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Autore: sasaneki    18/09/2015    4 recensioni
Era fin troppo palese che il biondo fosse in difficoltà, come se dentro di lui fosse in corso una battaglia fra due schieramenti totalmente opposti. La classica battaglia fra razionalità e istinto, tra la voglia di far tacere quell’individuo nella maniera più eccitante possibile e il dovere e l’obbligo morale di non toccare né violare quell’essere nemmeno con un dito.
[fem!Zoro/Sanji]
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Gender Bender
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Sssalve. L'idea per questa oneshot mi è stata offerta da Seripa~
Ammetto che scriverla mi ha divertito, anche se non sono poi così soddisfatta di questo lavoro ma EHI, è la prima gender bender ZoSan che scrivo. Alla prossima cercherò di fare meglio.
Comunque, vi lascio alla lettura di questa OS che spero gradiate più di quanto la gradisca io stessa (?)

 

Disclaimer: One Piece © Eiichiro Oda
____________________________
Rationality or instinct?

 

Erano due i vizi peggiori di Kuroashi Sanji.
Vizi dai quali, probabilmente, non si sarebbe mai liberato.
Il primo, le sigarette.
Fumare era qualcosa che riusciva a calmarlo e ad aiutarlo a distendere i nervi. Gli piaceva sentire sulla lingua il sapore pungente e amaro del fumo, per poi aspirarlo e ributtarlo fuori con leggero soffio, disegnando a mezz’aria piccoli cerchi inconsistenti, di quel colore grigiastro e azzurro.
E adorava fumare una sigaretta prima di andare a dormire, sotto il cielo nero colmo di stelle che sovrastava la Sunny, osservando l’oceano mentre se ne stava appoggiato a uno dei parapetti posti ai lati della prua. Ogni volta, in quell’istante, a Sanji sembrava quasi di raggiungere la pace assoluta.
Il secondo, le donne. Le belle donne, per la precisione.
Era risaputo che il biondo non fosse assolutamente in grado di resistere al corpo femminile. Sanji lo considerava un’arte perfetta e armonica. Le curve sinuose e pronunciate del sesso femminile erano in grado di mandarlo in visibilio, lasciando che quel suo aspetto serio e il portamento elegante crollassero in pochi secondi, lasciando spazio solo ad una faccia da ebete. E Zoro, naturalmente, lo rimproverava ogni qualvolta vedeva che, al posto degli occhi di Sanji, comparivano due cuoricini pulsanti, mentre un rivolo di bava colava dall’angolo della bocca. Ovviamente, il verde se la prendeva con lui sostenendo che in quel modo risultava ridicolo, mica perché era schifosamente geloso, sia ben chiaro.
Ma come Sanji aveva dei vizi, vi erano, per contro, due cose che non sopportava.
La prima, il cibo scadente e chi osava cucinarlo.
Aveva sempre creduto che un cuoco professionista potesse definirsi tale solamente se, oltre a saper cucinare manicaretti deliziosi, utilizzava ingredienti freschi e di prima qualità. Detestava chi, invece, si accontentava di mangiare del cibo appena commestibile. Così come non sopportava chi aveva il coraggio di definirsi “cuoco” e invece non era nemmeno in grado di preparare le pietanze più semplici o una tazza di tè.
La seconda, il Marimo.
Questa, probabilmente, era una delle cose che più lo facevano irritare. Da quando si erano conosciuti non era mai passato giorno in cui non avessero litigato o avuto da ridire anche per la più piccola e insignificante questione.
Quello che non sopportava di Zoro era il suo fastidioso e irritante atteggiamento da strafottente, come se si credesse molto più forte di lui. Per non parlare di ogni volta che quell’idiota pretendeva di avere ragione, screditando qualsiasi cosa il biondo dicesse. O, ancora, quando gli scoccava occhiate quasi di disprezzo, come se Zoro fosse superiore a lui, soprattutto quando il biondo faceva il cascamorto con qualche bella ragazza. Era una continua lotta.
Una lotta nella quale potevano utilizzare qualsiasi arma. E quelle battaglie non si limitavano soltanto a insulti, calci e fendenti di spada. Spesso i loro scontri si protraevano fin sotto le lenzuola, lontano da occhi indiscreti. E, inspiegabilmente, finivano sempre e comunque in parità, l’uno accanto all’altro, pelle contro pelle, godendosi entrambi quei saltuari momenti di tranquillità che ogni tanto si permettevano di avere. Ma, nonostante quei rari momenti, ogni occasione era buona per battibeccare.
