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Autore: melianar    17/09/2015    14 recensioni
Un ultimo sguardo a Beruthiel, la più misteriosa e controversa regina di Gondor, abbandonata assieme ai suoi dieci gatti su una nave in balia del mare.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Berúthiel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nda: Questa storia potrebbe disturbare i lettori più sensibili, specie se amanti dei gatti. Non sono presenti descrizioni eccessivamente cruente, ma ben poco è lasciato all'immaginazione.
 
 
 
Onde possenti s’innalzano in un ribollire continuo di spuma.
Impietose sferzano la nave che beccheggia, a volte s’inclina paurosamente.
Eppure resiste, ostinata.
E’ un legno leggero, ma solido.
Avvezzo a non piegarsi ai voleri di Osse.
Beruthiel è accasciata sul ponte, le mani intrecciate in grembo, lo sguardo fisso a contemplare il vuoto.
No, non è così che bisogna morire.
Lo pensa debolmente, ora anche pensare le costa fatica.
Alla morte si deve andare incontro con fierezza, a testa alta, senza timori né rimpianti.
Perché la morte non è altro che un dono.
Oh, sì, un dono.
Beruthiel se ne rende conto sempre più, a ogni istante.
A ogni conato che le squassa il ventre e che la fa sussultare in un tremito convulso.
A ogni miagolio, ogni straziante pianto d’agonia dei suoi gatti.
Già, i gatti. Quanti ne restano ancora? Forse quattro, o forse solo uno.
Beruthiel non sa dirlo, ha smesso di contarli. Forse anche di vederli veramente.
A volte tende una mano per toccarli, per rassicurarli.
Per rassicurare sé stessa di non essere sola, non ancora.
Ma loro rizzano il pelo, gonfiano la coda e soffiano.
Nessuna mano può più sfiorarli, da quel giorno.
Da quando la gatta bianca è stata infilzata sull’albero maestro, la coda ben diritta, come un macabro vessillo.
Da quando quel gattino nero, il più giovane, il più ardito, è stato messo a prua a far da polena a quell’orribile nave di morte.
Oh, come urlavano. E come ridevano, invece, i soldati di Tarannon.
Risa sguaiate, indecenti.
Solo allora Beruthiel ha gridato. Con tutto il fiato che aveva in corpo.
Li ha maledetti, tutti quanti.
Maledetti nel nome dell’Uno, maledetti nel nome dei Signori dell’Ovest, maledetti nel nome del Sire Innominabile.
Allora si è fatto silenzio. Nessuno ha più toccato i gatti, nessuno ha più toccato lei.
Non che prima l’avessero fatto. Con lei erano stati tutti ridicolmente gentili, quasi cerimoniosi.
Ma i gatti no, quelli dovevano morire.
Ora finalmente comprende, Beruthiel, e maledice Tarannon per la sua crudeltà e per la sua stoltezza. Tarannon che ha permesso ai soldati di divertirsi con i gatti.
Tarannon che nemmeno c’era, al porto, a vedere la nave salpare nella notte.
Troppo codardo, timoroso delle maledizioni o, peggio, del rimorso.
Ci fosse stato un figlio, un erede… Allora forse tutto sarebbe andato diversamente.
Forse Tarannon non avrebbe mai creduto alle superstizioni che accecano il popolo e lo rendono bestia.
Ma di un figlio non vi è stato mai nemmeno il sentore.
Il sangue tornava a tingerle le cosce, a ogni luna nuova, con una puntualità snervante.
Ma di chi fosse la colpa, Beruthiel non sa dirlo.
Ammesso che di colpa si possa parlare. Nemmeno di questo è certa, dopotutto.
Ha le labbra secche, la gola riarsa.
Vorrebbe parlare, Beruthiel. Gridare, anche solo per accertarsi di possedere ancora una voce.
Ma non riesce a emettere alcun suono.
Da quanto tempo ha smesso di nutrirsi? Di bere?
Alcuni gatti sono morti di fame.
Ha dovuto gettarne i cadaveri in acqua, li ha visti sparire inghiottiti dai flutti.
Un gatto si è lanciato tra le onde, disperato, folle di terrore e bramoso di terra.
Le piace pensare che si sia salvato, almeno lui.
Gli altri resistono, almeno per ora, e l’odore pungente della loro urina impregna il legno della nave. A volte Beruthiel sente di odiarli, un odio feroce che quasi la spaventa.
O forse è amore? Sono così simili, le passioni violente.
E confondono l’anima.
Ucciderà i suoi gatti, finché c’è ancora tempo.
Risparmierà loro questa lenta agonia.
Dopodiché resterà sola, ad attendere.
 
 
 
 
 

 
 
 
Note:
 
Avevo tanti, tanti progetti in mente. Questo decisamente no. Ma si è praticamente scritto da sé, e io l’ho assecondato. Temo di aver bisogno di scrivere di gatti, ultimamente. Anzi, temo di aver bisogno di gatti. Forse questo è un modo, al quanto contorto, per esternarlo. Lo so, c’è decisamente qualcosa che non va in me XD.
Scrivere questa storia devo dire che mi ha messo i brividi, e temo di non esserne affatto soddisfatta. Ma come sempre, il giudizio non spetta a me!  
Per ciò che riguarda Beruthiel: la nota, al quanto scarna, che abbiamo su di lei nei “Racconti incompiuti” ci informa che suo marito Tarannon, re di Gondor, la mandò in esilio su una nave assieme ai suoi dieci gatti, nove neri e uno bianco, e che la nave fu vista per l’ultima volta nei pressi di Umbar, con un gatto sull’albero maestro e un altro a far da polena.
Beruthiel viene considerata colpevole di aver utilizzato i suoi gatti per spiare gli abitanti di Gondor e carpirne i segreti.
Questo racconto non vuole essere “l’apologia di Beruthiel”, quanto piuttosto una possibile interpretazione del suo punto di vista, senza dubbio diverso da quello delle cronache ufficiali.
Sono propensa a credere che Beruthiel non avesse colpe e che sia stata vittima della superstizione, ma in fondo nessuno può dirlo con certezza e io lascio aperta ogni porta.
Per quel che riguarda l’idea che il gatto bianco fosse femmina: credo d’essermi ispirata alla prima fanfiction su Beruthiel che lessi molti anni fa e che mi fece riconsiderare questo personaggio. Si tratta di una fanfiction in lingua inglese, ma purtroppo non ricordo più né titolo né autrice, perciò non posso riportare i dovuti credits e mi dispiace immensamente. Qualora dovessi ritrovarla naturalmente provvederò a riguardo!
Come sempre ringrazio le meravigliose Tyelemmaiwe e Leila91: la prima per il betaggio, la seconda per il postaggio (ho fatto anche una pessima rima, perdonatemi XD). A entrambe sono poi infinitamente grata per il delirante brainstorming alla ricerca del titolo, e un ringraziamento speciale va a Benni che con infinita pazienza è riuscita nell'impresa impossibile.
E naturalmente ringrazio tutti voi che leggerete: come sempre commenti e critiche sono graditissimi!
Alla prossima
 
Melianar 
 
                        
 
  
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