollici..." ma, vedendo la faccia scura del giovane, Da Vinci decise di cambiare metodi: "...oppure potreste darmi una mano". Dire questa seconda parte gli era costato molto.
"E io, artista, cosa dovrei fare?", chiese Riario, quasi divertito da quella surreale situazione. 
"Andate con la madre superiora a dire le vostre inutili preghiere", poi, però, gli venne un'altra idea: non poteva di certo permettersi di perdere di vista il Conte ( 'C'è lo zampino di Roma, in queste possessioni alquanto sospette', pensò), ma non poteva neanche permettersi di avercelo tra i piedi per tutto il tempo. "Siete in grado di medicare delle ferite?", gli chiese con un sorriso.
"Certo, artista", disse il diretto interessato molto seccato. 
"Allora vi ho trovato qualcosa di utile da fare! Andrete nella biblioteca ad aiutare Elettra."
"Cosa?!", disse lei sentendosi tirata in causa. Per lo stupore le erano anche cadute le garze di mano. "Leonardo sono perfettamente in grado di medicarmi da sola!"
"Ma perderesti tempo prezioso. Così, invece, mentre tu fai le tue ricerche, il Conte ti cura le ferite e prendiamo due piccioni con una fava"
Non ne era ancora convinta.
"E poi avrò qualcuno di fidato che tiene d'occhio il Conte. Sono certo che tu saprai tenerlo occupato in un modo... o nell'altro"
Elettra lo guardava con sguardo assassino. Passò tutto il necessario a Riario, in modo per niente delicato e uscì dall'infermieria sbattendo la porta.
"E così non vi fidate di me, artista?", disse ironico il Conte, prima di seguire Elettra.
 
***

"Che lingue conoscete?", chiese Elettra a Riario mentre lasciava cadere sul tavolo della biblioteca alcuni pesanti volumi, alzando così una spessa nuvola di polvere.
"In che senso?", rispose l'altro trattenendo uno starnuto.
"Latino, greco, aramaico..."
"Certo che conosco il latino.  Nel caso non lo sappiate, le sante messe sono solo in latino"
Elettra sbuffò, infastidita. "Altre?"
"Conosco un po' di greco. Ma non capisco come questo possa esservi d'aiuto"
Per tutta risposta, gli mise sotto il naso alcuni volumi. "Questi sono in latino, avvisatemi se scoprite qualcosa". Non le piaceva restare li, da sola con lui. Doveva trovare un modo per tenerlo occupato, e per tenersi occupata.
"Non dimenticate niente, madonna?"
"No, perchè?"
"I polsi"
Elettra fece una smorfia: non l'allettava per niente il pensiero di quelle ferite da disinfettare. 
Il Conte si sedette, facendole segno di sedersi anche lei, di fronte a lui. Riluttante, gli porse il primo polso mentre con la mano libera sfogliava uno dei manoscritti sul tavolo.
Riario per prima cosa le pulì la ferita con dell'acqua tiepida, per lavare via il sangue. Elettra era stupita, dalla delicatezza che stava usando. 
"Ahi!", le scappò mentre il Conte le passava sulla ferita un unguento disinfettante. Istintivamente la ragazza provò a ritrarre il braccio, che venne bloccato immediatamente dalla mano ferma dell'uomo. 
"Vi credevo più forte, madonna", ridacchiò Riario.
Elettra lo guardò male; se l'era presa parecchio per quel commento. "Avvisatemi la prossima volta e vedrete che non mi lamenterò più", disse osservando ogni suo minimo movimento. Provò a ritrarre di nuovo il braccio, quando il Conte riprovò a disinfettarle il polso. Riario, dal canto suo, dovette impegnarsi per trattenere un'altra risatina. Si limitò a sorriderle. "Ho quasi finito", le disse mentre le avvolgeva delicatamente il polso con un pezzo di stoffa. 
Lo sguardo di Elettra passò dalle mani del Conte, che si muovevano con una grazia quasi studiata ( 'Ha studiato per apparire elegante anche in questo momento?', si chiese mentalemente la ragazza), ai suoi occhi. Dannazione, era in gioco la vita di Vanessa! Possibile che non riuscisse a trovare niente di meglio da fare che pensare a quei grandi occhi color nocciola? Giuliano avrebbe riso dicendole che s'era beccata proprio una bella cotta, se non fosse stato che la cotta era per uno dei principali nemici di Firenze. No, non avrebbe riso.
Ritornò al libro che aveva davanti, facendo finta di niente, quando i Conte si accorse che lo stava osservando. Sospirò e gli porse il secondo braccio.
Finito con quel manoscritto passò al quello successivo. "Posso sapere a cosa serve sfogliare quei manoscritti così in fretta?", le chiese curioso Riario. "Siete già al terzo", aggiunse. 
"Io non li sto sfogliando, li sto leggendo", gli rispose lei seriamente.
"Impossibile, li state sfogliando"
"Ho una memoria fotografica, Conte. Di conseguenza ricordo ogni singola immagine che vedo, anche solo di sfuggita"
Per un attimo Riario sentì un brivido freddo lungo la schiena: Elettra rischiava davvero di scoprire quello che la sua spia aveva somministrato alle suore del convento. Ma, dalla sua faccia di sfinge, non trapelò nessuna inquietudine. Non le disse niente, limitandosi a finire la seconda fasciatura.
"Io qui ho finito, vado a porgere i miei aiuti alla madre superiora", le disse alzandosi.
A Elettra dispiaceva: in quei pochi momenti insieme, nell'atmosfera raccolta della biblioteca, era come se si fosse venuto a creare una spece di legame. Non voleva che quest'ultimo si rompesse, con la partenza di Riario.
"Restate", gli disse appoggiando una mano sulla sua. "Mi farebbe molto piacere se restaste, Conte", si affrettò ad aggiungere velocemente; le sue guance avevano assunto un colore tendente al rosso. 
Riario guardò prima la sua mano, nascosta sotto quella di lei, poi quegli occhi color del cielo. Era piacevolmente sorpreso, da quel gesto. "Se vi fa così piacere, madonna", le disse sorridendo.
 
