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Autore: FDV_91    19/09/2015    0 recensioni
Una storia che seguirà negli anni Greisen Rosicky, discendente della Dollmar dell'Est, che si ritroverà a scappare e nascondersi mentre si preparerà per la sua controffensiva.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentiva un grande vuoto dentro di sé. I colori gli apparivano un po’ sbiaditi. No, non erano sbiaditi: quel verde del prato che lo circondava sembrava nero come la pece. L’azzurro del cielo sembrava un malinconico grigio. Quell’enorme giardino in cui si trovava sembrava essere una prigione. I colori non gli apparivano un po' sbiaditi: erano spenti, morti anche loro di una malattia incurabile. La stupenda statua davanti a lui sembrava una semplice colonna portante che reggeva il peso dell’intero cielo sulle sue spalle. Alta almeno tre due ma dalle spalle sottili, fragili. Spalle femminili, spalle familiari. Le spalle di Ashley. Più guardava quella statua sul piedistallo in marmo più non gli sembrava assomigliasse alla sua cara amica. Un blocco di freddo marmo per commemorare una defunta. Ashley Wenner. No. Ashley non era una defunta qualsiasi. Non era un’amica qualsiasi. Era qualcosa di più. Il giovane lasciò che un sospirò evadesse dalle sue labbra. I capelli neri furono accarezzati dal vento. Sentiva che i suoi abiti avevano perso ogni peso. Aveva voglia di scappare. Aveva voglia di bagnare con le lacrime i suoi profondi occhi azzurri. Per un attimo gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo, dieci anni prima, quando ancora viveva nelle macerie di quella lontana città dell’Est. Vedeva l’enorme statua raffigurante la sua vecchia amica Ashley, ma non la guardava. Un uomo visivamente in sovrappeso recitava un commovente discorso sulla morte della giovane. Non lo conosceva, ma lo disprezzava. Non lo conosceva, ma il suo discorso lo infastidiva. Quell’omaccione grasso e calvo non conosceva la vera Ashley. Non aveva mai lavorato con lei. No, quel ciccione non avrebbe mai potuto comprenderla davvero.
I suoi occhi caddero sull’enorme anello intarsiato e con pietra preziosa che il calvo adulatore portava al dito: disgustosamente pacchiano. Il giovane sospirò dal naso. Era sorpreso nel non sentire alcun rumore provenire dalla bara della sua povera amica Ashley: conoscendo il suo carattere era sicuro che si sarebbe rivoltata nella tomba una volta accortasi che quell’uomo intratteneva i suoi amici con un discorso così scialbo e monotono.
Sospirò nuovamente, questa volta rumorosamente, e portò la mano sull'elsa.
            - Greisen! Smettila.
Il giovane volse lo sguardo alla donna che aveva parlato. Capelli scarlatti. Era quello che avrebbe dovuto vedere ma la sua malinconia trasformò quel rosso acceso in una sorta di grigio disgustoso. Gli occhi verdi gli rimproveravano con foga quella sua immaturità che spesso lo metteva nei guai. Sì, quegli occhi erano davvero verdi. Sicuramente più verdi del prato che li circondava. Quella donna aveva degli occhi straordinariamente belli. Kathleen van Loren era straordinariamente bella. La ignorò. “Mi costerà caro”, pensò il giovane. Il discorso continuava, senza tregua. Perché doveva continuare a sorbirsi quella lagna? Il grasso uomo continuava ad infastidirlo. La veste che indossava sembrava dovesse esplodere a causa del grasso da un momento all’altro. Si chiese se erano così tutti i nobili che erano sparsi in giro per il mondo. Gli bastò pensare per un solo secondo ad Ashley per capire che quello era solo un semplice ometto troppo sicuro di sé, con un ego senza confini.
            - Ricordo quando la piccola Ashley …
Il vecchio parlava come se avesse conosciuto la vera Ashley. Greisen stava per esplodere. Un enorme braccio pesante si poggiò sulle sue spalle. Istintivamente il giovane alzò lo sguardo verso il proprietario dell’arto.
Duncan III.
Il fratello maggiore di Ashley Wenner.
            - Quando sento parlare persone come lui vorrei solo poter avere a disposizione una bella bottiglia di vino…
Greisen sorrise alle parole di Duncan. Era un uomo alto dai lunghi capelli neri e gli occhi castani. La barba incolta copriva la parte inferiore del suo viso. Era un viso amico, un viso conosciuto molto bene.
