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Autore: graciousghost    22/09/2015    6 recensioni
[Johnlock | 3 Flashfic]
#1. Sunrise; perché non rispondi? Mi stai ignorando, John?
#2. Sunset; aspetto John, aspetto sempre John.
#3. Sundown; John? Non abita più qui.
Ti senti solo, Sherlock Holmes?
[Buon compleanno, Asphodela ♥]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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As the sun goes down

As the sun goes down

 
 
#1. Sunrise

 

«Allora, sta arrivando?»
«Rilassati, Sherlock. L’ho chiamato cinque minuti fa».
«Chiamalo di nuovo», concludi sbrigativo, chino sul cadavere da poco rinvenuto sul tetto di un importante palazzo di Londra.
Lestrade sospira, alzando le mani in segno di resa, e digita nuovamente il numero di John Watson, mentre tu ricontrolli il telefono (per la sesta volta nel giro di un minuto – zitto, cervello, zitto). 

Dove sei? SH. [Inviato alle: 6.33]
Nessuna risposta.

È un 8. SH. [Inviato alle: 6.41]
Nessuna risposta.

Cerchi di non darci peso, ma quegli indizi non portano che a un’unica deduzione: è con Mary.
Staranno facendo colazione insieme – caffè con lo zucchero per te, vero John?
Mary dev'essere assonnata e un po’ irritabile a quest’ora del mattino: sarà la gravidanza? (Fare una ricerca in proposito una volta a casa.)
Ora le starai dando un bacio leggero sulla fronte, mentre leggi i miei messaggi. Avrai visto la chiamata persa di Lestrade? Sono sicuro di sì.
Perché non rispondi?
Mi stai ignorando, John? 

«Ancora niente», ti informa Lestrade, «posso mandarti qualcuno dei miei, se serve».
Rimani in silenzio per un paio di minuti, apparentemente assorto nell’analisi della scena del crimine – qualcuno dei suoi, che assurdità. Forse dovrò abituarmici, tu non hai più tempo per queste cose me. Zitto, cervello, zitto.
Sollevi lo sguardo – oltre il cadavere, oltre Lestrade, oltre il cornicione del tetto.
La città è piccola dall'alto, mentre l'alba è immensa. La differenza fa quasi male.
Ti senti solo, Sherlock Holmes?

                                                                            

#2. Sunset

                                                                             
«A cosa devo questa sgradita visita?», sibili all’indirizzo di tuo fratello, in piedi davanti all’uscio della porta.
Un dato inconfutabile: non è John. Cancella la delusione dalla tua faccia, prima che Mycroft la noti.
«Aspettavi qualcun altro?» Troppo tardi.

«Che vuoi, Mycroft?», eviti di rispondere a quella domanda inopportuna, mascherando il disappunto – perché non è John – con la solita espressione infastidita. Non potresti certo ammettere, a lui ancor meno che a chiunque altro: aspetto John, aspetto sempre John.
«Sono passato a controllare come stai», prevedibile, «ora che non vive più nessun altro a Baker Street», aggiunge, dando un’occhiata rapida all’appartamento, visibilmente più disordinato di quanto già non fosse quando John vi abitava.
«Sto bene», tagli corto, deciso a buttar fuori di casa quel dispotico e maniaco del controllo di tuo fratello nel minor tempo possibile.
Mycroft annuisce poco convinto. Schiude appena le labbra, quasi a voler dire qualcosa, ma poi ci rinuncia.
Rotei gli occhi e ti allontani dalla porta, dirigendoti verso la finestra (il violino). Ne sfiori le corde, ricordi quando lo suonavi per John (c’è mai stato qualcosa che non abbia fatto per te? Zitto, cervello, zitto). Accarezzi con i polpastrelli gli spartiti (chiusi. Da quanto?). Saggi il legno dello strumento con le dita (ti piaceva ascoltare il Regenlied di Brahms quando pioveva). «Io ero lì e lui era lì. Banale e semplice, eppure così sconvolgente», mormori, un po’ a te stesso e un po’ al tuo Stradivari. Un po’ forse anche a John, ma lui non può sentirti.
«Ti rendi conto di averlo detto ad alta voce, vero?»
«Sta’ zitto, Mycroft».

La città è immensa e sembra inghiottirti, se spiata dal vetro sottile di quella finestra, mentre il tramonto è distante, minuscolo. La differenza fa quasi male.
Ti senti solo, Sherlock Holmes? 

«Se cadi a pezzi, chi raccoglierà i cocci? Starai attento a non spezzarti?», sussurra Mycroft, ma tu hai già cominciato a suonare.