E meno male che Zoro non era una donna, perché altrimenti Sanji non avrebbe davvero saputo come diamine comportarsi.
Insomma, sarebbe stata dura se uno dei suoi peggiori vizi si fosse incarnato in una delle cose che più detestava e lo irritavano.

Aprì gli occhi, stropicciandoli energicamente nel tentativo di desistere al desiderio di richiuderli e rimettersi a dormire. Anche se Sanji non era certo il tipo che amava poltrire fino a tarda mattina. Anche perché era il cuoco di bordo e spettava a lui preparare la colazione per i suoi compagni.
C’era solo una cosa che il biondo non capiva. Per quale motivo lui doveva svegliarsi così presto, mentre quell’irritante spadaccino poteva dormirsela? Se Sanji era costretto ad alzarsi, quella mattina decise che non sarebbe stato il solo.
Senza degnarlo di uno sguardo, Sanji piantò un calcio sulle gambe di Zoro, il quale gli dava le spalle e se la dormiva beatamente.
Il verde spalancò gli occhi, senza muoversi di un centimetro, mugugnando e imprecando fra i denti per il brusco risveglio.
«Alzati, Marimo di merda» ordinò il biondo, ancora leggermente assonnato, mettendosi a sedere sul letto e grattandosi il capo.
Il verde si rigirò nel letto, voltandosi finalmente verso il cuoco.
«Vaffanculo, cuocastro»
Sanji spalancò gli occhi.
Non tanto per l’insulto ricevuto, quanto per il tono con cui quell’individuo l’aveva pronunciato. Non sembrava nemmeno il solito tono di voce basso e roco. Era meno grave, ma sempre inflessibile; un po’ più acuto ma non stridente o di quell’intensità che ti fa fischiare e dolere le orecchie.
Probabilmente, Sanji doveva essere ancora un po’ dormiente per aver avuto un’impressione del genere. Diamine, un individuo rozzo come Zoro non avrebbe mai potuto avere una voce così sottile, placida e melodiosa.
Si voltò verso di lui e per poco il biondo non venne stroncato da un infarto perché quello che stava guardando era assolutamente qualcosa di irreale, di assurdo e, dannazione, di meraviglioso. Anche se, davvero, non sapeva spiegarselo. Insomma, ritrovarsi dinnanzi a sé lo spadaccino con dei lunghi capelli verdi fluenti e una quarta di senso era sicuramente fantastico ma al contempo inquietante, perché non sapeva trovarvi spiegazione logica. Per non parlare delle spalle e delle gambe, le quali sembravano aver perso quella massa muscolare che Zoro aveva ottenuto con fatica, sottoponendosi a stremanti allenamenti. Quei muscoli avevano lasciato spazio a delle gambe lunghe e sottili, ma pur sempre robuste.
Un rivolo di sangue scivolò dal naso al labbro superiore di Sanji, il quale rimase letteralmente incantato davanti a quella visione che, a primo impatto, aveva definito divina. D’altronde, quella che stava guardando era una donna a tutti gli effetti e, com’era risaputo, le belle donne erano uno dei suoi vizi e una delle sue debolezze peggiori. Per questo motivo la sua reazione poteva considerarsi del tutto normale.
Senza considerare che aveva avuto modo di vedere soltanto metà del corpo che Zoro aveva da offrire. Aveva sempre sostenuto che quell’idiota di uno spadaccino avesse un gran bel fondoschiena; figurarsi adesso che era donna. Per quanto ancora Sanji fosse incredulo, la curiosità di scorgere ogni curva di quel corpo si era fatta spazio tra le sue viscere. La curva morbida del fianco e le gambe lunghe e sottili coperte solo dal candido lenzuolo, mentre il ventre liscio e piatto, solcato dalla solita cicatrice obliqua, era rimasto scoperto, insieme a quel senso che aveva tutta l’aria di essere maledettamente morbido. E i lineamenti del viso si erano fatti meno marcati, più dolci e delicati; il naso piccolo e fine, le labbra morbide, carnose ma non troppo spesse e gli occhi... anche quelli sembravano mutati. A Sanji parve che fossero divenuti ancora più intensi, profondi ed ammalianti, anche se quello sinistro era rimasto comunque invariato, segnato ancora dalla cicatrice.
