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Autore: Tota22    19/09/2015    2 recensioni
Una panchina verde e scrostata in un parco giochi di periferia testimonia l'incontro tra due sconosciuti. Nonostante abbiano in comune ben poco, i due ragazzi si ritrovano a intraprendere un viaggio che ha come complice la notte. Il sorgere del sole è il traguardo della gara, la sfida è vivere come se fosse l'ultima notte sotto il tetto del mondo. Sarà l'alba a decidere se sciogliere o saldare per sempre un legame inaspettato.
[Momentaneamente sospesa]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 7

Margareta

Oliver

Oliver non staccava gli occhi dalla schiena di Al per paura di perderlo di vista. Era pervaso da una strana sensazione di euforia e paura.

Si erano spostati di qualche centinaio di metri dalla fermata e la sua Guida non gli aveva più rivolto la parola. L'ambiente era ostile e sconosciuto, l'ennesima strada di periferia poco illuminata che si incuneava in una ragnatela di palazzoni e case popolari. Si aggirava nell' intrico di vie e vite come un marziano in visita sulla terra.

Così abituato alle strade del centro, ai quartieri della movida, alle feste della città bene, camminare verso il vecchio deposito dei treni gli dava un gusto di proibito, di pericoloso. Si domandava quanti pezzi di mondo avesse ignorato fino a quel momento, coccolato nel suo piccolo universo dorato.

Ora, per caso o per destino, si era buttato in un'avventura imprevedibile... per la foga e per la gioia di viverla quasi non sentiva la gamba pesante, quasi non sentiva i muscoli disobbedienti.
Al, davanti a lui di qualche passo, si orientava nel buio come un predatore notturno indicandogli la strada con cenni della testa e sguardi fugaci, per accertarsi che avesse capito.

Il cuore gli batteva forte quando raggiunsero una recinzione alta un paio di metri, fatta di rete metallica. Al gli mostrò un passaggio ricavato da un grosso pezzo di maglia reciso, che apriva una porticina nelle difese della struttura.

-  Ecco qui la tana del coniglio di Alice, solo non aspettarti il Paese delle Meraviglie amico...-  

Attraversarono in silenzio il paesaggio spettrale, pestando con passi frettolosi cemento rugoso, dal quale spuntavano erbacce e fiori brutti.
Oliver credeva che quel buio pesante intorno a loro non sarebbe finito mai, finché luci di falò e brusio non lo avvolsero di colpo.

 A ridosso dei muri di capannoni abbandonati, dei ragazzi avevano acceso fuochi in vecchi bidoni.

Non faceva freddo, ma la luce e il calore dipingevano di colori bruni e rossi quei brutti muri ammuffiti, donando loro nuova dignità.
Di ragazzi ce n'erano tanti, adolescenti e quasi uomini  e donne.... bevevano, ballavano e suonavano con chitarre con qualche corda in meno, con vecchie casse come batteria e qualcuno soffiava una melodia jazz in una tromba, riportando in vita Louis Armstrong, Miles Davies ed il giovane Clifford Brown.

L'aria era di festa, una tribù che celebrava i riti di fine estate. Una popolazione dimenticata, ignorata alla luce del sole, che prendeva vita solo di notte tra le rovine di una stazione.

Le risate sguaiate vibravano insieme alle note della tromba e il puzzo di birra economica e di cenere condivano l'atmosfera. Nonostante fosse tutto vecchio, rotto e squallido Oliver pensò che c'era una bellezza selvaggia in quel posto.
 Al lo guidò ai margini della strana riunione, senza passarvi in mezzo per non attirare l'attenzione, evitare guai.  Gli aveva accennato che i frequentatori del posto non erano molto socievoli con gli intrusi. Mentre aggiravano i fuochi una canzone catturò l'orecchio di Oliver e ne stregò i pensieri:
Ho pensato agli angeli, soffocati dalle loro aureole, li ho fatti ubriacare di acqua di rose.
Guarda quanto sporchi posso farli diventare, tirando fuori i loro denti fragili e incollando le loro piccole ali.
 
