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Autore: CthulhuIsMyFriend    19/09/2015    3 recensioni
Primo tentativo di una breve storia horror, un ragazzo affamato e con una pesante perdita di memoria come protagonista. Leggermente gore, forse verso la fine può risultare poco adatta ai deboli di stomaco, ma vi ho avvertito. Spero vi piaccia!
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Un forte odore metallico era nell'aria, tutto ciò che Dylan riusciva a sentire del mondo intorno a lui. Era buio nella stanza, ma percepiva che qualcosa chiaramente non quadrava con la solita routine; l'oscurità, prima di tutto. Perchè non aveva memoria della notte precedente? Perchè non riusciva a vedere? E perchè questo sapore ferroso non voleva andarsene?
Non riusciva a capire dove fosse... Camera sua, forse? Sì, doveva essere in camera. Riusciva a sentire il profumo di Lu ancora sulle lenzuola... Lu! Dov'era? RIcordava di averla vista, la sera prima, forse avevano bevuto qualcosa assieme. Non riusciva a ricordare, eppure..
La bocca gli doleva tremendamente, un dolore lancinante sembrava penetrargli nel cranio. Era sangue, quello che sentiva. Un dente rotto? No, era qualcosa di più, ma non importava. Doveva capire qualcosa di quella faccenda. Ricordava di essere uscito, di aver osservato la luna. Era periodo di luna nuova, per qualche motivo era il suo preferito, lo faceva sentire ferale, primitivo. Sentiva sempre il sangue ribollirgli nel petto ogni volta che la guardava..
Ricordava di essere uscito con Lu, alla luce del novilunio. L'aveva invitata a casa, lei aveva accettato di buon grado e con finta innocenza, l'idea di guardare un film assieme mangiando qualcosa. Aveva fame, parecchia fame. Ricordava come la pelle candida di Lu risplendesse in armonia con il bagliore lunare, quasi fossero forgiate dallo stesso, prezioso minerale.
Era stato nervoso, lo ricordava. Quando stava con lei, mordersi le guance interne era prassi. Una pessima abitudine, dura a morire. A volte, quando lei si faceva più vicina con quel suo fare innocente, arrivava a mordersi fino a sanguinare. Lei lo rendeva maledettamente nervoso. E più la guardava, più si mordeva. Più si mordeva, più sentiva l'istinto di guardarla... E la fame cresceva.
Lei notava spesso il suo nervosismo, compiacendosene. Fingeva di non capire le sue intenzioni, fingeva che non le piacessero. Sapevano entrambi che mentiva a se stessa. Quando capiva che Dylan cominciava a mordersi le guance, lei iniziava a stuzzicarlo, quasi ne volesse di più. Ne faceva un vanto, questa intesa era particolare ed entrambi lo sapevano. Sembrava quasi che lui bramasse la carne di lei.
Avevano passato una bella serata, ne era certo. Non sentirebbe il suo profumo, altrimenti. Sapeva che si era fermata da lui, l'idea lo faceva sorridere e non riusciva a smettere. Era compiaciuto, finalmente era sua. Dovevano essersi divertiti parecchio, gli era venuta fame. Ancora. Ma il dolore gli stava facendo passare l'appetito, nonostante si sentisse in qualche modo sazio, soddisfatto. Si era morso a tal punto? Avrebbe avuto bisogno di punti, o qualcosa del genere, pensava. Sì sforzò di ricordare, ma nulla, il dolore glielo impediva. Rise al pensiero dei suoi amici che lo prendevano in giro a causa dei punti. Ma Dylan sapeva che gli sarebbero stati comunque vicini, nel provare a farlo smettere. Tutti lo adoravano, come potevano non farlo?
Si rigirò in quello che doveva sicuramente essere il suo letto, cercando di contenere il sanguinamento della sua bocca. Le lenzuola e il cuscino erano fradicie. Possibile che avesse sanguinato tanto? O che si fossero divertiti a tal punto? Entrambe opzioni poco probabili, ma curiose. Cercò di capire la gravità dei morsi con le dita, ma ne ricavò solo dolore, dolore e ancora dolore. Persino la lingua gli sembrava lacerata. I denti non erano più quelli di prima, erano più affilati, più taglienti. Desiderosi di carne. Serata diversa, quella, decisamente.