***

Elettra sbuffò per l'ennesima volta, in preda allo sconforto. Erano ore che lei e il Conte si trovavano in quela biblioteca e non avevano ancora trovato niente. Aveva letto quasi tutti gli scritti presenti e niente. Nessuna malattia con i sintomi delle suore.
"Ho trovato qualcosa", le disse Riario. Ed Elettra gli credette anche, stupidamente. "Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo. Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre...", lesse.
"Ma questa è la Bibbia!", disse la ragazza seccata. C'era cascata, in pieno.
"Conoscete le Sacre Scritture?", le chiese. Era davvero stupito.
"Forse le avrò sfogliate una volta"
"Allora sapete anche voi che sono i demoni, la causa di tutto quello che sta succedendo in questo convento", le disse cercando di convincerla.
Elettra gli rise in faccia, di nuovo. "I demoni non esistono! La vostra cara chiesa se li è inventati solo per tenere buoni le masse, troppo ignoranti per ragionare con la loro testa", disse esasperata tirandosi in piedi.
Riario la guardava con un'espressione da far gelare il sangue nelle vene a chiunque. Anche Elettra ne fu intimorita. "Mi dispiace, non volevo offendere la vostra sensibilità", mormorò abbassando lo sguardo su alcuni fogli messi lì per scrivere eventuali appunti. Inconsciamente, vi aveva disegnato il viso di Vanessa. Si alzò e si diresse verso la finestra, demoralizzata. Anche Riario si alzò, per osservare meglio il ritratto: quella ragazza era davvero brava a disegnare. Lo aveva già potuto notare sfogliando il suo blocco da disegno, che aveva ancora lui dal giorno dell'esplosione, nascosto nelle sue stanze a palazzo.
Le si avvicinò, non sapendo bene cosa fare. Lei era di spalle e, anche dopo che il Conte l'ebbe chiamata, non accennò a girarsi. Facendo attenzione di non toccarle i polsi feriti, le prese un braccio e la tirò verso di sè. Dovette farlo con troppo foga, perchè Elettra finì a sbattere contro il suo petto. 
Lo sguardo della ragazza passò dalle proprie mani, ancora appoggiate al petto del Conte, a quegli occhi color nocciola. Quello di lui, invece, dopo essersi specchiato in quello di lei, si abbassò, indugiando sulle sue labbra vermiglie. Un battito di ciglia più tardi, Girolamo posò le labbra su quelle di lei.
Inizialmente Elettra spalancò gli occhi, stupita da quel gesto così avventato. Tentò di divincolarsi ma la stretta del Conte era troppo forte. Gli richiuse, lasciandosi trasportare da quel vortice di emozioni mai provate prima. Presto, quello che era nato come un semplice bacio, divenne più appassionato: Elettra sentiva le mani di Girolamo passare sulla sua schiena e poi fra i capelli, scioglendole lo chignon che aveva fatto poco prima con la matita. Ne sentì il suono, quando cadde a terra. Intanto i suoi capelli le ricaddero sulle spalle. Le sue mani, invece, accarezzavano dolcemente il petto dell'uomo mentre le loro lingue, ansiose di esplorare la bocca dell'altro, ingaggiavano una dolce lotta.
Fu un rumore di zoccoli di cavallo, all'esterno, ad interromperli. "Cavalieri da Roma", sentirono urlare una delle guardie della notte.
Giralamo si staccò da Elettra, si ricompose ed uscì velocemente dalla stanza. Lei lo osservò andare via. Ci mise un po' più del Conte, a ricomporsi. Una parte di lei era euforica: il respiro corto, il cuore che batteva all'impazzata, le farfalle nello stomaco e poi quella sensazione di sicurezza, che provava ogni volta che si lasciava andare tra le sue braccia... Poi, però, vi era l'altra parte, quella razionale, che la faceva sentire in colpa, la faceva sentire come una traditrice; Riario era un nemico di Firenze e dei Medici. Doveva essere un suo nemico, non di certo innamorarsene!
Raccolse la sua matita da terra e si affrettò a seguirlo, nel cortile.


Nda 
Come al solito mi sono fatta prendere troppo la mano e il capitolo è venuto troppo lungo; ho dovuto per forza divederlo in due.
Vorrei ringraziare di nuovo Yuliya per la sua fantastica recensione :)
   
 
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