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Autore: Shizue Asahi    20/09/2015    3 recensioni
Questa storia è stata scritta per l’evento del gruppo facebook We are out for Prompt e per la Writing Challenge di Pseudopolis Yard;
Casa libera vuol dire poter guardare un film horror insieme e tenersi per mano durante le scene spaventose.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa storia è stata scritta per l’evento del gruppo facebook We are out for Prompt (dateci un’occhiata perché è meraviglioso) e per la Writing Challenge di Pseudopolis Yard;
Il prompt era “Originale, Romantica - Slash. Casa libera vuol dire che possono guardare un film horror insieme e tenersi per mano durante le scene spaventose” di Federica P.
 
 
 
 
Di case vuote, pessimi film e materassi scomodi
 
 
Quando i tuoi genitori ti avevano annunciato di aver prenotato un romantico weekend per due, e che quindi saresti rimasto con Pablo – il gatto – da solo a casa, non era esattamente quello il genere di serata che avevi immaginato. A essere sinceri non era il genere di serata che avresti  mai  immaginato per te.
Quando l’ennesima testa salta via e Marco ti si fa un po’ più vicino, sul divano, lo stomaco sobbalza e non sei del tutto certo che sia per tutto quel sangue che stai vedendo sgorgare.
- Non dividetevi, idioti – dite in coro e poi ridete per cercar di allentare la tensione. Ti azzardi a scommettere su quale dei protagonisti creperà per primo.
- La ragazzina – ribatte Marco con un mezzo sorriso. E la ragazzina, subito dopo, muore. Poi è il turno della madre, dell’uomo di mezza età di cui non hai afferrato il nome e infinde del cane. E il fatto che Marco ne abbia indovinati quattro su quattro un po’ ti fa venire la pelle d’oca – o è per qualcos’altro?
Marco si passa una mano tra i capelli, se li arruffa con fare annoiato, mimando uno sbadiglio, ma è sempre stato un pessimo attore e potresti indovinare a un miglio di distanza che, in realtà, si sta schermando gli occhi per non vedere l’ennesima scena raccapricciante.
- Hai scelto tu il film – gli ricordi, con una vena d’accusa nella voce. Marco sembra non averla notata e fa spallucce.
Lo osservi di sottecchi, i capelli arruffati, il naso all’insù e i denti affondati nel labbro inferiore. Potresti azzardarti a dire che è carino, ma è il tuo migliore amico e sarebbe davvero strano. O forse no?
Quando, poi, sospira e poggia la testa riccioluta sulla tua spalla, ti si attorcigliano le budella e improvvisamente non importa che sia pieno inverno, che fuori ci sia il diluvio universale e che il riscaldamento sia guasto, perché fa caldo. Improvvisamente e inaspettatamente caldo e sei sicuro che le tue orecchie siano diventate un tutt’uno con la stoffa rossa del divano. Non parliamo poi delle tue mani, perché sudano, come ogni dannata volta in cui vorresti essere assolutamente illegibile e loro ben pensano di tradirti. Sei quasi tentato di mordertele per darti una calmata, ma sei abbastanza saggio da non attirare l’attenzione del tuo compagno.
E Marco, da perfetto migliore amico, capta lo stesso il tuo turbamento. Vedi i suoi occhi accendersi, come se un campanello fosse squillato nel suo cervello, e subito ti è addosso.
- Qualcosa non va? – ti chiede, strascicando le parole, mentre quell’unico neurone bacato che ha si districa tra i tentacoli del sonno.
- La prossima volta lo scelgo io il film – gli rispondi disinvolto –Sono felice che tu sia venuto – sussurri poi, così piano che non sarebbe per niente strano se lui non ti avesse sentito.
E, infatti, Marco si limita a fare la faccia offesa e a premere di più la tempia sulla tua spalla.
Alla tv passa rapidamente un altro sbudellamento – per l’amor del Cielo, è il terzo in dieci minuti – e registri pigramente le dita di Marco che iniziano a disegnare una serie di ghirigori sul tessuto del tuo pigiama. Sei quasi tentato di schiaffeggiarlo, ma non lo fai, un po’ perché le tue mani sudatticce non te lo permettono, un po’ perché quelle attenzioni ti piacciono.
Abbandoni  pigramente la testa su quella del tuo amico e un ricciolo bruno ti solletia il naso. Marco rabbrividisce, mentre il film raggiunge l’apice dell’orrido in una scena tutta sangue e budella, e tu sei lì lì per proporre di mettere qualcos’altro, ma poi la sua mano raggiunge la tua e ti sembra improvvisamente una pessima idea. Che film fantastico, farnetica il tuo cervello, mentre in un impeto di terrore Marco ti strizza la mano nella sua.
 