Non capiva se quello che più lo infastidiva fosse il dolore o quell'incessante senso di fame. Poteva averci pensato ore, per quel che ne sapeva. Era notte? Non lo sapeva. DOVEVA esserlo, non si sarebbe spiegato quel buio maledetto, altrimenti. 
Cercò la lampada vicino al letto a tentoni. Un click, due click, tre click. Fulminata, pensò. Ma poi le sue dita trovarono piccoli frammenti di vetro, tagliandosi. Allora forse la serata era stata più movimentata di quello che sperava. Rise.
Decise di godersi quel silenzio ancora per un po', non udiva altro che il battito del suo cuore, accellerato per la situazione. Lo innervosiva il fatto di non ricordare quella notte, forse la migliore della sua vita. E tutto ciò che aveva erano dolore e appetito. Fantastico. Si mise sul fianco sinistro, cercando Lu in quell'oscurità ormai amica. Sentì le sue dita farsi strada sul seno di lei. Sentiva ancora il sangue ribollire, come quando guardava alla luna. E fame. Sentiva il bisogno di mordere, ma non voleva svegliarla. La accarezzò a lungo, ore forse, nemmeno quello importava. La fame non cessava, non riusciva a focalizzarsi su altro.
Lasciò passare il tempo, godendosi quel momento. Anche i vestiti di lei erano fradici, aveva notato, che diamine era successo? Possibile che fosse solo acqua? Ma sì, possibile. Avevano bevuto, dopotutto. Che importava? Accarezzò ancora la pelle di lei, seta. Sperava che non si sarebbe spaventata, al risveglio.
Ricordò di avere il telefono, da qualche parte. Forse avrebbe potuto far luce e capire qualcosa. O almeno, avrebbe potuto capire se le lenzuola sarebbero state da buttare. Si sollevò dal letto, ma i suoi piedi incontrarono una pozza sul pavimento. Ancora acqua? Birra rovesciata? Sua madre non l'avrebbe presa bene, in ogni modo. La scrivania non era lontano, poteva raggiungerla. I suoi occhi erano ormai abituati al buio, ma camminare senza timore sarebbe stato comunque un azzardo. Finalmente raggiunse la scrivania, cominciò a cercare il telefono.
Pensava di averci messo anni, le sue mani non incontrarono il telefono prima di una buona dozzina di tentativi. Batteria scarica, fantastico. La rabbia pareva persino amplificare la fame, ne era certo. Eppure.. Eppure ricordava di aver mangiato.
Decise di provare con l'interruttore generale della stanza, anche se avebbe voluto dire svegliare Lu. Ancora una volta, si avviò nel buio più totale, alla ricerca di quel singolo, maledetto interruttore. Ancora rabbia, ancora fame. Altro dolore. Persino stringere i denti implicava una fitta per tutta la testa, e più provava dolore, più si arrabbiava. Più si arrabbiava, più aveva fame.
Finalmente raggiunse l'interruttore. "E luce fu!" pensò, ridendo di gusto.
SI girò, ma quel che vide non era Lu. O almeno, non lo sembrava.
Ai suoi piedi, una gigantesca pozza di sangue ormai coagulato, così sul pavimento come sulle lenzuola e su gran parte della camera. La lampada non era stata distrutta da una notte di folle divertimento, probabilmente era stata lanciata. Le lenzuola non erano più azzurre, sembravano ormai quasi nere, scure come l'oscurità presente fino a poco prima. Dylan si guardò rapidamente allo specchio: anche lui era coperto di sangue. Non sapeva se fosse solo suo. Dalla bocca sgorgavano ancora rivoli di sangue, secco e fresco. I capelli erano intrisi dello stesso, appiccicoso liquido rosso. Le mani erano completamente rosse. La sua camicia era strappata, ma chi poteva averlo fatto? Lu? No.. Sperava di no. E i denti.. Dio, i denti. 
Aveva sempre più fame.
