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Autore: domjnjk    21/09/2015    0 recensioni
Inventare personaggi originali (ed affezionarsi ad essi) è una delle attività principali di un artista. Spesso sotto forma animale, antropomorfa, umana o sovrannaturale, e basati su temi quali modi di vestire, festività o particolari "stili", e inseriti in disegni o talvolta storie, vengono creati per esprimere la propria creatività ed eventualmente un po' di se stessi. I disegnatori danno spesso vita ai propri personaggi attraverso le animazioni, e la maggior parte di essi si sarà chiesto almeno una volta "Che succederebbe se i miei personaggi esistessero davvero?" È la stessa domanda che si pone il protagonista di questa storia, Ethan, giovane fumettista americano, che si ritroverà poi a convivere con le sue stesse creazioni ovunque si trovi, e che lo porteranno ad un susseguirsi di sfortunati ma anche bizzarri eventi.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scattai nervosissimo contro la figura dietro di me, voltandomi velocemente per liberarmi da quella fastidiosa, snervante presa.
Detestavo essere toccato, e non mi facevo alcun problema a dimostrarlo apertamente, tanto che quasi tutto l'istituto ne era (non volutamente) a conoscenza.

«E lasciami in pace!» ringhiai spingendo via il ragazzo, che fu costretto a indietreggiare date le mie maniere davvero poco cordiali.

Fu quando riconobbi quel biondo cenere e quegli occhi verdastri che dovetti calmarmi, svuotando i miei polmoni dall'aria tesa e velenosa che i due bestioni avevano portato con loro pochi istanti prima, sbiancando leggermente dalla vergogna delle risatine generali.


«Scusami

Ricevetti in risposta una pacca decisamente troppo forte sulla schiena, che quasi caddi in avanti sotto l'aggiuntivo peso di quello che doveva essere uno zaino, ma che io definivo macigno. E fortuna che doveva essere una pacca amichevole...

«Dovresti provare a calmarti, Ethan.» cercò di rassicurarmi con la sua voce simile alla mia, completamente naturale e non una stupida imitazione. Forse furono proprio le nostre voci a farci diventare migliori amici.
«Lo so, Stefan, sei la ventordicesima persona che me lo ripete questo mese! Ma diamine, li hai visti? Come deve fare uno a non sbottare

Riassunta una postura più o meno decente, con lo zaino saldo sulle spalle per evitare ulteriori situazioni imbarazzanti, riuscimmo a farci un varco tra la folla accalcata sulle scale ed entrare nell'inferno dei mortali, continuando quel monologo aggressivo ed incredibilmente esplicito con tanto di nomi e cognomi verso la fine del corridoio.

«Sono tre anni, tre anni che me li ritrovo in classe, vengono tutti puntualmente bocciati con me! E perchè questo? Solo perchè faccio schifo in matematica, scienze, storia? Oppure è un capriccio di quei dementi chiamati professori?» e qui assunsi un falso timbro di voce più profondo, anziano, spostando gli occhiali verso la punta del naso a mo di vecchietto «Mettiamo la classe contro Kendall e continuiamo a bocciare, tanto sono il più anziano dei docenti e posso farlo! Mettiamo alla prova i nervi di quel ragazzo, vediamo quanto ci mette a sclerare!!»

Silenzio.
Piombò cupo come una pesante incudine sulle nostre teste, tante dozzine di occhi sbarrati puntati su di me, e in un attimo mi sentii letteralmente sprofondare nell'imbarazzo senza fondo.
La mia voce tuonava ancora per le mura, tanto era stata forte e incontrollata, e ad ogni eco la mia fossa si faceva sempre più profonda, sempre più fredda.
Diventata la mia pelle del colore del latte, nonostante fossi già terribilmente pallido di mio, abbassai il capo, approfittando della folta tenda che mi ritrovavo in testa per sparire dalla vista di chiunque nel raggio di metri, chilometri, anni luce.
Stefan mi seguiva a ruota, cercando di star dietro al mio passo accelerato, senza però osar proferire parola, almeno fin quando non raggiunsi quell'aula colma d'odio, rancore, assoluto disgusto.
Non lo salutai nemmeno, tant'ero accecato dalla vergogna.

La classe in cui mi ritrovavo era sporca, sudicia così come ogni singolo componente lì dentro.
Dal mio banco in fondo all'aula ammiravo Shawn e Tyler giocare goffamente a palla con quello che era chiaramente il mio disegno accartocciato, pronunciando ogni lettera del mio nome ad ogni passaggio.

«Koronall, farai anche schifo a disegnare ma a creare palle te la cavi!»
 «Kendall. Ridammi il disegno, non te lo chiederò una quarta volta.» alzandomi, deciso come non mai, mi piazzai a poca distanza da lui fissando i suoi occhi bui, piccoli, sfidandoli.

Si sentii un rumore di carta stropicciata, che ora si stringeva nelle mani della botte davanti a me.
Avanzò verso di me, fino a finirmi addosso con il petto contro il mio, troppo vicino, troppo fastidioso.
Serrai i pugni senza spostarmi di un millimetro, guardandolo dall'alto, silenziosamente beffandomi della sua altezza.