            - Come vorrei potermi unire a te, Orso. Purtroppo ho un mastino qui vicino che non mi da tregua.
            - Perché non lo sguinzagliamo contro quel tizio? Potrebbe essere divertente!
I due risero cercando di non attirare l’attenzione, ma Kathleen li stava già fissando con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
            - Ahia, il tuo mastino ci ha beccati Greisen. Perché non la lasci a casa a fare la guardia qualche volta?
            - Perché finirei per essere azzannato e lasciato al freddo sotto un ponte.
            - Ragazzo mio, non hai ancora trovato la donna della tua vita e sei già al guinzaglio. Soffro anche solo guardandoti.
Kathleen diede una gomitata a Greisen, intimando ai due di stare zitti. Delle persone presenti al funerale di Ashley c’era chi si era unito alla fazione di coloro che erano sconcertati e indignati dall’atteggiamento dei due uomini e chi, invece, cercava di ignorare il siparietto di Duncan e Rosicky che sparlavano di Kathleen mentre il vecchio, calvo, uomo continuava a recitare.
            - Se è un goccetto che vuoi… io ho qualcosina.
Al duo si era aggiunto Romeo, un giovane dai capelli e occhi castani, amico di vecchia data di Greisen e anche lui membro della Gilda di Duncan. Lentamente tirò fuori dalla sua giacca una piccola fiaschetta contenente un forte liquore.
            - Dannazione, Romeo, mi tenti fortemente. Purtroppo è il funerale della mia sorellina, non posso certo permettere che altri nobili mi vedano bere in questa situazione. Diamine, molti sono, probabilmente, già pronti a gridare allo scandalo.
            - Scherzavo mio caro Orso. Nemmeno Greisen sarebbe così stupido da fare una cosa del genere davanti a Kathleen: saremmo costretti ad andare ad un secondo funerale.
            - Non esagerare... piuttosto sarebbe il giorno in cui dovrei cominciare a cercare una nuova casa.
I tre sorrisero, tornando a volgere lo sguardo verso il vecchio nobile chiacchierone. Finalmente Greisen notò i fiori sulla bara che aspettava di essere sotterrata ai piedi della statua. Non c’erano girasoli. Perché non c’erano? Il girasole era il fiore preferito di Ashley. Alzò lo sguardo al cielo. Lo trovò incredibilmente azzurro. Il grigio era scomparso. L’erba era tornata verde. I capelli di Kathleen di nuovo meravigliosamente rossi. Ricordò le parole che Ashley soleva ripetergli:
“Prendi al volo qualsiasi occasione ti capiti a tiro, coglila sempre finché dura. Non devi mai lasciarti qualcosa alle spalle.”
            - Romeo.
            - Che c’è, Greisen?
            - Dammi la fiaschetta.
Romeo sorrise mentre prendeva la fiaschetta, porgendola poi al giovane.
            - Tutta tua, amico mio.
Nuotando nello sgomento degli altri ospiti, Greisen aprì la fiaschetta, la poggiò sulle sue labbra e cominciò a bere fino a svuotarla tutta. Era forte. Troppo forte per lui. Non era abituato a bere così tanto. Sospirò.
            - Cosa diavolo stai facendo?
Kathleen lo rimproverò guardandolo stupita. In realtà sapeva cosa stava per succedere. Romeo guardò Duncan dicendogli, col solo sguardo, “Vedi? Ho vinto io la scommessa”. Greisen sospirò nuovamente.
            - Puoi starte...
Si alzò un urlo sconvolto dalla maggior parte dei presenti. La frase rimase, però, incompiuta grazie a Duncan, che aveva subito zittito Greisen mettendogli una mano sulla bocca. Kathleen van Loren era pietrificata. Il Barone Therfel (questi erano il cognome e il titolo del calvo) sembrava pronto ad urlare all’affronto: il suo discorso interrotto da un tale pezzente? Prima che il Barone potesse reagire, un anziano, dai capelli e baffi ormai sbiaditi dal tempo, si schiarì la voce e si fece avanti. Nonostante tutto era ancora un bell'uomo. Il figlio Duncan gli somigliava ben poco se non nel delicato profilo del naso e nel portamento fiero. Il suo corpo si mostrava ancora in forma, pronto all'azione. Era il Duca Wenner, il padre di Duncan e Ashley. Il Barone Therfel sembrava completamente spiazzato dalla reazione del Duca Arthur e lo guardava con un'espressione enigmatica.