Si decise a guardare verso il letto, ancora. I vestiti di Lu erano sparsi per la stanza, non vedeva però traccia della biancheria. Sperava la indossasse ancora. Non voleva guardare verso dove pensava potesse trovarsi Lu, dove le lenzuola vermiglie erano ammassate alla destra del letto. Erano impronte, quelle sul muro? Dio, cosa era successo? C'era sangue ovunque.. E lui aveva fame.
Corse dall'altra parte della stanza, dove il maglioncino di Lu sembrava fosse stato lanciato. O almeno, quel che rimaneva del maglioncino. Sembrava strappato, tagliato. Sarebbe stato da buttare, poco ma sicuro. Brandelli di stoffa si trovavano per tutta la stanza, brandelli di stoffa e.. carne? No, non poteva essere. Non voleva. Al solo pensiero il suo stomaco sembrava.. no, non si stava rivoltando. Ne reclamava.
Era arrivato il momento di farsi coraggio, doveva vedere cosa fosse successo a Lu. Il dolore era ormai insostenibile, faticava a tenere aperti gi occhi, ma sentiva di doversi sforzare. Per lei. 
Si avvicinò al letto, quel letto che avrebbe dovuto essere fonte di divertimenti, non di angoscie. Notò subito la gamba destra di Lu, che pendeva pigramente dal materasso. Scie abbondanti di sangue su di essa. 
Sollevò l'ormai pesante lenzuolo. Quel che vide lo fece rabbrividire. E brontolare lo stomaco.
Lu era di spalle, in una posizione innaturale, coperta di sangue. I suoi capelli bruni erano striati di una raccapricciante sfumatura scarlatta. Come temeva, la biancheria era decisamente sparita. Strappata? Mai avuta? Alla vista di lei in quella situazione, il sangue riprese a ribollirgli nelle vene, aumentando la sua fame. Il bisogno di mordere era divenuto vitale, ormai. Doveva avere un assaggio di quel candore purpreo, ora..
Doveva girarla, la sua fame glielo stava ordinando, doveva vederla in viso. Mordere le guance, farle capire cosa si prova. Piacere e dolore, le sarebbe piaciuto, ne era certo. Voleva morderle le guance, il collo, il ventre.. E molto di più. Al pensiero, non potè non contenere un'erezione. La fame e la vista del sangue che ricopriva il corpo di Lu aumentavano l'eccitazione. Il dolore era sparito, ormai percepiva solo un appetito incontenibile. 
La girò sulla schiena.
Il suo volto era sparito. Qualcuno, qualcosa, doveva averlo dilaniato. Di quel viso di porcellana che Dylan ricordava, non rimaneva altro che carne strappata e sangue. Al posto degli occhi, due buchi vuoti. Parte dei capelli mancava, strappata pure quella. Il collo era aperto da lato a lato, ancora pompava sangue. Il seno di lei era parzialmente masticato, morso. Morsi di animale, parevano. Sul ventre, decine e decine di graffi profondi, ormai purulenti e parzialmente infetti. E il pube.. sparito, azzannato. Circondato anch'esso da graffi e altri morsi, profondi a tal punto da aprire ferite rivelanti anche gli organi interni. Le unghie di lei erano rosse, aveva provato a difendersi. Fallendo. Lemo sentiva il bruciore dei graffi di lei sul suo petto, e ciò lo rese ancora più eccitato, non pensava più di potersi contenere. La fame cresceva, così come la sua erezione. Si mise all'opera, e soddisfò la sua fame.
Non poteva credere di averlo fatto. Si sentiva disgustato. E tremendamente sazio. Di Lu non era rimasto che il ricordo: un piacevole, ma essenziale sfogo. Non si era curato di sistemare quella che ora lui chiamava "La Camera Degli Orrori" sogghignando ogni volta. Non ce ne sarebbe stato bisogno. Se ne stava andando, anche se ancora non sapeva dove. I genitori di Lu si sarebbero rassegnati, ma a lui importava meno che niente. Ormai pensava solo ad una cosa: doveva mangiare. E in fretta.
   
 
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