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Autore: releuse    18/09/2015    7 recensioni
"Makoto aprì la bocca, ma non disse niente. Sapeva che ogni volta che rientrava in Giappone dopo essere stato con Napoleon e dormiva nel proprio letto a Osaka, negli istanti immediatamente successivi al risveglio provava una sensazione di malessere e vuoto. Come se gli mancasse qualcosa. Avido di un sentimento senza nome"
Intermezzo di DisSimile dove a interagire sono Makoto Soda e Gakuto Igawa.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Luis Napoleon, Makoto Soda/Ralph Peterson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Sono a casa!”

 

Louis Napoleon aprì il portone, appoggiando la busta della spesa sul pavimento per cambiarsi le scarpe. Era un abitudine che avevano sempre avuto in famiglia e ormai non ci faceva più caso. “Mamma?” Chiamò. Il bomber francese ascoltò per qualche secondo. Non avendo ricevuto risposta, corse allarmato verso la cucina: vuota. Passò per il soggiorno: sempre vuoto. L’angoscia gli stava salendo al cervello finché, aperta la porta della camera degli ospiti, non vide la madre arrampicata sulla scala e intenta a pulire i vetri della finestra.

“Mamma!” La chiamò, fra l’esasperato e il sollevato. Prevalse la prima emozione. “È un’ora che ti chiamo!” Sbottò il ragazzo.

Simone, che stava intonando una melodia, guardò il figlio come se le avesse appena detto di aver visto un cavallo volare. “Ero qui a pulire…” Rispose candidamente.

“Lo vedo!” Esclamò il figlio, sempre più irritato. “Scendi immediatamente! È pericoloso! E poi non devi fare sforzi, diamine!”

Simone scese dalla scala e allargò le braccia come per dire: ‘eccomi qui, tutta intera’. “Faccio solo quello che mi sento…” Gli sorrise, con l’intento di rassicurarlo.

Rabbonito da quell’atteggiamento, Louis scosse la testa. Sapeva che non era giusto costringerla sul divano o nel letto. L’autostima e l’orgoglio che ancora ravvivavano quel viso dopo mesi di sofferenze ne avrebbero risentito. “Va bene… ma cerca di non strafare… o di non fare cose pericolose quando sono assente. Come arrampicarti su una scala.”

“Va bene, va bene…” Ridacchiò Simone. Un istante dopo Louis le reggeva la scala e lei continuava a lucidare il vetro esterno della finestra. Il cannoniere fissava il viso della madre illuminato dai raggi di sole che si affacciavano curiosi dalle piccole nubi di passaggio. I tratti erano distesi e lei sembrava serena. Lo sguardo cadde poi sul foulard azzurro che le avvolgeva il capo. Ne aveva comprati davvero tanto negli ultimi tempi e dai più svariati colori. Ogni tanto uscivano insieme e compravano anche vari tipi di cappellini, sua mamma si divertiva ad abbinarli a orecchini o bracciali. Era come se con quel suo modo spensierato di acquistare quegli accessori, sua mamma tentasse di esorcizzare il dolore e allontanare la paura. In quei momenti, Simone sembrava dimenticarsi della tristezza che l’assaliva ogni qualvolta si guardava allo specchio senza il foulard a coprirle la testa.

 

“Più tardi passeranno Pierre e Juliet a salutarti!” La informò Louis qualche minuto più tardi, mentre la madre annaffiava le piante del balcone.

Gli occhi di Simone si riempirono di gioia. “Che bella notizia! Si fermano a cena, vero?”

“Beh, se insisterai penso proprio di sì.” Sospirò Louis, ormai consapevole dell’inutilità di qualsiasi tentativo d’impedire alla madre di cucinare per i suoi amici. Da una parte c’era la sua apprensione di non volerla affaticata, dall’altra, però, sapeva quanto la cucina fosse per lei una fonte di distrazione. Le piaceva avere gente in casa, soprattutto a pranzo e cena. Negli ultimi tempi invitava molti amici e preparava piatti totalmente nuovi e creativi. L’aveva vista spesso sfogliare riviste di cucina con grande interesse. Di sicuro anche quello era un modo per tenere lontano i pensieri tristi.

 

“Prima o poi dovrai invitare anche Makoto, eh? Magari per il mio compleanno!” Esclamò la donna, dissetando l’ultimo vaso di ciclamini.

“Ancora con questa storia?” Louis scrollò le spalle. “Dimentichi che Soda sta dall’altra parte del mondo…”

“Sì, lo so benissimo. Ma il mio compleanno è fra due mesi, se glielo dici in anticipo magari viene!”

“Guarda che a giugno sono ancora nel pieno del campionato, la J League dura da marzo a dicembre! Non è come da noi!”

“Oh, come sei informato!”

“Solo perché ormai ne parlano tutti, che ti credi?” Rispose stizzito il bomber. Simone ridacchiò.

“Vabbè, dai. Tu invitalo. Digli che la mamma del suo ragazzo vorrebbe averlo a cena una volta nella vita!”

“Ehi! Soda non è il mio ragazzo!” Sbraitò Louis.

“Beh… andate a letto insieme… da anni… però non siete fidanzati… cielo! Queste cose da giovincelli sono troppo complicate!”

Louis abbassò gli occhi, rosso come un peperone. “Mamma, ti prego… non cominciare…” Avrebbe voluto sprofondare. Maledì il giorno in cui aveva ammesso la sua pseudo relazione con Soda. Da quella volta, sua madre non gli aveva dato tregua. Negli ultimi tempi, poi, era diventata anche più esuberante nel modo di parlare, non si vergognava più come un tempo a toccare tematiche come la sessualità. Anzi, sembrava proprio divertirsi a farlo, quasi volesse tirare fuori quella parte di sé tenuta a freno a causa del proprio ruolo di madre e dell’appartenenza a una generazione differente.

Era come se non le importasse più di nulla, ma solo di vivere appieno il fragile tempo della propria vita.

“Dai, vedrò cosa posso fare…” Louis non si riconobbe in quella risposta. In altri momenti si sarebbe negato. Ora, invece, era come se la forza di sua madre lo stesse contagiando, era colmo di quella voglia di osare e varcare quei confini oltrepassati i quali si sarebbe giocato il tutto e per tutto.

Quando se ne rendeva conto, Napoleon si sentiva davvero stupido. Non sarebbe stato molto più facile ammettere tutto prima, affrontando la cosa, invece di nascondersi per anni dietro l’orgoglio e atteggiamenti di facciata? Evidentemente no, visto che per arrivare a quella consapevolezza aveva dovuto subire un simile scossone.

Indirizzò lo sguardo sul proprio cellulare appoggiato su una mensola. Chissà se avrebbe davvero trovato il coraggio di chiamarlo e rivelargli tutto. Su sua madre. Sui suoi sentimenti. Sul vuoto che toccava con mano quando usciva di casa lasciando Simone da sola, così simile alla sensazione che lo sfiorava ogni qualvolta Makoto tornava in Giappone.

Così simile alla paura di perdere ogni cosa.

 

 

FINE

Ecco qui il breve spaccato della vita di Louis… le cose cominciano a complicarsi, eppure Louis sembra voler trovare la forza per parlare a Makoto.

 

Soda gli vuole telefonare per chiudere, mentre lui lo vuole chiamare per dirgli cosa sta succedendo e parlargli anche dei propri sentimenti… vi assicuro che la prima cosa che ci sarà nella prossima storia sarà una telefonata!

Chi avrà fatto il primo passo???

Spero di potervelo dire presto!!!

 

Un bacione immenso,

la vostra Rel <3

 

 

 

 

 

  
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