Zoro sembrava aver perso ogni cosa dell’uomo virile che era, e il biondo non aveva ancora capito se la cosa gli facesse dannatamente piacere o lo spaventasse a morte.
«Che cazzo hai da guardare, cuoco?»
Quelle parole distrussero inesorabilmente ogni aspettativa del biondo.
Il carattere e i modi di fare, però, erano rimasti gli stessi. E fu proprio in quell’istante che Sanji comprese che il suo incubo più grande si era appena concretizzato davanti ai suoi occhi. La persona che, probabilmente, detestava di più al mondo, aveva assunto le sembianze di una donna. «E che donna!».
La voglia di rispondere a quell’individuo per le rime era forte, tanto che parole e insulti minacciarono di uscire dalla bocca del biondo. Ma Sanji fu costretto a soffocare in gola ogni imprecazione perché, d’altronde, trattare male una donna andava contro i suoi principi morali, nonostante questa fosse la più irritante dell’universo.
Gli ci volle un pugno in faccia per rinsavire e rendersi realmente conto di quella situazione fin troppo assurda. Zoro lo stava fissando, ancora sdraiato su un fianco, mentre si reggeva il capo con una mano.
«Puoi spiegarmi che diavolo ti è successo?» domandò il biondo.
«Ma sei idiota?»
Sanji si morse convulsamente il labbro inferiore per evitare, di nuovo, di insultare quell’individuo. Diamine se era difficile trattenersi dal mandarlo a fare in culo. «Dopotutto è sempre Zoro. E’ sempre quella testa di cazzo di un Marimo…» si ritrovò a pensare, mentre stava per aprire bocca e controbattere all’insulto «…testa di cazzo di un Marimo… con due seni enormi e un corpo da sballo» fu l’ultimo pensiero, prima che quell’insulto gli morisse nuovamente in gola, lasciando che la bocca si spalancasse involontariamente e lasciasse colare un rivolo di saliva, mentre gli occhi continuarono a brillare.
Il verde emise un sonoro sbuffo, richiamando l’attenzione del biondo.
«Sei ridicolo» lo schernì il verde.
Nuovamente, Sanji raccolse tutte le sue forze per evitare di rispondergli a dovere.
«Spiegami cosa diamine ti è successo. Se te lo sto chiedendo vuol dire che non lo so.» rispose secco, quasi con tono severo.
Stava facendo progressi, dopotutto. Nemmeno lui sapeva come avesse fatto ad assumere un atteggiamento così serio dinnanzi a quel bellissimo corpo.
«Meno male che sono io quello che di solito non si ricorda le cose» lo rimproverò «Sei così stupido da non ricordarti nemmeno che è stata una tua idea?»
«Cosa cazzo stai dicendo, spadaccino di merd—» il biondo si bloccò all’istante. Proprio non ce la faceva ad assumere il solito atteggiamento serio e ad insultare quell’essere. Si ritrovò, inesorabilmente, a chinare il capo, come a volersi scusare con Zoro per avergli rivolto quell’appellativo.
Un ghigno comparve sulle labbra sottili del verde; un ghigno che Sanji riuscì a scorgere non appena rialzò la testa.
Non c’erano dubbi che quel bastardo avesse mantenuto intatto il suo carattere di merda, intrappolandolo in quel corpo mozzafiato solo per prendersi gioco di lui. E, purtroppo, un minimo ci stava riuscendo, perché aveva mandato letteralmente in confusione Sanji.
«Oh, povero torciglio. Non riesci nemmeno ad insultarmi. Sei a dir poco patetico» lo schernì.
«Sta’ zitto» lo ammonì, dandogli le spalle. Forse, non vedendolo, sarebbe stato più facile. «Ora spiegami cosa è successo».

Il biondo rimase a dir poco incredulo. Quella spiegazione lo aveva destabilizzato ancor di più. Anzi, probabilmente trovava più assurda quella storia, in confronto a Zoro che aveva assunto sembianze da donna.
Trovò quel racconto dannatamente assurdo e irreale perché, diamine, se ne sarebbe ricordato se lui e il Marimo avessero fatto una scommessa; si sarebbe ricordato di averla vinta. Ma, soprattutto, si sarebbe ricordato che, come premio per la vittoria, gli era stato concesso di chiedere a Ivankov di trasformare Zoro in una donna per un giorno intero.