            - Barone Therfel, credo sia il caso di concludere qui la cerimonia. È ora che mia figlia possa finalmente riposare. La ringrazio per il suo commovente discorso.
Il calvo nobile acconsentì con un movimento del capo, allontanandosi dalla statua di Ashley, controvoglia. Uno sguardo di sfida fu scambiato tra il Barone e Greisen.
            - Basta così, stai esagerando.
Romeo, che aveva cominciato a pentirsi di quella bravata, cercò di calmare il suo amico, inutilmente. Gli ospiti cominciarono a dividersi in gruppi più o meno numerosi che, lentamente, cominciarono ad avviarsi verso la villa del Duca. Nel voltare le spalle al Barone Therfel, Greisen incrociò lo sguardo di Kathleen. Non ci fu nessun avvertimento. Improvviso. Inaspettato. La mano aperta della donna colpì il viso del giovane che rimase inespressivo, nonostante il dolore alla guancia.
            - Ne riparleremo a casa.
Il tono di Kathleen non prometteva nulla di buono. Con gli occhi colmi di rabbia si avviò verso la villa. La guancia di Greisen cominciò a colorarsi di rosso. Duncan si schiarì la gola. Romeo lo guardò e si intesero al volo. Entrambi seguirono a pochi passi di distanza Kathleen lasciando, di fatto, Greisen solo davanti alla tomba di Ashley. Era la sua tomba. Ora che la cerimonia era finita cominciava a realizzarlo per davvero. Ashley non c’era più. Fissò, con la mente sgombra da ogni pensiero, la targa alla base della statua. Ashley Wenner. Un colpo di vento accarezzò il suo viso. Passarono i minuti. Passarono ancora altri minuti. Non riusciva a digerire la morte di Ashley. Era convinto che, il giorno dopo, sarebbe andato alla Gilda e l’avrebbe trovata lì, seduta alla solita panca, a lavorare su qualche manichino. Avrebbero cominciato a parlare di qualche avvenimento accaduto in quei giorni, mangiato una torta, cercato tra le missioni disponibili qualcuna da poter portare a termine insieme e avrebbero fatto i preparativi per la partenza. Passarono i minuti. Passarono ancora altri minuti. Cercava nella sua mente le parole per convincere Kathleen a farlo partire. Cominciava a organizzare la tabella di marcia nella sua mente. Continuava a sognare ad occhi aperti. Magari anche Andrea e Romeo si sarebbero uniti a loro. Sarebbe poi arrivato il giorno della partenza! Appuntamento alla porta Sud della città. Come al solito Romeo avrebbe fatto tardi. Passarono i minuti. Passarono ancora altri minuti. La sua mente si svuotò. Non riusciva più a immaginare altro. Non riusciva più a inserire Ashley in quel suo sogno ad occhi aperti. Non ci sarebbe stata nessuna Ashley ad aspettarlo il giorno dopo. Non ci sarebbe stata più nessuna missione. Non ci sarebbe stata più nessuna torta mangiata in compagnia. Greisen Rosicky cominciò improvvisamente a piangere, cadendo sulle ginocchia. Passarono i minuti. Passarono ancora altri minuti. Passarono molti altri minuti mentre lui, ai piedi della statua, piangeva la sua Ashley. Era ormai calato il buio quando, nel salone della Villa dei Wenner, arrivò Greisen. Gli occhi rossi. Le labbra gelide. Arido. Appena varcò la porta Kathleen scattò verso la sua direzione. Le era bastata un’occhiata per capire ciò che provava. Gli si avvicinò lentamente e, a pochi passi da lui, si fermò. Lentamente alzò la mano sinistra che reggeva il suo bicchiere mezzo pieno.
            - Bevi, ti riscalderà un poco. Romeo, Duncan e Andrea sono in fondo alla sala, vieni con me.
