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Autore: PandorasBox    16/09/2015    2 recensioni
[DenNor AU]
È la primavera in cui Harald scopre il suo specchio ma non ha il coraggio di guardarci dentro, quella in cui Sigurd chiude le sue sigarette in un cassetto ma non arrotola le maniche della sua camicia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Genføde



L’autunno dei suoi diciannove anni arriva grigio e pesante come le nuvole che gravano sulla sua Copenaghen.
Odora di pioggia, vento e tempi difficili, di corridoi di ospedale e paura.
Ha il peso di una cartella e gli occhi (grigi come il cielo) di un medico stanco del suo lavoro, stanco di dar notizie.
L’autunno dei suoi diciannove anni ha il sapore delle lacrime –le sue, di sua madre, di sua sorella Margrethe- trattenute e di vecchi biscotti al burro: perché ora non hanno tempo di prepararne di nuovi, non hanno voglia nemmeno di comprarli.
L’autunno dei suoi diciannove anni non ha la sua faccia, non gli permette di riconoscersi nello specchio; così lo copre con un lenzuolo e lo dimentica lì.
 
 
 
L’inverno dei suoi ventuno anni arriva senza che lui se ne accorga, con i suoi colori e le sue luci che sembrano forse un po’ troppo forti, con un Natale che prova ad essere più tranquillo degli altri.
Odora dei dolci di sua madre e dei maglioni della nonna, del profumo alla vaniglia di Margrethe, dei sigari di suo padre, del cloro della piscina che ha ricominciato a frequentare. Odora di una libertà che sta cominciando a riacquistare e di crema per le mani e sigarette non sue.
E brilla dei fuochi d’artificio di quel trentun dicembre che lo trova a stringersi nel cappotto fuori da casa di Mikkel, in mano un bicchiere di Coca Cola, appena in disparte, perché i rumori forti ancora un po’ lo infastidiscono e troppe persone lo mettono ancora un po’ a disagio.
Ha l’aspetto di un giovanotto pallido poggiato al muro, del bagliore di una sigaretta che brilla più dei fuochi, della normalità di un gesto che un tempo era tanto consueto anche per lui.
Ha il suono di poche parole ad un primo ascolto ostili, un forte accento in quella voce, che però hanno sapore della comprensione.
Il primo gennaio si apre con molte promesse (le sue fatte a sé stesso, quelle del ragazzo accanto a sé sussurrate al vento) infrante in partenza, un brindisi tra due bicchieri di Coca Cola, un nome e tanti silenzi.
 
 
 
È la primavera dei suoi ventidue anni ed il suo lavoro lo fa tornare a casa con l'odore di caffè nelle narici ed il cuore più leggero.
Una primavera che sembra cantare nelle prime giornate luminose, nei primi alberi in fiore, negli sguardi un po' più sereni della sua famiglia. Ha il profumo dell'aria che si stiepidisce e dei fiori che riceve sua sorella, del caffè che prepara a lavoro, delle giornate al porto, dei dolci alla cannella comprati non ricorda dove.
Ha il sapore di un bacio rubato, una sera, a due labbra che sanno di confessioni scomode e paura. Ha la forma delle labbra di Sigurd che, per prime, sfiorano le sue. È intricata come le linee del tatuaggio che l'altro gli mostra qualche settimana dopo e sorridente come i loro occhi che guardano dritti nella fotocamera del suo telefono.
È la primavera in cui Harald scopre il suo specchio ma non ha il coraggio di guardarci dentro, quella in cui Sigurd chiude le sue sigarette in un cassetto ma non arrotola le maniche della sua camicia.
 
 
 
L’estate dei suoi (dei loro) venticinque anni ha l’odore del mare, del sole che scotta sulla pelle, della crema solare e della sabbia rovente. Ha i colori di una Grecia bianca e azzurra, così brillante che fa quasi male agli occhi, ha il colore delle camicie leggere di quel ragazzo che ormai è quasi un uomo — e la parola forse un po’ lo spaventa perché dopotutto lo è quasi anche lui- che cammina al suo fianco.
Ha il suono delle loro risate, dei loro sospiri e gemiti, dei loro nomi sussurrati uno sulle labbra dell’altro. Ha il suono dei loro silenzi che non hanno bisogno di troppe parole.
L'estate dei suoi venticinque anni ha il sapore dolce di quei "ti amo" ancora timidi e rari, quello fresco dei gelati mangiati nell'afa di quelle vie straniere, quello inspiegabile della felicità che sa di occhiate spazientite, delle labbra di Sigurd e di libertà.
 È guardarsi di nuovo allo specchio e cominciare davvero a riconoscersi, riconoscere i propri capelli, i propri occhi, sorridere a quelle figure riflesse, stringere la mano di chi ti siede accanto.
Sono i biscotti al burro di sua madre una volta tornati a casa.
È rinascere.
 
 
 
 
Pandora’s Corner
 
Credo che lo abbiate comunque intuito leggendo ma meglio specificare: Harald è Danimarca e Sigurd è Norvegia. Per il primo ho scelto il nome del primo re della Danimarca unita, per il secondo quello di un eroe delle saghe nordiche. Prima che lo chiediate, sì, non mi piacciono i fandomici (esiste, quest’espressione?) nomi Lukas e Mathias, proprio no.
 
Ci tengo a dire che tutto questo è colpa (merito?) di una persona che probabilmente prima o poi arriverà qui a leggere e che si è già “goduta” l’anteprima. Grazie per avermi fatto tornare a scrivere dopo tre anni passati a cercar di buttare giù anche solo qualche parola, grazie per avermi permesso di farlo su una delle mie coppie preferite. Grazie ♥
   
 
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