«Questo non è possibile» disse incredulo, continuando a dargli le spalle, mentre ogni muscolo si era irrigidito.
«Se non mi credi sono affari tuoi, cuocastro. Inizialmente l’idea non mi entusiasmava per niente» rispose «Ma, dopotutto, sono un uomo d’onore e ho accettato la sconfitta. Inoltre, ora che siamo qui, è a dir poco divertente vedere come tu sia in difficoltà».
E aveva ragione. Per quanto Sanji detestasse ammetterlo, ciò che aveva appena detto il verde corrispondeva al vero. Gli risultava maledettamente difficile detestarlo, ora che si ritrovava quelle curve. E dovette riconoscere che sembrava davvero un perfetto idiota affetto dalla sindrome della doppia personalità. Uno sano di mente avrebbe mantenuto il proprio atteggiamento immutato. Ma lui no.
Probabilmente perché i suoi principi morali erano troppo forti, ancorati fino in profondità. E, nonostante la ragazza davanti a sé fosse proprio quel Marimo irritante, offendere ed insultare una donna avrebbe scalfito irrimediabilmente il suo orgoglio e il suo lato da gentiluomo.
Avrebbe deciso che l’avrebbe evitato per tutto il giorno, cercando di non guardarlo troppo o, per lo meno, osservando quel corpo perfetto e sinuoso in lontananza. Almeno così non si sarebbe messo in ridicolo davanti ai suoi occhi. Dopotutto, doveva resistere solo ventiquattro ore, quella situazione non sarebbe durata per sempre.
Ma quel suo piano fu destinato ad andare in fumo non appena cercò di alzarsi dal letto per dirigersi finalmente in cucina a preparare la colazione. Si sentì tirare un braccio, impedendogli così di alzarsi dal letto.
Non dovette nemmeno chiedersi che cosa stesse succedendo, perché immediatamente ebbe la risposta. Avverti il seno di Zoro premere contro la propria schiena nuda, le sue mani sottili posarsi sui propri fianchi robusti, per poi lasciarle scorrere su ogni centimetro di pelle, tastando la consistenza dei pettorali e degli addominali.
Un brivido intenso invase le viscere del biondo non appena il verde instaurò con lui quel contatto. Percepì quelle mani sottili percorrere avidamente il suo corpo, dirigendosi sempre più in basso… forse troppo in basso. Le dita dello spadaccino giunsero al suo basso ventre, incontrando i peli rasi del pube.
Deglutì a fatica Sanji, mordendosi a sangue l’interno della guancia. Ma il colpo di grazia giunse quando avvertì le labbra morbide di Zoro posarsi sul suo collo, iniziando a percorrerne i contorni con la punta della lingua, schioccandovi baci ardenti, succhiando avidamente ogni lembo di quella pelle candida. Avvertì il fiato caldo solleticargli la pelle sensibile e il respiro leggermente ansante del verde rimbombargli nell’orecchio.
Diamine, sapeva quanto Zoro fosse bravo a sedurlo. Lo sapeva. E ora che era una donna era ancor più difficile, se non impossibile, resistergli.
«Cosa diavolo stai facendo?» domandò a fatica il biondo, assottigliando lo sguardo e piegando involontariamente la testa da un lato, agevolando il lavoro all’altro.
Zoro gli morse delicatamente il lobo dell’orecchio.
«Non è ovvio, cuocastro?» chiese, con quella voce dannatamente calda e seducente che ora si ritrovava.
Un’altra scossa si irradiò per ogni centimetro della sua pelle, mentre un brivido si protrasse fino al basso ventre.
«Sappi che non ne ho la minima intenzione, spadaccino»
«Oh, io non direi. Qualcosa mi dice il contrario» lo schernì, mentre le mani scesero sempre più in basso, fino a palpare l’erezione pulsante da sopra la stoffa della biancheria.
Sanji si passò la lingua fra le labbra, per poi inghiottire nuovamente un grumo di saliva che gli raschiò la gola.
Cazzo se gli piaceva.
E mentre con una mano il verde gli stuzzicava la virilità, con l’altra condusse le dita di Sanji alla propria femminilità, ormai già calda e umida.