La Kathleen di prima era completamente sparita, sostituita da una Kathleen sinceramente preoccupata. Lentamente Greisen seguì la donna. Era una sala enorme. La porta da cui era entrato dava direttamente sul giardino, attraversato il quale si poteva raggiungere il prato dove era stata sistemata la vuota bara di Ashley. Si guardò meglio intorno. La sala era illuminata da una luce calda, accogliente. La parete che dava sul giardino era quasi tutta fatta in vetro, salvo lo scheletro che reggeva le lastre. Dalla parte opposta due rampe di scale portavano ai piani superiori mentre, tra di esse, c’era la porta principale che portava all’entrata dell’edificio. I due lati lunghi, invece, erano sovrastati dalle balconate dalle quali si accedeva agli altri ambienti dell’edificio e raggiungibili dalle due rampe di scale. Altre porte al livello sottostante le balconate portavano alle cucine e a qualche altro ambiente di cui non conosceva la funzione. La sala era enorme, ma non era una sala da ricevimenti. Ne erano testimonianza le poltrone e i divani presenti al centro. Era una sala in cui godersi la intima vita della propria famiglia. Greisen riusciva a immaginare Duncan e Ashley, da piccoli, mentre correvano per la sala, giocando e ridendo, mentre il Duca e la sua defunta moglie vegliavano su di loro dai divani. Quando lui e Kathleen si fermarono fu come risvegliarsi da un sogno. Romeo e Duncan erano in un angolo, sotto la balconata alla sinistra delle scale. Accanto a loro c’era un uomo che conosceva bene: alto, la barba sottile, i capelli ricci e neri. Andrea Levi: era questo il suo nome. Compagno di Ashley e padre di Liliana e Arthur. Era il suo compagno, ma non erano sposati. Spesso, per lunghi periodi, non vivevano neanche insieme. La loro era una relazione estremamente aperta. Non che Andrea non la volesse sposare, anzi, era proprio lei a desiderare di essere ancora libera. La penombra era come un leggero velo che copriva i loro corpi. Gli sembrava di essere al sicuro. Al centro della sala, seduto su di un divano, il Barone continuava la sua volgare recita.
            - Tutto bene, Greisen?
La voce di Romeo fu come una sveglia. Lo risvegliò dal suo torpore. Angoscia. Si sentiva debole, vulnerabile. Ashley era morta. Chiunque poteva morire. Romeo poteva morire. Duncan poteva morire. Perfino Kathleen poteva morire. Al solo pensiero sentì nuovamente cadere il suo io nell’angoscia profonda. Non voleva, non poteva, perdere anche Kathleen.
            - Greisen…?
La voce della sua amica sembrava lontana, distante. Non si sentiva bene. Oramai se ne era reso conto. Non voleva, però, che Romeo e Kathleen si preoccupassero per lui proprio in quel momento. Non in quel momento.
            - Greisen…?
La voce di Kathleen gli sembrò nuovamente lontana e anomala. Sembrava diversa. Più giovane. Quasi infantile.
            - Greisen, non è educato ignorare una persona che ti sta chiamando. Sei l’unico che non ha salutato.
Questa volta la voce della donna era familiare. Talmente familiare che si rese conto di essersi sbagliato. Ad aver pronunciato per due volte di seguito il suo nome non era stata Kathleen.  Volgendo lo sguardo verso la voce si accorse della presenza di una bambina dai lunghi capelli dorati e gli occhi azzurri.
            - Sei proprio tu, Liliana?
La bambina vestita di nero lo guardava con sguardo innervosito. Non le era piaciuto essere stata ignorata. Somigliava molto a suo zio, Duncan. Accanto a lei un bambino anche lui biondo e dagli occhi azzurri. Era suo gemello, Arthur Wenner. I figli di Ashley e Andrea. Era cresciuta molto dall’ultima volta che l’aveva vista, l’anno precedente. Non ricordava quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva incontrato Arthur VII. In realtà non lo aveva visto poi così spesso nella sua vita. Molti anni prima Duncan III rifiutò ogni diritto ad ereditare il titolo di Duca. Desiderava una vita di avventure, una vita senza le comodità derivate dal titolo nobiliare. Il padre, Arthur VI, cercò in ogni modo di convincerlo ad abbandonare quel pericoloso desiderio, ma più ci provava più Duncan voleva partire per vivere la sua vita all’insegna dell’avventura. Un giorno il Duca minacciò di diseredarlo.
            - Ottima scelta. Ashley sarà una nobile ben migliore di quanto io possa mai sperare di essere. Addio padre, anzi, addio Duca Wenner.