A cantare era una ragazza appoggiata spalla contro spalla al chitarrista del gruppo. La voce era sottile e struggente. Arrivava dritta al cuore e ne scompagnava il battito.
 
Ogni cosa che dici può e sarà usata contro di te, allora di solo il mio nome e lo userò contro di te,
di solo il mio nome.
Se il dolore del paradiso porta la pioggia dell'inferno, scambierei tutti i miei Domani per uno solo dei miei giorni passati...
...per un solo Ieri.
 
La testa di Oliver si perse nel bacino più intimo dei suoi ricordi, alla ricerca di un puro momento di gioia da far riaffiorare alla memoria..
 
Ti voglio insegnare una lezione nel peggiore dei modi, scambierei comunque tutti i miei Domani per un solo dei miei giorni passati...
...per un solo Ieri.
 
Che caso sfacciatamente ironico e beffardo sentire quelle parole proprio mentre stava per conoscere il proprio futuro, per bocca di una presunta strega.

Mentre con Al si allontanavano dal chiarore dei falò, Oliver si chiese se anche lui stesso avrebbe scelto la stessa cosa, scambiare il suo futuro per un solo giorno felice del passato. Aveva anche perfettamente in mente quale giorno e il sorriso della persona con cui l'aveva condiviso. La felicità di quel ricordo, mescolata con la nostalgia, gli fecero pizzicare gli occhi. Sì.. sì l'avrebbe scambiato eccome, a discapito di tutti i sogni irrealizzati di tutti i progetti mai conclusi.. avrebbe barattato tutto a occhi chiusi.

Lui che aveva vissuto una vita senza intoppi e sbandate, non sapeva fino a quel momento che la realtà potesse essere così infernale, cruda.
La sua esistenza era come un grande affresco. I colori brillanti le forme sinuose di putti e ninfe, l'azzurro cobalto del cielo donano l'impressione di perfezione e maestosità... ma se si guarda da vicino si notano le crepe nell'intonaco, il rosso sbiadito delle vesti degli angeli e persino il respiro dell'osservatore dell'opera può compromettere l'esistenza stessa dell'affresco, accelerandone la decadenza.

Distratto dai suoi pensieri, Oliver non si era accorto che erano entrati in un capannone finché non ci fu proprio in mezzo. La struttura fatiscente ospitava vecchi vagoni, dai sedili muffiti e le lamiere ammaccate, la pelle  metallica laccata di vernice spray. Nell'abbandono totale di quel posto, Oliver si stupì di vedere che alcuni finestrini erano illuminati da luce gialle e ronzanti.

-Eccoci, sull'annuncio c'era scritto vagone sette... vedi se riesci a trovarlo. -

Dopo un quarto d'ora di ricerca senza esito, nel labirinto, i due ragazzi si guardarono scoraggiati. Oliver scrutava circospetto il buio, preoccupato.

-Sei sicuro che non è uno scherzo o peggio una trappola di qualche genere?-

L'euforia di poco prima aveva lasciato il posto alla strizza.

-Questo sembra il genere di posto dove ti accoppano e ti asportano gli organi da vendere al mercato nero...-

- Paura eh? Adesso non stare a lamentarti con me! Hai scelto tu di venire qui! Comunque no.. non ho la certezza che sia uno scherzo o un annuncio vero però ormai...-

-Ehi giovani!-

Oliver e Al si girarono di scatto, allarmati e con i cuori in gola, al suono di una voce proveniente dalla loro sinistra.
Un donna sulla sessantina si parò loro davanti. All'apparenza sembrava innocua, era piuttosto brutta col viso rincagnato e lo sguardo acquoso. Aveva in mano una torcia che le illuminava il viso corrucciato, truccato in modo grottesco, e i capelli vaporosi neri pece le ricadevano sulle spalle leggeri come nuvole di carbone, regalandole un atmosfera da film horror.