#3. Sundown   


Hai rimesso a posto il violino solo da venti minuti, ma il silenzio in cui sei sprofondato ti pare già insopportabile. Puoi quasi sentire i neuroni muoversi freneticamente e le sinapsi agitarsi, in cerca di una distrazione.
Ed eccola lì, servita su un piatto d’argento da un innocuo bip sul cellulare.

Mi dispiace per stamattina, Mary non si è sentita bene e non potevo lasciarla sola. JW. [Ricevuto alle: 20.52]

Non importa. SH. [Inviato alle: 20.53]

Risolto? JW. [Ricevuto alle: 20.56]

Sì. Non era poi da 8, in realtà. SH. [Inviato alle: 20.58]

Ti va di parlarne? JW. [Ricevuto alle: 20.59]

Banale storia di gelosia. Noioso. SH. [Inviato alle: 21.01]

Amanti? JW. [Ricevuto alle: 21.04]

Colleghi. SH. [Inviato alle: 21.06]

Non ci prendo mai, accidenti. JW. [Ricevuto alle: 21.09]

È per questo che ci sono io. SH. [Inviato alle: 21.10]

Giusto, io sono quello bello. Per i pensieri profondi ci sei tu e non scambierei i nostri ruoli per niente al mondo. JW. [Ricevuto alle: 21.15]

Ti sbagli, io sono sia quello bello che quello intelligente. SH. [Inviato alle: 21.16]

E cosa sarei io? JW. [Ricevuto alle: 21.19]


Prima che tu possa rispondergli, avverti un leggero tocco sulla maniglia, il cigolio della porta – Mrs Hudson? Che può volere a quest’ora? (John? No, non può essere. È con Mary. Mary, giusto.)
Fruscio di una giacca posata sulla spalliera del divano – Mrs Hudson? È la sua vestaglia, quella che ha appena lasciato in soggiorno? (John? Impossibile.)
Passi che riecheggiano sui gradini – Mrs Hudson? La caldaia si è rotta di nuovo e ha bisogno di una mano? (John? Non abita più qui. Zitto, cervello, zitto.)
Una mano esitante sulla porta della camera, qualcuno che si dondola sulla punta dei piedi, respiro pesante – nervosismo.
«John?»
Non ti pare vero che l’hai detto sul serio: il suo nome. Hai provato a evitarlo per tutto il giorno, ma era sempre lì, sulla punta della lingua e in bilico sul cuore.
Lo sconosciuto al di là della porta prende coraggio e fa la sua comparsa; e, in fondo, l’avevi sempre saputo. La mano di John, la giacca di John, i passi di John. John, nel 221B di Baker Street.
«Allora, cosa sarei io?», ti chiede, con un tiepido sorriso sul volto. Vorrebbe dire: scusa, Sherlock.
«Tu sei tutto il resto», spieghi accomodante, mentre lui prende posto sul letto, al tuo fianco. Vorresti dire: non è ovvio, John?

La città è insignificante, mentre la luce bianca del crepuscolo filtra tra le tende della camera da letto. La città è insignificante, perché tutto ciò di cui hai bisogno è tra quelle quattro mura.
Ti senti solo, Sherlock Holmes?

 «Oh».

 

 

***

Note Autrice:

Avevo scritto questa storia tempo fa, in versione più striminzita (3 drabbles), per partecipare a questo contest indetto da DonnieTZ sul Forum di EFP. A causa di una serie di problemi al pc (hard disk rotto, alimentatore introvabile et similia), non ho potuto parteciparvi. Avevo anche perso il file della storia (vedere il punto: hard disk rotto), ma ho deciso di riscriverla – più o meno – come l’avevo pensata.
Non credo ci sia molto da dire al riguardo, si tratta solo del modo in cui Sherlock reagisce all'allontanamento di John da Baker Street e della vita che vi conducevano.
Ho sfruttato i prompt che avevo scelto per il contest, ovvero queste tre frasi qui che non sono farina del mio sacco:
1) La città è piccola dall'alto, mentre l'alba è immensa. La differenza fa quasi male.
2) Io ero lì e lui era lì. Banale e semplice, eppure così sconvolgente.
3) Io sono quello bello. Per i pensieri profondi ci sei tu e non scambierei i nostri ruoli per niente al mondo.
Dovevo questa storia da tantissimo tempo a una delle mie amiche più care e quale miglior giorno per pubblicarla, se non quello del suo compleanno?
Tanti auguri, Asphodela ♥
Spero che la storia vi sia piaciuta e che mi farete sapere che ne pensate!
Alla prossima,

Ayumu

 

   
 
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