Dire che ripensai mille e passa volte a quel momento sarebbe riduttivo.
Ci pensai per oltre diciotto anni.

“I fucked up” dissi durante le riprese di Some Kind of Monster, in terapia con lui.

La verità è che fu molto peggio di un semplice aver fottuto tutto ciò che avevo.
Passai dall'avere niente all'avere tutto, a non avere nuovamente niente.
Avevo perso la mia famiglia. Avevo perso Lars.

La cosa peggiore, però, era il sentirsi come una mano dietro la nuca che mi teneva la testa premuta sott'acqua. E sapere che quella mano era più forte per ogni singolo album o foto loro, tutti insieme senza di me, che vedevo, fu terribile.

Se potessi tornare indietro lo farei.
Se, tornando a quel giorno, Lars mi risvegliasse e mi dicesse: “Hai bisogno di aiuto”, andrei di corsa agli Alcolisti Anonimi. Non ci penserei due volte.
Ma Lars non lo fece.


“Vattene. Hai un'ora di tempo per fare le valige.”


Tutto lì. Tutto in una busta di carta contenente un biglietto d'autobus.
Lo guardai negli occhi e morii piano, lentamente, anno dopo anno per i successivi vent'anni ripensando a quel suo sguardo freddo, quello di Lars che mi diceva che avevo una cazzo di ora per andarmene dopo tutto quello che c'era stato… tra di noi.

Ma non si torna indietro.

Molti considererebbero un successo, ciò che sono riuscito a fare con i Megadeth, come mi sono rimesso in piedi, quanto ho venduto, quanto rispetto ho guadagnato da allora.
Ma a me non importa, davvero.
Darei tutto per tornare su quel fottuto tourbus sgangherato e pregare Lars in ginocchio di farmi restare nei Metallica. La parte peggiore di questa realtà alternativa di come sarebbero potute andare le cose, però, è che sono sicuro della risposta che Lars mi avrebbe dato.

“No.”

Mi sarei umiliato per lui, avrei dato il mio meglio per restare nel suo cazzo di gruppo come avanzo, per fare loro da chitarrista, per stare dietro a James perché era lui il fottuto leader, per firmare quel contratto che mi vedeva come ultimo nella catena alimentare dei Metallica.


E lo avrei fatto per lui. Sempre per lui. Solo per lui.


Lui che, mentre mi stavo ripulendo dalle mie dipendenze, mi invitò nel camerino dei Metallica dove un vassoio coperto di polvere bianca giaceva in bella mostra. Lui che più di una volta mi ha insultato e preso in giro pubblicamente. Lui che ha sempre preso le parti di James, persino quando era assente. Lui che ha sempre sminuito il mio contributo alla band. Lui che si è fatto amare, proteggere e poi mi ha pugnalato dritto nel petto.

Ma non voglio tornare da lui con quel mio fare tragico da “Bruto, figlio mio”.
Non voglio proprio tornare questa volta, il tempo delle scuse è finito.
Vorrei che non lo fosse ma è così. È finito in poco meno di un'ora, vent'anni fa.