Oliver deglutì sonoramente, terrorizzato, mentre Al sorrideva come un bambino. La donna parlò con enfasi mistica con una punta minacciosa:

- Siete venuti a conoscere il vostro destino?-

Una volta che i due ebbero annuito, anche se con poca convinzione da parte di Al, l'espressione della signora si addolcì e li apostrofò con voce più soffice:

-Eccellente! Finalmente un po' di carne fresca... ultimamente i clienti scarseggiano e sono solo vecchi bacucchi e casalinghe disperate... venite venite, il mio vagone è da questa parte. -

Oliver lanciò un occhiata insieme disperata e divertita al suo compagno di avventura che si limitò a sbuffare e seguire la figura che ondeggiava su un piede e l'altro, muovendosi in un turbine di Pashmine e collane di perle di vetro. Il ragazzo però scorse uno sguardo maligno negli occhi paludosi di Al, che non prometteva nulla di buono.

- Che strano incontrarti qui Marisa... non credevo che una come te si interessasse alle stregonerie, chissà cosa direbbe il Signor Marabelli di questa tua strana passione... come dire pagana.-

La donna si arrestò di colpo, per poi voltarsi e puntare la torcia in faccia ad Al.

-Tu?!-

- Già io! -

Oliver era parecchio spaesato, non ci stava capendo nulla, mentre tra Al e quella che ormai doveva essere la strega Margareta l'aria si poteva tagliare con un coltello.

 

Al


Al non poteva credere al proprio colpo di fortuna. Marisa Marabelli aveva una identità segreta e passava le proprie sere a leggere tarocchi e preparare filtri d'amore.

La vita aveva seriamente uno strano senso dell'umorismo. Al non riusciva a smettere di gongolare alla vista di quella faccia tutta truccata, piegata in un'espressione di sano terrore con un accenno di stizza.

Ah! Vendetta dolce vendetta.

-  Si può sapere che cosa ci fai qui e che cosa vuoi da me, piccola serpe ingrata? -

- Per quanto tu non possa credermi, siamo finiti qui per caso - le rispose Al con voce zuccherosa, al contrario di quella della sua interlocutrice che sprizzava veleno. Poi tirò fuori dalla tasca l'annuncio e lo consegnò nelle mani tremanti della donna che la guardava diffidente.

- Se avessi saputo che la strega Margareta sei tu, avrei girato alla larga, ma ti giuro che sei l'ultima persona che mi aspettavo di vedere in questo posto -

- Scusate, ehm.., potreste spiegarmi che sta succedendo? - si intromise Oliver.

- Questa amabile signora...-

Al fu troncata da un ringhio di Marisa/ Margareta che le afferrò il braccio e bisbigliò.

- Ti dispiace se scambiamo due parole in privato Al..-

-Certo, perché no - si affrettò a rispondere Al, facendosi trascinare dalla presa della signora Marisa dietro un vagone vuoto e buio, non prima di aver raccomandato a Oliver di aspettarle lì.
 
- Ho pregato il signore di non rivederti mai più, ma purtroppo non sono stata accontentata. mi spieghi che ci fai qui ragazzina? -

- Ciò che faccio qui  non è affar tuo "mammina", piuttosto potrei chiederti la stessa cosa. -

- Sei solo una piccola viziata irriconoscente, tu e quella testa matta di tuo fratello.. non mi stupisce la fine che ha fatto a frequentare quella gent...-

Al chiuse gli occhi un attimo, lasciandosi scivolare addosso quelle parole intossicanti, senza riuscire però a impedire che venissero assorbite dalla sua mente.
Il dolore che da anni aveva impacchettato e nascosto dentro di sé, pervase la sua intera essenza. Si mise a tremare impercettibilmente. Una familiare angoscia bruciante che le perforava le viscere iniziò ad assediarla di nuovo. Strinse i pugni forte e ispirò piano.
Marisa aveva blaterato per un po', ma accortasi della reazione della ragazza ammutolì.