Fu un colpo molto duro per la vecchia Duchessa, ma, nonostante tutto, continuò sempre a difendere il figlio. Le cose non andarono comunque meglio con Ashley.
Alcuni avevano pensato che, con la morte di Ashley, Duncan si sarebbe convinto a tornare nella casa paterna per ereditare il titolo di Duca. Illusi.
            - Tutto bene, Liliana? È da molto che non ci vediamo.
Accompagnò la sua frase poggiando la mano sulla testa bionda della ragazzina, accarezzandola. Volse lo sguardo verso il piccolo Arthur, ma era scomparso. Era sempre stato un ragazzino timido e responsabile. Si girò verso il centro della sala per cercarlo ed infatti lo trovò tra gli altri ospiti mentre tentava di mostrarsi forte. Quel bambino sarebbe diventato il perfetto erede del Ducato e ora si sentiva un po' in colpa per non essere riuscito a ricambiare in tempo il saluto del ragazzo a causa della sua distrazione. Greisen tornò ad osservare la piccola Liliana e la trovò a fissare il padre Andrea.
            - Papà, devo chiederti una cosa.
Andrea era un buon padre. Forse non era stato sempre presente, ma era decisamente un buon padre. Amava i suoi figli e Ashley con tutto il cuore. La notizia della sua morte lo sconvolse. Indossò un gentile sorriso, guardando la sua adorata figlia.
            - Il nonno mi ha detto tutto. Anche lo zio Duncan ha accettato.
Greisen aveva difficoltà a seguire il discorso dei due. Credeva, però, che parlassero di qualcosa che non lo riguardasse e, quindi, rimase in silenzio.
            - Allora… posso?
            - Per Luterna, Certo!
Il viso della bambina si illuminò di felicità. Era così carina da sembrare un piccolo fiore appena sbocciato tra le erbacce.
            - Ora c’è da chiedersi se Greisen è d’accordo.
            - Io? Non so nemmeno di cosa state parlando!
I presenti sorrisero. Il giovane capì che parlavano di qualcosa di cui si era già discusso in sua assenza, forse proprio qualche minuto prima, quando era ancora nel giardino. Intervenne Duncan, schiarendosi la gola.
            - Greisen Rosicky, ti presento la nostra “affiliata in prova”: Liliana Wenner. Rimarrà una semplice “tirocinante” fino a quando non avrà raggiunto la maggiore età. Ha ricevuto il permesso del nonno di potersi trasferire a casa del padre, Andrea Levi, e di unirsi alla nostra gilda.
            - Io… cosa c’entro in tutto questo?
Alla domanda del giovane rispose Kathleen.
            - Nel caso in cui Liliana deciderà di accettare una delle missioni disponibili sarà tua responsabilità controllare che non sia troppo pericolosa per lei e    accompagnarla.
“Fantastico, sono diventato un badante” pensò Greisen. Sospirò. Non era quello il momento per discutere, per fare trambusto, specialmente dopo la sua precedente scenata durante il discorso del Barone. Avrebbe voluto chiedere a Kathleen perché lo trattava così. "Posso sapere perché devo badare ad una ragazzina, ora?"
“Perché non posso accettare una missione e svolgerla da solo?” “Perché non mi lasci vivere la mia vita?” “Kathleen, perché non la smetti di essere così asfissiante?”.
Prima Ashley poi Romeo ed ora Liliana. Nella sua vita non aveva mai avuto il permesso di partire da solo. Quando disse a Kathleen che aveva deciso di andare a vivere da solo lei si oppose con tutte le sue forze, arrivando addirittura a convincere Duncan a cacciarlo dalla gilda, se fosse andato via dalla sua casa. Sospirò per l'ennesima volta. Non era il momento per queste domande. Ne avrebbero parlato al ritorno. Volse lo sguardo verso il centro della sala. Il Barone Therfel era ancora lì.
            - Solo Liliana?
Kathleen, Romeo e Andrea sorrisero: sapevano che Greisen ormai aveva accettato. Alla domanda rispose Duncan.
            - Sì, Arthur rimarrà qui. Dopotutto, è l’erede del Duca.
            - L’erede di tuo padre.
            - L’erede di mio padre.
Gli occhi del giovane abbandonarono la traiettoria che portava al Barone Therfel. Sorrise. “Ne riparliamo a casa, Kathleen” disse fra sé e sé.
            - Accetto volentieri.
   
 
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