Diamine, quello doveva essere un incubo. Un incubo meraviglioso al quale il biondo ancora non era riuscito ad abituarsi. E si rifiutava categoricamente di cedere alle provocazioni di quel bastardo ma, dannazione, era fin troppo difficile. Nonostante andasse matto per il corpo femminile, pur non avendolo mai esplorato, Sanji, per qualche assurdo motivo, non accettava minimamente l’idea di poter finire a letto con Zoro. Per lo meno, rifiutava una scopata con lui ora che era una ragazza perché, altrimenti, in altre circostanze, non ci avrebbe pensato un istante di più, e non sarebbe stata di certo la prima volta. Inoltre, l’idea di violare una donna non gli andava particolarmente a genio.
Ma, diamine, dopotutto chi gli stava davanti – o meglio avvinghiato alla schiena – era pur sempre quell’imbecille di un Marimo. Perché farsi così tanti problemi?
Chiunque si sarebbe complimentato con Sanji per l’immenso autocontrollo che aveva assunto. Autocontrollo che, però, minacciava di sgretolarsi da un momento all’altro, lasciando che istinti primordiali prendessero il sopravvento. Ed era quasi giunto al limite Sanji, dal momento che la lingua di Zoro si muoveva lasciva e sinuosa sul suo collo, mentre quel bastardo gli ansimava in un orecchio e con la propria mano continuava a spingere le dita del cuoco contro la propria femminilità.
Il biondo sapeva che, di lì a poco, il suo orgoglio sarebbe stato compromesso per sempre, perché senza nemmeno accorgersene fece scivolare l’altra mano sulla coscia del verde, percorrendola avidamente. Quel Marimo era in grado di annebbiargli la mente, uomo o donna che fosse. E, anche ora, quell’ultimo barlume di raziocinio e lucidità era andato a farsi fottere.
Si voltò di scatto, senza pensare troppo alle conseguenze, congiungendo irruentemente le proprie labbra a quelle di Zoro. Si accorse che erano molto più morbide del solito, molto più irresistibili, tanto che non riuscì a trattenersi dal morderle, per poi leccarle lascivamente con la punta della lingua. Nemmeno si rese totalmente conto del fatto che Zoro gli sfilò la biancheria, per gettarla a terra, liberando finalmente la sua pulsante erezione.
Costrinse il verde a sdraiarsi sul materasso, lasciando che i lunghi capelli verdi andassero a ricadere morbidamente sul guanciale.
Per un istante i loro sguardi si incrociarono.
Nemmeno Sanji seppe dare un nome a quell’emozione. Era finito a letto con Zoro un’infinità di volte e gli era sempre piaciuto. Diamine se gli era piaciuto. Allora perché ora era diverso? Per quale motivo era così titubante e insicuro? Dopotutto era sempre lui, sempre quell’idiota. Solo con un corpo femminile e mozzafiato.
Si avventò con le labbra sulla pelle ambrata di quel collo ora sottile e non più robusto, tracciandone i contorni con la lingua, ricoprendolo di baci ardenti. E, in quel momento, il cuoco si accorse che la pelle di Zoro aveva sempre lo stesso sapore.
Era come se cercasse ogni appiglio possibile per convincersi che, dannazione, quello che stava sotto di lui era sempre e solo Zoro e, per questo, non meritava chissà quali riguardi. Ma qualvolta che avvertiva il verde ansimargli in un orecchio, ogni sua convinzione scemava drasticamente.
«Ti vedo in difficoltà, cuocastro» lo schernì, pronunciando quelle parole con voce ansante e fin troppo provocatoria.
Come dargli torto. Era fin troppo palese che il biondo fosse in difficoltà, come se dentro di lui fosse in corso una battaglia fra due schieramenti totalmente opposti. La classica battaglia fra razionalità e istinto, tra la voglia di far tacere quell’individuo nella maniera più eccitante possibile e il dovere e l’obbligo morale di non toccare né violare quell’essere nemmeno con un dito. Ma, probabilmente, per quest’ultima era ormai troppo tardi.
«Sta’ zitto, spadaccino» ribatte, mentre dal collo scese lungo il petto, incontrando i seni prosperosi.
Per quanto avesse tentato di resistere, Sanji si abbandonò definitivamente ai piaceri della carne. Dopotutto, certi istinti non si possono controllare.