- Senti ragazza, io non so perché sei finita qui, ma non voglio grane.
Nessuno giù al quartiere sa di questa mia.. attività tantomeno mio marito, Lo sai benissimo quanto può essere stressante riguardo a queste pratiche che chiamerebbe.. come dice lui? Poco ortodosse... o quel che è. E' solo un passatempo, un modo di tirare su due spiccioli, nulla di più.  
Questa cosa non deve trapelare, devi tenera quella tua bocca chiusa e dimenticare di avermi vista qui. Quindi ora vattene e porta con te quel tuo amico. Non voglio più vederti. -

Al riaprì gli occhi finalmente e li piantò in quelli chiari e acquosi della donna di fronte a lei.
 Quella donna che era stata sua tutrice per cinque lunghi anni di inferno, che pensava che le parole cattive e l'umiliazione fossero giustificate dal fatto che le aveva dato un tetto sopra la testa e cibo nel piatto. Quella donna che l'aveva disprezzata dal momento in cui era entrata in casa sua, che conosceva solo la gentilezza che andava per  mano con l'apparenza e la bontà che sposava l'ipocrisia.
Al avrebbe con piacere assecondato le richieste della donna di alzare i tacchi e andare via da quel buco, ma il suo senso di giustizia non le faceva staccare le scarpe da terra, quando finalmente aveva il coltello dalla parte del manico.

- No -

- Come prego? -

- Ho detto No, non me ne vado e no puoi scordarti che dimentichi di averti vista qui! Anzi è la cosa più divertente che mi sia mai capitata da anni. Come sarebbe far sapere a tutto il tuo perfetto quartiere  di persone perfette che la rispettabile timorata signora Marabelli, moglie del bigotto invasato presidente del consiglio parrocchiale Marabelli, nelle sere dei giorni feriali legge i tarocchi in un luogo di perdizione ?
Tuo marito pensa che tu sia all'ospizio a fare il turno di volontariato serale? O un incontro spirituale con le suore laiche?  Ecco dove andavi tutte quelle volte che uscivi dopo cena... -

Il viso della signora Marisa si arrossò di rabbia e frustrazione.

- Cosa vuoi? Cosa devo fare per mandarti via? - grugnì esasperata e spazientita.
Mille pensieri passarono per la testa di Al, piccole vendette che aveva contemplato durante la sua adolescenza  in quella casa di matti.
Poi pensò ad Oliver e alla loro strana avventura. Pensò a suo fratello. Che importanza aveva adesso tutto ciò che era stato? Niente.

 -  Voglio che leggi le carte per me e per il mio amico. Gratis ovviamente. Poi me ne vado, ma a patto che tu non gli dica niente di me né come mi chiamo... -

- E basta? Mi stai prendendo in giro? Lo sai che odio i giochetti signorina.. -

- Solo questo e poi ce ne andiamo. Tranquilla non dirò niente a nessuno del tuo "hobby" serale. Non mi interessa nulla di te e di quello che fai. Va bene? -

- D'accordo. -

Oliver le stava aspettando. Quando tornarono a prenderlo era sollevato e anche un po' spazientito. Al si limitò a seguire Margareta /Marisa verso il vagone sette, cercando di sviare le domande insistenti di Oliver che chiedeva spiegazioni.
Poco dopo i due ragazzi erano seduti su dei vecchi sedili, rifoderati di velluto rosso un po' consumato. Di fronte a loro c'era un tavolino in legno dai piedi a forma di zampa di leone e Margareta/Marisa seduta su una poltrona intenta a mescolare le carte. L'interno del suo vagone era un accozzaglia di decorazioni e strano mobilio che si fondeva con la vecchia tappezzeria del treno. L'ambiente era però accogliente e tiepido, illuminato da luce gialla  e ballerina proveniente da numerose Abat-jours disseminate qua e là.

- Bene, chi comincia? -

Al indicò Oliver con il pollice.
 



 
N/a

Cia a tutti. E' passato un po' di tempo dall'ultimo aggiornamento e sono molto dispiaciuta di non aver continuato prima questa storia. Ora che l'ispirazione è tornata è stato un po' difficile riprendere il filo e rendere tutto fluido e omogeneo, spero di esserci riuscita... fatemi sapere le vostre impressioni! La canzone inserita è una traduzione libera di Just one Yesterday dei Fall Out Boy (tanto per cambiare :P Ho infilato una loro canzone anche nella mia altra storia, non ci posso fare nulla mi piacciono troppo). Sto lavorando al prossimo capitolo, non so quando aggiornerò ma spero in tempi ragionevoli. Grazie! A presto :)
 
  
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