«Mi stai dando degli ordini, Ethan? Dimmi un po', mi stai dando degli ordini?» il resto della classe si era piazzata in cerchio attorno a noi, chi commentando ad alta voce, chi ridacchiando, chi tifando, ovviamente, per Shawn.
«Ti sto dando degli ordini, capra. Vuoi ridarmi il disegno o devo toglierti altri dieci centimetri?» meccanicamente, un ghigno mordace prese possesso del mio volto scaldando la situazione, già colma di una tensione quasi palpabile.
«Razza di...» il viso quadrato del ragazzo si infiammò di collera e imbarazzo.

La sua mano si serrò sul mio polso con una forza tale da farmi male, spingendomi verso il muro con gli occhi iniettati di odio più di quanto già lo fossero di loro. I miei occhiali incontrarono il pavimento.
Non mi mossi. La differenza di stazza che vi era fra di noi non mi offriva alcuna possibilità di vantaggio in uno scontro corpo a corpo.
Ma chi aveva bisogno di forza fisica (animalesca, in questo caso) per combattere?
Anche una volpe può fronteggiare un orso.

«Andiamo, sarai alto un metro e un chiodo. Cosa vorresti fare se non arrivi nemmeno agli scaffali? Oh, ma a giudicare dalla tua stazza arrivi benissimo alle mensole con il cibo.» con la voce completamente inespressiva, ma con una nota di orgoglio e arroganza, spiazzai tutti gli altri mentre Shawn si limitava a grugnire pensando ad un possibile modo per controbattere.

Compiaciuto, con quel ghigno ancora più apro, continuai.

«Non sforzare la nocciolina che ti ritrovi lì dentro. Ammesso che non sia marcita, ovvio

Fu il colmo per lui. Battendo il piede sul pavimento come un bambino capriccioso, lasciò andare il mio dolorante polso solo per alzare il pugno, in direzione del mio viso.

«Seduti, tutti quanti.» l'intera classe si voltò vero una voce sconosciuta, me compreso, e ciò che vidi mi fece inarcare automaticamente un sopracciglio, colto da sorpresa, curiosità, confusione, tutto insieme.

La donna che avevo davanti era di sicuro un'insegnate, ma... aveva un'aria così bizzarra che facevo fatica ad autoconvincermi di ciò.
Recuperai le lenti crepate da terra e tornai al banco, osservando meglio la stravagante figura che, visibilmente spaesata e poco decisa, aveva messo piede per la prima volta nell'aula.
Portava dei capelli lunghi fino alle spalle, riccissimi ma spettinati, di un colore che oscillava tra il rame e il carota. Indossava abiti da veggente, un lungo scialle di velo le avvolgeva le spalle, e un secondo più lungo dello stesso colore era legato attorno al suo braccio destro.
Gli occhi furono l'ultima cosa che catturò la mia attenzione, nonostante fossero così visibili e grandi.
Nascosti dietro delle lenti spessissime che li rendevano esageratamente enormi e rotondi, erano di un colore scuro, che non riuscii a definire data la mia poca visibilità.
Alta, decisamente magra, aveva un'aria così inquietante che tutti si ritraevano al suo passaggio.
Come se non bastasse, poi, iniziò a parlare in modo strano con voce e tono da sensitiva, muovendo le mani come se avesse in mano una sfera di cristallo.

«Vedo tensione in questa classe, una tensione sviluppata negli anni, non è vero? Tu, pelato, le dita non sono state inventate solo per quello, via.» e guardando avanti a sè fece un chiaro riferimento a chi, dietro di lei, era intento ad esplorare il proprio naso. Ci fu un attimo di fiato sospeso.

Passò tra i banchi, fissando chiunque con gli occhi da gufo, silenziosa, poi si fermò davanti a me ed indicandomi con un dito tremante riprese a parlare.

«Tu! Oh, tu, povera anima in pena. Vedo un'anima distrutta e un cuore sotto pressione. Ti trattano male in questo postaccio non è vero?» raggiungendomi dall'altra parte del banco, mi prese il capo con le mani accarezzandomi la testa e parlandomi con voce materna (che situazione imbarazzante....) «Non devi preoccuparti, Nathan...»
«Ethan...»
«... Qualcosa accadrà, e tu sarai felice, trionferai, le tue domande troveranno risposta!»

Alzò la voce, come a volersi convincere, più che convincere noi.
Ma poi, si chinò avvicinandosi al mio orecchio e abbassando la voce con tono drammatico.

«Ma caro mio, brutte conseguenze potresti incontrare da queste scelte, sei proprio sicuro di volerlo fare
«Fare cos
«Shh shh shh tranquillo, non agitarti, non voglio essere responsabile di uno svenimento in classe, non alla prima lezione» e lasciandomi delle piccole pacche sulla testa, arruffando la mia massa di capelli già problematica di suo, si allontanò tornando alla cattedra e puntando lo sguardo su ognuno di noi, uno ad uno.

«Io sono Amarantha Midima, vostra nuova professoressa
   
 
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