Con una mano afferrò un seno, succhiandone avidamente il capezzolo, mentre Zoro inarcò la schiena, buttando la testa all’indietro e spingendo il proprio petto contro le labbra del biondo. L’altra mano andò a posarsi sulla coscia, percorrendola avidamente dal basso verso l’alto, avvertendo sotto i polpastrelli la pelle rovente e incredibilmente liscia del verde.
Sanji sapeva che, una volta concluso quel gioco, se ne sarebbe pentito amaramente per il resto della vita. Ma ormai ci era finito dentro e, se doveva essere sincero, in quel momento nemmeno gli importava più.
Con le labbra tornò ad assaporare il collo dell’altro, mentre sospinse il bacino in avanti.
Un gemito uscì dalle labbra di Zoro quando avvertì la dura e pulsante virilità di Sanji cozzare e premere impaziente contro la propria entrata.
Involontariamente, un ghigno prese forma sulle sue labbra. Ghigno che, naturalmente, non passò inosservato agli occhi del biondo.
«Che diavolo hai da ridere?» domandò Sanji, con voce roca e ansante.
«Oh, niente. Solo che nemmeno un idiota e gentiluomo come te sa resistere alla tentazione di scoparsi una donna»
«Dimentichi che tu non sei una donna» ribatté, questa volta molto più sicuro di sé «Sei sempre il solito spadaccino di merda. Solo intrappolato nel corpo di una donna bellissima»
«Tsk. Allora, se la pensi così, cosa aspetti?» domandò ghignante, spingendo con irruenza il proprio bacino contro la virilità di Sanji.
Il biondo sussultò appena, ma non ci pensò due volte ad accontentare quel bastardo. Dopotutto, per quanto avesse cercato di resistere, il suo orgoglio era già stato compromesso.

Si voltò di scatto a guardarlo rendendosi conto che, stranamente, quello stronzo era già sveglio da chissà quanto tempo.
Cosa assurda, considerato quanto Zoro amasse poltrire.
Lo squadrò da cima a fondo Sanji, ancora col respiro affannato e irregolare e la fronte imperlata di sudore.
«Si può sapere che hai?» chiese il verde.
La sua voce.
La sua voce non aveva nulla di strano. Era la solita voce calda, roca, grave e inflessibile; con quel tono sempre un po’ strafottente, di chi si crede al di sopra di tutti.
«Ohi, cuoco di merda. Pensi di rispondermi o sei diventato muto?» domandò Zoro, leggermente irritato.
Gli occhi del biondo erano fissi sull’individuo dinnanzi a sé, come se lo avesse visto per la prima volta e ne fosse rimasto totalmente incantato.
I lineamenti delicati erano scomparsi, sostituiti dai soliti contorni marcati, dal profilo duro della mascella e dai soliti occhi scuri e severi. Del seno prosperoso non vi era più alcuna traccia. Al loro posto, i soliti pettorali massici. Così come avevano fatto ritorno gli addominali scolpiti, le spalle larghe e aitanti, le cosce robuste e muscolose e i soliti capelli corti e scompigliati.
Solo un istante più tardi Sanji si rese conto di essersi appena svegliato dopo aver avuto un incubo, probabilmente il peggiore della sua vita.
«Sta’ zitto, spadaccino di merda. Oggi parli troppo per i miei gusti» rispose, voltandosi dall’altra parte, per poi alzarsi dal letto.
«Ehi, torciglio, la prossima volta ti soffoco nel sonno. Così magari smetti di agitarti mentre dormi e di farfugliare cose incomprensibili» ribatté infastidito, per poi dargli le spalle.
E prima di abbandonare la stanza, il biondo arrestò i propri passi sulla soglia della porta, fermandosi a contemplare quell’idiota; osservandone la schiera robusta, le spalle toniche e i fianchi larghi che andavano a celarsi dolcemente sotto il candido lenzuolo.
«Stranamente, stamattina, sei meno brutto del solito» disse il biondo sorridendo.
«Tsk. E’ forse un complimento?» domandò il verde, continuando a dargli le spalle.
«Interpretalo come ti pare, idiota» ribatté, per poi dirigersi verso la cucina.
Involontariamente, Sanji trasse un sospiro di sollievo.
«Diamine, se Zoro fosse stato davvero una donna sarebbe stata dura far finta di detestarlo a morte».

 
   
 
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