 
Tua madre è una di quelle persone maniacalmente attente all’ordine e alla pulizia. Lustra e lucida casa ogni giorno e prima di partire l’ha fatto per ben due volte in una sola giornata, premurandosi di informarti delle atroci sofferenze a cui saresti andato in contro se, al suo ritorno, la casa non fosse stata linda e pinta come l’aveva lasciata. Per cui, da bravo figliolo amorevole quale sei, sei stato ben accorto a non mettere assolutamente nulla fuori posto e, per una volta, anche il gatto è sembrato avere pietà di te e ha evitato di farti uno dei suoi dispetti – i tuoi gentori sono via di casa da più di diciotto ore e non c’è ancora nessuno topo, lucertola o orrendo insetto morto per casa, è un nuovo record! – per cui ti senti molto soddisfatto di te – la tua pellaccia è salva.
I titoli di coda scorrono sullo schermo del televisore e tu e Marco sonnecchiate pigramente, applollaiati sul divano, le mani ancora intrecciate, il plaide sulle gambe e una ciotola di popcorn mezza piena abbandonata tra le vostre gambe.
Succede tutto così rapidamente che il tuo cervello non ha neanche il tempo di registrare quello che sta accadendo: dal fottuto nulla, nel silenzio più totale, Pablo salta sul tavolino e soffia come se avesse il diavolo in corpo. Nella semioscurità della stanza registri i suoi orridi occhi gialli e il salto di mezzo metro che fa fare a Marco – per niente abituato ai modi amichevoli del tuo grazioso animale domestico.
La ciotola si rovescia e i pop corn saltano fuori in una gloriosa nuvola bianca. Li vedi raggiungere il tavolino, ogni punto del divano, insinuarsi sul tappeto e in luoghi che solo tua madre sarà in grado di scorgere.
- Sono un fottuto uomo morto – gemi, mentre Marco cita ogni santo del Paradiso e lancia una ciabatta a Pablo.
 
 
Ti rigiri nel letto, l’angolo del cuscino schiacciato sotto la faccia, le coperte tirate su all’inverosimile, tanto che ti arrivano fin sotto al naso, e la spiacevole sensazione che, con tutta probabilità, domani mattina ti sveglierai con le pacche sul pavimento.
Il materasso della stanza degli ospiti è qualcosa di orrendo, concepito dal diavolo in persona – non a caso tuo padre l’ha acquistato in vista delle visite di tua nonna-. È tutto una serie di bitorzoli e sporgense ed è duro come una pietra.
In un moto di amore fraterno, hai ceduto a Marco il tuo letto – perché condividere quello sarebbe stato impossibile  e lasciarlo in soggiorno, col gatto che girava per casa sul piede di guerra, non era esattamente un’idea saggia – ritirandoti nella stanza degli ospiti.
Chiudi gli occhi e sei sicuro di esserti addormentato appena per un attimo, ma quando li riapri avverti il calore familiare di un altro corpo di fianco al tuo e il freddo delle coperte appena sollevate.
- Basta film sugli zombie – sussurra con un mezzo sorriso imbarazzato. Poi ti si fa più vicino, lentamente, osservandoti nella penombra della stanza, pronto a tirarsi indietro al minimo cenno di fastidio.
E un po’ per il sonno, un po’ per la molla che ti si sta infilando in una vertebra, un po’ perché proprio lo vuoi, lo lasci fare.
Quando le vostre teste si toccano e la tua mano cerca la sua, sbuffi un femminuccia molto divertito e passi un braccio intorno al collo.
 
Sempre film sugli zombie elabora il tuo cervello, prima di prendere sonno.  
 
 
***
 
In origine avrebbe dovuto essere una drabble di esattamente cento parole. Tanto tanto tempo fa. Poi si sono aggiunte altre milleduecentoquattro parole, ma come si fa a dire di no?
Sono davvero sorpresa di aver scritto questa cosa, perché mai mi sarei aspettata di riuscire a postare un’originale. Diciamo che ho sempre ammirato quelle autrici che scrivono in questo fandom, quindi mi sento felice, per una volta, di quello che ho scritto. Anche se è molto scemo.
Ringrazio Federica per il prompt, ma tanto tanto, perché davvero mi ha fatto scrivere. Ha tutto il mio amore per questo.
 
Mi rendo conto che non sia il massimo dell’originalità, ma è stato dovertente scriverla :)
Ho tenuto la narrazione in seconda persona perché così richiedeva il prompt della Writing Challenge.
Detto ciò, come al solito, commenti e correzioni sono ben accetti. Magari anche qualche suggerimento.
 
A presto, Asahi
 
 
   
 
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